Voci da Genova 2001: Mantovani (Fandango), Mammano (Stampa Alternativa) e Guadagnucci (Feltrinelli)

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Diaz. Processo alla poliziaManca meno di un mese al decimo anniversario dei fatti di Genova del luglio 2001, quando nel capoluogo ligure si svolse il G8 con il disastro e le violenze che ne seguirono. In vista dei dieci anni, esce per Fandango il libro Diaz. Processo alla polizia, scritto dal giornalista Alessandro Mantovani:

Sabato 21 luglio 2001, ultimo giorno del G8 di Genova, poco prima della mezzanotte, più di 300 operatori delle forze dell’ordine fanno irruzione nel complesso scolastico “Diaz”. In testa c’è il VII nucleo, seguono gli agenti della Digos e della mobile mentre i carabinieri circondano l’edificio. In quella che il comandante Fournier definisce “una macelleria messicana” vengono arrestate e picchiate 93 persone sebbene non abbiano opposto alcuna resistenza, in gran parte si tratta di ragazzi e giornalisti stranieri (per lo più tedeschi, francesi e inglesi) che stanno dormendo.

Il verbale della polizia parla di “perquisizione” perché si sospetta la presenza di black block nell’edificio. La portavoce della questura in conferenza stampa dirà che i 63 referti medici agli atti della polizia giudiziaria sono dovuti a ferite pregresse. Molti dei presunti black block scoprono solo in ospedale di essere stati arrestati per associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, resistenza aggravata e porto d’armi.

Dopo il pestaggio nella scuola e le torture in ospedale, una cinquantina di arrestati vivono l’inferno delle torture nella caserma lager di Bolzaneto. I “prigionieri”, solo dopo diversi giorni vengono rimpatriati nelle proprie nazioni con l’accusa di terrorismo.

Sempre sullo stesso argomento, nella primavera del 2009 era uscito nella collana Senza Finzione di Stampa Alternativa il libro Assalto alla Diaz, firmato da Simona Mammano e di cui s’era già parlato.

Inoltre, a cura di Roberto Laghi, l’intervista audio sempre su Genova 2001 a un altro giornalista, Lorenzo Guadagnucci, autore insieme a Vittorio Agnoletto di L’eclisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 2001 a Genova (Feltrinelli): Una ferita ancora aperta

Genova 2001, l’eclisse della democrazia. Intervista a Lorenzo Guadagnucci by Redazione MicroMega

“I sovversivi”: Pino Casamassima racconta quattro storie da anni di piombo

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In uscita tra un paio di giorni il nuovo libro di Pino Casamassima. Dopo la pubblicazione di Armi in pugno – La storia del Nord Est tra politica, terrorismo e criminalità, sempre per la collana Senza Finzione di Stampa Alternativa, si aggiunge adesso I sovversivi, storia di coloro che sono “morti impugnando un’arma”. Questa la presentazione del volume:

Quattro storie di ordinaria violenza: sono quelle riportate in questo nuovo libro di un autore che da anni si occupa di un periodo passato alla storia come “anni di piombo”. I protagonisti sono accomunati dallo stesso destino, quello di perdere la vita: una possibilità più che concreta. «Bene che ti vada», veniva detto agli aspiranti brigatisti, «finisci in galera». Nonostante ciò furono in tanti a credere che non ci fosse alternativa.

Una convinzione che costò la vita a Margherita (Mara) Cagol che con Renato Curcio, sposato in una chiesetta di un’alba trentina, aveva dato vita alle Brigate Rosse. Walter Alasia aveva 20 anni quando morì in una livida mattina a pochi giorni da Natale in quella Sesto San Giovanni all’epoca chiamata la Stalingrado d’Italia per la sua forte componente operaia e comunista.

Barbara Azzaroni era una militante di Prima Linea: fu uccisa a Torino nel bar dell’Angelo insieme con Matteo Caggegi, un giovane operaio della Fiat. Lorenzo Betassa, Riccardo Dura, Annamaria Ludmann e Piero Panciarelli stavano dormendo in un appartamento di Genova quando furono giustiziati dai carabinieri di Dalla Chiesa.

Fra le testimonianze inedite, quelle di Renato Curcio su Mara Cagol, di Oscar Alasia su suo fratello Walter, di Maurice Bignami sulla sua compagna, Barbara Azzaroni.

Qui invece gli altri titoli della collana diretta insieme a Simona Mammano.

