Declaration of Internet freedom: per una rete (e una società) all’insegna di libertà, apertura e innovazione

Standard

Declaration of Internet freedom

È la declaration of Internet freedom, che nel preambolo esordisce così:

Crediamo che la rete Internet libera e aperta possa portare a un mondo migliore. Per mantenerla tale, chiediamo a comunità, industrie e Paesi di riconoscere questi principi [che] conducano a maggiori creatività, innovazione e apertura sociale.

I principi sono questi:

  • Espressione: nessuna censura su Internet
  • Accesso: promuovere l’accesso universale a reti veloci e convenienti
  • Apertura: mantenere Internet una rete aperta in cui ognuno è libero di connettersi, comunicare, scrivere, leggere, guardare, parlare, ascoltare, imparare, creare e innovare
  • Innovazione: proteggere la libertà di innovare e creare senza dover chiedere permessi. Non bloccare le nuove tecnologie e non punire gli innovatori per le azioni dei propri utenti
  • Privacy: proteggere la privacy e difendere la capacità di ognuno di controllare come vengono utilizzati i propri dati e i dispositivi in uso

Continua qui, dove ci sono anche le informazioni su come organizzazioni e persone singole possono sottoscrivere la dichiarazione. Lo hanno già fatto molte realtà tra cui American Civil Liberties Union, Amnesty International, Electronic Frontier Foundation, Free Press, Global Voices, Hackers & Founders, Media Literacy Project, Open Knowledge Foundation, Reporters Without Borders e molti altri.

Dig.it: 4 e 5 luglio, due giorni per il giornalismo digitale, la cittadinanza, la professionalità e l’economia

Standard

Dig.it

Un appuntamento da segnarsi, quello con Dig.it – Giornalismo digitale: nuovi modelli economici, nuove professionalità, nuova cittadinanza, fissato a Firenze il 4 il 5 luglio prossimo e organizzato dall’Associazione Stampa Toscana in collaborazione con Digiti e Lsdi (patrocinio della Regione Toscana, della Provincia di Firenze e dell’università degli studi del capoluogo):

Si parlerà di cultura editoriale, cultura del giornalismo professionale, cultura della politica e dei governi locali. Cercheremo di fare insieme un’analisi concreta di opportunità, problemi, esperienze. L’evento è costituito da quattro aree tematiche:

  • Nuove professionalità e cittadinanza digitale
  • Proprietà e responsabilità giuridica
  • Le risorse economiche: pubblicità, paywall, contributi
  • Lavoro e diritti

In complesso l’evento sarà composto da 12 panel.

Qui il programma.

“Anonymous – Noi siamo Legione”: una battaglia digitale contro censura, imperialismo, finanza d’assalto, devastatori dell’ambiente e militarismo

Standard

Anonymous - Noi siamo legione

Scriverlo è stata una corsa contro il tempo, ma è stato un viaggio fantastico. E così nasce il libro Anonymous – Noi siamo Legione, appena uscito per Aliberti Editore. Fantastico perché si passa dall’evoluzione della cultura geek nello strano laboratorio di 4chan alla guerra scatenata contro Scientology. E poi il sostegno all’Iran post elezioni del 2009, la primavera araba in Tunisia e ìn Egitto, le campagne ambientaliste in America Latina, i movimenti Occupy e No Tav e il supporto a Wikileaks e contro le torture a cui è stato sottoposto Bradley Manning. La versione libraria di Anonymous è tutto questo e viene presentato così:

Gli ignoti che si riuniscono sotto la sigla Anonymous promettono battaglia contro censura, imperialismo, finanza d’assalto, devastatori dell’ambiente e militarismo. Questo libro è un’inchiesta su una forma di lotta da nuovo millennio che ha finito per colpire sette religiose, corporation, partiti reazionari e dittature mediorientali. Ogni volta che verrà compiuto un abuso, compariranno gli anonimi fustigatori il cui volto è rappresentato dalla maschera del giustiziere Guy Fawkes. E già oggi si può intuire il loro scopo: servizi digitali che garantiscano agli utenti la libertà di espressione.

Continua qui.

