Andrea Palladino su manifestiamo.eu: “Noi sappiamo chi è Stato. Caro M5S, ora apri gli armadi segreti della Repubblica”

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manifestiamo.eu

Su manifestiamo.eu un bel pezzo di Andrea Palladino su Noi sappiamo chi è Stato. Caro M5S, ora apri gli armadi segreti della Repubblica:

Cari deputati e senatori del M5S, vi chiediamo di riprendere in mano in questi giorni i libri della storia contemporanea del nostro paese, di rileggere quanto è avvenuto a Piazza Fontana, a Brescia, sui treni dei migranti come l’Italicus. Rivedete le immagini dei reportage mai andati in onda di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, ripercorrete l’ultimo viaggio di un capitano coraggioso della Guardia costiera, Natale De Grazia, che si era messo in testa di scoprire chi aveva avvelenato il nostro mare e le nostre vite. Scorrete con attenzione alcune delle grandi inchieste rimaste incompiute, come “Sistemi criminali”, firmata da Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato, dove si disegna la trama più pericolosa per il nostro paese, che vede incrociarsi il potere nero, quello massonico-imprenditoriale e quello di cosa nostra. Ricordate, per un momento, i volti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, o delle altre vittime delle stragi di stato e mafiose che hanno caratterizzato il 1989-1994.

Il testo completo di Palladino si trova qui.

“La Repubblica delle stragi impunite”: nel libro di Ferdinando Imposimato la linea che parte da piazza Fontana e arriva a Falcone e Borsellino

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La Repubblica delle stragi impuniteUn testo intessuto da notizie interessanti, La Repubblica delle stragi impunite, il libro scritto da Ferdinando Imposimato e in uscita l’8 novembre per i tipi di Newton Compton:

La storia recente dell’Italia è attraversata da una lunga linea rossa, che va dalla bomba di piazza Fontana alle morti di Falcone e Borsellino. Terribili eccidi di persone innocenti, sacrificate a trame segrete e oscure ragioni di Stato. Stragi ancora impunite, che hanno avvelenato il clima politico e sociale del nostro Paese e aumentato la sfiducia del popolo italiano verso le istituzioni. Ferdinando Imposimato – giudice da sempre in prima linea, che durante la sua carriera ha indagato su alcune delle pagine più drammatiche della parabola repubblicana – ricostruisce, con documenti inediti e una originale visione d’insieme, i fatti di sangue orditi da terroristi di destra e di sinistra, servizi segreti deviati, bande armate. Un’analisi lucida ed efficace, che non può non sollevare degli angoscianti interrogativi: quale ruolo ha avuto la politica nella stagione delle stragi di Stato? Perché alcuni uomini delle istituzioni hanno favorito quelle menti criminali? Quale collegamento esisteva tra la strategia della tensione e Gladio, tra gli americani e gli attentati che hanno drammaticamente caratterizzato gli anni di piombo e quelli a seguire?

Appena dopo la morte di Pino Rauti e di Amos Spiazzi, è utile tornare a riflettere su quel periodo storico.

“Un orsacchiotto con le batterie”: un libro e un blog per mantenere viva la memoria sulla strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992

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Un orsacchiotto con le batterieNel giorno del ventesimo anniversario della strage di via D’Amelio in cui vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, c’è un libro che merita di essere segnalato. Si intitola Un orsacchiotto con le batterie – Il depistaggio sulla strage di via d’Amelio (Round Robin Editrice), è stato scritto da Elena Invernizzi e Stefano Paolocci e questa la sua sinossi:

Palermo, domenica pomeriggio, cento secondi alle cinque: il sismografo dell’osservatorio geofisico ha un sussulto, mentre fuori già si alza una lama di fumo nero. Vent’anni dopo, un uomo guarda la sua città dalla finestra, assaporando l’aroma persistente di una sigaretta. Sulla scrivania il minuzioso lavoro di ricostruzione che sta portando a termine: la mappa di un depistaggio lungo due decenni attorno alla strage di via D’Amelio.

