Pentiti di niente. E subito si giunse ai primi sospetti

Standard

Pentiti di nienteLe trattative intanto si sono trascinate per giorni e ormai si è arrivati al primo maggio, sono trascorse oltre due settimane dal rapimento, ed è tempo di chiudere. Così nel corso dei tre giorni successivi si prendono accordi sulle modalità di consegna: il 4 maggio il ragionier Damaschi e l’avvocato Alessandro Tonolli, altro collaboratore di famiglia, devono salire a bordo della Fulvia di Carlo portando con loro due valigie in cui sono custoditi i soldi. A quel punto inizia un percorso, una specie di caccia al tesoro, in cui si arriva nel primo punto indicato dai rapitori, si raccoglie un messaggio, un dettaglio concordato di volta in volta, un qualsiasi elemento che suggerisca in quale direzione procedere. La prima tappa di questa caccia viene raggiunta alle quattro del mattino quando i due professionisti approdano all’Hotel Cavalieri di Milano.

Qui attendono una telefonata che giunge puntuale nel giro di poco e che ordina loro di inforcare la tangenziale est del capoluogo lombardo, arrivare al chilometro 8 e di cercare il messaggio successivo sotto un cartello stradale. Lì trovano un’ulteriore indicazione che dice loro di uscire a Cernusco sul Naviglio, parcheggiare l’auto nei pressi di una cava lì vicino e di allontanarsi per mezz’ora: al loro ritorno, se tutto sarà andato secondo i piani, non ci saranno più le borse con i quattrini. Ma quando la coppia di emissari torna indietro si accorge che non è accaduto nulla, che questo appuntamento è andato a vuoto: i rapitori non si sono infatti presentati a ritirare il riscatto perché – diranno poco dopo sempre al telefono – avevano avuto l’impressione che un’auto in borghese della polizia fosse in zona. Avevano ragione.

Nel contatto che segue l’incontro alla cava di Cernusco, i rapitori non sono affatto teneri, fanno notare con violenza alla famiglia che la foglia l’hanno mangiata e aggiungono si pentiranno dello scherzo che hanno tentato di tirare loro perché mica sono scemi, l’hanno vista bene quell’Alfa Romeo Giulia che stazionava in zona. Sbirri, non poteva essere altrimenti, e chi vuoi che fosse a quell’ora in un posto tanto isolato? Dunque – accusano ancora i malviventi – non solo i Saronio hanno denunciato la scomparsa contravvenendo a quanto esplicitamente vietato, ma stanno collaborando con le forze dell’ordine. A questo segue un nuovo stillicidio di comunicazioni durante le quali però vengono via via lasciate da parte le minacce e riprendono le trattative.
Continue reading

Senza finzione: “Armi in pugno – La storia del Nord Est tra politica, terrorismo e criminalità” di Pino Casamassima

Standard

Armi in pugno di Pino CasamassimaIl volume sarà disponibile a partire dall’inizio di settembre, ma è appena stato inserito tra le anteprime di Stampa Alternativa il nuovo libro della collana Senza finzione, coordinata insieme a Simona Mammano. Si tratta del libro Armi in pugno – La storia del Nord Est tra politica, terrorismo e criminalità scritto dal giornalista Pino Casamassima:

Le Brigate Rosse, la prima volta che uccisero, lo fecero a Padova, la città che assisteva alla nascita dell’Autonomia organizzata e ai teoremi giudiziari che portarono al processo 7 aprile. Ma il Veneto fu anche la culla dell’eversione neofascista, quella di Ordine Nuovo, che metteva le bombe sui treni e che inaugurò gli anni di piombo con la strage di piazza Fontana. E sempre nel Nord Est nacquero e si svilupparono fenomeni criminali autoctoni, come la mafia del Brenta di Felice Maniero. Un’area, quella raccontata in questo libro, che passò dalla miseria e dall’emigrazione alla prosperità economica coltivando alcuni dei fenomeni che hanno fatto la storia dell’intera nazione.

E così, con il lavoro di Pino, fanno sette volumi all’interno della collana inaugurata nel febbraio 2009.

