The Feminist Press: la letteratura che racconta al Nord America una storia diversa

Standard

The Feminist Press

Attraverso un retwit, arrivo al sito di The Feminist Press (ovviamente presente anche su Twitter):

È una casa editrice letteraria, indipendente e non profit che promuove la libertà d’espressione e la giustizia sociale. Pubblichiamo brillanti scritti di donne e uomini che condividono uno spirito attivista e che credono nella libertà di scelta e nell’uguaglianza. Fondata nel 1970, la casa editrice ha iniziando salvando opere “perdute” di autrici come Zora Neale Hurston e Charlotte Perkins Gilman. In seguito il nostro piano editoriale ha previsto libri di autori americani provenienti da diversi ambiti etnici e sociali. Da allora abbiamo scovato opere provenienti da tutto il mondo destinandole ai lettori del Nord America. I libri li cerchiamo innovativi, se non sorprendenti, in grado di raccontare una storia diversa.

I cataloghi più recenti si possono scaricare da qui (in formato pdf) oppure scorrere qui.

“Tecniche di resurrezione”: quando per il romanzo di genere passa la storia della scienza

Standard

Tecniche di resurrezione di Gianfranco ManfrediIl libro Ho freddo di Gianfranco Manfredi (Gargoyle Books, 2008) è un capolavoro che va ben oltre la letteratura di genere perché, leggendolo, risulta un affresco gotico di storia della scienza, della medicina e del pensiero umano. Se ne parlava tempo fa qui. Da pochi giorni, per la stessa casa editrice è appena uscito il seguito, Tecniche di resurrezione, che viene presentato con queste parole:

1803. I gemelli Aline e Valcour de Valmont, ricercatrice scientifica lei e medico chirurgo lui, sono tornati in Europa dopo una tragica esperienza americana che ha lasciato in entrambi ricordi angosciosi. A Londra, Valcour assiste a una dimostrazione galvanica dello studioso Giovanni Aldini, condotta sul cadavere di un impiccato. Nel corso dell’esperimento, Valcour rianima un uomo colpito da infarto. Il brillante successo riportato lo precipita però in un agghiacciante intrigo. Proprio mentre gli esperimenti di rianimazione stanno aprendo nuove prospettive alla medicina, un chirurgo folle che si fa chiamare Doctor Ending si rende responsabile di efferati omicidi, trafugamenti di cadaveri e clamorose provocazioni. Nel frattempo Aline si trova a Parigi, nella speranza di recuperare alcuni beni di famiglia sequestrati dopo la Rivoluzione, ed entra in contatto con la corte di Napoleone. In Francia, una generazione di novelli ‘medici dell’anima’ si avvale delle prime esperienze ipnotiche per esplorare i segreti della psiche umana. Un caso in particolare, per quanto tenuto segreto, suscita inquietanti interrogativi. Salvy San Subra, una ex guida di Napoleone durante la campagna d’Egitto, e’ vittima di un processo di degenerazione cellulare che lo sta progressivamente mummificando. La sua anima e’ forse posseduta dallo spirito inquieto di un antico egizio? Quando Valcour raggiunge sua sorella a Parigi, scopre che tra il caso di Doctor Ending e quello di San Subra, intercorrono sotterranei quanto inspiegabili legami. La vicenda assume presto i contorni di un incubo che rischia di inghiottire i due fratelli…

Ecco qualche informazione biografica dello scienziato bolognese Giovanni Aldini, ispiratore di Mary Shelley. E qui sotto il trailer del romanzo:

Pentiti di niente: eppure proprio la vittima l’aveva aiutato

Standard

Carlo SaronioIntanto però siamo ancora nella prima metà degli anni Settanta, Fioroni in cambio della sua collaborazione schiva l’arresto e quindi si presenta spontaneamente al giudice istruttore Ciro De Vincenzo insieme al suo avvocato difensore, per rispondere della carta d’identità falsa intestata a Lorenzo Maggi, l’unico reato fino a quel momento contestatogli. Ma come già accaduto qualche mese prima quando viene sentito dal pubblico ministero Antonio Bevere, dice poco. Si limita ad aggiungere qualche particolare che però viene valutato “deviante e mendace”: in sostanza dice di avere solo incarichi contabili per Potere Operaio e che nel 1971 aveva sostenuto la linea di avvicinamento al gruppo del Manifesto di Luigi Pintor e Rossana Rossanda, ma una volta naufragato l’affratellamento si era allontanato sempre di più da POTOP fino all’esplicita dissidenza. Non sa però identificare chi gli ha fornito i documenti intestati a Lorenzo Maggi e la lettera per Osvaldo scritta da Saetta gliel’ha data una giovane extraparlamentare perché la consegnasse a un uomo che si sarebbe materializzato al momento opportuno. Infine non gli risulta che elementi di Potere Operaio abbiano avuto a che fare con Feltrinelli.

Basta così, è sufficiente. Carlo Fioroni se la cava un’altra volta e rimane a piede libero fino al 24 giugno 1974, quando viene convocato di nuovo per rispondere stavolta di associazione sovversiva. In questo frangente si proclama militante rivoluzionario e ammette di aver avuto nel 1971 contatti con un tale che si faceva chiamare Osvaldo, aggiungendo però di non aver mai saputo di chi si trattasse in realtà, se non dopo le notizie relative al traliccio di Segrate. Inoltre tra Fioroni e Feltrinelli pare – sempre secondo le sue parole – che si fosse creata subito un’intesa politica e che Osvaldo gli avesse proposto di occuparsi della creazione di strutture che potessero consentire una risposta militare alla minaccia fascista che, secondo l’editore, era ormai incombente e pronta a esplodere.
Continue reading

“Piccone di Stato”: dal 16 novembre il libro su Francesco Cossiga e sui segreti della Repubblica

Standard

Piccone di StatoUscirà il prossimo 16 novembre per la casa editrice Nutrimenti il libro Piccone di Stato – Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica (collana Igloo):

Anno 2010. È trascorso ferragosto da un paio di giorni quando Francesco Cossiga muore in un ospedale romano. Con lui, si dirà nei giorni successivi, se ne va un pezzo di storia d’Italia che il presidente emerito si sarebbe ben guardato dal raccontare, un armadio da setacciare alla ricerca di quelli che Cossiga stesso chiamava gli “arcani” della Repubblica.

Ma a rileggere ciò che il grande vecchio della politica italiana scrisse e dichiarò, è possibile aggiungere qualche tassello a un mosaico fatto di servizi segreti e carabinieri, terroristi perdonati e magistrati invisi, stragi e Gladio. Dal rapimento Moro all’infiltrazione nelle organizzazioni estremistiche, dalla passione per l’intrigo alle guerre intestine nella Democrazia cristiana, da Ustica all’amore per gli ex comunisti, dall’amicizia con i palestinesi ai conflitti silenziosi sullo scacchiere del Mediterraneo. Questi sono alcuni degli argomenti di cui Cossiga parlò a più riprese. Per ribadire, in un tortuoso flusso di affermazioni, provocazioni e ribaltamenti, una sola lapidaria verità: “Noi non ci faremo processare”.

E grazie a Paolo Cucchiarelli per avermi coinvolto in questo progetto.

Non è un paese per vecchie: cronache di un’altra guerra tra poveri

Standard

Non è un paese per vecchieLoredana Lipperini, nel 2007, aveva firmato per Feltrinelli un libro che si intitolava “Ancora dalla parte delle bambine”, eredità ideale del quasi omonimo libro di Elena Gianini Belotti per spiegare il “ratto” dell’infanzia e dell’adolescenza, sostituito da una forzatura della crescita verso ruoli (compresi quelli erotici ispirati dai mass media) tipici dell’età adulta. Con il recente “Non è un paese per vecchie”, l’autrice compie un salto temporale e passa all’ultima parte della vita, per raccontare di una nazione in cui si è instaurato un nuovo tabù: quello della naturale decadenza fisica e psicologica che precede la morta, e del suo esorcismo collettivo officiato a tutti i costi. Compreso quello che prevede la ghettizzazione dei cittadini più avanti con l’età, collettore di nuove forme di odio derivanti da un assetto sociale sempre più povero ed esasperato.

