L’Europa ai tempi della crisi: il racconto a cavallo tra il 2011 e il 2012 con il libro di Global Voices Books

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EU in CrisisÈ un libro elettronico in più formati quello che innugura il progetto Books di Global Voices. Si intitola EU in Crisis e raccoglie tredici interventi (un’ottantina quelli online, scritti dalla primavera 2011 al luglio 2012 da altrettanti contributori). Come annuncia Global Voices Italia:

L’e-book è rilasciato sotto una licenza Creative Commons Attribution 3.0 ed è scaricabile in tre formati differenti:

Insieme ad un’originale introduzione che offre un’ampia panoramica sulla scenario in atto, questo e-book comprende [testi] che riguardano Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e altri paesi europei, colpiti dalla crisi delle banche e dell’Euro, attraverso lo sguardo dei media online partecipativi.

Questo e-book è stato pensato come un flessibile strumento per un’ulteriore diffusione e discussione riguardo questi problemi d’attualità.

Continua su Global Voices Books.

“The program”: in video il racconto dello spionaggio elettronico che la Nsa ha effettuato negli Usa dopo l’11 settembre 2001

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The program

The program, quello (top secret) che dopo l’11 settemre 2001 la National Security Agency ha attuato per rafforzare la sorveglianza elettronica all’interno degli Stati Uniti. Il documentario è filmato da Laura Poitras e il racconto è di William Binney, per 32 anni alla Nsa e una delle mente matematiche e tecnologiche che hanno contribuito a fare del “program” una realtà.

(Via New York Times)

Amnesty International: appello urgente per Lydia Cacho, la giornalista messicana che difende i diritti umani

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Lydia CachoLydia Cacho è la giornalista di Cancun, stato messicano del Quintana Roo, che torna a essere al centro di un appello urgente di Amnesty International:

Il 29 luglio Lydia Cacho stava lavorando in casa quando la sua ricetrasmittente portatile, usata solo per le emergenze, si è accesa da sola. Pensando che potesse essere un collega di lavoro, Lydia ha risposto e ha udito una voce maschile che la chiamava per nome dicendole: “Ti abbiamo già avvertito, puttana, non si scherza con noi. È chiaro che non hai imparato dal piccolo avvertimento che hai ricevuto. Quello che succederà è che ti faremo a pezzi, è così che ti manderemo a casa, idiota.” Lydia ha presentato una denuncia formale in merito a tale minaccia al Procuratore generale della Repubblica.

Lydia Cacho ha iniziato a subire minacce e intimidazioni dopo la pubblicazione di un libro nel 2005, nel quale denunciava un circuito di pedopornografia, che operava nonostante politici e uomini d’affari dello stato di Quintana Roo e di Puebla ne fossero a conoscenza e, anzi, con la loro protezione. Dopo essere stata accusata di diffamazione e a seguito di procedimenti giudiziari irregolari, Lydia Cacho è stata arrestata, nel dicembre 2006, stata minacciata e maltrattata.

La giornalista, già meritevole nel 2007 di una nomination al premio Martin Ennals assegnato a chi difende i diritti umani, è l’autrice dei libri usciti anche in italiano I demoni del re, Memorie di un’infamia e Schiave del potere. Una mappa della tratta delle donne e delle bambine nel mondo.

“Stragi e mandanti”: un libro per andare indietro alla ricerca di chi diede l’ordine d far esplodere le bombe del terrorismo

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Stragi e mandantiSi va dagli accertamenti compiuti dalla procura di Brescia per l’inchiesta ter sulla strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 ai verbali del processo che ne è seguito, messi a disposizione in formato digitale dalla Casa della Memoria che riunisce i parenti delle vittime della bomba esplosa nella città lombarda 38 anni fa. Ma si comprende anche molto altro, come i documenti acquisiti dall’archivio Gladio della settima divisione del Sismi e quelli messi insieme dal giudice bolognese Leonardo Grassi nel corso dell’inchiesta Italicus bis. E si finisce con l’inchiesta “Sistemi criminali” del magistrato siciliano Antonio Ingroia in cui si parla, per la strage di Capaci del 1992, della presenza nelle fila mafiose di militanti di Ordine Nuovo.

Il libro Stragi e mandanti, curato da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione fra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, e dal giornalista Roberto Scardova (arrivato sul luogo dell’esplosione pochi minuti dopo, quel giorno di 32 anni fa, e ancora commosso al ricordo di ciò che vide e raccontò per conto della Rai) va oltre i fatti del 2 agosto 1980. Non può che essere così, tenuto conto dell’ampio panorama storico che prende in considerazione, da Portella della Ginestra (1947) alle stragi mafiosi del biennio 1992-1993. E padre diretto del libro è un dossier che l’Associazione vittime ha depositato in procura la primavera scorsa, 604 pagine in chi si chiede di aprire un’inchiesta per andare alla ricerca dei mandanti dell’attentato che nel capoluogo emiliano fece 85 morti e 200 feriti.
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“Urla a bassa voce” a cura di Francesca De Carolis: riflessioni su carcere, ergastolo e 41 bis

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Urla a bassa voceEsce il prossimo 29 agosto il libro curato da Francesca De Carolis e intitolato Urla a bassa voce – Dal buio del 41 bis e del fine pena mai. Attraverso trentasei testimonianze di detenuti con condanne all’ergastolo, questo è il sunto di ciò che si vuole raccontare:

A trent’anni dall’introduzione del reato di associazione mafiosa e dopo 20 anni dall’inasprimento delle leggi per combattere la criminalità organizzata, tra cui il 41 bis, questa è la prima testimonianza collettiva di ergastolani, condannati per reati legati alla criminalità organizzata, che hanno scelto di non essere collaboratori di giustizia. In un momento in cui con sempre maggiore drammaticità si pone il problema dell’affollamento delle carceri italiane e delle condizioni di chi vi è detenuto, i loro racconti aprono una riflessione sulla condizione fisica e morale di chi è condannato a morire in carcere. Una riflessione sul senso della pena e sulla necessità del rispetto dei diritti che la nostra Costituzione garantisce per tutti, indipendentemente dalla configurazione dei reati commessi.

La prefazione è stata scritta da don Luigi Ciotti del Gruppo Abele e Libera.

Anonymous: i DDoS, le manifestazioni non autorizzate e la ricerca dell’essenza all’origine dell’etica hacker

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Anonymous - Noi siamo legioneAnonymous, il nom de plume del collettivo che torna sempre più spesso in rete e sulle pagine dei giornali, ha colpito un’altra volta. Un’azione dimostrativa, non invasiva, un DDoS, che sta per Distributed Denial of Service, ha piegato la resistenza e la capacità del sito della polizia di Stato di rispondere alle richieste degli utenti web. Ed ecco la risposta, servizio negato. In parole molto semplici, funziona un po’ come a un casello autostradale. In periodi di traffico normale, anche senza Telepass o carte di credito, si passa attraverso le barriere con relativa rapidità. Quando però gli esodi estivi intensificano il traffico, tutto si rallenta. Se un normale esodo vacanziero dovesse tuttavia essere moltiplicato per dieci o per cento, allora ecco che il problema si farebbe serio e con ogni probabilità il deflusso dei veicoli si interromperebbe.

È questa, in soldoni, la logica di un DDoS, anche di quello che a fine inverno è stato scagliato contro il sito della polizia. Un monito contro l’uso dei manganelli, contro i manifestanti spinti lontano dalle recinzioni che delimitano i cantieri, contro il quasi morto che c’è scappato qualche giorno prima nel tentativo di difendere aree che diventeranno prima piste per mezzi di movimentazione terra e poi binari per convogli che schizzano a centinaia di chilometri orari.

L’hacker che ha partecipato all’attacco sorride ancora quando torna a fissare il monitor. Sì, è stato facile, in così poche persone da non superare il numero delle dita di una mano e con software di media aggressività che decuplicano le richieste a un server web. E poliziadistato.it è andato giù. Tornerà disponibile in poco tempo, dall’altra parte gli amministratori di sistema si stanno già dando da fare. E se anche avessero tentato la deviazione del traffico web in altre direzioni, come avviene in casi analoghi per far sì che il sito non venga oscurato, riavvieranno i servizi Internet non appena la valanga di byte sarà passata e tutto tornerà alla normalità.
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“Desperados” di James D. Horan: un saggio che va oltre i miti e le leggende di un’epopea lontana

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Desperados - L'epopea dei fuorilegge americani da Jesse James a Butch CassidyL’autore è lo storico e giornalista James D. Horan, scomparso nel 1981, che nel libro Desperados – L’epopea dei fuorilegge americani da Jesse James a Butch Cassidy (uscito poche settimane fa per i tipi della Odoya), dà un’immagine sui generis di un’epopea di solito contrassegnata da eroismi (luminosi o tenebrosi che siano) a tutto tondo:

Horan ripercorre le storie vere di leggendari banditi, fuorilegge e assaltatori di banche, treni e diligenze del West. Un ritratto unico e nitido, autorevole e appassionante di queste ombre a cavallo che attraversarono la scena del grande melodramma americano del Middle Border, dove si traccia un illuminante e inedito parallelo tra la banda dei fratelli James e Younger e il famigerato Mucchio Selvaggio che circondava Butch Cassidy. Tutti uomini in carne e ossa, disperati e malvagi ma non privi di fascino.

Il libro ci rivela così il carattere insicuro e ombroso nascosto dietro alla maschera da bandito di Jesse James, sfatando al contempo il mito del Robin Hood che non trascura mai una nobile attenzione nei confronti dei diseredati o un gesto galante verso il gentil sesso. La sua morte per mano di Bob Ford mise fine a un regno del terrore che sconvolse il Middle West per ben sedici anni.

Ma ancora più a ovest Butch Cassidy, Sundance Kid e i loro compagni erano pronti a profilarsi e incombere sullo stesso “banditesco sentiero”. Dal 1882 al 1889 il Mucchio Selvaggio formò un piccolo esercito che riunì centinaia di spietati razziatori, malviventi, giocatori d’azzardo, ladri di cavalli, ballerine d’infimo ordine e cowboy rinnegati. Dal loro covo sulle colline sfidarono il governo degli Stati Uniti tenendo testa a interi squadroni di cavalleria, fino a quando i suoi capi si trasferirono in Sud America, rimanendo simboli viventi di un’intera era della storia americana.

Per leggerne ancora si veda qui.