E rimasero impuniti: “In questo disgraziato Paese la politica si mescola alla criminalità”

Standard

E rimasero impunitiTornando alle lettere, riportate nella sentenza di assoluzione del giugno 2007 per il delitto dei Frati Neri, occorre fare una premessa. Lo scrivente – avvertono i giudici – descrive se stesso come una vittima della cupidigia altrui, un esecutore di volontà che gli erano superiori. Si sa che ciò non è vero, ma lo scenario ricostruito è stato ritenuto autentico, in sede giudiziaria. Scrive dunque Calvi il 30 maggio 1982 al cardinale Pietro Palazzini:

Eminenza Reverendissima, sento il dovere di rivolgermi ancora una volta alla Sua illuminata e degnissima persona per informarLa degli ultimi spaventosi sviluppi delle mie vicissitudini con lo IOR che stanno pericolosamente conducendo i miei interessi e quelli ben più importanti della Chiesa verso un sicuro disastro. Vani si sono dimostrati sino a oggi tutti i tentativi di trovare un’equa soluzione alla vertenza della quale Le ho parlato tempo fa durante l’incontro da Lei benevolmente concessomi. Monsignor Marcinkus e il dottor Mennini [Luigi Mennini, ai tempi amministratore delegato dello IOR, N.D.A.] continuano a rifiutarmi ogni possibile contatto […] manifestando così una inconcepibile insensibilità ai reali interessi della Chiesa stessa.

[…] La credibilità morale ed economica del Vaticano è già gravemente compromessa; come mai nessuno vuole intervenire? Ma a cosa mirano costoro? Del resto molti finanziamenti e tangenti concessi dal Banco Ambrosiano a partiti e uomini politici hanno avuto origine su indicazione [di personalità interne alla Santa Sede stessa]. Eppure costoro sanno che io so! Non è quindi possibile spiegare l’atteggiamento che hanno verso di me e il mio gruppo bancario, unicamente in termini di sleale comportamento e di ottusità mentale […]. In siffatte condizioni cosa posso sperare io, responsabile come sono di aver svolto un’opera di banchiere nell’interesse della politica vaticana in tutta l’America Latina, in Polonia e in altri Paesi dell’Est?

Continue reading

Schegge contro la democrazia: mercoledì la presentazione e un primo articolo sull’Unità

Standard

Schegge contro la democraziaL’articolo che segue, a firma di Giulia Gentile, è stato pubblicato sul quotidiano L’Unità ieri, 25 luglio, a pagina 2 dell’edizione dell’Emilia Romagna. Riprende alcuni punti contenuti all’interno di Schegge contro la democrazia, scritto con Riccardo Lenzi e in uscita mercoledì prossimo per i tipi di Socialmente Editore. A proposito di dopodomani e del volume, due segnalazioni: il 28 luglio, a mezzogiorno, presso la sede dello Spi-Cgil Emilia Romagna (coeditore insieme allo Spi-Cgil territoriale di Bologna, via Marconi 69) ci sarà la conferenza stampa di presentazione mentre se ne tornerà a riparlare il 31, alle 21, presso la libreria Ambasciatori con Carlo Lucarelli. Qui il pdf (128KB) con il dettaglio dei due appuntamenti.

Istantanea da un giorno qualunque, ad una manciata di ore dalla strage di Bologna. Da un paio di settimane, i terroristi neri Valerio Fioravanti e Francesca Mambro – poi condannati in via definitiva insieme a Luigi Ciavardini come esecutori materiali dell’attentato alla stazione di Bologna – sono ospiti in Sicilia del dirigente del gruppo di estrema destra Terza posizione, Francesco ‘Ciccio’ Mangiameli, che poi uccideranno a settembre dello stesso anno tentando di far sparire il cadavere nel lago romano di Tor de’ Cenci. Per i giudici è a casa di Mangiameli, eliminato per essere diventato un testimone pericoloso della strage, che la coppia dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) incontra un tale Gaspare Cannizzo.
Continue reading

E rimasero impuniti: “Se domani il santissimo non mi paga le fatture della Polonia, lo faccio saltare”

Standard

E rimasero impunitiL’istituto vaticano, dunque, sembra proiettato verso un futuro che annulli – o quanto meno riduca – le malversazioni per le quali i suoi conti hanno fatto molto parlare. Malversazioni che, lungi dall’essere state punite, non sono state neanche mai del tutto chiarite. La banca vaticana nacque nel 1942 per farsi carico dei possedimenti terreni di pochi clienti d’élite e per questo chiedeva loro opere di carità. Che la carità non fosse però proprio uno stile di vita condiviso da tutti era emerso già nella seconda metà degli anni Settanta, quando intercorrevano i primi abboccamenti tra Santa Sede e governo italiano per il rinnovo del concordato nel 1929, siglato il 18 febbraio 1984.