Perché affrontare il discorso della vecchiaia e iniziare il libro lavorando sul cambiamento semantico registrato sui media?

Domani di Maurizio ChiericiPer tanti motivi. Un po’ perché c’era una sollecitazione sociale prima che semantica. È una cosa che ho raccontato molte volte: una lettrice che a Bari mi disse “occupati anche di noi”. È la cosiddetta “generazione sandwich”, quella che accudisce i nipoti e gli anziani e che in effetti sopperisce a un’assenza totale dello Stato. Questo molto prima che si rendesse noto che l’Italia è penultima, prima della Polonia, nell’Europa a 27 per l’assistenza alle famiglie. E poi c’era una considerazione che riguardava in realtà la mia generazione, quella dei cinquantenni e quella che io metto più sotto accusa nel libro: è qui che nessuno accetta la definizione di persona non dico vecchia, ma quanto meno matura. Volevo insomma spiegare questa impersonificazione di se stessi come eterni giovani. Una tendenza che sfalsa tutto perché, se non si accetta la propria età, si spalmano in un unico insieme tutte le generazioni, quelle che vengono prima e quelle che vengono dopo. Dunque vediamo le bambine crescono in fretta per diventare simili al modello adulto proposto e le donne mistificano l’ultima parte della vita adulta. Al centro di questa tendenza, si pone la vecchiaia, che diventa questa zona piccolissima prima della morte.
Continue reading

La cronaca criminale di Pino Nicotri e la banda “a geometria variabile”

Standard

Cronaca criminaleUn video per presentare il libro Cronaca criminale – La storia definitiva della banda della Magliana, scritto da Pino Nicotri:

Magistrati che se ne sono occupati affermano che la Banda della Magliana «è un’invenzione giornalistica» e che «non è mai esistita una organizzazione unitaria della malavita romana» oppure, al contrario, che «era molto di più di una banda, molto più pericolosa, ed è stata colpevolmente sottovalutata». Sta di fatto che la «bandaccia», come veniva anche chiamata, è protagonista di romanzi, film e sceneggiati televisivi di grande successo e suggestione, fino a diventare sinonimo di «cupola» onnicomprensiva della malavita capitolina dalla seconda metà degli anni Settanta alla fine degli anni Ottanta e a far sospettare che esista ancora. Associata alla mafia e al terrorismo nero, ritenuta ricca di agganci e compiacenze nelle zone torbide dei servizi segreti, della finanza, della massoneria e della gerarchia vaticana, tanto da esserne la longa manus negli affari più sporchi, le propaggini della Banda della Magliana sono state «viste» in quasi tutti i casi che hanno scandito la burrascosa storia italiana di quegli anni sanguinosi: l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, l’attentato al banchiere Roberto Rosone, l’uccisione di Roberto Calvi, i depistaggi del rapimento di Aldo Moro, la strage di Bologna, le scorribande della banca vaticana Ior e le losche manovre della Loggia P2 di Licio Gelli. I confini tra mito e realtà si sono sempre più assottigliati fino a diventare evanescenti e provocare, dopo venticinque anni, il surreale coinvolgimento della «bandaccia» nelle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, con una serie di presunti scoop tanto clamorosi quanto finiti tutti come sempre in nulla. Ma come stanno in realtà le cose? Esisteva la onnitentacolare Banda della Magliana? O fu una stagione infelice che vide l’Urbe ridotta a prostituta di bande borgatare e cricche affaristiche e corruttrici allattate dal potere? Capire l’arcipelago Magliana vuol dire addentrarsi in una tragedia collettiva fatta di avidità e ferocia, deliri di onnipotenza criminale e sottili disegni politici, un magma in cui tutto si fonde insieme e che, una volta raffreddato, ha lasciato sogni di pietra e morti senza gloria.

