Delitto senza castigo: Savoia, lo sparo in Corsica e le ammissioni in carcere a Potenza

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Per l’omicidio di Dirk Hamer, Vittorio Emanuele di Savoia se l’era cavata. Ma i fatti non starebbero esattamente come ricostruito nel tribunale francese. Emerge da un’intercettazione di cui si parlò già nel 2006 e che ora è anche un video disponibile in rete. La vicenda viene ricostruita più diffusamente nel libro Delitto senza castigo (Aliberti, 2011. Qui la pagina Facebook sul volume) scritto da Birgit Hamer, sorella della vittima.

“Power of Decision”: video degli anni Cinquanta racconta la potenziale guerra nucleare

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Questo video è stato annunciato qualche giorno fa ed è parte di un filmato originale più ampio (in tutto dura dodici minuti contro i quattro del filmato disponibile su Youtube) dato dal National Security Archive alla George Washington University. Si intitola Power of Decision (a questo link è disponibile la versione full del video) e dimostra con documenti originali risalenti agli anni Cinquanta quanto fosse concretezza della derivazione nucleare della guerra fredda. Lo fa mostrando anche quelli che sarebbero stati i passaggi di comando ed operativi da adottare in un caso del genere.

(Via Neatorama)

“Non voglio il silenzio”: il romanzo delle stragi firmato da Patrick Fogli e Ferruccio Pinotti

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Non voglio il silenzio di Patrick Fogli e Ferruccio PinottiPatrick Fogli e Ferruccio Pinotti firmano il libro Non voglio il silenzio, in uscita oggi per Piemme:

Solara. Basta quel nome. Un nome che lo riporta al pomeriggio in cui sua moglie muore in un incidente stradale, lasciandolo solo a crescere Giulia. E ancora più indietro, all’estate in cui una bomba fa esplodere in una strada di Palermo la vita di un magistrato. Solo un episodio di una lunga stagione di stragi che, ancora una volta, getta l’Italia nel terrore. La verità di quei giorni è sepolta sotto un cumulo di macerie che in troppi hanno interesse a non rimuovere.

Forse, l’uomo avrebbe dovuto lasciar perdere, il giorno in cui ha sentito quel nome. Fingere di non sapere che l’inchiesta su cui si erano inutilmente accaniti suo padre e sua moglie, entrambi giornalisti, aveva lasciato nervi scoperti. Perché in un Paese che si regge sui silenzi e le menzogne, la verità può diventare inafferrabile.

Accanto al libro è stato creato anche il sito omonimo e uno dei trailer era stato pubblicato qualche giorno fa da queste parti. A Bologna, di questo romanzo, si parlerà il prossimo 9 marzo. Intanto qui è disponibile un estratto in pdf.

Piovono Pietre: William Gambetta racconta la storia di Democrazia Proletaria e del “lungo Sessantotto”

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Democrazia proletaria di William GambettaQualche tempo fa il blog Piovono pietre ha intervistato William Gambetta a proposito del libro Democrazia proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi (Edizioni Punto Rosso, 2011). Nell’intervista l’autore spiega:

Non si tratta di una ricerca sull’intera storia di Democrazia proletaria che, pur affondando le sue radici negli anni Settanta, nei tumultuosi conflitti sociali e politici del decennio successivo al Sessantotto, si sviluppa compiutamente negli anni Ottanta, nella fase del riflusso dei movimenti, del ritorno al privato e del disimpegno politico, delle ristrutturazioni produttive e della restaurazione del dominio padronale in fabbrica e nelle relazioni sociali. Ciò che a me interessava era analizzare un’intensa stagione di lotte – il “lungo Sessantotto” appunto – e l’emergere, in quell’antagonismo sociale, di nuove organizzazioni politiche che tentano di intercettare e rappresentare le istanze di cambiamento rivoluzionario di ampi settori della società, soprattutto giovanili, ma non solo. Un tentativo, questo, complesso e soprattutto frammentato, perché frammentato è il decennio successivo al 1968.

Si pensi, per esempio, alla differenza tra le elezioni del 1972 e quelle del 1979. Le prime collocate nella fase “alta” del protagonismo dei movimenti, da quello operaio a quello studentesco, dove i gruppi dell’estrema sinistra sono ancora in formazione, in una fase fluida e magmatica, impegnati a respingere la “strategia della tensione”, fatta di bombe anonime, aggressioni neofasciste e cariche della polizia. Le seconde, invece, quelle del 1979, si tengono al termine di quel ciclo, dopo l’esperienza dei tre governi Andreotti, nei quali era coinvolto anche il PCI berligueriano, nel pieno dell’escalation delle azioni armate delle Brigate rosse e della repressione dello Stato, in un momento in cui i partiti della nuova sinistra hanno già subito una profonda crisi e tentano faticosamente di difendere un proprio spazio d’iniziativa politica.

