Carmilla Online: Valerio Evangelisti racconta la storia di Jack London, “yours for the revolution”

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Carmilla Online
Su Carmilla Online, Valerio Evangelisti racconta in modo mirabile la storia di Jack London: Yours for the Revolution:

La vita di Jack London è forse il più riuscito dei suoi romanzi: nato illegittimo, figlio di un astrologo ambulante irlandese: William Henry Chaney, adottato da un vecchio reduce della Guerra Civile, John London, che sposa la madre Flora Wellman e gli dà il suo nome, è costretto dai dissesti familiari a confrontarsi subito con gli orrori della fabbrica e della condizione operaia: a 13 anni già si rompe la schiena dalle 12 alle 18 ore il giorno. Si ribella: conosce i bassifondi della Costa dei Barbari californiana, prima come contrabbandiere poi come guardiacoste; percorre l’America con gli hobos e i vagabondi; viene arrestato; si imbarca come marinaio verso il Mar del Giappone a caccia di foche; partecipa senza fortuna alla corsa all’oro nel Klondike; diventa socialista e rivoluzionario – membro dal 1896 del Socialist Labor Party che lascerà nel 1901 per il Socialist Party of America – e contemporaneamente si iscrive all’Università cercando il suo riscatto attraverso la cultura borghese. Legge Marx, Spencer, Darwin, Nietzsche che restano i riferimenti costanti della sua filosofia talvolta contraddittoria ma affascinante. Scrive senza requie, quasi con disperazione, attingendo alle sue numerose esperienze di vita. Nel giro di pochi anni realizza i suoi sogni: il ragazzo inquieto dal fisico atletico e dai modi proletari diventa l’autore più pagato e invidiato d’America.

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“Banality of the Banality of Evil” diventa una copia di Banksy e va all’asta per sostenere la letteratura per l’infanzia

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Banality of the Banality of Evil

In origine, Banality of the Banality of Evil, era un’opera di Banksy. Poi, di recente, ne è stata creata su commissione una copia, è stata messa all’asta e il ricavato devoluto a 826 Valencia, progetto lettarario di San Francisco per l’infanzia. Lo racconta Boing Boing.

Ora lui è destinato a diventare leggenda. Scompare Richard Matherson, lo scrittore oltre i confini e oltre i generi

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Aveva 87 anni e la sua ora era giunta. Adesso lo attende la leggenda. Forse non quella descritta nel suo romanzo più celebre (se ne legga qualcosa anche qui, in un pezzo per Carmilla firmato da Valerio Evangelisti), purtroppo diventata una scadente trasposizione cinematografica che con la storia originale c’entra fino a un certo punto, ma la leggenda comunque se la merita, Richard Matherson. A cui l’etichetta di scrittore di genere – o scrittore horror o fantastico – sta stretta perché, nelle sue pagine, è andato molto oltre i confini del genere stesso (e sui giochi di parole si aggiunga che anche oltre i confini della realtà è andato). Meno noto forse di Stephen King o di Joe R. Lansdale, entrambi più giovani ed entrambi in debito d’ispirazione da lui, rimarrà indimenticabile anche per passaggi come questo:

Ai loro occhi lui era un flagello spaventoso, sconosciuto, persino peggiore della malattia con cui avevano imparato a convivere. Era uno spettro invisibile che per provare la propria esistenza si era lasciato dietro i corpi esangui dei loro cari. Capì quel che provavano e non li odiò. La mano destra strinse la bustina di pillole. Purché la fine non fosse violenta, purché non si trasformasse in un massacro sotto i loro occhi.

Robert Neville posò lo sguardo sui nuovi abitanti della Terra. Sapeva di non essere uno di loro; sapeva di essere un anatema, un orrore nero da distruggere, come i vampiri. E quell’idea lo colpì come un fulmine, divertendolo perfino nel dolore. Un risolino strozzato gli riempì la gola. Si girò e si appoggiò alla parete mentre ingoiava le pillole.

«Il cerchio è completo», pensò mentre il letargo definitivo gli strisciava nelle membra. «Il cerchio è completo. Un nuovo terrore prende forma dalla morte, una nuova superstizione penetra la fortezza inattaccabile dell’infinito. Io sono leggenda».

“Nuova rivista letteraria”, il semestrale di letteratura sociale fondato da Stefano Tassinari: esce il numero di maggio 2013

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Nuova rivista letteraria

La Nuova rivista letteraria è il semestrale di letteratura sociale fondato da Stefano Tassinari ed esce ora il settimo numero, quello di maggio 2013. Tanti gli interventi presenti, tra cui quelli di Wu Ming 1, Girolamo De Michele, Tommaso De Lorenzis, Alberto Sebastiani, Alberto Prunetti e Serge Quadruppani. Ce n’è anche uno scritto da queste parti su instant book e narrativa del presente. Qui le informazioni per acquistare la rivista o per abbonarsi.

GialloLuna NeroNotte: e il festival del giallo e del noir italiani di Ravenna compie dieci anni

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GialloLuna NeroNotte

Decima edizione di GialloLuna NeroNotte, il festival del giallo e del noir italiani che parte stasera a Ravenna e che proseguirà fino al 30 settembre. Qui il programma completo degli appuntamenti, composto non solo di libri e scrittori, ma anche di musica, spettacoli, mostre e cene.

