“La tredicesima ora”: a 22 anni da Capaci, il tributo alle vittime delle mafie con la storia di Lea Garofalo e di sua figlia Denise

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Sono trascorsi ventidue anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. E non è un caso che stasera, alle 23.05 (Rai3), si torni a parlare di mafie (non cosa nostra in questo caso, ma ‘ndrangheta) e in particolare si parli della vicenda di Lea Garofalo, uccisa a Milano il 24 novembre 2009, e di sua figlia Denise. Che la sua storia e quella di sua madre la racconterà lei stessa in un’intervista in esclusiva rilasciata alla trasmissione La tredicesima ora di Carlo Lucarelli. Ecco come viene presentata la puntata di questa sera:

La storia di due donne coraggiose, una scelta radicale. Due giovani donne, madre e figlia che si sono ribellate alla cultura della mafia: Lea Garofalo e Denise. Lea Garofalo è cresciuta in un contesto criminale. Suo fratello è un boss che gestisce gli affari di una ‘Ndrina a Milano di cui fa parte anche il padre di sua figlia e suo ex compagno, Carlo Cosco. Lea desidera per Denise, che ha avuto a soli 17 anni, una vita diversa dalla sua, senza violenza, menzogna e paura. Nel 2002 decide di collaborare con la giustizia e viene sottoposta, con sua figlia, al regime di protezione.

Lea racconta ai magistrati i loschi affari dell’ex compagno e del suo clan. Dopo aver vissuto in solitudine, sotto false identità, cambiando continuamente residenza, nel 2009 Lea esce definitivamente dal sistema di protezione sfiduciata dalle Istituzioni ed esasperata dalle continue pressioni dei Cosco. Sfugge anche a un tentativo di sequestro ma verrà attirata dal suo ex compagno a Milano con la scusa di voler parlare del futuro della loro figlia Denise.

Il 24 novembre del 2009, dopo essere stata torturata, viene strangolata da Carlo Cosco. Quel che resta del suo corpo, dopo essere stato bruciato, viene sepolto in un terreno vicino Monza. Denise, dopo la scomparsa di Lea, capisce che suo padre, con cui è andata a vivere, le sta mentendo. Con lo stesso coraggio di sua madre si reca da un magistrato rendendo possibile l’apertura delle indagini e il processo contro suo padre e i suoi complici. Da allora continua a vivere sotto protezione.

I Siciliani Giovani: voto di scambio, dall’origine dell’articolo 416 ter alle discrasie attuali con il 416 bis

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I siciliani giovani

Il voto di scambio è una pratica le cui origini vanno rintracciate andando indietro nel tempo. Tanto indietro da tornare almeno agli anni Cinquanta quando, in vista di appuntamenti elettorali, venivano distribuite “ratealmente” alla povera gente metà banconota o una scarpa prima della votazione e l’altra metà o l’altra scarpa dopo, a risultato ottenuto. Ma per comprendere l’attuale iter del testo che è rimbalzato tra le due Camere del Parlamento per la modifica dell’articolo 416 ter del codice penale occorre avvicinarsi nei decenni e andare in Calabria.

Il racconto di come è nato – ed è stato deformato – quel testo per come è stato in vigore prima della recentissima revisione è contenuto fra l’altro in un’audizione della Commissione Antimafia, presieduta ai tempi da Luciano Violante. A essere ascoltato è un magistrato, Agostino Cordova, allora a capo della Procura di Palmi, che alla vigilia delle elezioni politiche del 1992 aveva avviato un’inchiesta disponendo 180 perquisizioni che portarono a 136 indagati. Perquisizioni a cui se ne aggiunsero contestualmente altre 120 da parte della procura di Locri che era stata informata da Cordova della sua iniziativa. A seguito di esse venne trovato materiale elettorale di numerosi candidati appartenenti a svariati partiti nella disponibilità di soggetti indicati quali presunti affiliati a organizzazioni della criminalità organizzata.