Ventura, dal Veneto ordinovista all’Argentina passando per gli anni di piombo

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Milo Manara racconta piazza Fontana

Giovanni Ventura, nome che ha segnato in modo pesante gli anni della strategia della tensione (piazza Fontana, ma non solo), è morto lunedì scorso, per quanto la notizia sia circolata con un po’ di ritardo e con qualche imprecisione. Di seguito vengono pubblicati alcuni passaggi su di lui contenuti nel libro Attentato imminente, scritto con Simona Mammano sul commissario Pasquale Juliano. Passaggi che tracciano un profilo dell’ex ordinovista.

Franco Freda, insieme a un libraio-editore di Treviso, Giovanni Ventura, verrà ritenuto responsabile in via definitiva dell’attentato del 15 aprile 1969 al rettorato di Padova. E Giovanni Ventura è quel personaggio che si fa passare per militante della sinistra, ma che diventa – e resterà per lungo tempo – una sorta di alter ego del «doktor» Freda: laddove c’è l’uno si nomina l’altro, quando l’uno si fa venire in testa un’idea l’altro si dà da fare per realizzarla. È una specie di spalla, Ventura, che all’inizio gioca con gli specchi parandosi in parte dietro a simpatie insospettabili e in parte dietro al sostegno che la sua famiglia – e la madre in particolare – non lesina alla Democrazia cristiana e a Tina Alselmi nello specifico.

Nato il 2 novembre 1944 da una famiglia di modeste origini, figlio del podestà di Piombino Dese (Padova) che dopo la Liberazione deve prendere la famiglia e riparare in una villa di campagna per sfuggire alle ritorsioni degli antifascisti, Giovanni Ventura vive la seconda parte dell’infanzia e la giovinezza a Castelfranco Veneto. Primo di quattro fratelli […], fa fatica a integrarsi e in città viene ricordato come un musone, uno il cui carattere ben si adatta alla sua data di nascita, il giorno dei morti. Ne fugge appena può e si mette a fare l’editore mirando in alto, ispirato da Giangiacomo Feltrinelli.
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Senza finzione: “Armi in pugno – La storia del Nord Est tra politica, terrorismo e criminalità” di Pino Casamassima

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Armi in pugno di Pino CasamassimaIl volume sarà disponibile a partire dall’inizio di settembre, ma è appena stato inserito tra le anteprime di Stampa Alternativa il nuovo libro della collana Senza finzione, coordinata insieme a Simona Mammano. Si tratta del libro Armi in pugno – La storia del Nord Est tra politica, terrorismo e criminalità scritto dal giornalista Pino Casamassima:

Le Brigate Rosse, la prima volta che uccisero, lo fecero a Padova, la città che assisteva alla nascita dell’Autonomia organizzata e ai teoremi giudiziari che portarono al processo 7 aprile. Ma il Veneto fu anche la culla dell’eversione neofascista, quella di Ordine Nuovo, che metteva le bombe sui treni e che inaugurò gli anni di piombo con la strage di piazza Fontana. E sempre nel Nord Est nacquero e si svilupparono fenomeni criminali autoctoni, come la mafia del Brenta di Felice Maniero. Un’area, quella raccontata in questo libro, che passò dalla miseria e dall’emigrazione alla prosperità economica coltivando alcuni dei fenomeni che hanno fatto la storia dell’intera nazione.

E così, con il lavoro di Pino, fanno sette volumi all’interno della collana inaugurata nel febbraio 2009.

“Maledetta fabbrica”, quattro autori raccontano il lavoro che uccide

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Maledetta fabbricaAlla collana Senza finzione di Stampa Alternativa che curo si aggiunge un nuovo titolo, Maledetta fabbrica – Il lavoro uccide. È un’opera antologica coordinata da Simona Mammano che nasce da un racconto di Jean-Pierre Levaray e a cui si sono aggiunti i testi di Daniele Biacchessi, Alfredo Colitto e Patrick Fogli. Il risultato è questo:

Cinque autori […] raccontano altrettante storie intorno a un’unica realtà: di lavoro si muore tutti i giorni. Semplice la ragione: che siano tempi di economia che tira o di crisi, il profitto e la sua salvaguardia surclassano qualsiasi investimento volto a tutela della sicurezza e dell’incolumità dei lavoratori. I quali, ingabbiati dalle necessità quotidiane, non hanno altra scelta che sottostare. Italiani o stranieri, qualificati o generici, esperti o appena arrivati: non fa differenza, per loro l’unico modo di tirare avanti è lavorare. E rischiare di non tornare a casa la sera.