“Io sono il libanese”: il prequel di “Romanzo criminale”, quando a metà anni Settanta la bandaccia non era ancora tale

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Io sono il libaneseThriller pages lo dà in uscita il prossimo 3 luglio. Si tratta di Io sono il libanese di Giancarlo De Cataldo (Einaudi), prequel di Romanzo criminale (romanzo molto liberamente ispirato alla banda della Magliana) e di Nelle mani giuste (i “sopravvissuti” della banda nell’Italia di Tangentopoli, nei nascenti anni Novanta). La scheda del libro anticipa che:

Roma, 1976. Un anno prima che tutto accada. Il Libanese freme. Il Libanese ha tre amici, Dandi, il Bufalo, Scrocchiazeppi. Passa con loro da un colpetto all’altro, tiene le armi delle altre bande. Il Terribile, che aspira a diventare il capo dei capi, tratta lui e gli altri pischelli come miserabili. Ma il Libanese non è uno dei tanti. Il Libanese ha un sogno. Un sogno ancora troppo grande per lui. Poi, una sera, il Libanese incontra Giada. Lei è bella, ricca, inquieta. Lei vuole cambiare le cose. Lei vuole fare la rivoluzione. Giada appartiene a un altro mondo. Il Libanese ne è stregato. E nello stesso tempo comincia a intuire che proprio da quel mondo potrà venire l’idea che gli permetterà di rendere il suo sogno una realtà. È grazie a lei, inconsapevole guida, che il Libanese penetra nel mondo dei ricchi, prima come pusher di un grande artista schiavo dell’eroina, e poi organizzando, con i suoi compari, un primo sequestro di persona (preludio di quello che segnerà, appena pochi mesi dopo, la nascita della Banda): il sequestro di un ricchissimo palazzinaro, padre di Sandro, l’amico del cuore di Giada.

(Via Diego Riggi)

Addio a Stefano Tassinari, “un intelletto da continuare ad ascoltare nei decenni a venire”

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Stefano TassinariIl saluto di Davide Turrini a un grande, Stefano Tassinari, in questo articolo:

Tassinari mancherà a Bologna e alla sua Ferrara. Uomo vero, non avvezzo ai compromessi, sempre in prima linea ad insegnare, come un novello Rossellini l’immenso patrimonio culturale che il nostro paese continua a trascurare e spazzare sotto il tappeto. Gliene parlammo poco tempo fa, sulle poltroncine dell’Itc, prima della millesima replica di Kohlhaas del suo amico Marco Baliani (Tassinari dirigeva la rivista Letteraria e tra i collaboratori aveva anche il drammaturgo laziale). A Bologna ci vorrebbe un teatro, una sala esclusivamente per i reading letterari. Tassinari l’avrebbe voluta, magari battendo una nuova strada, continuando a trasformare questa nuova forma teatrale dove sperimentare la trasmissione del sapere. Ora che Tassinari non c’è più, e che ci mancherà moltissimo, qualcuno si ricordi di lui e gli regali uno spazio e un luogo dove le sue parole e il suo intelletto si possano continuare ad ascoltare nei decenni a venire.

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America Latina e “periodismo narrativo”: cronaca e finzione unite dalla letteratura. Un’analisi di El Pais

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Foto di Marcos Lopez

Su Internazionale si segnala in America Latina il boom del periodismo narrativo:

Negli ultimi anni in America Latina si è affermato un genere molto fortunato che mescola bella scrittura e giornalismo, si chiama periodismo narrativo. In Spagna sono in uscita due antologie che lo celebrano: Antología de crónica latinoamericana actual (Alfaguara) e Mejor que ficción. Crónicas ejemplares (Anagrama).

E a corredo viene indicato il post ¿El boom de la crónica latinoamericana? pubblicato sul blog Papeles Perdidos della versione online di El Pais. Qui, citando Gabriel Garcia Marquez, si dice che “fiction e non fiction […] sono unite da quello che le separa: la letteratura”.

Il Fatto Quotidiano: intervista a Valerio Evangelisti. “L’ultraliberista Monti? Non cambierà nulla”

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Valerio EvangelistiIn tempi di nuovi emarginati, indignati e flash mob sotto il segno della “v” di vendetta, quella che fa Valerio Evangelisti nel romanzo appena uscito One big union è la rievocazione di un’utopia. E per parlarne parte con una richiesta: “Non chiedetemi di Eymerich, è morto”. L’inquisitore protagonista di molti suoi libri precedenti sarà anche passato a miglior vita, ma il suo creatore per adesso non sembra sentirne troppo la mancanza perché è la volta di raccontare del sindacalismo rivoluzionario statunitense arrivato a fine corsa degli anni Venti del secolo scorso. Ma che ha lasciato il segno, distinguendosi da un sindacalismo socialista o anarchico soprattutto per la valenza visionaria: arrivare a un’organizzazione che rappresentasse anche i non rappresentati e che di qui modificasse l’assetto sociale, oltre che lavorativo.

I sindacalisti rivoluzionari si muovevano tra boscaioli mutilati, ferrovieri costretti a calarsi sulle rotaie per azionare gli scambi o proletari di campagna. Gente senza importanza nel sistema economico americano di allora perché senza specializzazione. Si infilavano tra cinesi, russi, italiani (definiti i crumiri per eccellenza) e non erano pacifisti. “In realtà subirono la violenza più che praticarla”, dice Evangelisti, “si pensi per esempi a quando erano vittime di tiratori scelti nelle zone minerarie. Ma ci provarono a cambiare”. E ci provarono con strumenti diversi: il fumetto come medium per veicolare contenuti sindacali in mezzo all’analfabetismo e la musica, riscrivendo i testi di canzoni allora in voga come accaduto con l’inno dell’esercito della salvezza, l’unico autorizzato a sfilare pubblicamente.

One big union sembra quasi una voce dal passato per parlare oggi di disoccupazione, flussi migratori, povertà in aumento. “Quella del sindacalismo rivoluzionario”, spiega ancora l’autore, “è stata una voce fuori dalle ideologie preponderanti del tempo, il marxismo dogmatico e l’anarchismo puro. È una storia, la storia che volevo scrivere”.

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