Torture della CIA: in italiano la documentazione che le attesta

Standard

memorandum del Dipartimento della giustizia UsaLavoro interessante e meritorio quello effettuato da Lsdi e Giornalismo e democrazia con la pubblicazione integrale (in italiano) dei memorandum sulle torture della CIA reso pubblico da Obama. Dall’introduzione di Raffaele Fiengo in merito all’accesso ai documenti pubblici:

La situazione italiana è pessima. Non solo sui grandi drammi, le stragi e il segreto di Stato. Da una parte la pubblica amministrazione è, quasi per natura, poco trasparente e non ottempera a questi obblighi nemmeno quando ci sono. Se faticosamente si stabilisce che gli uffici stampa pubblici debbono essere coperti da giornalisti neppure allora ciò si traduce immediatamente in un lavoro volto alla conoscenza da parte dei cittadini. La vocazione al ruolo di portavoce è assai forte.

Molti anni fa, dovevo fare per un settimanale una inchiesta sui treni sporchi. Chiesi invano di avere una copia dei capitolati di appalto con gli specifici obblighi delle imprese di pulizia. Un muro, anche se erano ovviamente strapubblici. Finii per rubarne una copia da un cassetto della Stazione Termini. Scoprii così che ogni treno doveva essere pulito da cima a fondo, compresa la lucidatura degli ottoni, prima di ogni partenza. Nella realtà, riscontrata con i miei occhi, le cose funzionavano così: un signore, all’uscita della stazione accanto ai binari, contava le vetture dei treni che passavano in partenza e tutti venivano dati per puliti e lucidati con relativo pagamento milionario. (Questa storia, ahimè, finì miseramente perché l’inchiesta di dodici pagine fu ridotta a tre in tipografia per intervento del proprietario-direttore su richiesta delle Ferrovie). Non si tratta di vicende solo del passato. Un mese fa su un vagone letto di prima classe in arrivo a Milano da Parigi sono state trovate molte zecche.

Il giornalismo italiano è più dedito alle opinioni che ai fatti. E non ha, salvo eccezioni, l’abitudine di lavorare sui documenti. Spesso supplisce, su questo terreno, con qualche magistrato amico, con funzionari e gole profonde e il tutto confluisce normalmente nell’informazione schierata. Le imprese editoriali non coltivano l’indipendenza. Nella migliore delle ipotesi cercano una equidistanza quantitativa. Non chiedono ai loro giornalisti di fornire gli elementi per il processo di formazione dell’opinione pubblica.

Anche per indicare una strada presentiamo questi testi. Sono informazioni materiali, scomode e fastidiose, imbarazzanti. Toccano un campo delicato, la sicurezza nazionale.

Per il download diretto dei documenti, tutti in formato pdf:

La traduzione dei memorandum è stata curata da Valentina Barbieri, Matteo Bosco Bortolaso, Barbara Di Fresco, Andrea Fama e Anna Martini.

Voli militari: una storia di disastri dell’aria

Standard

Englisches Flugzeug, Beaurevoir 29.11.17Se si prende solo l’ultimo bimestre del 2009, i casi sono stati due. Il più recente ha riguardato un F16 statunitense che, lo scorso 9 dicembre, ha effettuato un atterraggio d’emergenza all’aeroporto di Fiumicino dopo essere partito dalla base militare di Aviano. Se a seguito di questo episodio non si è verificata alcuna conseguenza, il 23 novembre invece il bilancio di un incidente è stato di cinque vittime: questa volta siamo a Pisa e i morti sono l’equipaggio di un C-130 dell’aeronautica italiana schiantatosi sulla linea ferroviaria Pisa-Collesalvetti-Cecina.

Stiamo parlando di disastri dell’aria causati da mezzi militari. Se probabilmente il fatto più noto rimane l’abbattimento del DC9 dell’Itavia, scomparso dai radar che ne seguivano la rotta nei cieli sopra Ustica il 27 giugno 1980 trascinando con sé le ottantuno persone a bordo, ci sono diversi altri episodi. Per esempio, poco tempo fa, ha compiuto diciannove anni il disastro dell’istituto tecnico commerciale Salvemini di Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna.
Continue reading

Dall’Ovra alla riforma del 2007: storia di apparati dello Stato

Standard

Come funzionano i servizi segreti di Aldo GiannuliDi certo Aldo Giannuli un effetto lo ottiene, con il libro Come funzionano i servizi segreti – Dalla tradizione dello spionaggio alle guerre non convenzionali del prossimo futuro, pubblicato poche settimane fa per Ponte alle Grazie. L’effetto primo è quello di sfogliare le pagine dei giornali e guardare il piccolo schermo televisivo con (se possibile) maggior scetticismo di prima.

