“Mafie in pentola: libera Terra, il sapore di una sfida”, teatro gastronomico e il recupero della memoria storica

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Tiziana Di Masi - Mafie in pentola

Tiziana Di Masi è una brava attrice che ha dedicato una parte della sua professione al teatro civile e della memoria. Il prossimo 9 ottobre debutterà a Forlimpopoli (Teatro Verdi, ore 15.30) con lo spettacolo Mafie in pentola – Libera Terra, il sapore di una sfida, che andrà in scena nell’ambito dell’annuale rassegna organizzata da Casa Artusi:

Cibo e lotta alle mafie, teatro gastronomico e l’impegno per il recupero della memoria storica: i miei due ambiti di lavoro decennale finalmente si coniugano e si intrecciano in un progetto che è nato così, da un’idea sorta una mattina di novembre..all’improvviso e casualmente, come nascono le migliori cose. Ancora una volta uso il cibo, come straordinaria metafora della vita e mezzo efficace per raccontare delle storie, storie di vita, lavoro, di sfide vinte e di battaglie ancora in corso […].

Mafie in pentola nasce dalle esperienze e dai viaggi di Andrea Guolo e Tiziana Di Masi sui terreni confiscati alle mafie da nord a sud dove in questi ultimi mesi abbiamo raccolto interviste, documenti e materiale audio-video, con la preziosa disponibilità di tutti coloro che li lavorano che ci hanno accolto e aiutato a comprendere il significato più profondo del loro lavoro su quelle terre. Milioni di ettari di terreno tra Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, hanno assistito a secoli di violenza, sfruttamento, illegalità, omicidi. E dalle grandi regioni del sud le mafie si sono estese fino al nord. Ora quelle stesse terre, liberate dalla mafia con lo strumento della confisca previsto dalla legge 109/1996, offrono al mercato alcuni gioielli enogastronomici del nostro Paese.

Qui [pdf, 203 KB] c’è una scheda di dettaglio del progetto mentre qui il comunicato stampa del 9 ottobre.

Teatro civile, nei luoghi dell’inchiesta e della narrazione: a settembre il nuovo libro di Daniele Biacchessi

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Teatro civile, nei luoghi dell'inchiesta e della narrazione di Daniele BiacchessiRicevo da Daniele Biacchessi e ripropongo volentieri:

A settembre esce il nuovo libro di Daniele Biacchessi “Teatro civile, nei luoghi dell’inchiesta e della narrazione” (Edizioni Ambiente, collana Verdenero inchieste), con l’introduzione del critico teatrale Oliviero Ponte di Pino. Contiene le testimonianze di Marco Paolini, Paolo Rossi, Ascanio Celestini, Marco Baliani, Giulio Cavalli, Renato Sarti, Roberta Biagiarelli, Sergio Ferrentino, Ulderico Pesce, Stefano Paiusco, Raja Marazzini, Patricia Zanco, Alessandro Langiu, Elena Guerrini, Saverio Tommasi, Gang, Modena City Ramblers, Cisco, Yo Yo Mundi, Gaetano Liguori, Pippo Pollina, Andrea Sigona, Michele Fusiello, Tiziana Di Masi, Alberto Nicolino, Giorgio Diritti, Massimo Martelli, Giangilberto Monti, Marco Rovelli, Alessio Lega, Massimo Priviero, Manuel Ferreira e Elena Lolli Alma Rosè, Roberto Rossi, Danilo Schininà, Marta Pettinari, Francesco Gherardi, Paolo Trotti, Marta Galli, e centinaia di cantastorie italiani.

Daniele Biacchessi torna nei luoghi della memoria italiana, incontra i principali artisti del teatro, del cinema e della musica di impegno civile, narra storie del passato e del presente: Vajont, Seveso, Petrolchimico di Marghera, Ilva di Taranto, l’amianto, le discariche abusive, le scorie nucleari, le fabbriche italiane e argentine, zolfare e zolfatari, il teatro ecologico. E ancora le guerre in Iraq, Somalia, Cecenia, Bosnia, Afghanistan, medio Oriente. Infine la memoria ritrovata della Resistenza, gli alpini morti sul Don, l’assedio di Leningrado, fino alle pagine più oscure della storia contemporanea come le stragi di Piazza Fontana a Milano e alla stazione di Bologna, la morte di Pino Pinelli, il caso Moro, Ustica, Moby Prince, Linate, gli omicidi di mafia e le cosche al Nord.

La collana all’interno della quale il libro esce è questa e nel caso il volume è prenotabile.

Teatro civile: tra racconto, memoria e consapevolezza

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Un teatro civile per un paese incivile?. È questo il titolo di una tavola rotonda che si terrà il 28 marzo, al Teatro Nebiolo di Tavazzano, in provincia di Lodi. Un confronto tra giornalisti, scrittori, autori teatrali, ricercatori universitari, attori, descritto in questi termini dall’approfondita presentazione dell’evento scritta da Oliviero Ponte di Pino:

Anche se non risponde ai requisiti della ricerca accademica (e magari proprio per questo), l’idea della storia patria che emerge dal teatro civile è certamente rivelatrice: sintomatica almeno dell’atteggiamento di autori e pubblico, e forse anche di qualche carattere nazionale, vero o presunto. Per cominciare a orientarsi in questa “controstoria narrativa”, potrebbe essere opportuno (e questa è un’altra chiave di catalogazione) mettere in parallelo una cronologia della recente storia italiana con la sequenza degli eventi che hanno ispirato i nostri narratori, per vedere su quali momenti e fasi s’addensa il loro interesse. Questa “storia d’Italia civile e teatrale” non segue un percorso organico: rispecchia le curiosità e le necessità dei suoi artefici, e dunque si ricompone per frammenti, zoomate, approfondimenti. Per lo più è fatta – su un costante sottofondo di soprusi e menzogne, o assordanti silenzi – di eventi tragici, a cominciare dalle stragi che hanno segnato l’immaginario collettivo, dagli agg uati e dagli amazzamenti vigliacchi (una costante della storia e del melodramma italici). Spesso sono eventi difficili da interpretare a causa di interessi economici, politici, militari, malavitosi (singolarmente o intrecciati tra loro – magari in un qualche complotto…).

Peraltro, sul sito di ateatro, realtà tutt’altro che esterna nella realizzazione di questo appuntamento, si legge del progetto per la creazione di un centro di documentazione per un teatro civile che muove i suoi passi da queste considerazioni:

Il teatro civile è un teatro di memoria, che nei suoi esiti migliori scava al fondo di vicende poco chiare della storia recente per raccontarle a chi mai ne aveva avuta notizia, a chi le aveva dimenticate, a chi non voleva ascoltarle. Dietro la cornice dorata di una favola siamo tutti disposti a soffermarci, a lasciarci incantare e alla fine a scoprire quello che non volevamo scoprire. Ma il patto tra attore e spettatore, tra il narratore ed il suo pubblico dura pochi istanti, il tempo di una sera a teatro. Poi di nuovo le verità svelate tornano a farsi più deboli, fino a scomparire del tutto. Il centro di documentazione nasce dal desiderio di mantenere la consapevolezza acquisita il più possibile nitida. Per farlo non vuole soffermarsi solo sulla favola, sullo spettacolo finito, ma sul processo lungo e laborioso che porta fino a quel risultato.