In un gioco di pesi e contrappesi saranno le voci dei pentiti a dominare la scena: quella dell'”orsacchiotto con le batterie” Vincenzo Scarantino in primis, sulle cui dichiarazioni verranno istruiti i processi; e quella di Gaspare Spatuzza poi, il collaboratore che ha rimesso in discussione le sicurezze acquisite in tanti anni di indagine. Una ricerca di verità e giustizia che condurrà il protagonista a muoversi tra mille piste e sentieri intricati, sino a culminare in un incontro che, alla fine, gli regalerà una nuova prospettiva sulla strage, aiutandolo a mitigare il senso di sconcerto e impotenza.

Per il libro e perché la memoria di questa vicenda rimanga viva, è stato creato anche un blog ad hoc.

“Radici e sangue”: il romanzo di Gianni Pesce che racconta la vera storia sull’origine delle indagini su mafia e politica

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Radici e sangueQuesta è la storia di un’inchiesta su mafia e politica quando i due termini non potevano ancora essere accostati. Ed è una storia vera che porta a un’ecatombe, con gli omicidi del giudice struttore Rocco Chinnici e dei poliziotti Beppe Montana e Ninni Cassarà (seguiranno quelli di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), dopo che negli anni precedenti il filo dei soldi di cosa nostra, che si iniziava a seguire, avvicinava troppo alle stanze dei bottoni e a quelle dei banchieri (o bancarottieri). E così erano già stati ammazzati il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano (1979) e gli ufficiali dei carabinieri Emanuele Basile (1980) e Mario D’Aleo (1983).

Questa storia è raccontata in un libro uscito nell’autunno 2010, Radici e sangue. Lo firma Gianni Pesce, un funzionario che nel romanzo si chiama Mari e che a Cagliari viene messo a capo di un commissariato decentrato perché già aveva dato fastidio. È il racconto di un’inchiesta che lo vede chiamato in causa in prima persona, dato che fu lui a coordinare un lavoro contro il traffico di stupefacenti sbarcato in Sardegna per il tramite diretto di cosa nostra.
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Gianni Flamini e il quinquennio che sconvolse la Repubblica: gli anni dal 1990 al 1994 raccontati nel libro “Lo scambio”

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Lo scambioEntrato a far parte della mia libreria solo oggi, è uscito da poche settimane per i tipi di Nutrimenti il libro Lo scambio – I cinque anni che sconvolsero la Repubblica (1990-1994) scritto dal giornalista Gianni Flamini:

Quello compreso tra il 1990 e il 1994 è un lustro di presagi, un quinquennium horribile che sconvolge la vita della Repubblica trasformandola nel prologo fatale di ciò che verrà. In cinque anni si butta via tutto senza buttare niente, mentre è in corso una storica trasmigrazione di Cosa Nostra dai territori della politica democristiana verso altri lidi che suggella uno storico scambio nell’area grigia delle collusioni fra politica e criminalità organizzata. Cosa Nostra non procede alla cieca, abbagliata da nuovissime e inedite opportunità come quelle che sembra offrire Forza Italia. La discesa di Silvio Berlusconi nell’agone politico colma il vuoto venutosi a creare per l’azzeramento del sistema che si reggeva sulla Democrazia cristiana e sul Partito socialista, caduti sotto la scure della corruzione e di un’autorità giudiziaria che affronta il momento con una determinazione inedita. Intanto omicidi di personalità, terrorismo e stragi di mafia imperversano prima in Sicilia e poi sul continente. Sono questi, per le cronache giornalistiche, gli anni dello scandalo Gladio, di Tangentopoli e Mani pulite, degli attentati a Falcone e Borsellino, dei delitti della Uno bianca, della bomba all’Accademia dei Georgofili, della tragedia della Moby Prince, della cattura di Totò Riina. In questo marasma generale si muove a proprio agio la loggia P2, in grande attività per piazzare il suo programma di riforma reazionaria dello Stato che ha chiamato Piano di Rinascita Democratica. Licio Gelli confida, per la realizzazione del suo disegno, proprio in Berlusconi, affiliato alla loggia, che diventa capo del governo nel 1994. Prende così il via una tempestosa stagione politica che si arenerà soltanto nel novembre del 2011.