Il motivo è presto detto e lo spiega bene l’autore nelle pagine del volume: il peso che gli apparati di intelligence hanno avuto e hanno tutt’oggi sul sistema dell’informazione mainstream è molto più esteso di quanto non si possa pensare. Che questo peso sia però poco recepito a livello di opinione pubblica trova una duplice spiegazione: da un lato, si deve guardare nell’intrinseca natura di un struttura di sicurezza, che deve far parlare poco di sé; dall’altro, invece, l’azione dei servizi segreti rimane un ambito poco sondato perché gli storici e gli accademici se ne sono occupati in via marginale.

Sbagliando, precisa Giannuli. È infatti opinione diffusa che non sia possibile conoscere modalità operative e analitiche dei servizi proprio per la loro compartimentazione rispetto al resto della società. Ma questa impenetrabilità è solo apparente: se la pubblicistica è infatti poco fitta (un’opera di analogo spessore è I servizi segreti in Italia. Dal fascismo alla seconda Repubblica di Giuseppe de Lutiis, uscita per Editori Riuniti nel 1998 e non più in commercio), c’è altra documentazione che si può studiare. In primis gli atti giudiziari che, ripercorrendo singole vicende, come lo stragismo degli anni di piombo, indicano in modo piuttosto dettagliato come i servizi abbiano giocato il proprio ruolo. Un ruolo non sempre a garanzia dei cittadini.
Continue reading

Il paese della vergogna torna a raccontare alcune brutte storie italiane

Standard

Un pezzetto del Paese della vergogna è quello raccontato nel video qui sopra. Ma è anche un libro di Daniele Biacchessi e uno spettacolo teatrale che Daniele porta in giro per l’Italia con i Gang dei fratelli Marino e Sandro Severini. A breve i live riprenderanno per raccontare queste storie:

1944, Sant’Anna di Stazzema. Inizia da un immagine di un girotondo di bambini il racconto di Daniele Biacchessi, accompagnato da Marino e Sandro Severini dei Gang. Questo spettacolo parte da un dato di fatto, incontrovertibile. In Italia la verità storica non segue mai lo stesso binario della verità giudiziaria. Le prove delle stragi nazifasciste di Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto nascoste nel cosiddetto “Armadio della vergogna”. I colpevoli di stragi come Portella della Ginestra, Piazza Fontana, Piazza della Loggia a Brescia, treno Italicus, stazione di Bologna, Rapido 904, sono tutti sostanzialmente liberi. E’ l’Italia spiazzante delle verità negate, raccontate da Biacchessi attraverso scene esemplari, flash su personaggi diversi tra loro ma uniti da un solo nome: ingiustizia. Sono tra gli altri Peppino Impastato, direttore di Radio Aut, assassinato da Don Tano Badalamenti; Giovanni Falcone e Paolo Borsellino uccisi dalla mafia politica. Un collage di fatti e storie, carichi di emozioni. “Il paese della vergogna” é un libro di Chiarelettere Editore. Il quadro sulla strage di via dei Georgofili é scritto da Raja Marazzini.

Santa mafia: il “viaggio” da Palermo a Duisburg ricostruito da una giornalista tedesca

Standard

Santa mafia di Petra ReskiPoco tempo fa era stata la volta A Milano comanda la ‘ndrangheta, scritto da Davide Carlucci e Giuseppe Caruso e uscito lo scorso settembre per Ponte alle Grazie. Sempre in tema di criminalità calabrese (ma non solo), per l’editore Nuovi mondi, è stato pubblicato anche un altro libro di recente, Santa mafia – Da Palermo a Duisburg: sangue, affari, politica e devozione della giornalista tedesca Petra Reski.

La ricostruzione di un mosaico di luoghi, persone e vicende che parte dalla Sicilia e sale seguendo le rotte della criminalità: Calabria, Campania, su fino al ricco nord-est. E poi ancora oltralpe, nella sua Germania, terra di elezione della mafia, dove non esiste il reato di associazione mafiosa e non sono ammessi l’uso intensivo delle intercettazioni e la confisca dei beni. Nell’edizione originale il libro è uscito censurato per volontà dell’autorità giudiziaria tedesca, intervenuta su richiesta di alcuni personaggi i cui nomi sono ben noti perché figurano nelle informative di polizia (sia italiane che tedesche), nei documenti giudiziari, in numerosi resoconti giornalistici. Tuttavia, di loro non si può parlare in un libro; la gente deve continuare a ignorare il problema. L’edizione italiana poteva scegliere di eliminare semplicemente queste parti del testo; invece ha deciso di riportare le medesime righe nere sulle parole che sono costate a Petra Reski intimidazioni e minacce. Perché il lettore abbia una chiara immagine del bavaglio con cui il potere cerca costantemente di ridurre al silenzio il giornalismo più coraggioso.