O si pensi, per fare un ultimo esempio, alle elezioni del 1976, quando il cartello unitario di Dp (che raccoglie tutte le principali organizzazioni della sinistra rivoluzionaria) ha grandi aspettative tanto sul piano direttamente elettorale quanto su quello politico-istituzionale, con la proposta di un “governo delle sinistre”, alternativo al “centro sinistra” ed espressione di vasti settori del mondo del lavoro e dei movimenti di protesta. Aspettative immediatamente deluse da uno scarso 1,5% ma soprattutto dalla misera concretizzazione del “compromesso storico” berlingueriano nei governi dell’astensione dei tre anni successivi.

Continua qui.

Peacereporter: come in Colombia i paramilitari non si sono mai estinti

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Peacerporter racconta, dalla Colombia, dell’emergenza di un paramilitarismo mai morto.

Emergenza di un paramilitarismo mai morto

E aggiunge:

Avendo curato la documentazione ufficiale più recente su queste bande, Villarraga può affermare come il ritorno alle armi di molti ex Auc (Autodensas unidas de Colombia) non significhi altro che il ritorno del paramilitarismo, un problema che il governo Santos dovrà sapere affrontare, iniziando a riconoscere il fenomeno reale perché siamo di fronte a ben altro che a semplici gruppi di delinquenti. “Si parla di almeno seimila effettivi legati o più o meno sei strutture principali – spiega -. Ma è una situazione in pieno divenire. Questi gruppi sono particolari proprio perché si trasformano, si fondono e si sostituiscono con grande facilità. E i leader, i capi, coloro che reclutano sono tutti ex Auc, coloro che assicurano continuità a forme di dominio territoriale armato vecchio di anni. Ecco perché la situazione è preoccupante”.

Caso Toni-De Palo: niente rimozione del segreto di Stato, rimarrà fino al 2014

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Italo Toni e Graziella De PaloMalgrado i problemi che il governo ha da diversi mesi a questa parte, ha trovato il tempo per un provvedimento che non c’entra nulla con le tempeste giudiziarie del presidente del consiglio del ministri. Il quale deve aver ritenuto ad alta priorità la proroga fino a scadenza naturale (nel 2014) del segreto di Stato sulla vicenda di Graziella De Palo e Italo Toni, i due giornalisti italiani scomparsi da Beirut il 2 settembre 1980.

Già pochi giorni fa Emilio Fabio Torsello tornava a sottolineare su Diritto di cronaca che il governo dimentica il caso Toni-De Palo. E se ne dimentica al punto che la decisione di non rimuovere il segreto di Stato ancora per tre anni è stata presa il 27 dicembre 2010. Nessuno però ha avvisato fino a ieri i familiari, che adesso rischiano di essere scippati anche degli impegni in precedenza presi: la ricerca dei corpi affidata all’Aisi, l’inserimento dei due giornalisti tra le vittime del terrorismo e l’autorizzazione alla divulgazione e alla copia dei pochi documenti declassificati lo scorso anno (ma solo leggibili).

Da queste parti, sono stati scritti altri testi per raccontare questa storia:

Kriminal Bank: storia di un istituto tentacolare giunto anche in Italia

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La voce delle vociUn asettico annuncio: «Data ultima per richieste di risarcimento: 31 marzo 2010». E da allora più nessun aggiornamento sul sito della Bank of Credit and Commerce International (Bcci), posta in liquidazione dopo i blitz che tra il 1991 e il 1992 vennero condotti, sulla scia di quanto già accaduto negli Stati Uniti, in diversi Paesi europei e che portarono alla chiusura di numerose filiali sparse nel Vecchio Continente.

Per quanto poco conosciuta, la storia di questa banca (bollata dai media come “Kriminal Bank”) è interessante perché tocca, spaziando per mezzo mondo, alcuni dei principali business criminali. E finisce per comprendere anche l’Italia, dove venne tentata la scalata alla Montedison. Fu fondata dal banchiere originario del sub-continente indiano Agha Hassan Abedi: era il 1971 e gli accordi definitivi vennero presi in un hotel di Beirut. Da allora l’ascesa fu vertiginosa: sedi che vengono inaugurate un po’ ovunque per arrivare a una presenza in una settantina di nazioni, 417 filiali (molte delle quali in Gran Bretagna), un milione e trecentomila clienti, oltre a un attivo di quasi 21 miliardi di dollari. Nel frattempo, in un’ottica di “ottimizzazione” delle attività, si diede vita a una serie di controllate distribuite tra il Lussemburgo, Dubai e le Cayman mentre i manager venivano “gratificati” con costosissime convention scandite dalla presenza di decine di ragazze non tutte maggiorenni. Inoltre l’estrema disinvoltura nella scelta dei partner in affari fu un fattore determinante per l’espansione della banca d’ispirazione islamica.

