Paolo Bolognesi su “Domani”: «Altre indagini per cercare la verità. Questo potrebbe essere il momento giusto»

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Domani di Maurizio ChiericiAll’inizio Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della bomba che il 2 agosto 1980 esplose alla stazione del capoluogo emiliano, avrebbe voluto che non ci fosse alcun clamore sull’istanza presentata alla procura per chiedere nuove indagini sui mandati dell’attentato. Preferiva che i magistrati avessero modo di valutare con tranquillità la fondatezza della richiesta e di rispondere con altrettanta tranquillità che i familiari si sbagliavano, se lo avessero pensato. Così il 13 gennaio 2011 l’associazione aveva deciso di mantenere il riserbo sulla sua azione, che a poco meno di due mesi di distanza così campata per aria non sembra essere.

Perché presentare adesso l’istanza per chiedere un’indagine sui mandanti? È cambiato qualcosa rispetto al passato?

«Certo. Sono diventati noti a tutti i documenti relativi soprattutto al processo per la strage di Brescia, processo concluso alla fine del 2010. Una serie di testimonianze e di documenti hanno dimostrato che certe figure, ritenute marginali nell’inchiesta su Bologna, assumevano un ruolo più centrale. Si era già visto con gli atti del processo per la strage di piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969, e ora con quello di piazza della Loggia. La nostra richiesta, dunque, non è tanto di dire “adesso troviamo i mandanti”, ma chiediamo che una serie di documenti vengano presi in considerazione dall’indagine in corso».
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Strage alla stazione di Bologna: un’istanza perché si indaghi alla ricerca dei mandanti

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Bologna, 2 agosto 1980Il giornalista Gianluca Rotondi firma un articolo, pubblicato oggi sul Corriere di Bologna, che si intitola I familiari: riaprire le indagini. Istanza ai magistrati. L’ottica è quella di andare alla ricerca dei mandanti della strage del 2 agosto 1980 che fece 85 vittime e oltre duecento feriti. Mandanti che a tutt’oggi non sono ancora stati individuati. Ecco uno stralcio del pezzo:

L’istanza dei familiari – Una ventina di membri del consiglio direttivo ha presentato in Procura, attraverso l’avvocato Giuseppe Giampaolo, un’istanza di nuove indagini. Si tratta di una rivisitazione giudiziaria che, alla luce delle carte del processo di Brescia sulla strage di piazza della Loggia [], chiede ai pm di scrivere il capitolo ancora mancante sulla strage, quello sui mandanti del più grave attentato contro civili del dopoguerra.

Inchiesta bis – L’istanza è confluita per ora nell’inchiesta bis nata dalle conclusioni della commissione Mitrokhin. L’indagine (contro ignoti) sulla pista palestinese è arrivata alla battute finali e, salvo colpi di scena, pare destinata all’archiviazione: terminata la traduzione delle carte di Berlino, il procuratore capo Roberto Alfonso e il pm Enrico Cieri potrebbero interrogare Ilich Ramirez Sanchez, noto come Carlos lo Sciacallo, il terrorista venezuelano che ha attribuito la strage a Cia e Mossad e che ha chiesto di essere riascoltato.

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Fiumicino 17 dicembre 1973: la ricerca delle testimonianze per rispondere agli interrogativi inevasi

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Fiumicino 17 dicembre 1973 di Salvatore Lordi e Annalisa GiuseppettiLe testimonianze dirette come strumento per cercare di rispondere a interrogativi rimasti inevasi. È la tecnica adottata dai giornalisti Salvatore Lordi e Annalisa Giuseppetti per scrivere il libro Fiumicino 17 dicembre 1973 – La strage di Settembre Nero, uscito lo scorso novembre per i tipi di Rubbettino. Partiamo dai fatti: erano le 12.50 di quel giorno di fine ’73 quando un gruppo dell’organizzazione creata da alcuni fedayn palestinesi lanciò due bombe al fosforo contro un aereo della PanAm, in sosta a Roma. Furono trentadue le vittime e diciassette i feriti e non finì qui perché di seguito venne dirottato un veivolo della Lufthansa e i conti vennero resi solo il giorno successivo, a Kuwait City.

