Piazza Fontana: ridare a una nazione la sua storia

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Alle 16.37 del 12 dicembre 1969, esattamente quarant’anni fa, si consumava la strage di piazza Fontana, conosciuta come la “madre di tutte le stragi”, che inaugurò dal punto di vista operativo (quello ideologico si era formato già anni prima) il cupo e sanguinoso periodo della strategia della tensione. A quattro decenni di distanza, chi sostiene che i fatti di piazza Fontana sono un mistero dice il falso o è male informato. Di quell’attentato si conoscono la matrice (Ordine Nuovo), i capri espiatori (gli anarchici e in primis Pino Pinelli e Pietro Valpreda), gli addentellati con l’intelligence nostrana e atlantica, le menzogne della politica e i tentativi di coprire le evidenze che emergevano dalle indagini a partire dal 1972.

Il lavoro che si deve fare oggi è invece quello di lavorare sui dettagli. È ciò che Simona Mammano e io abbiamo cercato di fare con Attentato imminente raccontando la storia di Pasquale Juliano, il poliziotto della questura di Padova che pagò durissimo il suo aver indagato con mesi di anticipo sulla strage sugli ordinovisti veneti. Juliano poteva evitare, forse, quei morti, ma lo fermarono. Non venne assassinato, come accadrà ad altri funzionari onesti dello Stato negli anni a seguire, ma fu fatto fuori professionalmente, gli venne impedito di fare ancora il suo lavoro mentre il lavoro già fatto veniva coperto di infamie.

I dettagli, si diceva. Ed è ciò che a tutt’oggi chiede Guido Salvini, adesso Gip a Milano e a partire dal 1989 giudice istruttore dei dibattimenti milanesi sui fatti del 12 dicembre 1969. Se la Cassazione nel 2005 ha posto fine all’iter giudiziario che vedeva imputati gli ordinovisti veneziani assolvendoli perché non era dimostrata la loro partecipazione alla strage (e aggiungeva che gli autori di quel massacro erano Franco Freda e Giovanni Ventura, però assolti per gli stessi fatti quasi vent’anni prima e dunque non più processabili), oggi si potrebbe tornare a indagare su qualche ulteriore tassello che aiuti a comporre un mosaico di cui già si vedono bene disegni e figure.
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Scala di grigio, terza puntata. Un normale eroe in divisa: Pasquale Juliano e piazza Fontana

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Domani, nel quarantesimo anniversario della strage del 12 dicembre 1969, alle 16.37 inizia su GNUFunk Radio la terza puntata di Scala di grigio – Ritratti di storie (rilasciata con licenza Creative Commons BY-SA). Si intitola Un normale eroe in divisa: Pasquale Juliano e piazza Fontana. Qui la puntata su Archive.org.

Fonti audio e brani musicali

Credits

Un ringraziamento a MSound.org e GNUFunk Radio per il supporto tecnico nella realizzazione di questa trasmissione.
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Ali Ağca, i suoi segreti per due milioni di euro

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Domani di Maurizio ChiericiSembra un periodo intenso, quello che ci si appresta a vivere a ridosso del quarantesimo anniversario di Piazza Fontana. Mentre la procura di Milano potrebbe aprire un nuovo fascicolo contro ignoti per i fatti del 12 dicembre 1969 grazie al ritrovamento di un’agenda di Giovanni Ventura, il neofascista trevisano che negli anni di piombo fu l’utile spalla (e forse qualcosa di più) dell’avvocato ordinovista Franco Freda, altre vicende legate ai misteri italiani si affacciano.

È infatti notizia di questi giorni una prossima scarcerazione eccellente. Quella di Mehmet Ali Ağca che – si apprende da fonti d’agenzia – tornerà (o dovrebbe tornare) libero il prossimo 18 gennaio. Probabilmente risulta superfluo ricordare che l’uomo, di origine turca, sparò il 13 maggio 1981 a Giovanni Paolo II e che per questo ha scontato un lungo periodo di detenzione prima di ottenere la grazia nel 2000 dall’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Ma il tempo passa e il terrorista, che oggi è alla soglia dei 52 anni, ha la possibilità di rifarsi una vita. Occorre pensare al futuro, deve aver pensato quando, dal carcere di Ankara, ha chiesto 2 milioni di euro per concedere l’esclusiva della prima intervista da uomo libero. E per tornare a vivere in Italia, dove forse avrà modo (sempre «per mercede?») di aggiungere fumo alle parole – raramente riscontrate da fatti – pronunciate in quasi tre decenni.