Pentiti di niente: lo strano compagno che girava con una vecchia Glisenti scarica

Standard

Carlo SaronioCarlo Fioroni è un personaggio strano, controverso, antipatico. Anche ambiguo, per i suoi ex-compagni di Potere Operaio che lo hanno soprannominato il “professorino”, un po’ perché insegna alle scuole medie e un po’ perché si atteggia a saputo con i compagni. Solo alla fine degli anni Settanta dirà ai giudici che questo atteggiamento al contempo spocchioso e dimesso era stato studiato per salvaguardare nel periodo della sua presunta clandestinità sia lui che il gruppo all’interno del quale operava.

Nella prima fase della sua militanza, quando inizia ad avvicinarsi a Potere Operaio, sono ancora da venire le dubbie dichiarazioni e il quantomeno discutibile – quando non proprio mendace – memoriale che Fioroni scriverà nel carcere di Matera contribuendo ad alimentare le accuse mosse nel processo “7 aprile” contro Antonio Negri, Oreste Scalzone, Nanni Balestrini, Alberto Magnaghi, Gianni Sbrogiò, Augusto Finzi, Francesco Bellosi, Lucio Castellano, Mario Dalmaviva, Luciano Ferrari Bravo, Alberto Funaro, Libero Maesano, Giovan Battista Marongiu, Jaroslav Novak, Gianfranco Pancino, Giorgio Raiteri, Adriana Servida, Francesco Tommei, Emilio Vesce, Paolo Virno, Lauso Zagato e Domenico Zinga.

Dalla fine degli anni Sessanta al sequestro Saronio, il nome di Carlo Fioroni emerge a più riprese. C’è il suo rapporto con Giangiacomo Feltrinelli e con i GAP, i Gruppi di Azione Partigiana, di cui si parlerà più avanti. C’è l’appartamento di via Bruschi a Milano, lo stabile dove anni più tardi verrà rinvenuta la tipografia delle Brigate Rosse, “l’appartamento [che] era di un compagno ritenuto da tutti affidabile, intellettualmente preparato, anche se piuttosto pasticcione sul piano pratico: Carlo Fioroni”. È colui che va dai compagni, come accade a Franco Berardi, e li bolla come “non veri bolscevichi”, sentendosi rispondere: “Non me ne dispiaccio affatto”, ma che a sua volta viene giudicato senza mezzi termini: “non era solo troppo debole di carattere per fare il rivoluzionario, ma anche il pentito”.
Continue reading

“Fuori dalle barricate”: la rivolta di Reggio Calabria 40 anni dopo con immagini inedite

Standard

Fuori dalle barricate - Fotoracconto della rivolta di ReggioUn altro libro (stavolta uscito poco tempo fa) da segnalare. Si intitola Fuori dalle barricate – Fotoracconto della rivolta di Reggio, è stato pubblicato da Città del Sole Edizioni – di cui s’è già avuto modo di parlare in passato – ed è stato curato da Fabio Cuzzola e Valentina Confido:

Fuori dalle barricate, foto racconto, con scatti inediti, della rivolta di Reggio Calabria nel suo quarantesimo anniversario. Storie e immagini di una città in lotta, otto mesi di scontri, barricate, incendi e attentati al tritolo in una città che era si vista soffiare da Catanzaro il titolo di capoluogo regionale ed aveva deciso, per protesta, di sfidare lo Stato che l’aveva penalizzata e mortificata ancora una volta, una guerriglia urbana senza precedenti che ha tenuto a lungo l’Italia col fiato sospeso.

Una recensione è stata pubblicata su Strill.it mentre per una ricostruzione dei fatti di quarant’anni fa si può andare ai i giorni della rabbia.

