La strage dell’Heysel, tra “pescecani” e “mammasantissima”

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Roberto Losurdo era già intervenuto su questo blog. Lo aveva fatto raccontando di quando conobbe l’avvocato Giorgio Ambrosoli, che lo difese anni prima di essere ucciso per ordine di Michele Sindona. Nel 1985, poi, Losurdo si trovò allo stadio Heysel dove il 29 maggio 1985 si doveva disputare – e così è stato – la finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool. E finì in tragedia. Oggi, a trent’anni di distanza, ricorda i fatti che lo condussero lì e cosa visse in Belgio.

Sono granata da sempre, come tutti i masochisti. Quasi tutti i bimbetti, nel 1949, tifavano Torino. La Juve, manco esisteva o quasi. Poi il sogno finì a Superga. Nel 1983, la Juve ad Atene, perse la finale della Coppa dei campioni (così si chiamava allora). Mi colpì non tanto la sconfitta, quanto il fatto che ben 5 mila tifosi bianconeri rimasero fuori dallo stadio in quanto sprovvisti di biglietto. Così, quando all’inizio del 1985, si cominciò a riparlare di una possibile finale della Juve a Bruxelles, serpeggiò quel “fiuto” dell’affare già utilizzato in altre occasioni.

La mia amica Antonella Squillaci, responsabile dell’Ufficio Turistico Belga a Milano, mi consigliò di contattare la Signora Puttaert, direttrice dell’Ufficio Turistico di Bruxelles alla Grand Place. In risposta alla mia balbettante lettera in francese, giunse una risposta in perfetto italiano. La signora in questione era in pratica era nativa della Svizzera francese con marito italiano.
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Il Fatto Quotidiano: Ustica 32 anni dopo, le verità mancanti della strage

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UsticaIl delitto è stato ricostruito, ma manca il colpevole. Se fosse un giallo, l’accertamento delle verità sulla strage di Ustica si potrebbe riassumere così: si sa infatti che il 27 giugno 1980 il Dc9 dell’Itavia inciampò in un’azione di guerra calda avendo la peggio e si sa che in volo c’erano altri 18 aerei. Ma a tutt’oggi non c’è una conferma ufficiale sulla nazionalità di quei mezzi e dunque manca uno Stato – per cui uno o più piloti – a cui imputare la colpa di aver ucciso 32 anni fa 81 cittadini italiani, tutti civili.

Le rogatorie: gli Stati non rispondono agli inquirenti italiani
. È lo schema, ormai via via sempre più classico, tale per cui alla verità storico-politica si riesce ad arrivare quasi completamente. Ma a quella giudiziaria – necessaria per colmare determinati vuoti, sanzionare condotte personali che hanno dato vita a un reato e garantire ai familiari le dovute tutele – manca spesso un pezzo. E nel caso di Ustica quel pezzo passa per le responsabilità degli Stati, Francia, Gran Bretagna, Germania e Belgio in primis.

A oggi tutte le nazioni interpellate per rogatoria non hanno risposto. Anzi, quasi tutte, dato che alla procura di Roma è giunto dal Belgio un segnale, ma negativo. Per il Paese che ospita a Mons il quartier generale delle potenze alleate in Europa, fornire informazioni alla magistratura italiana – o anche solo confermare quelle già in possesso – è fuor di discussione perché sono di “natura tale da pregiudicare gli interessi militari”.

Continua sul Fatto Quotidiano. Si veda anche il post Ustica, la verità cercatela a Roma di Toni De Marchi.

National Geographic: ecco quali sono le dieci nazioni con il maggior impatto ambientale al mondo

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Ten Countries With the Biggest Environmental Footprints

Quali siano i dieci Paesi con il maggior impatto ambientale lo spiega un servizio del National Geographic. Nella classifica vengono inserito Emirati Arabi, Danimarca, Belgio, Australia, Canada, Olanda, Irlanda, Qatar. E il Kuwait, un cui scorcio è ritratto in questa foto.

Notte criminale: terza e ultima parte del dossier “Belgio, gli assassini folli del Brabante: 28 morti senza un perché”

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Belgio, gli assassini folli del Brabante - Terza parte

Su Notte criminale è uscita la terza è ultima parte del dossier Belgio, gli assassini folli del Brabante: 28 morti senza un perché. La prima parte è qui e la seconda invece qui.

Toxic Europe: un documentario che racconta il traffico dei rifiuti nel vecchio continente tra Italia, Belgio e Romania

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Toxic Europe è un documentario realizzato dai giornalisti Cecilia Anesi, Giulio Rubino e Delphine Reuter che ha vinto il Best International Organised Crime Report Award 2011 (Biocr) e che annovera tra i suoi crediti realtà come il Premio Ilaria Alpi, l’Associazione di Giornalismo Investigativo, Flare Network, DailyBlog.it e Novaya Gazeta. Un progetto che si propone di raccontare questa realtà:

Toxic Europe tratta del traffico illegale di rifiuti tossici, un business sempre più remunerativo per la criminalità organizzata italiana e non. I meccanismi, le lacune legislative, le strategie di trasporto e quelle di smaltimento, le conseguenze sull’ambiente, sulla popolazione e sulla società sono il tema del racconto di questo film.