Se n’è parlato su GrParlamento nella puntata della trasmissione Pagine in frequenza dello scorso 20 maggio, condotta da Alessandro Forlani. Titolo della puntata è stato Gli apprendisti stregoni del terrorismo made in Italy e insieme a Flamini in onda c’era Vito Bruschini, autore del libro La strage, il romanzo di piazza Fontana (Newton Compton).

In uscita “Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia”, storia di un anno e di un’escalation

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Articolo21 e Sos Impresa pubblicano la presentazione del libro curato da Marcello Ravveduto e intitolato Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia. In uscita il prossimo 16 maggio per Castelvecchi Rx, si presenta con queste parole:

Il ’92 non fu un anno qualsiasi [e] non è solo l’anno delle stragi di Falcone e Borsellino, è piuttosto un’escalation: Tangentopoli, il voto proporzionale uninominale, l’affermazione della Lega, l’agonia dei partiti di massa, la voglia di riscatto civile, il terrorismo mafioso, il debito sovrano alle stelle, l’intervento pubblico assistenzialista, il difficile rapporto con l’Europa. La lunga crisi della Repubblica sembra esplodere in tutta la sua urgenza lasciando immaginare che «nulla sarà come prima». Questo libro torna sui fatti accaduti, cercando di andare oltre le macerie materiali e morali accumulate nel corso di un ventennio, per raccontare, fuori dai luoghi comuni, le storie che lo hanno reso un anno «indimenticabile». Senza pregiudizi ideologici, né inutili moralismi, ma con passione civile.

La ribellione civile di Palermo, l’organizzazione dell’attentato di Capaci, la televisione della pietà e del dolore, l’immaginario cinematografico, l’avanzata dei «perfidi» localismi, la distribuzione di plasma infetto, la silenziosa modernizzazione della ‘ndrangheta, il ruolo delle donne nelle scorte dei magistrati antimafia, la sofferenza psicologica di Rita Atria, i grandi pentiti di camorra e l’alba del dominio del clan dei casalesi nell’affare rifiuti, la tangente Enimont e la nuova razza padrona. Il Novantadue è dunque l’inizio di una transizione che ha dato luogo a una lunga stagione di precarietà politica, civile, sociale ed economica, durante la quale il futuro, una chimera, e il passato, un ostacolo da rimuovere, sono stati sostituiti da un immutabile presente.

Continua qui, dove si trova anche l’indice del volume.

(Via Monica Zornetta su Facebook. Monica ha scritto il capitolo “Il salotto della Lega”)

Rapido 904: per la Cassazione valida l’ordinanza di custodia cautelare a Totò Riina

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La strage del Rapido 904A proposito della strage di Natale del 23 dicembre 1984, quella del Rapido 904, la notizia di oggi, pubblicata sul Fatto Quotidiano, è questa:

È legittima l’ordinanza di custodia cautelare che la procura di Napoli aveva notificato lo scorso 27 aprile a Totò Riina, boss dei corleonesi già in carcere e sottoposto al regime duro del 41bis, ipotizzando il suo ruolo di mandante nella strage di Natale, avvenuta il 23 dicembre 1984 quando una bomba esplose sul Rapido 904 nella galleria della Direttissima, all’altezza di San Benedetto Val di Sambro, provincia di Bologna.

Lo ha stabilito la Cassazione che ha accolto il ricorso presentato dai sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia Paolo Itri e Sergio Amato e dal procuratore aggiunto Sandro Pennasilico. La suprema corte ha anche annullato senza rinvio il provvedimento emesso dal tribunale del Riesame che invalidava l’ordine d’arresto per Riina, firmato dal gip Carlo Modestino. La motivazione dell’invalidamento era la prospettata incompetenza territoriale dei magistrati napoletani a indagare su una strage avvenuta al confine tra la Toscana e l’Emilia Romagna, per quanto i pubblici ministeri ritenessero che l’esplosivo impiegato fosse partito da Napoli.