Esce “Segreto Criminale”, il libro sulla banda della Magliana secondo Sabrina Minardi

Standard

Segreto Criminale - La vera storia della banda della MaglianaEsce il prossimo 30 settembre il libro Segreto Criminale – La vera storia della banda della Magliana (Newton Compton Editori), scritto dalla giornalita Rai Raffaella Notariale insieme a Sabrina Minardi, la donna di Enrico De Pedis dalle cui deposizioni hanno ripreso il via le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi:

Quali misteri avvolgono ancora la banda della Magliana? Perché, pur macchiatosi di innumerevoli delitti, Enrico De Pedis, il boss della frangia più pericolosa della banda, è stato sepolto nella cripta della basilica vaticana di Sant’Apollinare, tra monsignori e cardinali e con il benestare del Vicario del Papa? Proprio lì vicino il 22 giugno del 1983 scomparve la quindicenne Emanuela Orlandi, e gli inquirenti sono ormai convinti che la banda della Magliana sia coinvolta nel rapimento. Attraverso la voce di Sabrina Minardi, amante di De Pedis, questo libro getta una nuova luce sulla potentissima organizzazione criminale. La “pupa” di Renatino De Pedis, unica confidente del boss per dieci lunghi anni, divenuta per la Procura di Roma una supertestimone per le sue sconcertanti dichiarazioni, svela finalmente la sua scioccante verità sulla banda della Magliana e i suoi rapporti con mafia, camorra, servizi segreti, politici, massoni, imprenditori e alti prelati.

(Via Notte Criminale)

Pentiti di niente: malavitosi in vacanza tra giri di appartamenti, denaro e auto

Standard

Carlo SaronioTra i giri di appartamenti a ridosso e immediatamente successivi al sequestro Saronio, un punto in comune c’è: è l’agenzia immobiliare Meson e meglio controllare allora tutti i contratti di locazione che ha stipulato. Le sorprese non mancano. Dei servizi di quest’agenzia ne hanno infatti usufruito il 14 maggio 1975 il pregiudicato Vincenzo Bizzantini e Gennaro Piardi, soprannominato anche “Ciccio il Bello”, che avevano affittato insieme un appartamento in via Marcona e avevano versato un anticipo di un milione e 215mila lire tenendo però l’immobile pochissimi giorni. A questo proposito, Bizzantini ammette infatti di aver affittato quella casa nel maggio 1975 per conto di Carlo Casirati, ma di averla disdetta tra il 22 e il 23 maggio: il 20 di quel mese infatti lo stesso Bizzantini viene fermato e identificato durante un controllo dalla polizia mentre, alla guida di una A112 Abarth acquistata due giorni prima, sta accompagnando a Treviglio Gennaro Piardi e Rossano Cochis.

L’utilitaria dell’Autobianchi in quegli anni non era diffusissima a Milano e un facile controllo al pubblico registro automobilistico permette di verificare che un’auto di quel modello era stata immatricolata nel maggio 1975 proprio da Gennaro Piardi. Ma al concessionario accade qualcosa di inusuale nel periodo che intercorre tra l’ordinazione e il ritiro del veicolo, avvenuto nel settembre 1975. Il rivenditore infatti ricorda il nome di Piardi, ma dice di non poterlo identificare per una ragione molto semplice: non l’ha mai visto in faccia. A ordinare l’auto infatti non era stato direttamente lui, ma Brunello Puccia, il gestore di un bar di via Roggia Scagna, che ne ordina anche un’altra per sé e che gli consegna il certificato di residenza di Gennaro Piardi.

Ma salta fuori anche un’ulteriore auto, la terza, identica alle precedenti, acquistata da un amico del barista, Alberto Monfrini. Tutte le utilitarie sono state pagate per intero in contanti. Strano, pensano gli inquirenti, che decidono di controllare i conti correnti di Puccia e di Monfrini accorgendosi che tra il 15 maggio e il 17 giugno 1975 il secondo aveva effettuato un versamento – sempre in contanti – di 10 milioni di lire e che nello stesso periodo entrambi avevano ricevuto assegni circolari di importo simile da un tale Giuseppe Astore. Il quale a sua volta finisce nell’indagine e si vede che aveva effettuato anche versamenti a proprio favore il cui valore complessivo supera gli importi poi girati a Puccia e Monfrini.
Continue reading