Vediamo dunque chi è e cosa ha detto Ağca in tutto questo arco di tempo per capire chi nei prossimi mesi camminerà forse in mezzo a noi. Condannato all’ergastolo (ma poi la pena verrà via via decurtata fino all’estinzione e all’estradizione in Turchia) per il tentato omicidio del pontefice dopo aver già ucciso in patria, il «lupo grigio» (soprannome derivato dall’organizzazione terroristica a cui apparteneva) si pone velocemente al centro di un complotto internazionale. Di certo il panorama che descrive è suggestivo: difeso d’ufficio dall’avvocato Marina Magistrelli, due volte senatrice per il centro-sinistra nel 2001 e nel 2006, secondo il racconto che il turco fa dei fatti, di mezzo ci sarebbero i servizi segreti bulgari (snocciola il nome del committente dell’omicidio, il militare Zilo Vassilev, di stanza nella capitale italiana) e complici mai confermati che avrebbero dovuti attivarsi nel caso di fallimento di Ağca. Fino ad addentrarsi in alcune delle vicende più impenetrabili della storia recente.
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Il 12 dicembre 1969 di Andrea Comotti: altra strada verso piazza Fontana

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12 dicembre 1972Cosa accadde il 12 dicembre 1969 lo racconta Vibrisse scrivendo di un libro parte da questa data:

Nicotrain è uno scrittore. Scrive gialli che sono storie di cui ha «assaporato dal di dentro umori e colori e dolori anche». I suoi libri danno soluzioni reali a casi non ancora risolti. Uno scrittore che è un po’ investigatore e un investigatore che vuole raccontare. Nicotrain realizza il suo sogno quando si compra una casa sul lago. Apre porte, esplora, misura. In un’intercapedine trova uno scatolone di fotografie. Guarda. Riconosce. Il luogo, l’occasione, persino alcune facce: Piazza Fontana. Quel 12 dicembre. C’era anche lui quel giorno, arrivato sul posto subito dopo l’esplosione, richiamato dalle voci che già correvano. Di bocca in bocca. Di sirena in sirena, per le vie di Milano. Primi piani. Dal passato riemergono quei personaggi strani che lui stesso aveva notato.

L’autore di questo romanzo è Andrea Comotti (qui la scheda completa del libro) e per leggerlo è sufficiente scaricarlo in versione integrale da qui (in formato pdf, 3,2 MB).

Alberto Muraro e Pasquale Juliano, coloro che vennero prima di piazza Fontana

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Pasquale JulianoAll’inizio la morte di Alberto Muraro, che precipita dal terzo piano, dove vive il neofascista Massimiliano Fachini, viene archiviata come un incidente a cui ha contribuito una ringhiera troppo bassa e dunque insicura. Così si autorizza la tumulazione senza che venga disposta l’autopsia. Nel 1973, però, quando la pista nera dello stragismo italiano prenderà corpo, i giudici Emilio Alessandrini e Gerardo D’Ambrosio riapriranno le indagini e accuseranno Massimiliano Fachini e Franco Freda di omicidio premeditato. I due, però, saranno prosciolti in istruttoria nel febbraio 1977. Nonostante non si sia mai dato un nome agli assassini del portinaio di Padova, oggi viene ricordato come una «vittima preventiva di piazza Fontana».

La voce delle vociPasquale Juliano, il commissario accusato dagli eversori veneti di accanimento investigativo nei loro confronti, impiegherà dieci anni per dimostrare la correttezza della sua condotta: sarà assolto in via definitiva il 23 maggio 1979. Nato ad Ostuni nel 1932, in quel decennio vedrà dimostrata più volte la sua innocenza, ma tra i vari gradi di giudizio e l’annullamento di sentenze precedenti, dovrà ripartire ogni volta da zero nella sua difesa. Quando a fine degli anni Settanta le sue traversie giudiziarie si concluderanno, si congederà dalla polizia e si darà alla professione di avvocato fino al 1998, anno in cui muore. Avrebbe potuto evitare la strage di piazza Fontana, gli verrà chiesto nel 1996 da un cronista dell’Avvenire dopo aver raccontato la sua storia al giudice Guido Salvini? «Non lo so – risponderà –, ma stavo andando nella direzione giusta. E questo non andava bene. Non voglio certo quel monumento che mi promisero, ma almeno qualcuno potrebbe ricordarsi di me e dirmi “Juliano, ci scusi, lei aveva ragione”».
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Alberto Muraro, la vittima “preventiva” di piazza Fontana

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Alberto Muraro, la vittima preventiva di piazza FontanaAlle 7 del mattino, nello stabile di piazza dell’Insurrezione, a Padova, l’attività della coppia di custodi è già iniziata e a quell’ora le pulizie dovrebbe essere concluse. Eppure il 13 settembre 1969 la signora Onorina non ha ancora visto il marito far rientro in guardiola. Strano, deve aver pensato. E così lascia il piccolo locale che affaccia sul portone e va a controllare che sia tutto a posto. Esce, dunque, e l’altra stranezza che nota è la pattumiera, abbandonata all’ingresso. Suo marito, invece, quando spazzava e i pavimenti dell’edificio, se ne portava dietro due, sempre insieme.

