Peacereporter: intervista a Stefano Squarcina, “Ue, una tecnocrazia molto politica”

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Peacereporter - Ue, una tecnocrazia molto politica

Peacereporter intervista Stefano Squarcina, funzionario europarlamentare della Sinistra Unita Europea, a proposito del funzionamento dell’Unione Europea e ne viene fuori un quadro in cui emerge che la Ue [è] una tecnocrazia molto politica. In particolare Squarcina, a domanda sull’assetto poco democratico di poteri centrali, risponde:

Infatti non lo è [democratico, ndb]. L’Unione europea soffre di un gravissimo deficit democratico. Il Parlamento europeo, unico organo democratico in quanto eletto, ma dotato di poteri a dir poco limitati, sta lì a dare legittimità democratica a istituzioni che non ne hanno. Commissione, Consiglio e Bce sono istituzioni tecnocratiche, espressione di interessi economici privati o di singoli Paesi forti. La reazione isterica dell’Ue di fronte all’eventualità del referendum greco e il licenziamento dell’ex governo italiano, per quanto indifendibile, dimostrano che siamo di fronte a una situazione di sospensione della democrazia.

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Domani: “Sorci verdi”, leghisti di carta per storie di (dis)umanità e di ordinaria xenofobia

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Sorci verdiSono come ve li immaginereste. I “sorci verdi” di cui si parla nell’omonima antologia appena pubblicata da Edizioni Alegre non vanno tuttavia confusi con i tre topi raffigurati nell’immagine a simbolo della 205 squadriglia della regia aeronautica, anno del Signore 1936. Sono invece quelli del sole delle Alpi, strappato in senso figurato alla sky line delle più belle vette del nord Italia per essere appiccicato sui piastrellati di scuole padane, nei parchi dove giocano i figli dei lavuratur polentoni o nelle piazze di celtiche velleità.

Sì, “Sorci verdi” sono “storie di ordinario leghismo”, come recita il sottotitolo del volume, firmato da Giulia Blasi, Annalisa Bruni, Giuseppe Ciarallo, Giovanna Cracco, Alessandra Daniele, Girolamo De Michele, Valerio Evangelisti, Angelo Ferracuti, Fabrizio Lorusso, Davide Malesi, Stefania Nardini, Valeria Parrella, Walter G. Pozzi, Alberto Prunetti, Stefano Tassinari, Massimo Vaggi, Lello Voce. Storie che appartengono alla narrativa, ma che dalla realtà non sembrano discostarsi più di tanto. Intanto per un aspetto: molti degli scrittori che hanno accettato l’invito di Edizioni Aleghe fanno parte di autori messi all’indice dalle amministrazioni leghiste.

Domani di Maurizio ChiericiNel recentissimo passato vari sono stati infatti gli episodi in cui le biblioteche comunali avrebbero dovuto sbarazzarsi di firme ritenute poco gradite per ordine superiore. In alcuni casi perché “accusati” di sostenere reduci degli anni di piombo come Cesare Battisti e dunque accusati di fiancheggiare logiche terroristiche poco realistiche. Oppure, in altri, perché a mezzo stampa (o più spesso web) avevano osato criticare le venature neanche così marginali di razzismo, omofobia e forme varie di intolleranza.
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Notte Criminale: l’esercito per liberare Aldo Moro? Imposimato: “Se si archivia l’inchiesta su via Montalcini, andremo a Strasburgo”

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Assassinato Aldo MoroTrentatré anni dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, si è in attesa della decisione del gip di Roma sull’opposizione all’archiviazione di un’indagine aperta nel 2008 dalla procura di Roma. Indagine partita dalla testimonianza di un militare che sostenne di essere stato in via Montalcini 8 tra il 23 aprile e l’8 maggio 1978. Con lui ci sarebbe stato un contingente pronto a fare irruzione nel covo brigatista dove Aldo Moro era tenuto prigioniero, ma – ha raccontato il testimone – alla vigilia dell’eliminazione dello statista sarebbe giunto l’ordine di smobilitare.

L’opposizione è stata presentata a metà dell’estate scorsa da Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Cassazione e già giudice che seguì dal 1978 al 1984 l’istruttoria sul caso Moro. Oggi è l’avvocato che rappresenta Maria Fida Moro, che ha firmato a sua volta l’opposizione, e nel documento di 26 pagine c’è una richiesta specifica: che si continui a indagare su quello che accadde in via Montalcini. E soprattutto su ciò che non accadde.