Il volume, righe nere o meno, è partito subito provocando qualche nervosismo, come accaduto nel caso di Marcello Dell’Utri, riportato qui, sul sito dell’editore. E una recensione è stata pubblicata da poco da Booksblog.

Flavio Carboni, uno snodo tra molte vicende italiane

Standard

Domani di Maurizio ChiericiAncor prima di essere tra i (peggiori o migliori) protagonisti della storia italiana, determinati personaggi sono snodi che compaiono in molte vicende del passato prossimo tricolore. Un esempio? Flavio Carboni, nato nel 1932 a Torralda, provincia di Sassari, e citato dalle cronache più recenti per le rivelazioni di Sabrina Minardi a proposito della scomparsa di Emanuela Orlandi. Chi segue la vicenda della cittadina vaticana scomparsa a quindici anni il 22 giugno 1983 saprà che l’ex pupa del boss della Magliana Enrico “Renatino” Pedis (quello della blasonata sepoltura nella basilica romana di Sant’Apollinare) ha detto – tra le varie affermazioni ritenute più o meno attendibili – che a Carboni sarebbe stata intestata una Bmw poi passata di proprietà ad altri della banda capitolina e usata per trasportare l’adolescente sparita nel nulla. Se è vero, si vedrà.

Ma c’è un’altra vicenda giudiziaria aperta che vede l’imprenditore sardo nel mirino di magistratura e carabinieri del nucleo ecologico. È quella che cerca le responsabilità di un sistema per lo smaltimento illegale di rifiuti. Un sistema che comprenderebbe anche l’abbandono abusivo di amianto in una discarica non attrezzata a Pomezia, nel Lazio, e che sul finire dell’estate scorsa ha portato in galera imprenditori e dirigenti pubblici arrivando a toccare immobiliaristi e manager sportivi. Il ruolo di Carboni, secondo le ipotesi formulate dagli inquirenti, sarebbe legato a un impianto a lui riconducibile, nato da una cava dismessa nei pressi di Calancoi, sempre nel sassarese, e in attesa di bonifica da parte dello Stato. Ma se anche su questa storia le attività investigative sono ancora in corso, ce ne sono altre più consolidate che possono raccontare la storia di questo personaggio-snodo.
Continue reading

Associazione vittime uranio: un’interpellanza al ministro della difesa

Standard

Chissà se il ministro della difesa risponderà a questa interpellanza pubblicata sul blog dell’Associazione Vittime Uranio firmata da Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci e Zamparutti:

Premesso che:

l’Associazione vittime uranio ha pubblicato sul suo sito http://www.vittimeuranio.com/ un elenco riportante 76 nomi di militari italiani morti per presunta contaminazione da uranio impoverito, citando solo i casi resi pubblici dai familiari attraverso le associazioni;

esistono documenti dai quali risultano 174 casi di militari morti e oltre 2.500 casi di militari affetti dalle citate patologie;

tali dati non comprenderebbero il personale non più in servizio al momento della morte e della malattia perché congedato o in pensione nonché mancherebbero i reduci della guerra del Golfo, della missione in Somalia, della missione in Bosnia e tutto il personale impiegato nei poligoni, su tutti quelli della Sardegna (Capo Frasca, Capo Teulada, Salto di Quirra);

il giorno 11 novembre 2009 è stata presentata la proposta di legge n. 2912 con la quale gli interroganti intendono promuovere l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato alle dipendenze dei Ministeri della difesa e dell’interno, che ha svolto il proprio servizio presso gli enti e i reparti delle Forze armate e delle Forze di polizia a decorrere dal 1980, con particolare attenzione agli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e della dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, ovvero da agenti contaminanti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché agli effetti e alle conseguenze derivanti dalle pratiche vaccinali e di profilassi a carico del personale civile e militare delle amministrazioni pubbliche e quelli derivanti dall’impiego dei sistemi d’arma e dei materiali in dotazione alle Forze armate e alle Forze di polizia;

questi dati sono preoccupanti già solo nella loro incompletezza e parzialità -:

quanti siano i militari italiani morti e malati per le patologie connesse all’uranio impoverito, reduci da tutte le missioni internazionali che si sono svolte dal 1980 ad oggi, e quanti morti o malati per le stesse patologie abbiano invece prestato la loro opera nei poligoni presenti sul territorio nazionale;

se il ministro interrogato in attesa che la proposta di legge in premessa compia il suo iter parlamentare, intenda effettuare una verifica sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato alle dipendenze dei Ministeri della difesa e dell’interno, che ha svolto il proprio servizio presso gli enti e i reparti delle Forze armate e delle Forze di polizia a decorrere dal 1980, con particolare attenzione agli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e della dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, ovvero da agenti contaminanti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché agli effetti e alle conseguenze derivanti dalle pratiche vaccinali e di profilassi a carico del personale civile e militare delle amministrazioni pubbliche e a quelli derivanti dall’impiego dei sistemi d’arma e dei materiali in dotazione alle Forze armate e alle Forze di polizia.(4-05560)

