Cossiga, l’omicidio di Giorgiana Masi e le sirene delle ambulanze che dovevano sentirsi più di quelle dei carabinieri

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Giorgiana MasiQuesto brano è contenuto nel libro Piccone di Stato – Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica (Nutrimenti, 2010).

Proviamo a ripercorrerla la vicenda che ha portato alla morte – anzi, all’omicidio – di Giorgiana Masi. Era il 12 maggio 1977 e il Partito radicale aveva indetto una manifestazione per celebrare il terzo anniversario del referendum sul divorzio e raccogliere firme per l’abrogazione delle leggi sull’ordine pubblico. Dal 21 aprile precedente, dopo gli scontri e una sparatoria che al termine di una manifestazione portò alla morte dell’agente Settimio Passamonti, ventitré anni, nel Lazio era vietato radunarsi in piazza.

Lo aveva deciso il ministro dell’Interno Francesco Cossiga con il supporto del Partito comunista, e quando i Radicali annunciarono la loro intenzione di scendere per strada il 12 maggio gli si fece notare che esisteva un’unica eccezione prevista dal decreto del Viminale: appartenere all’arco costituzionale. A quel punto si innescò un braccio di ferro per impedire il sit-in e vennero distribuiti sul territorio della capitale circa cinquemila agenti tra polizia e carabinieri. Fu un crescendo di tensione e infine, tra le 19 e le 20, si iniziò a sparare. A restare feriti furono un carabiniere e una ragazza, mentre dalle parti di ponte Garibaldi venne uccisa Giorgiana Masi, che avrebbe compiuto diciannove anni il successivo 6 agosto.
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Cossiga, l’omicidio di Giorgiana Masi e le sirene delle ambulanze che dovevano sentirsi ovunque, più di quelle dei carabinieri

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Giorgiana MasiQuesto brano è contenuto nel libro Piccone di Stato – Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica, Nutrimenti, 2010

Proviamo allora a ripercorrerla la vicenda che ha portato alla morte – anzi, all’omicidio – di Giorgiana Masi. Era il 12 maggio 1977 e il Partito radicale aveva indetto una manifestazione per celebrare il terzo anniversario del referendum sul divorzio e raccogliere firme per l’abrogazione delle leggi sull’ordine pubblico. Dal 21 aprile 1977, dopo gli scontri e una sparatoria che al termine di una manifestazione portò alla morte dell’agente Settimio Passamonti, ventitré anni, nel Lazio era vietato radunarsi in piazza.

Lo aveva deciso il ministro dell’Interno Francesco Cossiga con il supporto del Partito comunista, e quando i Radicali annunciarono la loro intenzione di scendere per strada il 12 maggio gli si fece notare che esisteva un’unica eccezione prevista dal decreto del Viminale: appartenere all’arco costituzionale. A quel punto si innescò un braccio di ferro per impedire il sit-in e vennero distribuiti sul territorio della capitale circa cinquemila agenti tra polizia e carabinieri. Fu un crescendo di tensione e infine, tra le 19 e le 20, si iniziò a sparare. A restare feriti furono un carabiniere e una ragazza, mentre dalle parti di ponte Garibaldi venne uccisa Giorgiana Masi, che avrebbe compiuto diciannove anni il successivo 6 agosto.
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12 maggio 1977: Giorgiana Masi e le reticenze di Francesco Cossiga

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Giorgiana MasiIeri, 12 maggio, era l’anniversario dell’omicidio di Giorgiana Masi, assassinata a Roma nel 1977 durante una manifestazione in cui si sono applicati i “metodi” dell’allora ministro dell’Interno. Gli stessi che, due mesi prima, aveva applicato anche a Bologna, quando morì Francesco Lorusso. In Piccone di Stato. Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica (Nutrimenti) si è parlato di quei fatti e di come (non) volle raccontarli colui che al tempo occupava lo scranno più alto del Viminale. I virgolettati (se non diversamente specificato) sono tutti di Cossiga e si riferiscono alle dichiarazioni che nel corso del tempo rilasciò sull’argomento

Chi ha ucciso Giorgiana Masi? Ebbe modo di affermare Francesco Cossiga:

Ecco, io quello credo che non lo dirò mai [nemmeno] se mi dovessero chiamare davanti all’autorità giudiziaria, perché sarebbe una cosa molto dolorosa.

Si chiedeva in proposito Milena Gabanelli:

Poiché sarebbe doloroso dire chi ha ucciso Giorgiana Masi, l’uomo che più ha invocato la pacificazione nazionale, Cossiga, dice non parlerò neanche davanti alla magistratura. Deduciamo che la morte di una ragazzina innocente non sia stato un incidente, ma ben altro. Forse un ordine per imporre poi le leggi speciali?