In quel periodo, un gruppo di cronisti dell’Europeo, capitanato da Paolo Ojetti e sotto la direzione di Gianluigi Melega, «inciampò» negli estratti catastali di molti palazzi romani, concentrati soprattutto nel centro della capitale e nelle zone più prosperose delle periferie collinari. Scavando, si arrivò a stabilire che uno su quattro di quegli edifici era o era stato di proprietà del Vaticano e che le attività di compravendita avevano generato guadagni e plusvalenze mai toccate dal fisco.

Lo scandalo che ne seguì fu notevole, considerando poi che si era lavorato su una sola città, Roma, per quanto conosciuta come la città delle 1265 chiese. Da oltre Tevere si accusarono direttore e giornalisti di condurre una battaglia contro la religione cattolica e il clero. E sebbene tutto ciò che era stato scritto fosse dimostrabile, Melega lasciò il suo posto alla direzione del mensile di casa Rizzoli, nel frattempo sotto l’arrembaggio di Licio Gelli, Umberto Ortolani e Bruno Tassan Din, che volevano il Corriere della Sera. Ma ciò che emerse dalle pagine del periodico milanese sarebbe stata la punta dell’icerberg.
Continue reading

Teatro civile, nei luoghi dell’inchiesta e della narrazione: a settembre il nuovo libro di Daniele Biacchessi

Standard

Teatro civile, nei luoghi dell'inchiesta e della narrazione di Daniele BiacchessiRicevo da Daniele Biacchessi e ripropongo volentieri:

A settembre esce il nuovo libro di Daniele Biacchessi “Teatro civile, nei luoghi dell’inchiesta e della narrazione” (Edizioni Ambiente, collana Verdenero inchieste), con l’introduzione del critico teatrale Oliviero Ponte di Pino. Contiene le testimonianze di Marco Paolini, Paolo Rossi, Ascanio Celestini, Marco Baliani, Giulio Cavalli, Renato Sarti, Roberta Biagiarelli, Sergio Ferrentino, Ulderico Pesce, Stefano Paiusco, Raja Marazzini, Patricia Zanco, Alessandro Langiu, Elena Guerrini, Saverio Tommasi, Gang, Modena City Ramblers, Cisco, Yo Yo Mundi, Gaetano Liguori, Pippo Pollina, Andrea Sigona, Michele Fusiello, Tiziana Di Masi, Alberto Nicolino, Giorgio Diritti, Massimo Martelli, Giangilberto Monti, Marco Rovelli, Alessio Lega, Massimo Priviero, Manuel Ferreira e Elena Lolli Alma Rosè, Roberto Rossi, Danilo Schininà, Marta Pettinari, Francesco Gherardi, Paolo Trotti, Marta Galli, e centinaia di cantastorie italiani.

Daniele Biacchessi torna nei luoghi della memoria italiana, incontra i principali artisti del teatro, del cinema e della musica di impegno civile, narra storie del passato e del presente: Vajont, Seveso, Petrolchimico di Marghera, Ilva di Taranto, l’amianto, le discariche abusive, le scorie nucleari, le fabbriche italiane e argentine, zolfare e zolfatari, il teatro ecologico. E ancora le guerre in Iraq, Somalia, Cecenia, Bosnia, Afghanistan, medio Oriente. Infine la memoria ritrovata della Resistenza, gli alpini morti sul Don, l’assedio di Leningrado, fino alle pagine più oscure della storia contemporanea come le stragi di Piazza Fontana a Milano e alla stazione di Bologna, la morte di Pino Pinelli, il caso Moro, Ustica, Moby Prince, Linate, gli omicidi di mafia e le cosche al Nord.