La presentazione del libro è fissata per il prossimo 14 maggio a Torino, all’interno del Salone internazionale del libro. Per gli altri titoli della collana si può vedere qui.

Duemiladieci: a Carpineti il tempo delle storie e i luoghi per raccontarle

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Duemiladieci

Per capire cosa accadrà a Carpineti, provincia di Reggio Emilia, dal 29 maggio al 4 luglio, si provi a dare un’occhiata qui. Uno dei responsabili di aver trovato “il tempo delle storie e i luoghi per raccontarle” è Patrick Fogli, che da mesi lavora in silenzio all’organizzazione. Una trentina gli eventi contenuti nel programma, all’interno del quale compaiono nomi come quelli di Lella Costa, Danilo Arona, Maurizio Torrealta, Concita De Gregorio, Giulio Cavalli, Nicola Gratteri, Massimo Carlotto, Umberto Ambrosoli, Carlo Bonini, Daniele Biacchessi, Ferruccio Pinotti, Marco Travaglio, Milena Gabanelli, Ivano Marescotti, Carlo Lucarelli, Stefano Tassinari o Luigi Bernardi. Dal canto mio, sarò presente il 20 giugno alle 18.30, in piazza Matilde di Canossa, per l’incontro Raccontare la realtà: il giornalismo d’inchiesta e il 4 luglio, stesso luogo ma alle 15.30, per parlare di E rimasero impuniti e Attentato imminente con Simona Mammano.

Attentato imminente: il giorno dell’innocenza per sempre perduta

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Attentato imminenteAttentato imminente, il libro che racconta la storia del commissario Pasquale Juliano e delle sue indagini su ciò che avvenne prima della strage di piazza Fontana, è arrivato in libreria con qualche giorno di anticipo rispetto alle previsioni. E insieme all’uscita del libro fisico, ecco online la versione elettronica, rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo e scaricabile integralmente da qui. Di seguito il testo che apre il racconto, “Il giorno dell’innocenza per sempre perduta”.

Si era ancora innocenti, all’ora di pranzo del 12 dicembre 1969, quando il telegiornale delle 13.30 aveva raccontato agli italiani che la Grecia dei colonnelli si era ritirata dal consiglio d’Europa dove si discuteva della sua sospensione. E aveva raccontato anche che la vertenza sindacale dei lavoratori dell’editoria sembrava mettersi al bene mentre nulla cambiava per i metalmeccanici, che restavano in stato di agitazione. Intanto – proseguiva la catena delle notizie – a Palermo non si arrestavano le indagini per la strage di viale Lazio, uno dei momenti più feroci della prima guerra di mafia. Ma in mezzo a tutti quegli scorci di vita e fatti, l’edizione del notiziario si concludeva con un soffio dell’innocenza tramontante degli anni Sessanta.

Lucio Battisti, snobbato dalla sinistra perché poco o per nulla impegnato, un fascistoide per qualcuno, come tutti quelli che non si schieravano, continuava a respirare a pieni polmoni la consacrazione del suo successo dopo ostacoli e delusioni. Era stato un anno fortunato, per lui, il migliore di tutti, iniziato in febbraio con il successo al festival di Sanremo dove aveva cantato Un’avventura e proseguito in estate con Acqua azzurra, acqua chiara, pezzo del trionfo al Festivalbar e al Cantagiro. Con una cadenza burina a rivendicare la sua estrazione sabina, e mentre confessava con una punta di imbarazzo al microfono di Lello Bersani che non aveva mai studiato musica, mescolava la timidezza dello sguardo alla caparbietà del suo percorso artistico.
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Pasquale Juliano: né martire né superuomo, ma entusiasta. Dialogo con Christian Diemoz

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Attentato imminenteDialogo con Christian Diemoz a proposito di Pasquale Juliano, l’entusiasta:

