Tra il Novecento e la Milano criminale: appunti e documenti per una storia ricostruita dal laboratorio Lapsus

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Si intitola Milano Criminale – Appunti per una storia della criminalità:

Documentario realizzato dal Laboratorio La.p.s.u.s. (laboratorio progettuale degli studenti universitari di storia) per far riflettere su un tema socio-politico, storico ed economico poco approfondito: la criminalità. Analizziamo che ruolo, che sviluppo, che crescita ha avuto il fenomeno criminale (e mafioso) in una città come Milano, e che modifiche ha apportato questo tipo di fenomeno allo svilupop della metropoli lombarda. Dalla ligera degli anni Cinquanta fino all’instaurazione di quel complesso sistema di interdipendenze tra politica, finanza, industria e criminalità organizzata che nasce con la fine degli anni Settanta.

Il progetto nella sua impostazione più ampia si chiama Novecento criminale è dedicato a Primo Moroni, è una produzione dal basso. Per sostenerlo, si veda qui.

NotteCriminale.it: meno due giorni alla partenza. Da mercoledì online il sito che racconta il crimine in Italia

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Notte criminaleLo si scriveva qualche giorno fa: mancano meno di due giorni all’avvio di NotteCriminale.it, il portale sul crimine in Italia che verrà inaugurato mercoledì, 9 novembre, alle 11.30, nel corso di una conferenza stampa che si terrà a Roma, a Palazzo Wedekind (Piazza Colonna, 366). Ed ecco il comunicato in base al quale si presenta più approfonditamente:

Una scelta, quella della data, con la quale «vogliamo sottolineare – spiega Alessandro Ambrosini, ideatore, curatore ed editore del progetto – la nostra assoluta libertà. Libertà che per noi significa oltrepassare quel muro che a volte vincola ed ostacola il vero giornalismo». Il sito, curato da Helmet Group, vuole soddisfare un target di pubblico vasto ed eterogeneo grazie alla qualità delle informazioni (inchieste, dossier, rivisitazioni di crimini e criminali, rubriche, interviste o semplice cronaca), del materiale (foto inedite, video, documenti) e della multimedialità che, adattata ai nuovi strumenti di comunicazione, ha raggiunto i lettori attraverso le varie applicazioni per smartphone o tablet.

Ideata inizialmente per dare il nome ad un evento che ripercorreva il crimine di Roma, Milano e Venezia dagli anni ’70 ad oggi, Notte Criminale ha debuttato sul web nel settembre del 2010 come “blog-test” d’interesse attorno all’argomento criminalità di ieri e di oggi. La sua crescita da allora è stata esponenziale: 6.000/8.000 visite giornaliere uniche al blog, per un totale di oltre 800.000 visitatori (598.445 visitatori unici) e 860.000 pagine viste per una media mensile pari a 49.870.

Accanto al sito ci sono e rimangono l’account Youtube, dove sono stati pubblicati video e interviste realizzati dallo staff di Notte Criminale, e quello Facebook, che “hanno contribuito ad accreditare il blog come punto di riferimento non solo tra i lettori più o meno ‘esperti’ ma anche tra giornalisti, magistrati, giudici e avvocati grazie anche a scoop quali quelli su Vallanzasca e quello più recente sul caso Ustica”.

Insegnare la storia degli anni Settanta: una tre giorni per parlarne a Bologna, la città del delitto Lorusso e della bomba alla stazione

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Landis, il laboratorio nazionale per la didattica della storia, ha organizzato per domani, dopo e venerdì (29 e 30 settembre e il 1 ottobre) una riflessione su cittadinanza e democrazia: il nodo degli anni Settanta. L’Italia nel contesto internazionale, che si terrà a Bologna presso la sala dello Zodiaco del Palazzo della Provincia (via Zamboni 13). Questi i contenuti che fanno da linea di congiunzione tra i vari interventi:

Anni di duri scontri sul piano sociale e politico, anni segnati da violente minacce alla democrazia e dal dispiegarsi della lotta armata, ma anche di riforme che hanno sicuramente rafforzato i diritti di cittadinanza e la partecipazione democratica. Anni che hanno segnato profondamente la città di Bologna, teatro dell’assassinio di Francesco Lorusso e della strage alla Stazione Centrale. Ma anche anni di un impegno civile e politico diffuso che ha contribuito alla tenuta delle istituzioni democratiche e al processo riformatore, dalla quale perciò è giusto che prenda il via una riflessione sulla costruzione della memoria e della storia e sulla “insegnabilità” di quella stagione.

Per comprendere a fondo tale periodo è importante allargare lo sguardo al contesto internazionale, in particolare a un’Europa occidentale impegnata in una faticosa transizione verso la democrazia (Spagna, Portogallo e Grecia), e a quel Sudamerica in cui si registrarono allora gravi fenomeni di involuzione autoritaria e che costituì l’implicito riferimento di tante scelte politiche, la cui vicinanza era forse particolarmente sentita per il gran numero di immigrati italiani che finirono impigliati nelle maglie della repressione. Il tutto nel quadro della Guerra fredda, custode di un ordine mondiale che pareva destinato a durare per sempre.