History Channel: un documentario su Gladio, l’esercito segreto

Standard

Qualche giorno fa, in prossimità del quarantesimo anniversario della strage di piazza Fontana, History Channel ha mandato in onda il documentario Gladio, l’esercito segreto. Questo è il primo episodio della puntata, suddisiva in sei file. Per vedere il seguito: 2, 3, 4, 5 e 6.

Per vedere altro sull’argomento, si dia un’occhiata anche al lavoro in tre episodi (The Ring Masters, The Puppeteers, The Foot Soldiers) realizzato nel 1992 da Allan Francovich per la BBC. Il video è in un inglese facilmente comprensibile e si inizia da qui.

Il generale Maletti e il tempo dei fatti declinati a rate

Standard

Domani di Maurizio ChiericiC’è un altro personaggio della recente storia italiana che nei giorni scorsi è tornato a far parlare di sé. Anzi, più precisamente, che ha preso la parola. Si definisce un esiliato per ragioni politiche, ma la verità è che il suo trentennale soggiorno in Sudafrica deriva da una condanna, divenuta definitiva, per i depistaggi alle indagini sulla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.

Si tratta del generale Gianadelio Maletti, classe 1921, ex capo del controspionaggio del Sid (Servizio informazioni difesa), che da Johannesburg continua a guardare ai fatti italiani e talvolta a ricevere compatrioti per raccontare il suo pezzo di storia della strategia della tensione (lo ha fatto con vari giornalisti, magistrati e con i componenti della commissione stragi).

Ma iniziamo dalla fine. Come probabilmente molti sanno, da un anno ormai è in corso a Brescia il nuovo processo per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Imputati sono Maurizio Tramonte, Carlo Maria Maggi, Pino Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi (la posizione di quest’ultimo, lo scorso maggio, è stata congelata per ragioni di salute). Ed è proprio in relazione a questo procedimento che torna in scena il generale Maletti. Il quale è in attesa di un salvacondotto che gli consenta di presentarsi, nei primi mesi del 2010, ai giudici lombardi per deporre.

In attesa di sapere se l’ex militare potrà rientrare nel Paese schivando qualsiasi conseguenza penale a suo carico, occorre fare una considerazione. E la considerazione è che la memoria – intesa in questo caso come “facoltà della mente di fare proprie esperienze e nozioni e di richiamarle al momento opportuno” (dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti) – è una capacità curiosa. Pensate un po’ a questo generale che, mentre erano in corso i fatti a cui ha contribuito direttamente, ha parlato sempre a mezza bocca, usando termini marginali, e oggi – a quarant’anni di distanza da piazza Fontana a trentacinque da piazza della Loggia – ripesca ricordi che penseresti irrecuperabili.
Continue reading

Aldo Balzanelli, Repubblica Bologna: pesi mediatici diversi a seconda del tipo di terrorismo

Standard

Ha radione Aldo Balzanelli, alla guida di Repubblica Bologna, quando nota che vari fatti stragisti sono attribuiti al terrorismo di sinistra mentre la matrice sta altrove. E chiedendosi quali siano le ragioni, prova a dare una risposta:

Oggi si scopre che i ragazzi pensano che anche la strage di piazza Fontana, come già quella di Bologna, sia opera delle Brigate Rosse. Mi sono chiesto perchè per i giovani tutto il terrorismo sia stato rosso e una spiegazione, forse, l’ho trovata. Il terrorismo rosso ha avuto una vasta copertura mediatica: servizi, interviste, approfondimenti, inchieste, ricordi, film, persino sceneggiati televisivi. Quello nero molto, molto meno. La ragione è che il terrorismo di destra ha galleggiato molto più di quello di sinistra in un pentolone affollato di servizi segreti, pezzi dello Stato. È sempre stato contaminato da rapporti oscuri con il potere “ufficiale”, con la criminalità organizzata, la massoneria. È sempre stato scomodo, insomma, parlarne, imbarazzante, e in molti dunque hanno preferito tacere, dimenticare, rimuovere. E così i ragazzi, a forza di sentir parlare solo di Brigate Rosse, si son fatti l’idea che anche a mettere le bombe nelle banche, sui treni e nelle stazioni siano stati i nipotini di Renato Curcio.

Per quanto riguarda i fatti del 2 agosto 1980, si veda questo servizio realizzato pochi mesi fa.