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“La forestale dei veleni”: lunedì 28 in prima serata l’inchiesta sul traffico internazionale di rifiuti e sulle sue coperture

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La forestale dei veleni di Andrea Tornago, Davide Gangale e Silvia Sciorilli Borrelli andrà in onda lunedì prossimo, 28 ottobre, su RaiNews24, e di questo si parlerà:

“La dismissione del nucleo forestale di Brescia. Sulle tracce dei veleni dalla Lombardia alla Calabria. Le inchieste di un pool scomodo”. L’inchiesta avrà come tema il traffico internazionale di rifiuti, mafie, servizi segreti e connessioni tra istituzioni e attività strategiche extralegali.

Cercherà di rispondere a numerose domande. Perché è stato smantellato il nucleo investigativo del Corpo Forestale di Brescia coordinato dal colonnello Rino Martini? Dalla seconda metà degli anni ’80 e lungo tutti gli anni ’90 il suo gruppo ha indagato sui traffici internazionali di rifiuti in cui era coinvolta l’Italia. Gli stessi traffici che interessavano, e in cui forse si erano imbattuti, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

E si parlerà anche della vicenda del capitano Natale De Grazia.

(Via Andrea Tornago)

Il Fatto Quotidiano: Giovanni Tizian, in un libro la lotta del giornalista contro la ‘ndrangheta

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La nostra guerra non è mai finitaIl metro diaristico alternato a quello del giornalismo che indaga la ‘ndrangheta. Un padre assassinato da killer rimasti ignoti e un figlio che, divenuto adulto, entra nel mirino dei padrini a causa delle sue cronache, troppo addentro agli affari dei boss al nord. La Calabria e l’Emilia Romagna, Bovalino e Modena. Tutti questi elementi sono presenti ne “La nostra guerra non è mai finita”, in questi giorni in libreria per Mondadori, scritto da Giovanni Tizian, il giornalista a cui gli ‘ndraghetisti volevano “sparare in bocca” e per questo messo sotto scorta.

L’infanzia all’ombra dell’occupazione militare. Per cominciare il viaggio intrapreso dall’autore, occorre fare un salto indietro di 3 decenni. Inizio degli anni Ottanta, l’Anonima sequestri miete azioni, deporta vittime di rapimenti e raccoglie riscatti. È quel passaggio nella storia della mafia calabrese che, iniziata 150 anni prima, ha rappresentato una tappa sulla lenta ma inarrestabile via della mondializzazione. “I sequestri di persona sono stati per i clan della Locride quello che la catena di montaggio è stata per il capitalismo”, scrive Tizian raccontando dei 400 miliardi di lire accumulati, di cui la metà andata ai boss dell’Aspromonte.

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“Il caso Fallara”: inchiesta su Reggio Calabria, i conti che non tornano e l’irresponsabilità delle classi dirigenti

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Il caso FallaraLa casa editrice Città del Sole sa azzeccare titoli e argomenti di un certo interesse, soprattutto per ciò che riguarda quella che un tempo si sarebbe chiamata la questione meridionale. Lo fa anche con il libro Il caso Fallara – Storia del “modello Reggio” e del suo tragico epilogo scritto dai giornalisti Giuseppe Baldessarro e Gianluca Ursini. La storia è quella di Orsola Fallara, morta lo scorso 17 dicembre ingerendo acido muriatico, dopo che una serie di scandali si era addensata sull’amministrazione della città di Reggio Calabria chiamandola in causa.

Quella che era stata presentata come una strategia di sviluppo e modernizzazione, frutto di una politica del “fare” efficace ed efficiente realizzata dal sindaco Giuseppe Scopelliti, si è rivelata essere una gestione disinvolta della spesa pubblica che ha originato ingenti debiti e buchi di bilancio. La reale situazione, denunciata più volte dalle forze politiche di opposizione e dalla stampa, è emersa solo recentemente grazie alle inchieste della procura della Repubblica e alla relazione del ministero dell’Economia.