La collana all’interno della quale il libro esce è questa e nel caso il volume è prenotabile.

“Schegge contro la democrazia”: oggi il panorama consente di fare qualche passo di più verso i mandanti

Standard

Schegge contro la democraziaIl testo che segue è a prefazione del libro Schegge contro la democrazia scritto a quattro mani con Riccardo Lenzi, in uscita (sia in libreria che su web) il prossimo 28 luglio. La prefazione è firmata da Claudio Nunziata.

Da quel 2 agosto 1980 la realtà è profondamente cambiata. Nonostante il resto del mondo stia viaggiando nella modernità, in Italia ci si è fermati alla realizzazione del progetto politico di Licio Gelli che, pur nato già vecchio, ha trovato attuazione vent’anni dopo. Un progetto politico autoritario che tenta di azzerare il metodo del confronto democratico, stravolgere i principi affermati nella Costituzione e resuscitare le vecchie nostalgie di ex partigiani monarchici, cattolici tradizionalisti ed ex repubblichini riciclatisi nella giovane Repubblica.

Dopo la parentesi golpista sviluppatasi sotto il patronato della coppia Kissinger-Nixon (1969-1974), fu avviato un progetto di trasformazione autoritaria molto più sofisticato, che la debolezza dei normali strumenti di difesa della democrazia affidati a servizi di sicurezza, oramai inquinati dalle pratiche degli anni precedenti, e a una procura romana non sempre attenta, incoraggiò. I successivi e progressivi passaggi – il sequestro del figlio dell’ex-segretario del Psi, onorevole Francesco De Martino (5 aprile 1977), il sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro (16 marzo 1978), l’omicidio del segretario della Dc siciliana Michele Reina (9 marzo 1979) e poi quello del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), la strage di Bologna (2 agosto 1980) e l’eliminazione di buona parte della migliore classe dirigente del Paese che avrebbe potuto costituire un ostacolo o frapporsi alla attuazione del Piano – rappresentano le tappe dell’affermazione del nuovo soggetto politico formatosi dalla alleanza tra i ceti massonici, paramassonici e i mafiosi più spregiudicati.
Continue reading

E rimasero impuniti: i benefattori di Solidarnosc e l’almeno annunciata glasnost vaticana

Standard

E rimasero impunitiIntanto nuovi verbali d’interrogatorio sono stati compilati. Lo scorso giugno, per esempio, Massimo Ciancimino, il figlio del potente sindaco di Palermo Vito Ciancimino, è stato sentito da pubblico ministero Tescaroli per il contenuto dell’intervista rilasciata a Gianluigi Nuzzi in Vaticano Spa. Oggetto delle domande sono stati i rapporti tra suo padre e la banca vaticana nel corso degli anni Settanta e Ottanta.

«Le transazioni a favore di mio padre», ha detto il figlio del sindaco di Palermo a Nuzzi, «passavano tutte tramite i conti e le cassette dello IOR. Poi [i soldi venivano] trasferiti a Ginevra […]. Mio padre mi ripeteva che queste cassette erano impenetrabili perché era impossibile poter esercitare una rogatoria all’interno dello Stato del Vaticano […]. Allo IOR i movimenti finanziari verso Stati esteri erano molto più economici di altri canali, come i classici “spalloni”. Si poteva operare nella totale riservatezza, lasciando una minima offerta alla banca del papa».

Quanto ci sia di fondato nelle parole di Ciancimino junior deve essere ancora accertato, compresi dettagli non irrilevanti come il finanziamento alla corrente andreottiana della Democrazia Cristiana, le percentuali versate a titolo di donazio ne a ecclesiastici compiacenti, la complicità nei passaggi della tangente Enimont e la gestione di denaro per contro dell’«ingegner Loverde», alias Bernardo Provenzano.