Si inizia di nuovo dunque con un’indagine che meno di un anno fa andava a cercare la matrice di una strage che fece 17 vittime e 267 feriti negli ambiente legati a cosa nostra. La mafia, infatti, secondo i magistrati napoletani, avrebbe voluto fermare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, alle prese con le indagini che avrebbe portato meno di due anni dopo al maxiprocesso di Palermo, iniziato il 10 febbraio 1986 e conclusosi il 16 dicembre 1987.

L’articolo che racconta più nel dettaglio dell’ordinanza dello scorso aprile si trova qui.

Il Fatto Quotidiano: rapido 904, “un intreccio tra mafia, camorra e politica”

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La strage del Rapido 904In procura a Napoli ne sono certi. Per i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia Paolo Itri e Sergio Amato e per il procuratore aggiunto Sandro Pennasilico la strage di Natale del 23 dicembre 1984 fu targata cosa nostra. E della solidità del quadro investigativo ne è convinto anche il gip Carlo Modestino, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare notificata questa mattina in carcere al boss Toto Riina, il leader dei corleonesi accusato di essere il mandante di quella strage.

Il cui obiettivo – stando agli inquirenti partenopei – non sarebbe stato quello di “destabilizzare per stabilizzare” lo status quo politico italiano e internazionale, come nel caso della strategia della tensione degli anni Settanta. Ma avrebbe avuto un altro scopo: intimidire Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che, sulla scia del sangue versato con la cosiddetta “seconda guerra di mafia”, avevano iniziato con le attività investigative che avrebbero portato due anni più tardi al maxiprocesso di Palermo, iniziato il 10 febbraio 1986 e conclusosi il 16 dicembre 1987.

I magistrati assassinati nel 1992 non si fecero però impressionare dall’attentato del 1984 tanto che all’apertura delle udienze, nell’aula bunker dell’Ucciardone, portarono 475 imputati sui quali pendevano 438 capi di imputazione (di cui 120 per omicidio). E a sentenza, pronunciata dopo 35 giorni di camera di consiglio (e le cui motivazioni richiesero 8 mesi di lavoro a Pietro Grasso, dal 2005 procuratore nazionale antimafia), vennero comminati 19 ergastoli e migliaia di anni di carcere.
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Via D’Amelio e altre storie: le indagini cambiano, i nomi sono spesso gli stessi

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Questo post era stato pubblicato tre anni fa, ma in un giorno come questo (per quanto il video sotto si riferisca a un precedente evento correlato a quello commemorato oggi) può essere utile ricordare che le indagini si succedono le une alle altre, ma troppo spesso i nomi rimangono gli stessi. Come recenti vicende stanno dimostrando.

Strano rivedere oggi immagini simili, quando a prendere la parola non era ancora il presidente della Sicilia, ma uno dei tanti aspiranti notabili che stava iniziano la scalata alla Regione. Totò Cuffaro lamenta di essere stato fin da allora oggetto di un linciaggio mediatico da parte dei Michele Santoro e Maurizio Costanzo di turno. Ma dice poi a proposito degli attentati di Capaci e di via D’Amelio:

La vecchia Dc scompare nella fase cupa e dolorosa delle stragi che colpiscono la Sicilia per mano della mafia, nel 1992, l’anno delle autobombe che stroncano la vita a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tanti altri innocenti. In meno di due mesi, vengono abbattuti brutalmente due baluardi della lotta alla mafia, la vera lotta combattuta in prima linea, non quella della finzione mediatica e demagogica.

Tuttavia ciò che davvero pensava dei magistrati antimafia (compresi quelli che sarebbero finiti ammazzati di lì a poco) lo scandì chiaramente in tivvù:

(Video via Sobborghi)