Pochi passi ancora e la signora Onorina trasecola. Alberto Muraro, suo marito, ex carabiniere e poi portinaio di quello stabile, giace in fondo alla tromba dell’ascensore. E la donna capisce subito che è morto dopo essere volato da chissà quanti metri. «Ecco, è successo, Alberto l’aveva detto». È vero. La morte di Alberto Muraro è una profezia che si avvera. Solo qualche giorno prima si era confidato con un amico. «Va a finire che mi troverete precipitato dentro la tromba dell’ascensore o delle scale dopo che mi hanno dato una legnata in testa». Anche la legnata fa parte della profezia avveratasi perché la botta c’è davvero e non nel punto in cui il capo ha impattato con il pavimento.

Ma chi può voler morto un uomo tranquillo che, congedatosi dalla vita militare, si ritira a fare un lavoro certo faticoso, ma in genere privo di avventure? Alberto Muraro non è solo un portinaio, è anche un testimone. L’unico testimone di un fatto all’apparenza banale, ma che avrebbe forse potuto cambiare il corso degli anni a seguire, quelli che vanno sotto la definizione di strategia della tensione.

Due giorni dopo la sua morte, il 15 settembre 1969, avrebbe infatti dovuto presentarsi al procuratore della Repubblica di Padova, Aldo Fais, per raccontare di nuovo l’episodio a cui aveva assistito. Risaliva al 16 giugno precedente. Verso le 7 di sera, mentre Muraro era seduto in guardiola, di fronte a lui era passato un giovane. Entrava e con fare disinvolto, come se conoscesse l’edificio, si era diretto verso i piani superiori. Proprio perché sembrava conoscere la sua destinazione, il portinaio non l’aveva fermato e forse non si sarebbe nemmeno ricordato di lui se non fosse stato per la camicia a fiori che il ragazzo indossava senza giacca. Tre quarti d’ora dopo circa lo aveva visto di nuovo. Stava uscendo, questa volta, e in mano teneva un pacco avvolto nella carta.
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Storie nell’ombra: parte domenica prossima con il caso dell’istituto Salvemini

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Storie nell'ombraDomenica prossima, 6 dicembre, si inizia con Storie nell’ombra. Viaggio negli enigmi bolognesi, la rassegna curata con Riccardo Marchesini in collaborazione con Giostrafilm. Un appuntamento al mese, fino a marzo, all’interno della stagione Sguardi del Teatro Biagi D’Antona di Castelmaggiore (via La Pira 54). Di seguito date e argomenti che verranno affrontati.

