La strage di Ustica e l’incidente di Ramstein del 1988. Si indaghi sui punti di contatto, lo chiedono i familiari

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La voce delle voci - Marzo 2012Gli ultimi mesi hanno hanno portato con sé novità di non scarso rilievo per la strage di Ustica del 27 giugno 1980. Prima fra tutte la sentenza pronunciata in settembre dalla terza sezione civile del tribunale di Palermo che accorda ai familiari delle vittime un maxi risarcimento – 100 milioni di euro, più interessi e oneri accessori – a causa delle “omissioni e negligenze” dei ministeri dei Trasporti e della Difesa nell’accertamento dei fatti.

Se la parola sul procedimento civile rimane aperta (a febbraio è partito l’appello dopo il ricorso dello Stato), nelle scorse settimane si è delineato un ulteriore fronte: quello che richiama un causa una sciagura aerea di qualche anno dopo. È quella della pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori avvenuta in Germania, a Ramstein, il 28 agosto 1988. Tra le 70 vittime (3 militari italiani e 67 civili a terra), ce ne sono due che la sera del 27 giugno 1980 stavano sorvolando i cieli del Mediterraneo alla guida di un biposto, un TF104G. A un certo punto diramarono un allarme, un “codice 73”, per segnalare qualcosa di anomalo che però – data la tipologia dell’allarme – non riguardava il loro mezzo.
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Cermis, storia di una sciagurata ingiustizia a stelle e strisce. La ricostruzione di Claudio Messora su “Cado in piedi”

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Ieri gli aggiornamenti sulla vicenda di Ustica del 27 giugno 1980 (si vedano gli articoli sull’inchiesta difensiva legata al disastro di Ramstein del 1988 e sulle altre morti sospette intrecciate alla sorte del Dc9 Itavia). Domani invece, sempre in tema di voli, è l’anniversario numero 14 della strage del Cermis avvenuta il 3 febbraio 1998, il giorno in cui per una coincidenza “bizzarra” la Cassazione pronunciava sentenza definitiva sull’aereo militare caduto sull’istituto tecnico-commerciale Salvemini di Casalecchio di Reno il 6 dicembre 1990. A proposito del Cermis, Claudio Messora ne scrive sul blog Cado in piedi commentando, tra le altre nefandezze, la storia della videocassetta bruciata. Storia ricostruita nel video di cui sopra.

“Riot’s not dead”: su Libération un articolo che ricostruisce la storia delle rivolte raccontate in musica

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The Clash - Joe Strummer, Mick Jones et Paul Simonon. 1978, AFP

Su Libération viene pubblicato un bell’articolo di Philippe Brochen intitolato Les «riot songs» ou la contestation en chansons. Musica e contestazione, dunque, sulla scia di quanto avviene al di là della Manica, per andare a ricostruire una storia che passa attraverso alcuni eventi e le loro rappresentazioni in chiave rock o punk.

Tra quelli citati, i Clash e la loro White Riot (correva l’anno 1977) o le “riot girl”, espressione con cui si comprendevano negli anni Settanta The Runaways, The Slits, Patti Smith e in seguito anche Siouxie Sioux e Nina Hagen. E ancora Sonic Youth con Teen Age Riot (1988) per arrivare a tempi più recenti (2006) con gli Artic Monkeys e la loro Riot Van.

Questi sono solo alcuni dei musicisti che hanno dato voce alle rivolte e che sono entrati nell’articolo di Libération. Perché, come conclude Brochen nel suo pezzo, “riot’s not dead”.