Agostino Cordova: per un dibattito politico, ancora su legge elettorale, parlamento, incostituzionalità e Consulta

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Il dottor Agostino Cordova, ex procuratore capo a Palmi, mi invia questo testo, evoluzione di un nostro dialogo pubblicato poche settimane fa nell’area blog del FattoQuotidiano.it. Sull’incostituzionalità della legge elettorale meglio nota come Porcellum, è poi giunta una novità targata M5S, per quanto dal Movimento la questione sollevata da Cordova sia affrontata solo incidentalmente e l’esposto grillino si concentri più sul più sul patto del Nazareno. E adesso il magistrato calabrese propone qualche ulteriore considerazione.

Ho letto sulla stampa dell’11 novembre scorso che un deputato del M5S ha presentato denunzia alla procura di Roma perché la Corte Costituzionale, pur avendo annullato l’abolizione del voto di preferenza, non ha dichiarato la illegittimità del parlamento così eletto. Senza entrare minimamente nel merito di tale eclatante iniziativa e sui generici elementi indicati, faccio presente che sin dal 2006 avevo più volte inutilmente rilevato sulla stampa l’incostituzionalità dell’abolizione con legge ordinaria del voto di preferenza di cui agli art. 56 e 58 Cost., secondo cui i parlamentari dovevano essere eletti con suffragio diretto, e non prescelti dai partiti.

Solo nel 2009 è stata adita la magistratura e solo nel dicembre 2013-gennaio 2014 la Consulta ha dichiarato incostituzionale tale modifica, ma ha escluso che ciò incidesse sulla validità del parlamento, in quanto una volta proclamato sarebbe durato per tutta la legislatura, altrimenti si sarebbe creato un vuoto legislativo. Pur nel dovuto rispetto nei confronti della Consulta, e potendo ex art. 21 Cost. chiunque manifestare liberamente il proprio pensiero, avevo prospettato, in eventuale alternativa, la possibilità che altri dessero una diversa interpretazione, in quanto la proclamazione non costituirebbe una sanatoria dell’irregolarità, e non era prevista come tale dalla Costituzione, per cui proclamare un parlamento eletto incostituzionalmente sarebbe stato a sua volta incostituzionale.
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Il Fatto Quotidiano: Porcellum, le Camere potevano essere sciolte. Dialogo con Agostino Cordova

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Ad aprire il corteo anti Jobs Act della Cgil a Bologna giovedì, c’era uno striscione su cui campeggiava una frase chiara: “Il verso giusto è quello dei diritti”. Diritti che, a partire dalla riforma del lavoro e dall’abolizione dell’articolo 18, non sembrano in capo agli interessi di esecutivo e Parlamento. Ma ci sono altri nodi importanti per il Paese, come gli ulteriori previsti tagli al welfare (sanità in primis) o come il pacchetto giustizia che, stando alle recenti anticipazioni di stampa, è “soft” su temi come la reintroduzione del falso il bilancio o la creazione del reato di autoriciclaggio che viene escluso per il godimento personale di patrimoni frutto di attività illecite.

A fronte di tutto ciò, dialogando con un magistrato di lungo corso oggi a riposo come Agostino Cordova, si nota che tra le tante critiche mosse al Parlamento e al governo ce n’è una che sembrava scaduta d’attualità e come tale dimenticata: cioè se fossero organi “illegittimi” perché espressione diretta per il primo e di riflesso per il secondo di una legislatura modificata con una legge elettorale del 2005, il Porcellum, e definita incostituzionale meno di un anno fa. Essendo al di fuori dei partiti, preferisco non esprimere giudizi sull’attività governativa”, dice Cordova, che però fa un’eccezione: “Nonostante abbia illustrato questo aspetto sulla stampa sin dal 2006, nessuno ha inteso affrontarlo. Il 21 dicembre 2005 fu abolito con legge ordinaria il voto di preferenza e ciò in contrasto con gli articoli 56 e 58 della Costituzione, secondo cui i parlamentari devono essere eletti con suffragio universale e diretto. Con quella modifica, invece, la scelta non era più in capo agli elettori, ma ai partiti, che collocavano ai primi posti delle rispettive liste chi volevano fosse nominato. Per tanti anni, così facendo, si creò un contrasto con un altro articolo (il primo) della Costituzione, secondo cui la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti da detta Carta fondamentale. Il risultato? Lo Stato, da democratico, si era trasformato in partitocratico”.

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I Siciliani Giovani: voto di scambio, dall’origine dell’articolo 416 ter alle discrasie attuali con il 416 bis

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I siciliani giovani

Il voto di scambio è una pratica le cui origini vanno rintracciate andando indietro nel tempo. Tanto indietro da tornare almeno agli anni Cinquanta quando, in vista di appuntamenti elettorali, venivano distribuite “ratealmente” alla povera gente metà banconota o una scarpa prima della votazione e l’altra metà o l’altra scarpa dopo, a risultato ottenuto. Ma per comprendere l’attuale iter del testo che è rimbalzato tra le due Camere del Parlamento per la modifica dell’articolo 416 ter del codice penale occorre avvicinarsi nei decenni e andare in Calabria.

Il racconto di come è nato – ed è stato deformato – quel testo per come è stato in vigore prima della recentissima revisione è contenuto fra l’altro in un’audizione della Commissione Antimafia, presieduta ai tempi da Luciano Violante. A essere ascoltato è un magistrato, Agostino Cordova, allora a capo della Procura di Palmi, che alla vigilia delle elezioni politiche del 1992 aveva avviato un’inchiesta disponendo 180 perquisizioni che portarono a 136 indagati. Perquisizioni a cui se ne aggiunsero contestualmente altre 120 da parte della procura di Locri che era stata informata da Cordova della sua iniziativa. A seguito di esse venne trovato materiale elettorale di numerosi candidati appartenenti a svariati partiti nella disponibilità di soggetti indicati quali presunti affiliati a organizzazioni della criminalità organizzata.

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