Bottega Finzioni di Carlo Lucarelli: presentati i corsi 2015 e al via la collaborazione con l’area non fiction

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Bottega FinzioniPresentati i corsi 2015 della Bottega di narrazione Finzioni fondata da Carlo Lucarelli e dal prossimo anno sarà un piacere collaborare con l’area non fiction:

Anche nel 2015 gli allievi dell’area Non fiction continueranno ad apprendere le tecniche fondamentali per lavorare a progetti di nuovi format televisivi insieme con i professionisti che li stanno ideando e sviluppando. All’interno dell’area di Non fiction, oltre a lavorare alla costruzione di format televisivi, si lavorerà a progetti di documentari, sia singoli che seriali, accompagnati dal team di Stefilm, storica casa di produzione torinese con ventennale esperienza di produzione e distribuzione internazionale, in più di 40 paesi nel mondo. Il 2015 vedrà significative novità. Il collaudato schema, che parte da “scrivere un soggetto” per documentario d’autore e televisivo (one-off, serie) basandosi sulle idee dei partecipanti e su un tema dato (il 2015 vedrà “la bicicletta” come tema portante), si allarga e nella nuova edizione si affronterà il rapporto sempre più stretto e virtuoso tra documentario e cinema.

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Il Fatto Quotidiano: Porcellum, le Camere potevano essere sciolte. Dialogo con Agostino Cordova

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Ad aprire il corteo anti Jobs Act della Cgil a Bologna giovedì, c’era uno striscione su cui campeggiava una frase chiara: “Il verso giusto è quello dei diritti”. Diritti che, a partire dalla riforma del lavoro e dall’abolizione dell’articolo 18, non sembrano in capo agli interessi di esecutivo e Parlamento. Ma ci sono altri nodi importanti per il Paese, come gli ulteriori previsti tagli al welfare (sanità in primis) o come il pacchetto giustizia che, stando alle recenti anticipazioni di stampa, è “soft” su temi come la reintroduzione del falso il bilancio o la creazione del reato di autoriciclaggio che viene escluso per il godimento personale di patrimoni frutto di attività illecite.

A fronte di tutto ciò, dialogando con un magistrato di lungo corso oggi a riposo come Agostino Cordova, si nota che tra le tante critiche mosse al Parlamento e al governo ce n’è una che sembrava scaduta d’attualità e come tale dimenticata: cioè se fossero organi “illegittimi” perché espressione diretta per il primo e di riflesso per il secondo di una legislatura modificata con una legge elettorale del 2005, il Porcellum, e definita incostituzionale meno di un anno fa. Essendo al di fuori dei partiti, preferisco non esprimere giudizi sull’attività governativa”, dice Cordova, che però fa un’eccezione: “Nonostante abbia illustrato questo aspetto sulla stampa sin dal 2006, nessuno ha inteso affrontarlo. Il 21 dicembre 2005 fu abolito con legge ordinaria il voto di preferenza e ciò in contrasto con gli articoli 56 e 58 della Costituzione, secondo cui i parlamentari devono essere eletti con suffragio universale e diretto. Con quella modifica, invece, la scelta non era più in capo agli elettori, ma ai partiti, che collocavano ai primi posti delle rispettive liste chi volevano fosse nominato. Per tanti anni, così facendo, si creò un contrasto con un altro articolo (il primo) della Costituzione, secondo cui la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti da detta Carta fondamentale. Il risultato? Lo Stato, da democratico, si era trasformato in partitocratico”.