La nostra proposta è di porre tutti questi temi al centro di un convegno internazionale […] rivolto principalmente agli insegnanti e alle sezioni didattiche degli istituti della rete Insmli di tutta Italia. La dimensione internazionale sarà data principalmente dalla parte relativa alla didattica, con la partecipazione di studiosi stranieri, fra i quali alcuni rappresentanti di Euroclio (European Association of History Educators), esperti di controversial issues, perché pensiamo che – oggi come non mai – gli insegnanti italiani abbiano bisogno di un confronto con i loro colleghi di altri Paesi.

Il convegno è organizzato da Landis, con il patrocinio e il contributo finanziario della Regione Emilia-Romagna, il patrocinio e la collaborazione della Provincia di Bologna, il patrocinio dell’Ufficio Scolastico regionale, la collaborazione dell’Istituto Parri Emilia-Romagna, di Isrebo (Istituto per la Storia della resistenza e della Società Contemporanea nella Provincia di Bologna Luigi Bergonzini), del Cedost (Centro di Documentazione Storico-Politica sullo Stragismo), di Iris (Insegnamento e Ricerca Interdisciplinare di Storia) e di Euroclio (European Association of History Educators).

Qui il programma completo degli interventi, che inizieranno domani alle 15.

La storia di Marta, del manicomio San Giovanni di Trieste e di un’alba che arriva quando sembra ormai perduta

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Marta che aspetta l'alba di Massimo PolidoroIl prossimo 29 agosto saranno trascorsi 31 anni da quando morì Franco Basaglia, l’anima della legge 180 con cui si riformava la psichiatria in Italia e si chiudevano i manicomi. Ci sono due storie che possono rievocarla in termini efficaci, la figura del riformatore dell’approccio e della cura della “pazzia”. Sono le storie di una paziente e di un’infermiera, raccontate nel libro appena uscito per Piemme Marta che aspetta l’alba, scritto dal saggista e divulgatore Massimo Polidoro.

Si inizia nel 1967, 15 luglio per la precisione, a Trieste, dove Marta sta per festeggiare il suo diploma di maturità e fantastica del futuro – rimpiangendolo quasi in anticipo – con la sorella maggiore, Giuliana. Sarà l’ultimo scorcio di felicità per la ragazza perché, appena partita per la Gran Bretagna alla ricerca della libertà e della vita adulta, torna a casa a causa di un incidente in cui muoiono entrambi i genitori. E la sorella, neosposa di un buon partito del posto, non potrà fare nulla per salvarla dall’alcolismo e poi dall’internamento al San Giovanni, il manicomio di Trieste, dove Marta sprofonderà nel girone dei “sommersi”, come li intendeva Primo Levi, e poi nella lobotomia.

Domani di Maurizio ChiericiLa seconda storia, invece, è quella di Mariuccia Giacomini, andata in moglie a 19 anni all’uomo che pensava quello giusto, e che poi sfida i preconcetti pre-legge sul divorzio lasciandolo e seguendo il suo istinto vitale. Però deve trovarsi un modo per mantenere se stessa e la sua bambina. Lo trova cominciando a fare l’infermiera proprio al San Giovanni. Un lavoro che significa a lungo sgrassare pavimenti, lavare i pazienti, passare i vetri. Fare la sguattera, insomma.
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“Riot’s not dead”: su Libération un articolo che ricostruisce la storia delle rivolte raccontate in musica

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The Clash - Joe Strummer, Mick Jones et Paul Simonon. 1978, AFP

Su Libération viene pubblicato un bell’articolo di Philippe Brochen intitolato Les «riot songs» ou la contestation en chansons. Musica e contestazione, dunque, sulla scia di quanto avviene al di là della Manica, per andare a ricostruire una storia che passa attraverso alcuni eventi e le loro rappresentazioni in chiave rock o punk.

Tra quelli citati, i Clash e la loro White Riot (correva l’anno 1977) o le “riot girl”, espressione con cui si comprendevano negli anni Settanta The Runaways, The Slits, Patti Smith e in seguito anche Siouxie Sioux e Nina Hagen. E ancora Sonic Youth con Teen Age Riot (1988) per arrivare a tempi più recenti (2006) con gli Artic Monkeys e la loro Riot Van.

Questi sono solo alcuni dei musicisti che hanno dato voce alle rivolte e che sono entrati nell’articolo di Libération. Perché, come conclude Brochen nel suo pezzo, “riot’s not dead”.

