CampiFascisti.it: progetto creato per censire i luoghi di deportazione e internamento dall’Italia all’Africa passando per i Balcani

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Campi fascisti

Il progetto è supportato da realtà come Audiodoc, Museo della Shoah e Europe for citizen programme, oltre ad avere la collaborazione di Anna Pizzuti e del suo Ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico. Si chiama Campi fascisti e parte da questi presupposti:

Lo stato fascista italiano si è avvalso di diversi strumenti e luoghi per imprigionare, segregare e deportare popolazioni straniere, oppositori politici, ebrei, omosessuali e rom. Dai campi di concentramento per i civili sloveni e croati, a quelli dove furono deportati migliaia di eritrei, etiopi e libici, dalle località di internamento per ebrei stranieri, fino ai luoghi di confino per oppositori politici.

Al momento molti dei materiali derivano da quanto raccolto per l’indagine I campi fascisti: dalle guerre in Africa alla Repubblica di Salò, conclusa lo scorso novembre. E se il lavoro si annuncia come un continuo work in progress rivolto a studiosi, centri di ricerca e università, sta sempre più assumendo le sembinze di un centro di documentazione on line per intanto suddiviso nelle sezioni campi di concentramento, campi di lavoro coatto, campi di transito, località di confino, località di internamento, località di soggiorno obbligatorio, carceri, campi per prigionieri di guerra, distaccamenti di lavoro e campi provinciali della Repubblica sociale italiana.

(Via Blog del master di comunicazione storica)

Alla vigilia del 25 aprile scrive Franco Bifani: “Allargare l’orizzonte della lotta per la libertà e la democrazia a tutta l’Europa”

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25 aprile - Immagine di Giulio Mellana

Alla vigilia della Festa della Liberazione, Franco Bifani, conosciuto nel periodo della collaborazione con Domani di Arcoiris Tv, mi invia qualche riflessione che viene riportata in parte sotto. Ecco di seguito ciò che scrive Franco:

Credo che, pur circoscrivendo la Resistenza […] al periodo ’43-’45, non bisognerebbe dimenticare di includervi tutti coloro che furono bastonati o ammazzati dai fascisti fin dal ’19; così come tutti quei militari che morirono a Cefalonia e Corfù, ma non solo, e che seppero dire di no alla richiesta di entrare a far parte dell’esercito della Repubblica sociale italiana, dopo l’8 settembre, pur sapendo a quale tragico destino andavano incontro. Purtroppo […], oggi si leggono dichiarazioni, di stampo neonazifascista da parte di giovani che inneggiano e anelano a un ritorno di certe forme di dittatura e che, spesso ne rinverdiscono i precetti xenofobi, razzisti, specisti e omofobi, tinti di un fosco maschilismo machista e plebeo.
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Così nacque l’Isola delle rose: un piccolo Stato offshore al largo di Rimini

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Isola delle RoseChissà in quanti se la ricordano la storia dell’Isola delle Rose, vicenda che si assesta ai confini della realtà – come recita il sottotitolo della rassegna documentaristica che la ospita – quanto basta da essere stata inserita in “Estate doc”, ciclo di documentari calato in quel di Carpi, provincia di Modena. A riproporla domani, 28 luglio (presso il “Coccobello – Spazio Giovani Mac’è!” a partire dalle 21.30), è il lavoro di due registi – Stefano Bisulli e Roberto Naccari – che nel 2009 firmano “Insulo de la Rozoj. La libertà fa paura”. E la storia che raccontano potrebbe sembrare fantapolitica, per quanto sia tutto vero: nel 1968, in un’Italia che il 1 marzo era balzata a pie’ pari nella contestazione con gli scontri romani di Valle Giulia, c’è chi saluta la nazione e decide di farsene una propria.

Accade al largo delle coste di Rimini, a 11 chilometri e 500 metri dalla battigia per la precisione, abbastanza lontano da non avere fastidi da parte di qualche Stato sovrano di più lunga tradizione, in primis l’Italia. Sulla quale peserebbe, fa intendere il protagonista di questa storia, la “poco lusinghiera” non belligeranza a fianco del fronte antinazista. Perché l’ingegnere Giorgio Rosa, il suddetto protagonista, classe 1925 e un arruolamento nella Repubblica Sociale Italiana dopo l’armistizio di Cassibile e la nascita della Repubblica di Salò il 23 settembre 1943, culla il sogno di abbandonare il tricolore.
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