Tra questi, Pablo Escobar, il colombiano a capo di uno dei più potenti cartelli della droga, e il generale panamense Manuel Noriega. Ma Abedi, diventato celebre per una serie di attività filantropiche (sostegno alla minoranza linguistica urdu in Europa e alle relative attività letterarie, creazione di facoltà tecnologiche e scientifiche in Medio Oriente – soprattutto in Pakistan – quando non di intere università, mecenatismo nei settori più vari che vanno dall’arte allo sport), coltivò però contatti ben più particolari.
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Licio Gelli: ecco come ci dividevamo gli apparati. Qualche altra dichiarazione dal signor P2

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Dopo aver preso la parola a fine gennaio, Licio Gelli torna a raccontare la “sua” versione e lo anticipa l’Ansa scrivendo di un’intervista più ampia in uscita domani. Ecco di seguito quanto si può leggere.

“Giulio Andreotti sarebbe stato il vero “padrone” della loggia P2? Per carità… Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello”. L’Anello? “Sì, ma ne parleremo la prossima volta”. Con poche parole l’ex venerabile Gelli conferma per la prima volta che il senatore Andreotti sarebbe stato il referente di un’organizzazione quasi sconosciuta, un sorta di servizio segreto parallelo e clandestino, un possibile anello di congiunzione tra i servizi segreti (usati in funzione anticomunista) e la società civile.

Il settimanale Oggi, che pubblica l’intervista a Gelli nel numero in edicola domani, ha chiesto un commento ad Andreotti, che con queste parole ha fatto sapere di non voler commentare. Gelli dice: “Se avessi vent’anni di meno, mobiliterei il popolo, bloccherei ferrovie e autostrade per protestare contro l’ingerenza dell’Europa. Per bloccare chi vieta di esporre il crocifisso negli edifici pubblici”.

Sulla P2, Licio Gelli tra l’altro dice: “La rifarei. Anche se tanto del mio Piano di rinascita è stato realizzato. Mi sarebbero bastati altri quattro mesi. Solo quattro. E avrei cambiato il sistema politico senza colpo ferire”. L’ex venerabile dà un giudizio negativo su Berlusconi: “La sua politica non mi piace. Si è dimostrato un debole, ha paura della minoranza e non fa valere il potere che il popolo gli ha dato. Oggi il Paese è in una fase di stallo. Molto pericolosa. Berlusconi è stato troppo goliardico, avrebbe dovuto dedicare più tempo ad altri incontri, ad altre cene”. Lapidario il giudizio su Gianfranco Fini: “È un uomo senza carattere”.
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Documentario franco-tedesco racconta l’anomalia del Caimano e della sua storia

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Lettera43, il quotidiano online diretto da Paolo Madron, pubblica la storia del Caimano alla tedesca, raccontando del documentario franco-tedesco Die Akte Berlusconi, prodotto da Arte.tv e Zdf e realizzato da Maria Rosa Bobbi e Michael Busse. Se il video può essere visto in versione integrale qui (per buona parte in tedesco), l’articolo anticipa che:

«Il tycoon di Mediaset vuole davvero plasmare l’Italia a immagine e somiglianza del piano di “rinascita democratica” della loggia di Licio Gelli Propaganda Due?» L’ipotesi è stata portata avanti per tutti i 52 minuti della pellicola […] che i documentaristi hanno girato, partendo dal presupposto di perseguire una tesi predefinita, sulla base della mole del materiale raccolto. Così, minuto dopo minuto, nel lavoro di Bobbi e Busse, “premiata coppia” che in 30 anni […] ha confezionato 50 documentari su commissione, ha preso corpo un parallelo tra l’Italia odierna del governo Berlusconi e quella disegnata, negli anni ’70, dagli uomini di Gelli, fino a quando, nel 1981, con la pubblicazione delle liste, non esplose lo scandalo P2 […]. Dagli indizi che vogliono la sua carriera di imprenditore costruita grazie ai soldi e alla protezione della mafia all’incontrastato potere di manipolazione dell’opinione pubblica raggiunto con le sue tivù, com’è possibile, si sono chiesti i due filmmaker nella versione franco-tedesca del Caimano, che Berlusconi, nonostante le ripetute violazioni, finora l’abbia sempre fatta franca, superando indenne ben oltre 20 procedimenti giudiziari?

L’articolo merita di essere letto per esteso. Tra gli intervistati nel documentario, invece, il senatore Sergio Flamigni, i magistrati Gherardo Colombo e Mario Ristuccia, il colonnello della guardia di finanza Guido Mario Geremia, don Antonio Gallo, il giornalista Raffaele Fiengo, l’imprenditore Francesco Di Stefano (l’editore di Europa 7, inciampata nel cosiddetto lodo Rete4), il politico Leoluca Orlando, l’architetto del premier Mario Catalano e lo stesso pluricitato nel video Licio Gelli (tornato a parlare poche settimane fa). C’è margine per sperare che una tivù italiana ne acquisti i diritti e lo trasmetta anche nel Belpaese?