“Il golpe invisibile” di Giorgio Galli: dagli anni Settanta a oggi, i passaggi per stracciare la Costituzione

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Il libro di cui si parla in questa intervista a Giorgio Galli realizzata da Radio Radicale è uscito nel gennaio 2015 per Kaos Edizioni. E questa è la presentazione del volume Il golpe invisibile:

Il “golpe invisibile” qui ricostruito dal politologo Giorgio Galli ha preso le mosse negli anni Settanta del secolo scorso, si è rafforzato negli anni Ottanta del craxismo, e ha avuto pieno compimento durante il quasi ventennio berlusconiano. È stato attuato dalla borghesia finanziario-speculativa e dai ceti burocratico-parassitari i quali, assunto il pieno controllo delle forze politiche e preso il potere in forma egemonica, hanno potuto saccheggiare l’Italia repubblicana facendo “carta straccia” di molte pagine della Costituzione. Il “golpe invisibile” dei ceti speculativi e parassitari ha generato un debito pubblico astronomico (decenni di evasione fiscale, di ruberie, corruttele e malversazioni), ha vanificato lo stato di diritto e il controllo di legalità della magistratura, ha consolidato il potere della criminalità organizzata (mafie che sono parte integrante dei ceti speculativi e parassitari), e ha alterato l’economia di mercato riducendo in povertà milioni di imprenditori e lavoratori. Soprattutto, il “golpe invisibile” ha impedito che la società italiana superasse il congenito familismo amorale e si dotasse di una cultura civica.

Agostino Cordova: per un dibattito politico, ancora su legge elettorale, parlamento, incostituzionalità e Consulta

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Il dottor Agostino Cordova, ex procuratore capo a Palmi, mi invia questo testo, evoluzione di un nostro dialogo pubblicato poche settimane fa nell’area blog del FattoQuotidiano.it. Sull’incostituzionalità della legge elettorale meglio nota come Porcellum, è poi giunta una novità targata M5S, per quanto dal Movimento la questione sollevata da Cordova sia affrontata solo incidentalmente e l’esposto grillino si concentri più sul più sul patto del Nazareno. E adesso il magistrato calabrese propone qualche ulteriore considerazione.

Ho letto sulla stampa dell’11 novembre scorso che un deputato del M5S ha presentato denunzia alla procura di Roma perché la Corte Costituzionale, pur avendo annullato l’abolizione del voto di preferenza, non ha dichiarato la illegittimità del parlamento così eletto. Senza entrare minimamente nel merito di tale eclatante iniziativa e sui generici elementi indicati, faccio presente che sin dal 2006 avevo più volte inutilmente rilevato sulla stampa l’incostituzionalità dell’abolizione con legge ordinaria del voto di preferenza di cui agli art. 56 e 58 Cost., secondo cui i parlamentari dovevano essere eletti con suffragio diretto, e non prescelti dai partiti.

Solo nel 2009 è stata adita la magistratura e solo nel dicembre 2013-gennaio 2014 la Consulta ha dichiarato incostituzionale tale modifica, ma ha escluso che ciò incidesse sulla validità del parlamento, in quanto una volta proclamato sarebbe durato per tutta la legislatura, altrimenti si sarebbe creato un vuoto legislativo. Pur nel dovuto rispetto nei confronti della Consulta, e potendo ex art. 21 Cost. chiunque manifestare liberamente il proprio pensiero, avevo prospettato, in eventuale alternativa, la possibilità che altri dessero una diversa interpretazione, in quanto la proclamazione non costituirebbe una sanatoria dell’irregolarità, e non era prevista come tale dalla Costituzione, per cui proclamare un parlamento eletto incostituzionalmente sarebbe stato a sua volta incostituzionale.
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Il crowdfunding come strumento per realizzare l’infografica di quattro minuti dell’Anpi sui valori della Resistenza e della Costituzione

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Che cos’è l’Anpi e quali sono i valori della Resistenza: è il video o, meglio, l’infografica di quattro minuti pubblicata pochi giorni fa e realizzata dalla cooperativa Kiné per l’Anpi di Colle Val d’Elsa attraverso il crowdfunding.

(Via @betapdb)

Premio “Gruppo dello zuccherificio” per il giornalismo d’inchiesta: da Ravenna al via alla prima edizione

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Premio Gruppo Dello Zuccherificio per il Giornalismo D'Inchiesta

Il Gruppo dello zuccherificio, associazione per la legalità, la Costituzione e la libera informazione, annuncia la nascita del suo premio per il giornalismo d’inchiesta, indetto con la collaborazione del Comune di Ravenna, Libera Informazione e Articolo21, con il sostegno di Anpi, Confesercenti, LegaCoop e con il patrocinio della Provincia Di Ravenna. Due le categorie:

  • Premio Giovani: riservato alle inchieste realizzate da giovani di età inferiore ai 35 anni, su tutto il territorio nazionale. Questa sezione intende valorizzare la figura dei giovani sotto i 35 anni che abbiano saputo distinguersi positivamente nell’ambito del giornalismo nazionale.
  • Premio Regione Emilia-Romagna: riservato alle inchieste riguardanti il territorio dell’Emilia- Romagna, realizzate da chiunque senza limiti di età o di residenza. Questa sezione intende valorizzare i lavori che riguardano il territorio regionale.

Per inviare i propri lavori, realizzati per tutto il 2011 fino al 14 aprile di quest’anno, c’è tempo fino al 15 aprile 2012. Maggiori informazioni si trovano qui, compreso il modulo di partecipazione allegato al regolamento.