A Brescia si parla dello stato degli studi su stragi e terrorismo negli anni Settanta

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Stragi e terrorismo negli anni Settanta: lo stato degli studi

Causa impegni di lavoro, non riuscito ad assistervi, ma segnalo il seminario Stragi e terrorismo negli anni Settanta: lo stato degli studi, organizzato per domani, 19 maggio, a Brescia dalla Fondazione Luigi Micheletti e dalla Casa della Memoria in vista del trentasettesimo anniversario della strage di piazza della Loggia, avvenuta il 28 maggio 1974. Parteciperanno tra gli altri:

  • Manlio Milani, presidente Casa della Memoria
  • Aldo Giannuli, strategia della tensione e doppio stato
  • Giuseppe De Lutiis, le stragi in Italia. La svolta del 1974
  • Mirco Dondi, narrare le stragi. Come cambia il racconto giornalistico da piazza Fontana a piazza della Loggia
  • Miguel Gotor, la strategia della tensione nel memoriale di Aldo Moro
  • Anna Cento Bull, verità e condizione vittimaria nella memorialistica degli ex-terroristi
  • Ugo Maria Tassinari, inutilizzabilità delle testimonianze dirette dei protagonisti per una storia “evenementielle” del terrorismo nero
  • Guido Panvini, la sfida al labirinto. Terrorismo e violenza politica tra dibattito storiografico e uso pubblico della storia
    • Altri interventi prevedono la presenza di Francesco Germinario, Agnese Moro, Ilaria Moroni, Paolo Pelizzari e Benedetta Tobagi.

      Qui il programma completo con nomi dei relatori, orari e argomenti.

12 maggio 1977: Giorgiana Masi e le reticenze di Francesco Cossiga

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Giorgiana MasiIeri, 12 maggio, era l’anniversario dell’omicidio di Giorgiana Masi, assassinata a Roma nel 1977 durante una manifestazione in cui si sono applicati i “metodi” dell’allora ministro dell’Interno. Gli stessi che, due mesi prima, aveva applicato anche a Bologna, quando morì Francesco Lorusso. In Piccone di Stato. Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica (Nutrimenti) si è parlato di quei fatti e di come (non) volle raccontarli colui che al tempo occupava lo scranno più alto del Viminale. I virgolettati (se non diversamente specificato) sono tutti di Cossiga e si riferiscono alle dichiarazioni che nel corso del tempo rilasciò sull’argomento

Chi ha ucciso Giorgiana Masi? Ebbe modo di affermare Francesco Cossiga:

Ecco, io quello credo che non lo dirò mai [nemmeno] se mi dovessero chiamare davanti all’autorità giudiziaria, perché sarebbe una cosa molto dolorosa.

Si chiedeva in proposito Milena Gabanelli:

Poiché sarebbe doloroso dire chi ha ucciso Giorgiana Masi, l’uomo che più ha invocato la pacificazione nazionale, Cossiga, dice non parlerò neanche davanti alla magistratura. Deduciamo che la morte di una ragazzina innocente non sia stato un incidente, ma ben altro. Forse un ordine per imporre poi le leggi speciali?

E rispose Cossiga:

Eravamo in sei a conoscere la verità, siamo rimasti in cinque perché uno è morto. L’ex capo della polizia [Fernando] Masone venne da me un giorno e mi disse: quando potremo dire la verità stapperemo lo champagne. L’onorevole [Paolo] Cento insisteva per saperla, la verità. L’ho accontentato, da allora non ne ho più parlato.

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“Altri destini. Una storia degli anni Settanta”: non si sta bene sotto le coperte calde dell’ignoranza

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Altri destini di Walter G. PozziAltri destini. Una storia degli anni Settanta è un romanzo che ruota intorno (e va oltre) gli anni di piombo. Scritto da Walter G. Pozzi, direttore editoriale della rivista di analisi politica Paginauno (che pubblica anche il libro), è una dimostrazione di quanto si poteva leggere sui giornali della seconda di metà di aprile 2011, dopo la comparsa dei manifesti che “inneggiavano” all’epurazione delle “Br dalle procure”: i conti con quel periodo di storia non sono ancora chiusi.

Se non lo sono per i figli o i genitori delle vittime degli anni di piombo (e, talvolta, nemmeno per le generazioni successive, come testimoniano le parole di Vittorio Occorsio, 23 anni, nipote dell’omonimo magistrato ucciso nel 1976 dal nero Pierluigi Concutelli, pronunciate all’indomani della sua recente scarcerazione), non lo è nemmeno per la memoria storica collettiva.

Il romanzo di Pozzi tenta di fare i conti, con questa memoria storica, muovendosi sul crinale del tempo con balzi tra il passato e il presente, innescati da un maglione insanguinato negli anni Settanta e mai più lavato. Un morto assassinato senza giustizia diventa dunque il pretesto per riaprire un capitolo. E anche il capitolo specifico – il processo 7 aprile, contro una presunta (e mai dimostrata, anzi, smentita dalle sentenze) super cupola dell’eversione rossa – sembra un pretesto al pari del maglione insanguinato.
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Il delitto di Francesca Alinovi: un simbolo degli anni Settanta al crepuscolo

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Il delitto di Francesca Alinovi: un simbolo degli anni Settanta al crepuscolo

Il delitto di Francesca Alinovi: un simbolo degli anni Settanta al crepuscolo. È la recensione che Notte Criminale pubblica all’audiolibro Il delitto del Dams – Il sogno infranto di una generazione (La case production) di Jacopo Pezzan e Giacomo Brunoro. Il post contiene anche un’intervista agli autori.