  • Domenica 6 dicembre 2009, ore 17 – 6 dicembre 1990: un aereo militare sulla scuola Salvemini. Dodici ragazzi di sedici anni tra le vittime e quattro gravi feriti, tre studenti e un insegnante. È il bilancio di uno dei più gravi incidenti provocati da mezzi militari a scapito della popolazione civile, insieme alla strage di Ustica del 27 giugno 1980 e del Cermis del 3 febbraio 1998: un aviogetto militare che si abbatte sulla succursale dell’istituto tecnico “Salvemini” durante un addestramento. A fronte di un evento così grave, seguirà un iter processuale deludente e l’umiliazione dei familiari delle vittime.
    Ospiti: Simona Lembi, assessore alla scuola del comune di Bologna ed ex studentessa dell’istituto Salvemini; Roberto Alutto, associazione parenti vittime Istituto Salvemini; Gianni Devani, ex assessore di Casalecchio di Reno e ai tempi vice-preside dell’istituto.
    Letture: Francesca Mazza
  • Domenica 24 gennaio 2010, ore 17 – Il caso Nigrisoli: la clinica della paura. La sera del 14 marzo 1963 Ombretta Caleffi, moglie di Carlo Nigrisoli, figlio del titolare di una nota casa di cura bolognese, viene trovata morta nel suo appartamento. E’ l’inizio del giallo del curaro, che dividerà in innocentisti e colpevolisti l’opinione pubblica bolognese, in modo analogo a quanto avvenuto alcuni decenni prima con il delitto Murri. Nel febbraio del 1965 Carlo Nigrisoli, che si è sempre proclamato innocente, verrà condannato all’ergastolo.
    Ospiti: Marilù Oliva, docente e scrittrice; Nathalie Dodd, operatrice culturale e scrittrice; Roberto Landi, avvocato della difesa di Carlo Nigrisoli.
    Letture: Elisa Rampon
  • Domenica 21 febbraio 2010, ore 17 – Da Mamma Ebe a Vanna Marchi: gli imbrogli dell’occulto. Maghi, fattucchieri, guaritori e santoni: le cronache hanno raccontato di frequente raggiri, tecniche di convincimento, leve esercitate su vittime fragili che spesso non hanno strumenti contro chi vuole sfruttare buona fede e una dose di credulità. I casi di Mamma Ebe, esploso nel 1984, e quello di Vanna Marchi, in attesa di giudizio definitivo, sono le due vicende che ci porteranno in un mondo dove imbrogli e fregature sono una minaccia costante.
    Ospiti: Cristiano Governa, giornalista e scrittore; Carmelo Pecora, scrittore ed ex poliziotto.
    Letture: Angela Malfitano
  • Domenica 28 marzo 2010, ore 17 – Paura a Bologna, storia di cinque rapimenti. Sempre più di frequente, negli anni Ottanta Bologna si fa teatro di crimini e violenze di varia matrice. La cittadinanza è sotto shock, si barrica nelle case, installa inferriate e sistemi d’allarme che non appaiono però sufficienti a fermare la ferocia senza scrupoli dell’anonima sequestri. Nel giro di pochi anni vengono messi a segno cinque rapimenti, con modalità ed esiti diversi: solo cinque giorni per il giovane Francesco Segafredo, “re del caffè”; oltre tre mesi per la bella e fragile Ludovica Rangoni Machiavelli, che si rivela ben presto un ostaggio “sbagliato”; 67 giorni e una ferita difficile da rimarginare per Patrizia Bauer; fino ai ben più tragici episodi, terminati con la morte, di Alessandro Fantazzini ed Eugenio Gazzotti. Cinque storie di paura raccontate dai protagonisti dell’epoca.
    Ospiti: Achille Melchionda, avvocato e scrittore; Vittorio Di Santo, investigatore privato ed ex appartenente all’Arma dei carabinieri

Per portare a galla i veleni, in.fondo.al.mar, infovisualizzazione delle navi affondate

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in.fondo.al.mar

Si dia un’occhiata a in.fondo.al.mar – porta i veleni a galla:

in.fondo.al.mar è un progetto di infovisualizzazione sui fatti riguardanti le navi affondate nel Mediterraneo con il loro carico di rifiuti tossici. Il progetto intende “portare i veleni a galla”, aiutando a fare chiarezza sulla vicenda. Il sito raccoglie e mette a disposizione dati pubblici ed inediti sugli incidenti, fornisce una mappa che mostra i luoghi degli affondamenti sospetti, una cronologia degli incidenti, ed una serie di statistiche e schede informative sulle navi sospette. in.fondo.al.mar è un progetto in evoluzione, che è soggetto a correzioni ed aggiornamenti ed è aperto ai contributi dei visitatori ed esperti nel campo.

E qui viene spiegato da dove arrivano i dati. Per contributi, correzioni e suggerimenti c’è una pagina apposita.

(Via Ultimo)

Osservatorio Balcani: un dossier sulla popolazione gay nel sud-est europeo

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Gay Pride Belgrade

Racconta Osservatorio Balcani a proposito di LGBTIQ Between the State and the EU:

Il 2009 è stato segnato per la popolazione LGBT e queer nel sud-est Europa da un lato da episodi di violenze e intimidazioni (in particolare durante le principali manifestazioni dai Pride in Serbia e Slovenia al festival queer di Sarajevo), senza prese di posizione da parte di amministrazioni locali e Stati nazionali. Dall’altro, pressioni sovranazionali e aspirazioni all’integrazione europea hanno portato all’avanzamento e/o all’approvazione di proposte legislative di stampo progressista. In questo quadro di sviluppi stonati e contrastanti, la popolazione LGBT e queer dei Balcani si ritrova al crocevia tra visibilità e invisibilità, contesto domestico ostile e speranze europee, progresso formale e paure concrete. OBC raccoglie in questo dossier cronache, interviste e analisi dedicate agli sviluppi dell’universo arcobaleno balcanico, al rapporto con le istituzioni internazionali e al ruolo della cooperazione.

Ecco dunque di seguito il dossier Tra stato ed Europa. LGBT e queer nei Balcani. Per quanto riguarda i casi citati nella presentazione: La notte dei cristalli di Sarajevo, Belgrado sotto assedio e Sassi sul Gay pride. Infine un reportage di Jasmina Tešanović dalla capitale serba in occasione del Gay Pride era stato pubblicato un paio di mesi fa. Si intitolava Belgrado, Milosevic, il gay pride e l’opposizione del passato recente.