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Contromafie: agli stati generali dell’antimafia si parla di segreti della Repubblica nelle carte degli archivi italiani

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Contromafie - Stati generali dell'antimafia

Il dibattito è stato inserito nella sezione battezzata Per una domanda di giustizia e verità in programma sabato 25 ottobre a Roma, nell’ambito di Contromafie – Stati generali dell’antimafia 2014. E l’incontro si intitola “I segreti della Repubblica nelle carte degli archivi italiani”, e di questo parla:

La recente iniziativa della Presidenza del Consiglio di rendere pubblici tutti i documenti riguardanti le stragi compiute nel nostro paese (conservati presso gli archivi dei servizi segreti, delle forze di polizia, dei ministeri, dei tribunali, ecc.) ha suscitato grandi speranze e aspettative che da questa documentazione possa giungere un maggiore contributo alla ricerca della verità. Contestualmente però si pone una questione forse più importante della stessa “desecretazione”: la possibilità di esercitare appieno il diritto di ogni cittadino a conoscere gli atti pubblici contenuti negli archivi pubblici. La consultazione per cittadini, studiosi, magistrati spesso risulta difficile se non impossibile. Eppure le applicazioni informatiche potrebbero agevolare l’esercizio di tale diritto. Ma a oggi così non è. L’ipotesi poi di procedere a ricerche trasversali, coordinando le informazioni agli atti dei singoli archivi, è puro miraggio. Occorre capire l’entità e il valore del patrimonio documentale ma soprattutto quali iniziative devono essere messe in campo per restituirlo alla collettività. La “Rete degli archivi per non dimenticare” nasce proprio dall’esigenza di recuperare atti, documenti, testimonianze utili a comprendere quello che è accaduto, in una lettura corale, per identificare quello che vorremmo non accada mai più.

Tutor: Ilaria Moroni, Rete degli archivi per non dimenticare
Relatori:

  • Piera Amendola, ricercatrice già archivista della Camera dei Deputati
  • Enzo Ciconte, storico
  • Elisabetta Cesqui, magistrato
  • Vincenzo Macrì, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Ancona

Interventi:

  • Francesco M. Biscione, storico
  • Michele Di Sivo, archivista, Archivio di stato di Roma
  • Tommaso Nelli, giornalista
  • Maurizio Torrealta, giornalista e scrittore
  • Giulio Marotta, già Consigliere parlamentare

Il programma completo di Contromafie, che inizia il 14 e si conclude il 26 ottobre, è disponibile qui.

“Italia. La fabbrica degli scandali”: alluvioni, disastri idrogeologici e il “sistema” delle catastrofi

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Storm over Italy, Polesine, 1951

Italia. La fabbrica degli scandaliQuesto testo è un estratto del capitolo “Immobili, opere pubbliche e altri disastri” contenuto nel libro scritto con Gigi Marcucci Italia. La fabbrica degli scandali (Newton Compton). Dai disastri edilizi ai danni idrogeologici il passo fu breve. Sosteneva il 30 gennaio 1973 il senatore Gerardo Chiaromonte: «Non esiste in Italia materia più studiata e approfondita di quella che riguarda la difesa del suolo. Esistono biblioteche intere piene di libri, di inchieste, di relazioni: cosa dobbiamo ancora conoscere?». Eppure, dagli albori della prima Repubblica alle cronache dell’estate 2014, la storia italiana è stata percorsa da catastrofi – 170 alluvioni, la maggior parte nel periodo autunnale – di cui a livello di dibattito pubblico si parlò, ma non con l’enfasi che sciagure del genere avrebbero meritato.

Inondazioni come quelle avvenute tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta in Campania (2 ottobre 1949, con l’esondazione dei fiumi Volturno e Calore, evento definito «una specie di Pompei delle acque») e in Calabria (22 ottobre 1951, 100 vittime, con tragica replica due anni più tardi lungo la costa ionica) furono di fatto archiviate tra la disattenzione generale. Più clamore suscitò l’alluvione del Polesine, nel novembre 1951, a cavallo tra le province di Rovigo – quella più colpita dall’espansione improvvisa delle acque del Po insieme al Ferrarese, Mantova e, in parte, al basso Veneziano – e di Venezia.
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La storia che non passa secondo Sandra Bonsanti: “Dallo scandalo P2 a Renzi: la lunga marcia anti magistrati”