Toxic Europe è stato filmato in Italia, Belgio e Romania: tre esempi per mostrare la dimensione europea del problema, e per descrivere come la gestione e il trattamento dei rifiuti possono diventare un traffico illegale e pericoloso.

E per sostenere il documentario, si dia un’occhiata alla sua scheda sul sito Produzioni dal basso.

Senza Finzione: esce “Tutti manipolati – Prima, durante e dopo il caso Dutroux”

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Tutti manipolati - Prima, durante e dopo il caso DutrouxNono titolo per la collana di Stampa Alternativa Senza Finzione che coordino insieme a Simona Mammano. Stavolta è la traduzione (curata da me) di un libro belga disponibile a partire dal prossimo 20 novembre che si intitola Tutti manipolati – Prima, durante e dopo il caso Dutroux. Gli autori sono l’ex gendarme Marc Toussaint e il giornalista Xavier Rossey e questa la presentazione del volume:

«Il controllo dell’informazione è potere. Conoscere le inconfessabili debolezze di determinate persone e spingerle a compromettersi si rivela il modo migliore per esercitare pressioni a qualsiasi livello. Il controllo dell’informazione sulle reti pedocriminali è un’arma essenziale praticata ancora oggi dagli apparati di sicurezza in tutto il mondo […]».

La vicenda del mostro di Marcinelle, Marc Dutroux, si conclude con condanne per pedofilia all’uomo e ai suoi complici. Ma sul rapimento di sei bambine e sulla morte di quattro di loro non è stata fatta ancora chiarezza. C’era, tra gli investigatori, chi avrebbe potuto intervenire e non lo fece? L’intento era di creare dossier compromettenti a scopo di ricatto? Questo libro, attraverso alcune delle vicende criminali più note del Belgio, arriva a descrivere un lato oscuro di quel Paese che, di fronte al potere, non si ferma neanche davanti all’infanzia violata.

“Rendez-vous avec X” di France Inter, una puntata dedicata ai fatti del Brabante

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Rendez vous avec X - Les tueurs fous du BrabantRendez-vous avec X è una trasmissione radiofonica con frequenza settimanale che va in onda su France Inter da tredici anni. La sua struttura è particolare: il conduttore, Patrick Pesnot, dialoga con un personaggio senza nome, un non meglio specificato monsieur X, che, si dice, dopo una vita negli apparati informativi, se n’è andato in pensione raccontando alcune storie che hanno per lo più a che fare con crimini irrisolti. Una puntata venne dedicata ai fatti del Brabante (si veda anche qui). La trasmissione, in lingua francese, è suddivisa in due registrazioni (solo in audio) interessanti:

La storia di Alain Gossens e di un suicidio alquanto tempestivo

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Una caduta di venti metri dalla chiesa di Watermael Boitsfort, comune belga che si trova nella regione di Bruxelles Capitale. È morto così il giornalista investigativo Alain Gossens. Era il 6 luglio scorso e sul fascicolo aperto dopo il volo è stata scritta la parola suicidio. Una parola che tuttavia ha destato scetticismo non solo in chi lo conosceva (e che sostiene che l’uomo non fosse in preda alla depressione), ma soprattutto in chi attendeva la divulgazione del dossier a cui aveva lavorato per anni e che avrebbe dovuto essere pubblicato alla metà di luglio.

Si annunciava esplosivo, il dossier, perché cuore del lavoro del giornalista erano i reati sessuali a danno di minori consumati all’interno della chiesa belga. La stessa ipotesi che a fine giugno aveva portato a una serie di perquisizioni presso istituzioni religiose locali, compreso l’arcivescovado di Malines-Bruxelles, e che aveva consentito di scoprire a Mechelen documenti legati in particolare al rapimento e all’omicidio di Julie Lejeune e Melissa Russo, due delle piccole vittime di Marc Dutroux, il mostro di Marcinelle.

Anche Gossens aveva annunciato di aver trovato, fra l’altro, contatti tra ambienti cattolici belgi e i reati per cui Dutroux è stato condannato. E se la condanna che l’uomo e i suoi due complici stanno ancora scontando parla di un «pervertito isolato», il giornalista morto a inizio luglio si era unito al coro di chi sostiene ancora oggi l’esistenza di una rete di predatori a cui appartenevano anche persone di primo piano in Belgio.

Dunque, mentre si resta in attesa della pubblicazione postuma del reportage del giornalista, al momento è stato possibile appurare che l’uomo, 40 anni, si sentiva minacciato e sotto osservazione al punto da scrivere alla madre una lettera (a casa sua ne sono state ritrovate due, dopo la sua morte) per raccontarle delle pressioni che stava subendo. Alcuni dei dubbi sull’ipotesi del suicidio riguardano anche il luogo in cui Alain è morto: la chiesa di Watermael Boitsfort è infatti da tempo in ristrutturazione e il cantiere che la circonda rende l’accesso all’edificio estremamente difficoltoso, soprattutto a un uomo sedentario come era Gossens.
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