“Les affiches de Mai 68, ou, L’imagination graphique”: da una pubblicazione del 1982 le creazioni degli studenti francesi

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Les affiches de Mai 68, ou, L’imagination graphique (1982):

A catalogue of seventy posters from May 1968 made by art and non-art students from across France using stencil, lithography, linoleum and offset printing. Collected for an exhibition held in the Salle Mortreuil of the Bibliothèque nationale, February-March 1982.

Qui si può scaricare il pdf e qui, invece, vedere i contenuti della pubblicazione online.

(Via aspera mundi)

In un libro “scomparso” la controinchiesta voluta dalla famiglia Kennedy sul delitto di Jfk

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Il complottoCon la prefazione di Stefania Limiti e la postfazione di Paolo Cucchiarelli, uscirà a gennaio per i tipi di Nutrimenti il libro Il complotto – La controinchiesta segreta dei Kennedy sull’omicidio di JFK, scritto da James Hepburn. Pubblicato la prima volta in lingua originale nel 1968, rientra nella categoria dei testi che con il tempo sono scomparsi. Infatti:

[Si tratta di] una storia eclatante e avvincente anche in virtù della travagliata vicenda di questo libro, ampiamente ricostruita nell’introduzione e confermata da un’intervista a William Turner, ex agente dell’Fbi tra i collaboratori del giudice Jim Garrison, che ha combattuto per portare alla sbarra alcuni tra i responsabili della cospirazione (come ha narrato il regista Oliver Stone).

Il libro, pubblicato […] con il titolo “Farewell America” e firmato da uno sconosciuto James Hepburn, [è] la sintesi della controinchiesta voluta dalla famiglia Kennedy sull’assassinio di JFK e finita sulla scrivania del giudice Garrison, come contributo alle sue indagini. Se Bob Kennedy non fosse stato ammazzato il 5 giugno del 1968, sarebbe diventato di lì a pochi mesi presidente e avrebbe varcato la soglia della Casa Bianca portando nella sua valigia il dossier con la verità sulla morte del fratello. Il complotto ripropone il libro ma soprattutto ricostruisce un’incredibile vicenda: all’ombra delle autorità ufficiali, la famiglia Kennedy chiese aiuto a servizi segreti di altri paesi per cercare la verità. L’inchiesta che ne è nata porta la firma del generale De Gaulle e dei servizi sovietici, due mondi interessati a far emergere la verità sul 23 novembre 1963.

Nel 1968 una sconosciuta casa editrice torinese su richiesta di un misterioso committente pubblicò poche copie del libro con il titolo “L’America brucia”: il giornalista dell’Unità Saverio Tutino lo notò e cerco di capirne di più, arrivando a ipotizzare che la pubblicazione fosse avvenuta su impulso diretto di Gianni Agnelli, molto legato ai Kennedy. Oggi è possibile finalmente ricostruire questa incredibile vicenda.

Così nacque l’Isola delle rose: un piccolo Stato offshore al largo di Rimini

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Isola delle RoseChissà in quanti se la ricordano la storia dell’Isola delle Rose, vicenda che si assesta ai confini della realtà – come recita il sottotitolo della rassegna documentaristica che la ospita – quanto basta da essere stata inserita in “Estate doc”, ciclo di documentari calato in quel di Carpi, provincia di Modena. A riproporla domani, 28 luglio (presso il “Coccobello – Spazio Giovani Mac’è!” a partire dalle 21.30), è il lavoro di due registi – Stefano Bisulli e Roberto Naccari – che nel 2009 firmano “Insulo de la Rozoj. La libertà fa paura”. E la storia che raccontano potrebbe sembrare fantapolitica, per quanto sia tutto vero: nel 1968, in un’Italia che il 1 marzo era balzata a pie’ pari nella contestazione con gli scontri romani di Valle Giulia, c’è chi saluta la nazione e decide di farsene una propria.

Accade al largo delle coste di Rimini, a 11 chilometri e 500 metri dalla battigia per la precisione, abbastanza lontano da non avere fastidi da parte di qualche Stato sovrano di più lunga tradizione, in primis l’Italia. Sulla quale peserebbe, fa intendere il protagonista di questa storia, la “poco lusinghiera” non belligeranza a fianco del fronte antinazista. Perché l’ingegnere Giorgio Rosa, il suddetto protagonista, classe 1925 e un arruolamento nella Repubblica Sociale Italiana dopo l’armistizio di Cassibile e la nascita della Repubblica di Salò il 23 settembre 1943, culla il sogno di abbandonare il tricolore.
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Piovono Pietre: William Gambetta racconta la storia di Democrazia Proletaria e del “lungo Sessantotto”

