“Behind the label”: un film inchiesta sul cotone indiano tra ogm, sementi sterili, monopoli e sfruttamento

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Behind the label: il doppio volto del cotone indiano. È un film inchiesta di Sebastiano Tecchio e Cecilia Mastrantonio prodotto da Barbara Ceschi a Santa Croce, Overcom e Bioscope Films India che ricostruisce una storia lontana e vicina:

Le biotecnologie sono davvero la soluzione per lo sviluppo dei paesi del Terzo Mondo? A chi giovano? Il documentario propone un […] racconto, con immagini inedite e interviste a volte drammatiche, per capire cosa si nasconde dietro la diffusione di piante geneticamente modificate nella coltivazione del cotone in India, uno dei più grandi paesi della terra, secondo produttore mondiale della fibra tessile che miliardi di uomini e di donne di ogni parte del mondo utilizzano per un’infinita varietà di necessità quotidiane. In appena nove anni l’India è stato conquistata dai semi prodotti dalla multinazionale Monsanto, con il miraggio di un’inedita prosperità per i propri contadini. L’ex-direttore commerciale di Monsanto India – Tiruvadi Jagadisan – racconta come l’azienda, per affermarsi sul mercato indiano, abbia negli anni ’90 introdotto illegalmente semi con un gene in grado di rendere sterili le varietà locali, e poi – dal 2002 con semi geneticamente modificati – ha acquistato, passo dopo passo, un monopolio di fatto quasi totale del mercato.

Ma non c’è solo questo. Per scoprire il resto si può consultare il sito sito dedicato al documentario.

“I giornalisti che ribaltarono il mondo”: la storia della Ips, l’agenzia di stampa che ha dato voce a chi non ce l’aveva

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I giornalisti che ribaltarono il mondo di Roberto SavioRoberto Savio è stato uno dei fondatori di Media Watch Global e con il mondo dell’informazione ha parecchio a che fare. In proposito ecco che esce in questi giorni il suo I giornalisti che ribaltarono il mondo (Nuovi Mondi). Partendo dalla constatazione della potenza delle agenzie di stampa nell’indirizzare l’attenzione su determinate notizie e dunque la visione di quello che accade nel pianeta, si racconta questo:

Negli anni ’60, lanciandosi in un’avventura da molti considerata utopistica, un gruppo di giornalisti decise di creare un’agenzia internazionale che desse voce a chi non l’aveva – dai Paesi del Terzo Mondo ad attori marginalizzati, come le donne – privilegiando temi globali come l’ambiente, i diritti umani e la giustizia internazionale. Il loro intento era focalizzarsi non tanto sull’analisi dei singoli avvenimenti, quanto sui processi di fondo che costituiscono l’unica vera chiave di lettura di uno scenario politico internazionale in perenne e rapida evoluzione.

Nacque così la Inter Press Service, che oggi vanta 50 milioni di pagine Internet lette ogni mese, in 27 lingue, ed è considerata la principale fonte d’informazione indipendente sui Paesi in via di sviluppo, a cui attingono oltre 5000 mezzi di comunicazione in tutto il mondo. Ma raggiungere questo traguardo è stato possibile solo dopo una lotta aspra e su più fronti con il giornalismo “istituzionale”. Il Dipartimento di Stato americano inviò istruzioni a tutte le ambasciate affinché si adoperassero per la chiusura degli uffici IPS nei loro Paesi. Anche la TASS, l’agenzia di stampa ufficiale dell’Unione Sovietica, mise in piedi una feroce campagna ai danni dell’agenzia. Le agenzie tradizionali, europee e americane, fecero la loro parte.

Il testo a introduzione del volume prosegue qui.