E rispose Cossiga:

Eravamo in sei a conoscere la verità, siamo rimasti in cinque perché uno è morto. L’ex capo della polizia [Fernando] Masone venne da me un giorno e mi disse: quando potremo dire la verità stapperemo lo champagne. L’onorevole [Paolo] Cento insisteva per saperla, la verità. L’ho accontentato, da allora non ne ho più parlato.

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“Piccone di Stato”: Francesco Cossiga, una doppia natura in contraddizione con se stessa

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Piccone di StatoEsce il prossimo 16 novembre Piccone di Stato – Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica (collana Igloo, Nutrimenti Editore) ed ecco dunque di seguito le righe che introducono la narrazione.

Doveva succedere. Perché è sempre così che accade, dopo. Dopo il cordoglio, dopo la tumulazione, dopo l’esaurimento dello spazio sulle prime pagine dei quotidiani. Doveva succedere che gli irriducibili, coloro che non dimenticavano gli anni bui della strategia della tensione, ricorressero alla rodata arte del tazebao e lo scrivessero sui muri che, per loro, Francesco Cossiga era stato e rimaneva il ‘Kossiga’ in versione nazistoide dei tempi di Francesco Lorusso e Giorgiana Masi. Così, in barba a qualsiasi buonismo post mortem – e anche all’imposta comunale sulle pubbliche affissioni – gli animatori di un centro sociale di Cremona erano stati denunciati per “vari reati, amministrativi come penali” dai lavoratori pensionati europei. Che ci pensasse l’autorità giudiziaria a trovare la punizione adatta e, se non lo avesse fatto, sarebbe stata a propria volta accusata di omissione d’atti d’ufficio.

Ma c’era anche chi, più celebrativo, non dimenticava nemmeno che il trofeo ‘Presidente della Repubblica di Vela Latina’, giunto a fine estate 2010 alla ventottesima edizione, venne assegnato per la prima volta nel 1982 sempre da lui, l’allora dimissionato presidente del Consiglio dei ministri, in panchina dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e il caso Donat Cattin e in attesa del soglio senatoriale, seguito a ruota da quello quirinalizio. E così, dunque, che non si perdesse tempo e alla cerimonia di premiazione si dedicasse al suo celebre padrino – il Francesco Cossiga compito e istituzionale – l’edizione corrente.

Due estremi, questi, per iniziare a raccontare un uomo e un politico di non facile decifrazione. Un personaggio che tra i suoi soprammobili teneva una cazzuolina d’argento a ribadire le mai celate simpatie massoniche. E che nella vita, se non avesse scelto la carriera nelle stanze dei bottoni, avrebbe voluto fare il direttore d’orchestra (“ma dopo tutto devo dire [che] tra fare musica a certi livelli e governare un paese, cosa che ho fatto, non c’è poi tutta questa gran differenza”). Oppure il gesuita, se non fosse stato per il padre Giuseppe, anticlericale, che lo richiamò in Sardegna nel periodo in cui il giovane Francesco studiava a Milano, all’Università cattolica del Sacro Cuore.
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Gli scatti di Tano D’Amico su un blog: immagini di storia italiana

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Per Giorgiana Masi - Foto di Tano D'Amico

Tano D’Amico viene raccontato brevemente qui, se ci fosse bisogno di informazioni su di lui. E sempre se ci fosse bisogno di un link in più, ha anche aperto un proprio blog dove pubblica le foto che ha scattato nel corso della sua carriera accompagnandole talvolta con un suo commento ai fatti che ha cristallizzato scattando. A oggi, da Giorgiana Masi al popolo di Chiaiano. Da sfogliare a colpi di mouse per ripercorrere un pezzo di storia italiana.

Giorgiana Masi: 32 anni di memoria senza giustizia

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Accadeva esattamente 32 anni fa, durante una manifestazione per il terzo anniversario della vittoria del no al referendum sul divorzio. La manifestazione era stata indetta malgrado il divieto romano imposto dopo i fatti del precedente il 21 aprile, quando in scontri di piazza era rimasto uccido l’agente Settimio Passamonti.

Il 12 maggio successivo a rimanere sull’asfalto a causa di un colpo d’arma da fuoco fu Giorgiana Masi e c’è chi, anche a molti anni di distanza, ha continuato a buttare fumo con il risultato che non si sa chi sparò. Alessandro Gilioli la chiama memoria senza giustizia, segnalando la manifestazione radicale che si è svolta questa mattina a Ponte Garibaldi, nella capitale. Per capire cosa accadde ancora oggi il libro bianco Cronaca di una strage rimane una delle poche voci che quel fumo tenta di diradarlo. Sul sito di Radio Radicale il video della manifestazione commemorativa di questa mattina.