Anonymous, il nom de plume del collettivo che torna sempre più spesso in rete e sulle pagine dei giornali, ha colpito un’altra volta. Un’azione dimostrativa, non invasiva, un DDoS, che sta per Distributed Denial of Service, ha piegato la resistenza e la capacità del sito della polizia di Stato di rispondere alle richieste degli utenti web. Ed ecco la risposta, servizio negato. In parole molto semplici, funziona un po’ come a un casello autostradale. In periodi di traffico normale, anche senza Telepass o carte di credito, si passa attraverso le barriere con relativa rapidità. Quando però gli esodi estivi intensificano il traffico, tutto si rallenta. Se un normale esodo vacanziero dovesse tuttavia essere moltiplicato per dieci o per cento, allora ecco che il problema si farebbe serio e con ogni probabilità il deflusso dei veicoli si interromperebbe.
È questa, in soldoni, la logica di un DDoS, anche di quello che a fine inverno è stato scagliato contro il sito della polizia. Un monito contro l’uso dei manganelli, contro i manifestanti spinti lontano dalle recinzioni che delimitano i cantieri, contro il quasi morto che c’è scappato qualche giorno prima nel tentativo di difendere aree che diventeranno prima piste per mezzi di movimentazione terra e poi binari per convogli che schizzano a centinaia di chilometri orari.
L’hacker che ha partecipato all’attacco sorride ancora quando torna a fissare il monitor. Sì, è stato facile, in così poche persone da non superare il numero delle dita di una mano e con software di media aggressività che decuplicano le richieste a un server web. E poliziadistato.it è andato giù. Tornerà disponibile in poco tempo, dall’altra parte gli amministratori di sistema si stanno già dando da fare. E se anche avessero tentato la deviazione del traffico web in altre direzioni, come avviene in casi analoghi per far sì che il sito non venga oscurato, riavvieranno i servizi Internet non appena la valanga di byte sarà passata e tutto tornerà alla normalità.
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