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Dallo scandalo P2 a Renzi: la lunga marcia anti magistrati. Lo scrive Sandra Bonsanti sul Fatto Quotidiano e ripresa da Micromega online:

Fu nel dibattito che precedeva la fiducia al primo governo laico della storia repubblicana, il 10 luglio 1981, che un pezzo del mondo politico, Psi, Psdi e mezza Dc iniziarono in Parlamento i processi alla magistratura italiana. Spadolini, incaricato da Sandro Pertini, aveva annunciato la sua determinazione a sciogliere la loggia P2, chiedendo uno “sforzo comune di rinnovamento e di pulizia morale”. Ma Longo, Piccoli e Craxi spiegano subito che le loro preoccupazioni riguardano non l’ansia di verità, ma la sorte di Roberto Calvi e degli altri iscritti alla P2. Il segretario del Psdi (affiliato con tessera n. 2223) accenna nel suo intervento a un “accordo” preciso che Spadolini avrebbe ignorato: un accordo, guarda caso, sulla “riparazione” degli errori giudiziari e su una “radicale revisione delle funzioni del Pm”.

Poi si scatenò Craxi e attaccò i magistrati per aver messo le manette a Calvi che aveva cercato (o finto) di suicidarsi. Una reazione “prevedibile” sottolinea Craxi “quando si mettono le manette a finanzieri che rappresentano gruppi che contano per quasi metà del listino di Borsa”. Flaminio Piccoli, segretario della Dc, accusa il Pm di “appropriarsi di un processo come di un bottino, con iniziative frenetiche e spesso irresponsabili”. Chiede che siano dati al ministro di Grazia e Giustizia “poteri di indirizzo e di orientare l’attività”.

A rivederla oggi, quella pagina di storia politica, dopo le dichiarazioni sprezzanti contro la magistratura pronunciate non da un segretario di partito e basta (come erano Craxi, Piccoli e Longo) ma da uno che è anche presidente del Consiglio si direbbe che niente è cambiato, se non peggiorato. Allora almeno ci fu chi dal Pci protestò e chiese conto di quei presunti accordi segreti. Si alzò Ingrao e disse: “Vogliamo veramente sapere come stanno le cose sulla giustizia perché quelle proposte di Longo non ci piacciono affatto”. Bei tempi, si fa per dire, quegli Anni 80 perché almeno non erano tutti o quasi tutti d’accordo, e comunque, i parlamentari dissenzienti dalla linea dei loro segretari votavano come volevano e non venivano chiamati “gufi” e “rosiconi”. Non ricordo che venisse tollerata una politica dell’irrisione. E quando si ricorse al governo laico non destò scalpore il fatto che il partito di Spadolini avesse allora il 3 per cento.

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Le origini del caporalato moderno e il libro di Pietro Alò: un viaggio in un mondo sempre meno deviante

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Il caporalato nella tarda modernita'Quello del sociologo e senatore Pietro Alò non è stato solo argomento di studio di una vita, ma una dimensione che risaliva alla sua origine, figlio di una famiglia contadina pugliese. Il caporalato, per lui, è diventato tema della tesi di laurea in scienze politiche e poi oggetto di indagini nella commissione d’inchiesta a questo fenomeno dedicata dal 15 aprile 1994 all’8 maggio 1996, nel corso della dodicesima legislatura. Ma anche approfondimento di un libro uscito cinque anni dopo la sua morte, avvenuta nel 2005 (la pubblicazione del volume è invece del 2010), e intitolato Il caporalato nella tarda modernità – La trasformazione del lavoro da diritto sociale a merce (Wip Edizioni). Una trasformazione che l’incidere del tempo, delle tecnologie produttive e dell’evoluzione del mercato del lavoro non ha modificato in sé, se lo si intende come forma di sfruttamento che annienta chi ne è vittima. Semmai quel fenomeno è stato al passo altri cambiamenti, come la progressiva sostituzione degli italiani con i migranti o la gestione mafiosa – sia autoctona che straniera – della manodopera schiavizzata.