Dopo la prefazione scritta da Sandro Provvisionato, una premessa curata da Daniela Stanco, un’introduzione e una serie di capitoli che contestualizzano storicamente gli eventi di quei giorni, la seconda parte inizia le interviste. Il primo a parlare è il giudice Rosario Priore che della strage di Fiumicino si occupò e che torna a parlare dei rapporti tra fedayn e Brigate Rosse. Su cui dice: «[L’appoggio delle Br] non è accertato, ma possiamo ritenere che sia probabile. […] È difficile che questi signori abbiano potuto attraversare il valico di frontiera […] con le armi addosso; l’appoggio doveva essere qui in Italia». E poi la parola passa al superstite Luigi Peco, a Mario Berardinelli, ai tempi trentunenne capitano della guardia di finanza in servizio a Fiumicino, a Nello Ceccarelli, vicebrigadiere sempre delle Fiamme Gialle, e all’ex vigile del fuoco Giuseppe Denaro (che commenta: «Secondo me le bombe non sono state lanciate all’interno, ma qualcuno le ha messe precedentemente»). Quindi ci sono le parole di altri – loro malgrado – protagonisti e/o testimoni di quei fatti.
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Le rivolte dell’Egitto e le mancate previsioni dell’intelligence: il caso Cia e Mossad

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Aldo Giannuli pubblica sul suo blog un testo James Petras sulla questione Egitto: i movimenti sociali, la Cia e il Mossad che dice tra l’altro, nel paragrafo dedicato alla “ribellione del popolo”:

La rivolta araba dimostra, ancora una volta, le varie falle strategiche in istituzioni come i servizi segreti, le forze speciali e le intelligence degli Stati Uniti, così come nell’apparato israeliano, nessuno dei quali è stato capace di prevedere, non diciamo di intervenire, per evitare la vincente mobilitazione e influire nella politica dei governi e governanti che erano in pericolo.

L’immagine che proiettavano la maggior parte di scrittori, accademici e giornalisti dell’imbattibilità del Mossad israeliano e dell’onnipotente CIA è stata sottoposta a dura prova, con il suo fallimento nel riconoscere la portata, la profondità e l’intensità del movimento di milioni di persone che ha sconfitto la dittatura di Mubarak. Il Mossad, orgoglio e allegria dei produttori di Hollywood, presentato come un “modello di efficienza” dai suoi ben organizzati compagni sionisti, non è stato capace di intercettare il crescere di un movimento di massa in un paese vicino. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, si è mostrato sorpreso (e costernato) per la precaria situazione di Mubarak e il collasso dei suoi clienti arabi più vicini, proprio a causa di errori dell’intelligence del Mossad. Ugualmente, Washington, con i suoi 27 organismi di intelligence oltre al Pentagono, è stata colta di sorpresa dalle massicce rivolte popolari e dai movimenti emergenti, malgrado le sue centinaia di migliaia di agenti pagati migliaia di milioni di dollari.

Varie osservazioni teoriche si impongono. S’è dimostrato che l’idea di alcuni governanti forzatamente repressivi, che ricevono migliaia di milioni di dollari di aiuti militari dagli Stati Uniti e possono contare con all’incirca un milione di poliziotti, militari e paramilitari per garantire l’egemonia imperiale, non è infallibile. La supposizione che mantenere vincoli a larga scala e per lungo tempo con tali governanti dittatoriali salvaguardi gli interessi USA è stata smentita.
L’arroganza di Israele e la sua presunzione di superiorità in materia di organizzazione strategia e politica rispetto agli “arabi”, è stata seriamente danneggiata. Lo Stato d’Israele, i suoi esperti, gli agenti segreti e gli accademici delle migliori università statunitensi, rimangono ciechi di fronte alle realtà emergenti, ignoranti circa la profondità dello scontento e impotenti ad evitare l’opposizione di massa ai propri clienti più importanti. I propagandisti di Israele negli Stati Uniti, che non resistono a qualsivoglia opportunità per mettere in luce la “brillantezza” delle forze di sicurezza d’Israele, sia che si tratti di assassinare un leader arabo in Libano o a Dubai o che si tratti di bombardare un’istallazione militare in Siria, sono rimasti temporaneamente senza parole.