Nell’aula dove è iniziata la discussione Imposimato ha compiuto due azioni. La prima sollevare un difetto di giurisdizione ordinaria chiedendo che il fascicolo sia preso in carico dalla magistratura penale militare, dato che parte del suo lavoro comprende anche la strage di via Fani del 16 marzo 1978, quando per rapire il politico Dc venne sterminata la sua scorta, composta dai carabinieri Domenico Ricci e Oreste Leonardi e dai poliziotti Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. La seconda invece è un annuncio: se la sua opposizione dovesse essere rigettata, ha già pronto un ricorso in Cassazione. Ricorso che comprende anche la richiesta di rimozione di segreto militare da alcuni dei documenti che riguardano via Fani. Inoltre, oltre alla Suprema Corte, si rivolgerà anche alla giustizia europea, portando la questione a Strasburgo.

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Il Fatto Quotidiano: intervista a Valerio Evangelisti. “L’ultraliberista Monti? Non cambierà nulla”

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Valerio EvangelistiIn tempi di nuovi emarginati, indignati e flash mob sotto il segno della “v” di vendetta, quella che fa Valerio Evangelisti nel romanzo appena uscito One big union è la rievocazione di un’utopia. E per parlarne parte con una richiesta: “Non chiedetemi di Eymerich, è morto”. L’inquisitore protagonista di molti suoi libri precedenti sarà anche passato a miglior vita, ma il suo creatore per adesso non sembra sentirne troppo la mancanza perché è la volta di raccontare del sindacalismo rivoluzionario statunitense arrivato a fine corsa degli anni Venti del secolo scorso. Ma che ha lasciato il segno, distinguendosi da un sindacalismo socialista o anarchico soprattutto per la valenza visionaria: arrivare a un’organizzazione che rappresentasse anche i non rappresentati e che di qui modificasse l’assetto sociale, oltre che lavorativo.

I sindacalisti rivoluzionari si muovevano tra boscaioli mutilati, ferrovieri costretti a calarsi sulle rotaie per azionare gli scambi o proletari di campagna. Gente senza importanza nel sistema economico americano di allora perché senza specializzazione. Si infilavano tra cinesi, russi, italiani (definiti i crumiri per eccellenza) e non erano pacifisti. “In realtà subirono la violenza più che praticarla”, dice Evangelisti, “si pensi per esempi a quando erano vittime di tiratori scelti nelle zone minerarie. Ma ci provarono a cambiare”. E ci provarono con strumenti diversi: il fumetto come medium per veicolare contenuti sindacali in mezzo all’analfabetismo e la musica, riscrivendo i testi di canzoni allora in voga come accaduto con l’inno dell’esercito della salvezza, l’unico autorizzato a sfilare pubblicamente.

One big union sembra quasi una voce dal passato per parlare oggi di disoccupazione, flussi migratori, povertà in aumento. “Quella del sindacalismo rivoluzionario”, spiega ancora l’autore, “è stata una voce fuori dalle ideologie preponderanti del tempo, il marxismo dogmatico e l’anarchismo puro. È una storia, la storia che volevo scrivere”.

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“I giornalisti che ribaltarono il mondo”: la storia della Ips, l’agenzia di stampa che ha dato voce a chi non ce l’aveva

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I giornalisti che ribaltarono il mondo di Roberto SavioRoberto Savio è stato uno dei fondatori di Media Watch Global e con il mondo dell’informazione ha parecchio a che fare. In proposito ecco che esce in questi giorni il suo I giornalisti che ribaltarono il mondo (Nuovi Mondi). Partendo dalla constatazione della potenza delle agenzie di stampa nell’indirizzare l’attenzione su determinate notizie e dunque la visione di quello che accade nel pianeta, si racconta questo:

Negli anni ’60, lanciandosi in un’avventura da molti considerata utopistica, un gruppo di giornalisti decise di creare un’agenzia internazionale che desse voce a chi non l’aveva – dai Paesi del Terzo Mondo ad attori marginalizzati, come le donne – privilegiando temi globali come l’ambiente, i diritti umani e la giustizia internazionale. Il loro intento era focalizzarsi non tanto sull’analisi dei singoli avvenimenti, quanto sui processi di fondo che costituiscono l’unica vera chiave di lettura di uno scenario politico internazionale in perenne e rapida evoluzione.