Sistema illecito di reclutamento per lavori agricoli stagionali sottopagati. La definizione del termine caporalato, contenuta nel dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti, risale al 1978. E nel corso degli anni ha dovuto essere corretta perché, dai campi, il fenomeno si è esteso a molti altri settori. Ci sono gli scantinati degli italiani in cui in Campania si produce merce contraffatta e lo stesso avviene dei laboratori cinesi distribuiti nelle Chinatown di tutto il Paese, a Milano come a Bologna e a Prato. C’è l’industria del turismo che ogni estate accoglie in riviera villeggianti da tutto il mondo e ingaggia ragazzi non regolarizzati facendo della Romagna, della Versilia, della Liguria o delle coste calabresi un tutt’uno di sfruttamento, quando non di vera e propria prigionia nel caso degli stranieri che arrivano dai confini extra Schengen e a cui vengono sequestrati i documenti.

E e poi ci sono gli ultrellacinquantenni italiani, quelli espulsi dal mercato del lavoro e con scarse possibilità di rientrarvi, divenuti i nuovi obiettivi del caporalato. Vengono assorbiti in primis nella logistica e nei trasporti da cooperative «spurie» (forme di collocamento illegale a cui va tra il 30 e il 50 per cento dei compensi dei lavoratori), percepiscono un compenso che oscilla tra i 3,5 e i 4 euro all’ora e i loro turni di lavoro possono arrivare fino a 12 ore non scendendo in genere sotto le 10. Sono i nuovi poveri a rischio schiavitù che, secondo la Cgil, possono diventare un fenomeno destinato a consolidarsi se non si interviene per stroncarlo.

Continua a leggere sul sito dell’Associazione il manifesto in rete (qui e qui) oppure su Inchiesta online

“Storia dello stupro e di donne ribelli”: Enzo Ciconte racconta in un libro vite al femminile (e al maschile) contro la violenza

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Storia dello stupro e di donne ribelliEnzo Ciconte, già importante studioso del fenomeno ‘ndranghetista, sta per uscire con un nuovo libro, pubblicato da Rubbettino Editore. Il volume, 388 pagine, si intitola Storia dello stupro e di donne ribelli:

Lo stupro non esiste. L’hanno detto in tanti; una folla di tutte le età e condizioni sociali, vecchi e giovani, ignoranti e colti. Dicevano: se la donna non vuole, l’uomo non riesce a violarla. La violenza? È la donna che la cerca. Tutto ciò non è vero. L’autore, con l’aiuto delle carte di migliaia di processi, ci fa incontrare donne che hanno avuto il coraggio di portare in giudizio gli stupratori che non hanno accettato di ritirare la denuncia in cambio di denaro o del matrimonio riparatore; ci descrive uomini violenti e padri incestuosi, ma ci fa scoprire altri uomini – i parenti delle vittime – che non si vendicano uccidendo, ma ricorrono alla giustizia; ci presenta giudici – tutti uomini – che emettono sentenze sorprendenti. Pagine dense e scorrevoli che delineano una nuova storia di donne e di uomini: francesi, inglesi, sammarinesi, settentrionali, meridionali, calabresi. Una storia in gran parte sconosciuta.

La data d’uscita del libro è fissata per il prossimo 8 ottobre.

A settant’anni dall’eccidio di Marzabotto, la memoria e la storia passano dal web (e dai familiari delle vittime)

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Monte Sole - Storia e memoria di Bologna

Settant’anni fa iniziava l’eccidio di Marzabotto. Un sito, realizzato dai familiari delle stragi nazifasciste anche di Grizzana Morandi e Monzuno, ne ricostruisce la storia e ne conserva la memoria.

(Via Storia e memoria di Bolgona)