L’ossessione per i bunker nell’Albania di Enver Hoxha: in un libro fotografico il racconto dei 700 mila rifugi

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Concresco

A vedere le foto, sembrano cresciuti come funghi i 700 mila bunker costruiti durante il periodo comunista nell’Albania di Enver Hoxha. Gli scatti sono di David Galjaard, vincitore dell’edizione 2012 dell’Aperture Foundation – Paris Photo First Photobook Award con il libro Concresco. Immagini e commento sono diventati oggetto di un articolo, Paranoid Dictator’s Communist-Era Bunkers Now a National Nuisance, scritto da Pete Brooks per il blog Raw file di Wired.com.

(Via BoingBoing)

La speranza in fondo al mare: i fantasmi che affogano senza nome e senza patria

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Domani di Maurizio ChiericiUmberto Bossi l’aveva detto nel suo idioma, fuori dalle palle. E lo sono i 250 migranti morti nella notte tra il 5 e il 6 aprile scorsi quando si è rovesciato il barcone con cui stavano cercando di raggiungere le coste italiane. Venivano dal Corno d’Africa. Etiopi, somali e tra loro era rappresentata qualche altra etnia dell’Africa nera. Il nostro governo, però, fa le condoglianze alla Tunisia. Che tanto è lo stesso, una nazionalità vale l’altra. Quasi fossimo tornati ai tempi di una faccia, una razza. Senza quasi, forse. E il rammarico per la nuova sciagura del mare deve essere un en passant dato che intanto il capo del governo annuncia ai suoi ministri che ha cambiato idea. Era stato affrettato nello scegliere su Internet la sua residenza lampedusana, probabilmente troppo vicina all’aeroporto e dunque fastidiosa, con tutto quel lavoro. Aggiunge, ai suoi uomini dell’esecutivo, che ne troverà un’altra e che li terrà informati. Perché qui si lavora, mica storie.

Dall’inizio dell’anno, gli arrivi in Italia sono stati 25.800, afferma il ministero degli Interni. E sono 800 i morti, da gennaio a oggi. Gente senza nome, considerata anche senza dignità. Infestatori delle coste italiane, candidati a infestare anche il resto del territorio. Non importa se stanno in un centro di identificazione oppure se in un campo profughi. Figurarsi poi se affittano una casa, magari in edilizia popolare. Meglio che finiscano in fondo al mare, per l’Italia e il suo governo. E magari anche per l’Europa, che a livello comunitario ogni tanto interviene con proclami di circostanza e a livello giornalistico sorvola sulle vittime.

E un po’ come accade per la (interrotta) “emergenza” fisica generata dagli arrivi, tutto sembra legato all’attualità (solo della penisola). Una notizia d’agenzia o da telegiornale che smette di essere reale una volta terminato il take o il servizio. Eppure, guardando agli ultimi trent’anni, sono stati innumerevoli i fatti assolutamente simili a quelli che si verificano in queste settimane.
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“Bocca, occhi, orecchie”, documentario sulle Alpi albanesi di Osservatorio Balcani

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Foto di Andrea PandiniBocca, occhi, orecchie. Un viaggio nelle Alpi albanesi è un documentario prodotto da Osservatorio Balcani (grazie anche al sostegno della regione autonoma del Trentino-Alto Adige) e girato da Micol Cossali e Davide Sighele:

Michael studia l’indoeuropeo, Gianni è arbëresh e insegna albanese presso l’Università della Calabria, Monica è stata la prima in Italia a ottenere un dottorato in albanologia. Un gruppo di linguisti e un viaggio in Albania tra parole, cime maestose e luoghi ai margini. Seguendo una ricerca sulle culture minoritarie dell’Europa allargata, “Bocca, occhi, orecchie” traccia un ritratto unico di un mestiere inconsueto e apre uno sguardo molto particolare sull’Albania di oggi, la sua cultura, il suo paesaggio.

Dura 33 minuti ed è corredato da un reportage realizzato con le fotografie Andrea Pandini. Qui invece per vedere il trailer del documentario.

Osservatorio Balcani: morte di un testimone coraggioso

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La notizia è stata pubblicata per lo più da giornali elettronici che si occupano di Europa orientale. Quello che segue è comparso ieri sul sito Osservatorio Balcani e si intitola Morte di un testimone coraggioso. Lo ha scritto Marjola Rukaj.

A sei mesi dall’esplosione, l’incubo del deposito d’armi di Gerdec torna con la stessa intensità dello scorso 15 marzo. A risvegliarlo è stata la morte, avvenuta venerdì scorso, di Kosta Trebicka, testimone chiave della vicenda, che ha riportato in Albania un’atmosfera di paure sussurrate sottovoce, morti annunciate e retroscena da tacere.

La notizia della morte di Trebicka, avvenuta in circostanze che fanno discutere, ha riportato alla ribalta le accuse nei confronti del governo e del premier Sali Berisha, e ha sconvolto il mondo politico albanese. Facile prevedere che tutto questo avrà ripercussioni non indifferenti sulla scena politica del paese.

Trebicka, uomo d’affari albanese in possesso di passaporto statunitense, era a capo di una delle maggiori società nel settore dell’imballaggio in Albania, che per un certo periodo ha avuto in concessione questa attività all’interno del deposito di armi . La sua prima apparizione pubblica ha stupito tutti per il coraggio civico dimostrato nel voler testimoniare sulla vicenda di Gerdec, e in particolar modo sulla destinazione finale delle armi che vi erano depositate.
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