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Democrazia proletaria di William GambettaQualche tempo fa il blog Piovono pietre ha intervistato William Gambetta a proposito del libro Democrazia proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi (Edizioni Punto Rosso, 2011). Nell’intervista l’autore spiega:

Non si tratta di una ricerca sull’intera storia di Democrazia proletaria che, pur affondando le sue radici negli anni Settanta, nei tumultuosi conflitti sociali e politici del decennio successivo al Sessantotto, si sviluppa compiutamente negli anni Ottanta, nella fase del riflusso dei movimenti, del ritorno al privato e del disimpegno politico, delle ristrutturazioni produttive e della restaurazione del dominio padronale in fabbrica e nelle relazioni sociali. Ciò che a me interessava era analizzare un’intensa stagione di lotte – il “lungo Sessantotto” appunto – e l’emergere, in quell’antagonismo sociale, di nuove organizzazioni politiche che tentano di intercettare e rappresentare le istanze di cambiamento rivoluzionario di ampi settori della società, soprattutto giovanili, ma non solo. Un tentativo, questo, complesso e soprattutto frammentato, perché frammentato è il decennio successivo al 1968.

Si pensi, per esempio, alla differenza tra le elezioni del 1972 e quelle del 1979. Le prime collocate nella fase “alta” del protagonismo dei movimenti, da quello operaio a quello studentesco, dove i gruppi dell’estrema sinistra sono ancora in formazione, in una fase fluida e magmatica, impegnati a respingere la “strategia della tensione”, fatta di bombe anonime, aggressioni neofasciste e cariche della polizia. Le seconde, invece, quelle del 1979, si tengono al termine di quel ciclo, dopo l’esperienza dei tre governi Andreotti, nei quali era coinvolto anche il PCI berligueriano, nel pieno dell’escalation delle azioni armate delle Brigate rosse e della repressione dello Stato, in un momento in cui i partiti della nuova sinistra hanno già subito una profonda crisi e tentano faticosamente di difendere un proprio spazio d’iniziativa politica.

O si pensi, per fare un ultimo esempio, alle elezioni del 1976, quando il cartello unitario di Dp (che raccoglie tutte le principali organizzazioni della sinistra rivoluzionaria) ha grandi aspettative tanto sul piano direttamente elettorale quanto su quello politico-istituzionale, con la proposta di un “governo delle sinistre”, alternativo al “centro sinistra” ed espressione di vasti settori del mondo del lavoro e dei movimenti di protesta. Aspettative immediatamente deluse da uno scarso 1,5% ma soprattutto dalla misera concretizzazione del “compromesso storico” berlingueriano nei governi dell’astensione dei tre anni successivi.

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Pentiti di niente: il compagno Saronio, la vittima sacrificale e sacrificabile

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Carlo SaronioNel 1968 Carlo Saronio è ancora uno studente universitario, frequenta la facoltà di ingegneria e non rimane insensibile a ciò che avviene in Francia durante le rivolte studentesche. In quel periodo però si tiene lontano dal fervore che attraversa anche l’Italia e con un gruppo di amici preferisce dedicarsi ad attività filantropiche per le vie di Quarto Oggiaro. Punto di riferimento è la parrocchia e a coordinare i ragazzi c’è un sacerdote, don Giovanni Beltramini, che conosce personalmente Saronio e al quale è legato da un rapporto di amicizia.

Anche se l’esperienza del gruppo di volontariato non dura molto e non va oltre il 1969, Saronio continua a frequentare il parroco e il quartiere e in quel periodo visita per la prima volta l’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, entusiasmandosi per gli studi che qui vengono condotti. Così, pur non essendo ancora prossimo alla laurea, presenta una domanda e viene ammesso a un programma di ricerca sugli enzimi. Qui tornerà anche dopo aver terminato gli studi dedicando – ha detto chi lo ricorda – almeno quattordici ore al giorno al suo lavoro. Impegno e risultati finiranno per attirare su di lui l’attenzione dei superiori, tanto che a un certo punto gli verrà assegnata una borsa di studio: un anno di specializzazione a partire dall’autunno 1973 all’università di Philadelphia.

Ma in quegli anni c’è l’incontro, oltre che con la scienza, anche con la politica, con Potere Operaio e con Carlo Fioroni che frequentava Quarto Oggiaro per promuovere e coordinare la militanza nel quartiere. Chi ha conosciuto Carlo Saronio lo ha sempre descritto come un ragazzo timido e gentile. Dagli amici veniva chiamato il “salice piangente”, per via della curva delle spalle e della schiena e per un’ombra di tristezza che gli attraversava il volto anche quando sorrideva.
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