Ci sono libri che lasciano un gran dolore addosso. Sono i primi da leggere, perché un organismo non può sviluppare anticorpi in assenza di esposizione al male. “Attentato Imminente”, in libreria a novembre per i tipi di “Stampa Alternativa” è tra questi. Le vicende […] sono poco note ai più, ma costituiscono i semi dai quali germoglieranno alcune delle pagine più macabre degli “anni di piombo” italici. Siamo infatti nel nord-est di fine anni sessanta, quando una bomba ai danni del rettore Opocher apre una stagione i cui protagonisti principali assurgeranno, mesi dopo, alla ribalta della cronaca per l’attentato che “fece perdere l’innocenza” al Paese: piazza Fontana. Un poliziotto, alla Questura di Padova, era arrivato a un passo dal Sancta Sanctorum del neofascismo di quella zona. Messo dai superiori, quasi per caso, ad indagare su alcuni atti violenti, senza una vera preparazione “politica”, sfiorò il successo che a funzionari con molta più esperienza (vuoi per imperizia, vuoi per una serie di coincidenze inquietanti) non apparve nemmeno lontanamente raggiungibile. Pasquale Juliano, giovane Commissario della Polizia di Stato, era a pochi giorni dalle manette a Franco Freda e Giovanni Ventura (anche perché aveva intuito e messo nero su bianco il rischio di attentati di vaste proporzioni a breve termine), quando il meccanismo che gli aveva consentito di arrivare sin lì (una rete di informatori) gli si ritorce contro. Da inseguitore, il poliziotto si ritrova braccato. Dalle accuse tra le più infamanti per un uomo in divisa, lanciate da chi, fino al giorno prima, gli aveva riferito movimenti di armi e progetti di quanti fungevano da braccio armato delle “spinte centrifughe” che avrebbero tenuto tristemente compagnia all’Italia per lunghi anni ancora. Il procedimento penale a carico di Juliano durerà una decade. Al termine, verrà completamente scagionato. Un eroe borghese? Indubbiamente. Un superuomo? No. Un martire? Nemmeno. Soprattutto, però, un entusiasta.

Il post completo.

C’era una volta l’intercettazione: la giustizia e le bufale della politica

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C'era una volta l'intercettazioneDopo i primi tre libri (di cui si era parlato qui e qui: Disonora il padre e la madre di Alessandro Chiarelli, Le tigri di Telecom di Andrea Pompili e Assalto alla Diaz di Simona Mammano), siamo a quota quattro. Esce infatti in questi giorni per Senza Finzione, la collana che curo insieme a Simona per Stampa Alternativa, il volume C’era una volta l’intercettazione – La giustizia e le bufale della politica, firmato dal procuratore aggiunto siciliano Antonio Ingroia con prefazione di Marco Travaglio:

Le intercettazioni sono nate e si sono evolute di pari passo con le tecnologie e i cambiamenti sociali. Il loro utilizzo è stato sottoposto a precise regole, la più importante delle quali è la richiesta da parte del pubblico ministero seguita dall’autorizzazione di un giudice per le indagini preliminari. Tutto questo mentre la politica sta insinuando l’idea di un mondo costantemente controllato. Nelle pagine di questo libro si va alla ricerca di fatti che dimostrino quanto il pericolo tanto gridato sia inesistente, rifacendosi alle intercettazioni per i reati di mafia e al valore che hanno in fase processuale.

La prefazione di Travaglio si può leggere qui e in ultimo, but not least, questo come gli altri libri sono rilasciati con licenza Creative Commons.

“Attentato imminente”: a un passo dalla tipografia

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Attentato imminenteCi manca ancora un po’ all’uscita, prevista per il 20 novembre (per quella data sarà online anche la versione elettronica del libro, rilasciato con licenza Creative Commons e pubblicato da Stampa Alternativa), però intanto i giochi sono fatti e con la copertina ormai si è a un passo dalla tipografia. Il libro, intitolato “Attentato imminente”, racconta la storia di Pasquale Juliano (qualche accenno lo si può trovare nella cronologia curata dalla Fondazione Cipriani), consumatasi alcuni mesi prima della strage di piazza Fontana (per questo l’altro giorno se ne accennava) ed è scritto a quattro mani con Simona Mammano. Daniele Biacchessi ha firmato la prefazione mentre la postfazione è opera di Antonio Juliano, il figlio del commissario che indagò a Padova. Questa la presentazione del testo:

Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’università di Padova fa partire una nuova indagine. A coordinarla è un commissario di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una trappola: Juliano si vedrà così scippare l’inchiesta, che verrà insabbiata, e finirà sotto processo perché accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno dieci anni per dimostrare la sua innocenza, ma nel 1979, quando sarà assolto da tutti i capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà ormai quasi concluso il suo corso.