Per un libro poco lusinghiero nei confronti del suo protagonista, 60 presentazioni tonde e finora neanche l’annuncio di una querela. È Umberto Magno (Aliberti), scritto da Leonardo Facco, giornalista ed editore con un trascorso politico nella Lega Nord e professionale nel quotidiano “La Padania”. Interrotto ormai da un quindicennio l’uno e l’altro, da cronista ha risposto a un impulso: raccontare il dark side di Umberto Bossi e del suo partito, dalla genesi alla catastrofe del quarto governo Berlusconi.
Dal racconto di Facco, la Lega Nord ne esce con i contorni di una formazione politica a conduzione familiare, o familista, con il ruolo dei figli di Bossi, a iniziare da Renzo, il “Trota”, della seconda moglie, Manuela Marrone, matrona silenziosa e potente, e del cerchio magico, di cui fanno parte personaggi come Rosy Mauro e Marco Reguzzoni. Ma la si descrive anche come il luogo delle affermazioni rimangiate e delle condotte politiche mutate di 360 gradi fino al (nuovo) patto del 2001 con l’amico-nemico Silvio Berlusconi (credito da 2 miliardi di lire compreso, come ha documentato il ilfattoquotidiano.it). E ancora come un tribunale per l’epurazione dei dissidenti, che hanno compreso anche l’ideologo Gianfranco Miglio, e una corte con una gestione del denaro quanto meno discutibile.
È questo il quadro che viene fuori dalla ricostruzione di Facco. Presentando il libro a Bologna alla Libreria Irnerio, si era però cercato il confronto con i leghisti emiliani. Ma Manes Bernardini, consigliere comunale e regionale, invitato a parlarne, ha prima risposta che avrebbe dovuto consultare il consiglio federale del partito e poi, all’ultimo, ha declinato tramite la sua segreteria per la concomitanza con le commissioni convocate in viale Aldo Moro.
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Uno che ha lavorato all’interno del sistema dell’entertainment berlusconiano, che aveva costanti rapporti di lavoro con Paolo Berlusconi e Marcello Dell’Utri e che ha pure giocato la carta dell’investimento sulla società che editava l’edizione piemontese del “Giornale”. Senza dimenticare la ricerca di finanziamenti per sostenere le campagne elettorali dello schieramento di centrodestra. Con l’uscita di “Filmgate”, a inizio primavera 2011, Sarti è stato convocato dai magistrati romani per essere ascoltato come testimone informato sui fatti e il libro è stato acquisito agli atti della procura capitolina.