Nacque così la Inter Press Service, che oggi vanta 50 milioni di pagine Internet lette ogni mese, in 27 lingue, ed è considerata la principale fonte d’informazione indipendente sui Paesi in via di sviluppo, a cui attingono oltre 5000 mezzi di comunicazione in tutto il mondo. Ma raggiungere questo traguardo è stato possibile solo dopo una lotta aspra e su più fronti con il giornalismo “istituzionale”. Il Dipartimento di Stato americano inviò istruzioni a tutte le ambasciate affinché si adoperassero per la chiusura degli uffici IPS nei loro Paesi. Anche la TASS, l’agenzia di stampa ufficiale dell’Unione Sovietica, mise in piedi una feroce campagna ai danni dell’agenzia. Le agenzie tradizionali, europee e americane, fecero la loro parte.

Il testo a introduzione del volume prosegue qui.

Colarieti per Notte Criminale: “La strana morte di Mario Ferraro, agente del Sismi”

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Mario FerraroC’è chi ha detto che i misteri non esistono se non negli ambiti religiosi. Il resto va rubricato sotto la dicitura “segreti”. Quello raccontato da Fabrizio Colarieti su Notte Criminale è da ascrivere alla categoria di cui sopra. È la strana morte di Mario Ferraro, agente del Sismi:

Roma, via della Grande Muraglia Cinese 46, 16 luglio 1995. È domenica e a Roma è una giornata molto calda. Il tenente colonnello dell’Esercito, Mario Ferraro, 46 anni, calabrese, distaccato al Sismi, esperto in informatica, traffici di armi e terrorismo internazionale, è in casa insieme alla sua compagna, Maria Antonietta Viali, per gli amici Antonella. Sono al quinto piano, in un attico nel quartiere Torrino, accanto all’Eur. La coppia è in assoluto relax dopo aver trascorso una giornata serena e scandita da poche e semplici azioni, ignari che quella sia la loro ultima domenica insieme.

Il post, piuttosto corposo, prosegue qui e si addentra in altri segreti. Tra questi il delitto Alpi-Hrovatin, Gladio e le sue missioni, il sequestro Moro, i traffici d’armi passati per la procura di Torre Annunziata e finiti nell’inchiesta Cheque to cheque. Un interessante spaccato di avvenimenti recenti, metodi e “soluzioni”.

Ravenna, fu la raffineria che attraversò la stagione delle bufere sui petroli e dove, dopo, gli operai sono morti per cancro

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Abandoned eternit factory - Foto di Lars K. ChristensenDodici morti di cancro perché venuti a contatto con sostanze tumorali nella raffineria degli scandali sui petroli. È quello che si vuole dimostrare alla ex Sarom di Ravenna e se già un censimento di malati e deceduti è in corso, servono altri dati. E forse neanche gli operatori dell’Aea, l’Associazione esposti amianto e rischi per la salute, se l’aspettavamo. Ma al loro appello, lanciato un paio di settimane fa, è giunta nel giro di qualche giorno una prima risposta.

Quella di una ravennate che lavorò alla Sarom e che ora intende mettere a disposizione la sua storia clinica per due motivi. Il primo: andare a nutrire un’anagrafe ufficiale (sul modello di quella costituita già nel 2001 in Friuli Venezia Giulia, a oggi ne esiste una “autogestita” dal 2010). Il secondo: contribuire ad azioni legali collettive contro i datori di lavoro e ottenere i risarcimenti dall’Inail.

La raffineria degli scandali petroli dove non si guardò ai lavoratori. La Sarom di Ravenna era una società di raffinazione fondata nel 1950 da Attilio Monti, imprenditore ravennate le cui attività ebbero notevoli echi nazionali per il suo coinvolgimento nel primo scandalo dei petroli e in quelli che seguirono. Ma se all’industriale la raffineria servì per lanciarsi in scalate nel mondo dell’oro nero sia in Italia che all’estero, nella città costiera avrebbe dovuto creare occupazione.