Il pezzo continua qui e la traduzione è stata curata da Marina Minicuci.

Anni Settanta: nuovi libri ne parlano e diventano anche una raccolta poetica

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1977 di Gianni D'EliaBen più che se si celebrasse un anniversario specifico, con l’inizio del 2011 stanno uscendo libri che tornano sugli anni Settanta. Dopo due uscite di cui si parlava qui e qui – il romanzo di Altri destini di Walter G. Pozzi (PaginaUno) e il saggio, con ottica più ampia rispetto a quel decennio in senso stretto, Democrazia proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi di William Gambetta (Edizioni Punto Rosso) – adesso è la volta di una raccolta poetica intitola 1977 di Gianni D’Elia (Sigismundus) con prefazione di Roberto Roversi:

d’autunno, d’inverno, di primavera, d’estate, sveglio e addormentato non accetto, odio tutto ciò tutto ciò che in noi ha inculcato il passato da schiavi tutto ciò che in uno sciame meschino s’è calato e depositato come vita quotidiana anche nella nostra schiera di bandiere rosse

io che avrei voluto essere senza io mi trovo costretto a lottare nello squallore piccolo borghese senza slanci di questa italietta dove la musica è bandita dove sghignazzano le bande d’ogni colore dove l’arte vera ch’è la vita sognata è una bestemmia

Peraltro va segnalato che Sigismundus debutta con questo libro e con un altro testo, La rimozione, di Davide Nota.

Loredana Lipperini: invecchiare da piccole, tra crescita anzitempo e terrore della vecchiaia

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Dei libri e delle tematiche di cui si occupa Loredana Lipperini si era già scritto, per le bambine, qui e per le donne più mature qui. Sempre in tema, nel post Invecchiare da piccole, scrive tra l’altro che:

E, a proposito di bambine, arriva la notizia dei cosmetici “anti-age” per scolarette delle elementari, già immortalate in gennaio su Vogue. A proposito di modelli unici. A proposito di terrore per la vecchiaia. A proposito.

Già, a proposito.

Agenzia Dire: una borsa di studio dell’ordine dei giornalisti in memoria di Simone Rochira

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Poco tempo un giovane giornalista è scomparso e a breve la sua memoria verrà ricordata nel modo migliore. Scrive a questo proposito l’Agenzia Dire:

Giornalismo, nasce la borsa di studio “Simone Rochira”. Mercoledì l’ordine ricorda il collega della Dire morto a 33 anni

(DIRE) Bologna, 26 feb. – L’idea era stata lanciata dal presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, Gerardo Bombonato, nelle ore immediatamente successive alla morte del nostro collega Simone Rochira, il 15 dicembre scorso, a 33 anni, per un male incurabile. Un’idea che mercoledì prossimo, 2 marzo, troverà compimento, permettendoci di ricordare Simone proiettando il mestiere che amava in un altro giovane appassionato com’era lui.

Alle 15, nella sede dell’Ordine a Bologna (Strada Maggiore 6) sarà assegnata la borsa di studio “Simone Rochira”. Il premio (6.000 euro, la retta di iscrizione annuale, deliberato dal consiglio dell’Ordine il 7 febbraio scorso) andrà al migliore studente della scuola di Giornalismo “Ilaria Alpi”, istituita da Ordine e Università. La stessa che il nostro Simone aveva frequentato con profitto prima di essere assunto alla “Dire” nel 2007.

Alla consegna del premio, oltre a Bombonato, al direttore della Scuola di Giornalismo, Angelo Varni e al direttore della “Dire”, Giuseppe Pace, parteciperanno i famigliari di Simone. L’invito è naturalmente esteso a tutti coloro che l’hanno conosciuto e apprezzato. Lunedì prossimo sarà reso noto il nome dello studente vincitore.