Dal divorzio all’acqua pubblica, 62 referendum abrogativi dal ’74 a oggi

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Referendum 2011Sul sito del Fatto Quotidiano si racconta che ci sono stati dal divorzio all’acqua pubblica, 62 referendum abrogativi dal ’74 ad oggi. Ecco di seguito nel pezzo integrale quali sono. Utile promemoria in vista del 12 e 13 giugno.

Dal divorzio alla modifica della parte II della Costituzione. Dal 12 maggio del 1974 al 25 giugno 2006. In mezzo, 62 referendum abrogativi sui quali gli italiani sono stati chiamati a esprimere un parere. Al centro le grandi battaglie sui diritti civili come la legalizzazione di divorzio e aborto, l’obiezione di coscienza, il voto ai diciottenni, lo stop alle centrali nucleari, la riforma del sistema elettorale in senso maggioritario, la depenalizzazione dell’uso personale di droghe leggere, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, la chiusura dei manicomi e l’affermazione dei diritti dei transessuali. Il quorum viene raggiunto 35 volte, il “no” vince 16 volte, il “sì” 19.

Il divorzio. Previsto dall’articolo 75 della Costituzione con soli tre casi di inammissibilità, l’istituto referendario è stato introdotto in Italia solo nel 1970 su richiesta del Vaticano che spingeva per abolire la legge sul divorzio (la Fortuna-Baslini) approvata grazie alla campagna dei radicali. Il 12 e 13 maggio 1974 quasi 38 milioni di italiani sono chiamati a votare. Votano “no” il 59,1 per cento degli italiani. Il risultato è dirompente. L’Unità titola: “Grande vittoria della libertà: il popolo italiano fa prevalere la ragione, il diritto, la civiltà”. L’editoriale affidato al segretario del Pci Enrico Berlinguer saluta “un’Italia che è cambiata e che vuole e può andare avanti”. Non la vittoria di un singolo partito, ma il contributo di “un larghissimo schieramento di forze politiche, sociali, culturali diverse” hanno portato il no alla vittoria.

La ragione del successo sta nel rifiuto di gran parte dell’elettorato Dc di seguire l’indicazione di voto e la linea politica della segreteria dello Scudo crociato. Insomma, milioni di elettori cattolici avevano voltato le spalle ai Gabrio Lombardi e ai Fanfani schierandosi per il “no”.
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Cassazione, 9 luglio 2010: “Il giornalismo d’inchiesta è l’espressione più alta e nobile dell’attività di informazione”

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Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza 16236 del 9 luglio 2010:

Intanto il popolo può ritenersi costituzionalmente “sovrano” (nel senso rigorosamente tecnico giuridico di tale termine) in quanto venga, al fine di un compiuto e incondizionato formarsi dell’opinione pubblica, senza limitazioni e restrizioni di alcun genere pienamente informato di tutti i fatti, eventi e accadimenti valutabili come di interesse pubblico.

L’articolo 1 comma II della Costituzione, nell’affermare che “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, presuppone quale imprescindibile condizione per un pieno, legittimo e corretto esercizio di detta sovranità che la stessa si realizzi mediante tutti gli strumenti democratici (articolo uno, primo comma, Costituzione), a tal fine predisposti dell’ordinamento, tra cui un posto e una funzione preminenti spettano all’attività di informazione in questione.

Il giornalismo d’inchiesta è l’espressione più alta e nobile dell’attività di informazione; con tale tipologia di giornalismo, infatti, maggiormente si realizza il fine di detta attività quale prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e alla elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, per sollecitare i cittadini ad acquisire conoscenza di tematiche meritevoli, per il rilievo pubblico delle stesse”.

(Grazie, Claudio)

Giuliano Bugani: la Costituzione, chi l’ha vista?

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Le righe pubblicate di seguito me le ha inviate Giuliano Bugani, che si firma operaio, giornalista, documentarista. È tutti e tre e anche molto altro. E soprattutto è uno che non ha peli sulla lingua, quando si tratta di formulare considerazioni politiche. O la cronaca semi-seria (o forse “semi” neanche neanche più di tanto) di una scomparsa. O di una leggenda su un testo mai visto. A Giuliano la parola.

Art. 1, Principi Fondamentali: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Art. 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”.
Art. 21: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Ad una prima lettura, sembrerebbero articoli di una Costituzione che con l’Italia non ha niente a che spartire. E invece sono proprio articoli della Costituzione Italiana.

Tranquilli. Nessuno l’ha vista. Ecco perché è continuamente violata. Tutti i nostri politici che quotidianamente la violano, lo fanno soltanto perché non la conoscono, e non perché sono dei traditori. La violano perché non l’ hanno mai vista, non perché sono manovrati da altri. La violano perché non sanno che c’è, non perché sono pagati per farlo. Se abbiamo lavoratori in nero, è soltanto colpa dei lavoratori in nero. Se popolazioni civili di altri stati vengono uccisi dai nostri militari, o dalle mine o armi italiane, è soltanto colpa delle popolazioni civili. Se i giornalisti non sono liberi di dire o scrivere liberamente, è solo colpa dei giornalisti.

A noi non resta che sputare sul poco che ci resta. Pisciare sui diritti cancellati e sulle leggi imbroglio. Defecare sulle onorificenza dei martiri inutili. Vomitare sulle auto blu superblindate dei G8. Ruttare davanti vetri antiproiettili delle Banke del Kapitale. Scoreggiare sulle corone dei nuovi re e regine.
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