E così fu fino al 1973, quando una serie di acquisizioni dalla British Petroleum (gli impianti veneziani di Porto Marghera e quelli piemontesi di Volpano, oltre a una catena di distributori) iniziò a far registrare difficoltà alla società di Ravenna. La storia dell’azienda, che nel frattempo si era estesa anche a Milazzo e a Gaeta e che aveva accumulato oltre 500 miliardi di debiti, si concluse con la cessione per una lira all’Eni.
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Domani: le vestali del regime, fedeli fino all’ultima (o penultima) bugia

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Domani di Maurizio ChiericiQualcuna presta il fianco alla tesi del complotto internazionale delle banche, come Michaela Biancofiore. E si spera per lei e per le sue capacità di analisi che sia in malafede, che non dica sul serio, pronta a qualsiasi affermazione pur di difendere il capo decaduto. Anche a sollecitare gli italiani a comprarsi il debito pubblico in nome di una disperata – ma forse è più corretto scrivere disperante – autoctona difesa dell’economia nazionale provocando più di qualche sarcasmo di chi in materia ne capisce.

E poi c’è qualche altra Pdl-lady, come Daniela Santanchè, che nega anche l’evidenza di un semplice esercizio aritmetico, come la conta dei voti in parlamento. “L’opposizione non ha la maggioranza”, ha sostenuto a emicicliche urne ancora calde. Del resto, se per 17 anni, ha funzionato la strategia di affermare il falso fino a quando fosse ritenuto vero o per lo mento verosimile, perché non tentare anche stavolta?

Di Gabriella Carlucci, poi, si è già ampiamento scritto. La pasionaria azzurra che, a nave in affondamento rapido, salta sulla scialuppa dei cattolici centristi dell’Udc si è discusso da lunedì sera. Qui valga solo un’aggiunta, passata con minor evidenza ma a discreta esplicazione del personaggio. Nel giro di qualche ora, l’onorevole transfuga ha oscurato il suo sito personale, dove tante volte ha inneggiato allo schieramento a cui apparteneva fino a pochi giorni fa e al suo leader. Viene da pensare che, arrivati a questo punto, non abbia più il coraggio delle sue precedenti affermazioni.
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“Chi è Stato? La strategia della tensione e le stragi impunite (1969-1984)”: lo slideshow della mostra

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Lo slideshow con i pannelli della mostra Chi è Stato? La strategia della tensione e le stragi impunite (1969-1984) partita da Milano e in esposizione fino al 12 novembre a Bologna. È opera del Laboratorio Lapsus, creato da studenti di storia all’università Statale.

NotteCriminale.it: meno due giorni alla partenza. Da mercoledì online il sito che racconta il crimine in Italia

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Notte criminaleLo si scriveva qualche giorno fa: mancano meno di due giorni all’avvio di NotteCriminale.it, il portale sul crimine in Italia che verrà inaugurato mercoledì, 9 novembre, alle 11.30, nel corso di una conferenza stampa che si terrà a Roma, a Palazzo Wedekind (Piazza Colonna, 366). Ed ecco il comunicato in base al quale si presenta più approfonditamente:

Una scelta, quella della data, con la quale «vogliamo sottolineare – spiega Alessandro Ambrosini, ideatore, curatore ed editore del progetto – la nostra assoluta libertà. Libertà che per noi significa oltrepassare quel muro che a volte vincola ed ostacola il vero giornalismo». Il sito, curato da Helmet Group, vuole soddisfare un target di pubblico vasto ed eterogeneo grazie alla qualità delle informazioni (inchieste, dossier, rivisitazioni di crimini e criminali, rubriche, interviste o semplice cronaca), del materiale (foto inedite, video, documenti) e della multimedialità che, adattata ai nuovi strumenti di comunicazione, ha raggiunto i lettori attraverso le varie applicazioni per smartphone o tablet.

Ideata inizialmente per dare il nome ad un evento che ripercorreva il crimine di Roma, Milano e Venezia dagli anni ’70 ad oggi, Notte Criminale ha debuttato sul web nel settembre del 2010 come “blog-test” d’interesse attorno all’argomento criminalità di ieri e di oggi. La sua crescita da allora è stata esponenziale: 6.000/8.000 visite giornaliere uniche al blog, per un totale di oltre 800.000 visitatori (598.445 visitatori unici) e 860.000 pagine viste per una media mensile pari a 49.870.

Accanto al sito ci sono e rimangono l’account Youtube, dove sono stati pubblicati video e interviste realizzati dallo staff di Notte Criminale, e quello Facebook, che “hanno contribuito ad accreditare il blog come punto di riferimento non solo tra i lettori più o meno ‘esperti’ ma anche tra giornalisti, magistrati, giudici e avvocati grazie anche a scoop quali quelli su Vallanzasca e quello più recente sul caso Ustica”.