Fabrizio Colarieti: i pezzi mancanti e tutte le bugie dell’aeronautica a proposito della strage di Ustica del 27 giugno 1980

Standard

Ancora a proposito di Ustica e dei fatti del 27 giugno 1980, Fabrizio Colarieti spiega su Stragi80.it quali sono i pezzi mancanti e tutte le bugie dell’aeronautica:

Carenze, omissioni, manipolazioni documentali e silenzi. Accadde tutto questo la notte di Ustica. Quando una quarantina di militari dell’Aeronautica – mai processati perché i reati a loro contestati andarono in prescrizione al termine dell’istruttoria condotta dal giudice Rosario Priore – ostacolarono la verità ubbidendo a un ordine superiore che andava oltre la sovranità del nostro Paese. L’ordine era di non parlare, di tacere per sempre e di fronte a chiunque. Nessuno doveva sapere quanto accadde quella notte attorno al Dc9 dell’Itavia, tanto quella verità era indicibile. Eppure traccia di quanto avvenne è negli atti della magistratura (in particolare nella requisitoria dei Pm della Procura di Roma) e nei riscontri compiuti dall’autorità giudiziaria fin dai giorni successivi alla strage. Ed ecco le principali evidenze investigative, quelle che ancora oggi, a distanza di trentadue anni, gridano vendetta e attendono una risposta anche dai nostri alleati. E’ quanto avvenne nei vari centri radar della Difesa la sera del 27 giugno 1980.

Marsala, Siracusa, Licola, Poggio Ballone, Iacotenente, Martinafranca, Ciampino e Stato maggiore dell’Ami sono i punti che vengono approfonditi. Continua qui.

Il Fatto Quotidiano: Ustica 32 anni dopo, le verità mancanti della strage

Standard

UsticaIl delitto è stato ricostruito, ma manca il colpevole. Se fosse un giallo, l’accertamento delle verità sulla strage di Ustica si potrebbe riassumere così: si sa infatti che il 27 giugno 1980 il Dc9 dell’Itavia inciampò in un’azione di guerra calda avendo la peggio e si sa che in volo c’erano altri 18 aerei. Ma a tutt’oggi non c’è una conferma ufficiale sulla nazionalità di quei mezzi e dunque manca uno Stato – per cui uno o più piloti – a cui imputare la colpa di aver ucciso 32 anni fa 81 cittadini italiani, tutti civili.

Le rogatorie: gli Stati non rispondono agli inquirenti italiani
. È lo schema, ormai via via sempre più classico, tale per cui alla verità storico-politica si riesce ad arrivare quasi completamente. Ma a quella giudiziaria – necessaria per colmare determinati vuoti, sanzionare condotte personali che hanno dato vita a un reato e garantire ai familiari le dovute tutele – manca spesso un pezzo. E nel caso di Ustica quel pezzo passa per le responsabilità degli Stati, Francia, Gran Bretagna, Germania e Belgio in primis.

A oggi tutte le nazioni interpellate per rogatoria non hanno risposto. Anzi, quasi tutte, dato che alla procura di Roma è giunto dal Belgio un segnale, ma negativo. Per il Paese che ospita a Mons il quartier generale delle potenze alleate in Europa, fornire informazioni alla magistratura italiana – o anche solo confermare quelle già in possesso – è fuor di discussione perché sono di “natura tale da pregiudicare gli interessi militari”.

Continua sul Fatto Quotidiano. Si veda anche il post Ustica, la verità cercatela a Roma di Toni De Marchi.

“Radici e sangue”: il romanzo di Gianni Pesce che racconta la vera storia sull’origine delle indagini su mafia e politica

Standard

Radici e sangueQuesta è la storia di un’inchiesta su mafia e politica quando i due termini non potevano ancora essere accostati. Ed è una storia vera che porta a un’ecatombe, con gli omicidi del giudice struttore Rocco Chinnici e dei poliziotti Beppe Montana e Ninni Cassarà (seguiranno quelli di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), dopo che negli anni precedenti il filo dei soldi di cosa nostra, che si iniziava a seguire, avvicinava troppo alle stanze dei bottoni e a quelle dei banchieri (o bancarottieri). E così erano già stati ammazzati il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano (1979) e gli ufficiali dei carabinieri Emanuele Basile (1980) e Mario D’Aleo (1983).