I documenti della magistratura e del ministero sono contenuti in un cd allegato al libro mentre la prefazione è stata firmata dal giornalista Antonello Caporale che scrive:

La sciagura che cinge d’assedio la vita di Orsola Fallara è la medesima che toglie il cuore a Reggio Calabria. La fine che questa donna sceglie per sé racconta il dramma di un’intera comunità, denuncia le sue colpe, le reti che compongono il centro di comando, l’irresponsabilità delle classi dirigenti.

Altre informazioni qui.

Ustica, un nuovo testimone: “Quella sera vidi nei cieli una battaglia aerea”

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Ustica, la posizione degli aerei

Il trentunesimo anniversario della strage di Ustica ha portato un nuovo testimone che già nei prossimi giorni potrebbe essere sentito dal pubblico ministero della procura della Repubblica di Roma Erminio Amelio, titolare insieme Maria Monteleone della nuova inchiesta sui fatti del 27 giugno 1980.

A scovarlo è stato il giornalista Fabrizio Colarieti, che da anni si occupa della vicenda, e il racconto dell’uomo – un imprenditore di origine calabrese che vive in toscana e di cui al momento non è stata svelata l’identità – è stato pubblicato sul sito Notte Criminale, nato un anno fa per ricostruire la vicenda della banda della Magliana in vista del lancio della fiction di Sky e poi allargatosi ad altri nodi irrisolti della prima e della seconda Repubblica.

“Ero in Calabria, ho visto strani fuochi d’artificio e degli aerei da guerra”

Il testimone, mai entrato fino a oggi nelle indagini ufficiali, quella sera era sul terrazzo dell’hotel in cui alloggiava a Sellia Marina, provincia di Catanzaro, in vacanza con la moglie. “Guardavamo le montagne della Sila, erano circa le 21.05, massimo le 21.10”, ha rievocato. L’aereo di Ustica era scomparso dai radar da pochi minuti e nessuno sapeva ancora cos’era accaduto lungo l’aerovia che collegava l’aeroporto Marconi di Bologna a quello palermitano di Punta Raisi.
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Ius sanguinis: la Calabria delle donne raccontata da Paola Bottero

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Ius SanguinisCittà del sole è una casa editrice che mi piace perché è coraggiosa. È coraggiosa perché è piccola, perché pubblica libri di denuncia (come questo e questo) e perché lo fa in una terra non facile, la Calabria. Lo dimostra ancora una volta con un nuovo volume, Ius Sanguinis di Paola Bottero il cui sottotitolo, “rabbia, impotenza e speranza nella punta dello stivale”, aggiunge già qualche elemento ulteriore sui suoi contenuti. Va detto poi che questo libro è un corpus che si compone di quattro vicende di donne che, per versi differenti, finiscono per impattare contro una mentalità e una realtà scandite da sessismo e omertà. Infatti:

Alice è una sedicenne di Reggio Calabria costretta a confrontarsi con la violenza cieca e ignorante del suo ex fidanzato. Roberta è la sorella di Gianluca Congiusta, imprenditore trantaduenne ucciso dalla ‘ndrangheta a Siderno, nella Locride. Federica Monteleone è la ragazzina ricoverata nell’ospedale di Vibo Valentia per una banale operazione di appendicite e morta per anossia cerebrale. Lisa rappresenta le domande, le risposte, la rassegnazione. O forse la scelta consapevole del baratto: il silenzio in cambio di piccoli privilegi. Un romanzo al femminile, immerso in una cultura maschile e maschilista. Un romanzo della rabbia e della speranza, ritratto di una Calabria folle e sanguigna, ma animata ancora dalla forza di chi ha imparato a non arrendersi.

Accanto al libro sono stati creati anche un sito e un blog dove l’autrice ha iniziato a tenere traccia delle reazioni e delle osservazioni dei lettori.