“La mia terra la difendo”: in un libro a fumetti la storia di Giuseppe Gatì, il giovane che urlava “viva il pool antimafia”

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La mia terra la difendoLa mia terra la difendo – Un ragazzo, una protesta, una scelta di vita è un libro a fumetti scritto da Kanjano e Carlo Gubitosa. E racconta una storia vera, quella di Giuseppe Gatì:

La rabbia e la speranza di un ragazzo innamorato della sua terra. Un viaggio nel cuore della Sicilia per riscoprire la storia di Giuseppe, il ventenne di Campobello di Licata che ha affrontato “il pregiudicato Sgarbi” con una telecamera, due amici e un pacco di volantini. Ventidue anni, pastore per vocazione, produttore di formaggi per mestiere, cittadino indignato per passione. Il volto di Giuseppe Gatì è salito agli onori delle cronache nel dicembre 2008 per la contestazione che ha scosso la città di Agrigento al grido di “Viva il pool antimafia!” Con l’aiuto degli amici e dei familiari di Giuseppe, Carlo Gubitosa e Kanjano hanno scoperto gli scritti, le esperienze e il grande amore per la terra di Sicilia di questo ragazzo, che ha lasciato una eredità culturale preziosa prima di morire a 22 anni per un incidente sul lavoro.

Il libro contiene l’introduzione di don Luigi Ciotti, la prefazione di Riccardo Orioles e un ricordo di Andrea Camilleri.

“Urla a bassa voce” a cura di Francesca De Carolis: riflessioni su carcere, ergastolo e 41 bis

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Urla a bassa voceEsce il prossimo 29 agosto il libro curato da Francesca De Carolis e intitolato Urla a bassa voce – Dal buio del 41 bis e del fine pena mai. Attraverso trentasei testimonianze di detenuti con condanne all’ergastolo, questo è il sunto di ciò che si vuole raccontare:

A trent’anni dall’introduzione del reato di associazione mafiosa e dopo 20 anni dall’inasprimento delle leggi per combattere la criminalità organizzata, tra cui il 41 bis, questa è la prima testimonianza collettiva di ergastolani, condannati per reati legati alla criminalità organizzata, che hanno scelto di non essere collaboratori di giustizia. In un momento in cui con sempre maggiore drammaticità si pone il problema dell’affollamento delle carceri italiane e delle condizioni di chi vi è detenuto, i loro racconti aprono una riflessione sulla condizione fisica e morale di chi è condannato a morire in carcere. Una riflessione sul senso della pena e sulla necessità del rispetto dei diritti che la nostra Costituzione garantisce per tutti, indipendentemente dalla configurazione dei reati commessi.

La prefazione è stata scritta da don Luigi Ciotti del Gruppo Abele e Libera.