Sempre Luca Tescaroli nell’autunno del 2008 era andato poi a parlare direttamente anche con un protagonista delle rivolte anticomuniste in Polonia, Lech Wałęsa. Lo aveva raggiunto a Gadansk e l’argomento comprendeva, oltre l’impiccagione del 18 giugno 1982, il ruolo della banca vaticana nel finanziamento dei movimenti ostili ai regimi del Patto di Varsavia. «Era soltanto solidarietà», disse l’ex sindacalista di Danzica al magistrato italiano. Il quale gli fece notare che, in termini numerici, si trattava di solidarietà per mille milioni di dollari e che c’era il fondato sospetto che il denaro provenisse da cosa nostra.
Continue reading

E rimasero impuniti: trasparenza sul futuro e foschia sul passato

Standard

E rimasero impunitiIl processo di primo grado contro gli imputati dell’omicidio Calvi, dopo novanta udienze succedutesi nell’arco di due anni e al termine di una giornata di camera di consiglio, non è stato in grado di chiarire una serie di punti. Primo tra tutti, il nome di mandanti ed esecutori. Se sembra provato – come è scritto nelle motivazioni – che «l’uccisione di Roberto Calvi è stata deliberata dalla mafia per punirlo e per evitare che rendesse pubblica la sua attività di riciclaggio e rivelasse i suoi rapporti con le persone che fungevano da canale di collegamento con l’organizzazione criminale», non si è andati oltre un’idea verosimile degli ultimi giorni di vita del banchiere.

Ma non l’esatta ricostruzione di quanto accaduto. E nemmeno è stata data una descrizione di quanto Roberto Calvi minacciava di rivelare proprio alla vigilia della sua morte attraverso una ridda di lettere e di colloqui con il suo fido braccio destro di allora, Flavio Carboni. A tanti anni di distanza, in attesa delle sentenze d’appello e di Cassazione, quello del banchiere di Dio continua a essere uno dei fantasmi più frequenti, misteriosi e forse comodi della recente storia italiana.

Il presidente del Banco Ambrosiano è infatti ancora una presenza concreta nella vita italiana. Si pensi che non sono trascorsi che alcuni mesi da quando si discuteva dell’inclusione di Roberto Calvi e di Michele Sindona nel dizionario biografico degli imprenditori della Treccani, almeno nell’opera generale (poi però la crisi dell’editoria e quella più in generale dell’economia hanno fatto mettere in discussione la vita stessa del dizionario, sotto lo spauracchio di un drastico taglio del suo budget). E – nota a margine – nessuno gli ha mai revocato l’onorificenza di cavaliere del lavoro e medaglia d’oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte.
Continue reading

“Il segreto delle tre pallottole”, il nodo della fusione a freddo e dell’industria degli armamenti

Standard

Per quanto uscito nella nuova collana Verdenero Inchieste, il libro, Il segreto delle tre pallottole, firmato da Maurizio Torrealta ed Emilio Del Giudice nella veste si presenta come un romanzo. Ma – avvertono gli autori – ciò che viene raccontato è frutto di una duplice inchiesta: da una parte, il giornalista – Torrealta – che con il suo team d'”inchiestisti” si butta su una storia per verificarne l’autenticità a livello di accadimenti; dall’altra il fisico – Del Giudice – che si prende in carico i contenuti della vicenda e si accerta che quanto meno siano plausibili sul piano scientifico.

Il nodo attorno a cui ruota questa storia è quello dell’esistenza della fusione fredda, reazione nucleare a bassa energia che, presentata nel 1989 da Martin Fleischmann e Stanley Pons, venne fatta a pezzi dalla comunità scientifica che sosteneva l’implausibilità del procedimento. Vai a osservare però le verifiche svolte sul lavoro dei due ricercatori dell’università di Salt Lake City e ti accorgi che il metodo scientifico non era stato proprio rispettato. Tanto che quando, anni dopo, in Italia si tenterà ancora un procedimento di fusione fredda, ecco la sorpresa: funziona.

Il romanzo, all’interno del quale sono contenute lunghe descrizioni fisiche e chimiche dei procedimenti innescati, parte e prosegue come una spy story, quale poi in realtà è. I suoi elementi comprendono scienziati avvelenati da microesposizioni radioattive che provocano altrettanto microscopici tumori, telefonate nel cuore della notte, personaggi strani che iniziano a girare intorno ai protagonisti con l’implicito scopo di intimorirli. Ma soprattutto questo libro è il racconto di una guerra sottaciuta. Anzi, di una guerra sporca, occultata all’interno di operazioni per l'”esportazione della democrazia”.
Continue reading