Questa storia è raccontata in un libro uscito nell’autunno 2010, Radici e sangue. Lo firma Gianni Pesce, un funzionario che nel romanzo si chiama Mari e che a Cagliari viene messo a capo di un commissariato decentrato perché già aveva dato fastidio. È il racconto di un’inchiesta che lo vede chiamato in causa in prima persona, dato che fu lui a coordinare un lavoro contro il traffico di stupefacenti sbarcato in Sardegna per il tramite diretto di cosa nostra.
Continue reading

National Geographic: ecco quali sono le dieci nazioni con il maggior impatto ambientale al mondo

Standard

Ten Countries With the Biggest Environmental Footprints

Quali siano i dieci Paesi con il maggior impatto ambientale lo spiega un servizio del National Geographic. Nella classifica vengono inserito Emirati Arabi, Danimarca, Belgio, Australia, Canada, Olanda, Irlanda, Qatar. E il Kuwait, un cui scorcio è ritratto in questa foto.

“Io sono il libanese”: il prequel di “Romanzo criminale”, quando a metà anni Settanta la bandaccia non era ancora tale

Standard

Io sono il libaneseThriller pages lo dà in uscita il prossimo 3 luglio. Si tratta di Io sono il libanese di Giancarlo De Cataldo (Einaudi), prequel di Romanzo criminale (romanzo molto liberamente ispirato alla banda della Magliana) e di Nelle mani giuste (i “sopravvissuti” della banda nell’Italia di Tangentopoli, nei nascenti anni Novanta). La scheda del libro anticipa che:

Roma, 1976. Un anno prima che tutto accada. Il Libanese freme. Il Libanese ha tre amici, Dandi, il Bufalo, Scrocchiazeppi. Passa con loro da un colpetto all’altro, tiene le armi delle altre bande. Il Terribile, che aspira a diventare il capo dei capi, tratta lui e gli altri pischelli come miserabili. Ma il Libanese non è uno dei tanti. Il Libanese ha un sogno. Un sogno ancora troppo grande per lui. Poi, una sera, il Libanese incontra Giada. Lei è bella, ricca, inquieta. Lei vuole cambiare le cose. Lei vuole fare la rivoluzione. Giada appartiene a un altro mondo. Il Libanese ne è stregato. E nello stesso tempo comincia a intuire che proprio da quel mondo potrà venire l’idea che gli permetterà di rendere il suo sogno una realtà. È grazie a lei, inconsapevole guida, che il Libanese penetra nel mondo dei ricchi, prima come pusher di un grande artista schiavo dell’eroina, e poi organizzando, con i suoi compari, un primo sequestro di persona (preludio di quello che segnerà, appena pochi mesi dopo, la nascita della Banda): il sequestro di un ricchissimo palazzinaro, padre di Sandro, l’amico del cuore di Giada.

(Via Diego Riggi)

“Chi ha ucciso Pio La Torre?”: vita e morte di un uomo che “diede fastidio a tutti” nella recensione di E Il Mensile

Standard

Chi ha ucciso Pio La TorreAntonio Marafioti pubblica la sua recensione per E Il Mensile del libro di Paolo Mondani e Armando Sorrentino intitolato Chi ha ucciso Pio La Torre? (Castelvecchi, prefazione di Andrea Camilleri). E usa queste parole:

Gli intrighi noti al segretario siciliano erano davvero tanti e lui non si risparmiò mai nella ricerca di quella verità che ancor oggi sembra lontana dall’essere appurata: Portella della Ginestra, la stagione degli omicidi politici siciliani, l’installazione dei missili a Comiso, la lotta per la legge Rognoni-La Torre per la confisca dei beni alle cosche e l’introduzione del reato di associazione mafiosa. E ancora Cosa nostra e la Democrazia Cristiana di Vito Ciancimino e Salvo Lima, Gladio in Sicilia, l’Anello di Andreotti, La P2 di Licio Gelli, e l’incrocio fra massoneria e capi mafia. Pio La Torre “diede fastidio” proprio a tutti, si mise al centro di un fuoco incrociato che partiva finanche dai fucili Thompson di fabbricazione statunitense.

Furono queste le armi usate per la sua esecuzione e ancora ci si chiede il perché, visto che la mafia aveva a disposizione i ben più potenti e nuovi kalashnikov. Ma quella mafiosa, seppur la più plausibile, non sembrerebbe essere l’unica pista da seguire. Se gli esecutori sono stati rintracciati i mandanti rimangono ancora occulti. Per molti l’attentato a La Torre avrebbe fatto comodo a qualcuno più in alto della cupola di Cosa nostra. È quello che lui chiamava “terrorismo politico mafioso” e che affonda le radici in episodi mai del tutto chiariti, come quello del tentato golpe che Junio Valerio Borghese cercò di organizzare nel dicembre del 1970 con l’aiuto della mafia siciliana.

Continua qui. Invece la scheda del libro si trova qui.