Una recensione dal Fatto Quotidiano: “Quando il faccendiere si traveste da giornalista”. Identikit della fauna umana in un mondo particolare

Standard

Il faccendiereMaurizio Chierici, sul Fatto Quotidiano oggi in edicola, parla del libro Il faccendiere (Il Saggiatore) mettendolo a confronto con un altro di recente uscita, L’uomo che sussurra ai potenti (Chiarelettere), scritto dall’ex giornalista (tra i tanti lavori svolti) Luigi Bisignani e Paolo Madron, direttore ed editore di Lettera43. Scrive Chierici:

I ragazzi non trovano lavoro e la tentazione di infilarsi nella scia dei potenti può affascinare i cuori disperati. Non è una carriera per tutti. Apprendistato severo fra comprimari che sgomitano nelle reti ambigue di chi conta. Si allargano in politica e negli affari, inventano e “fingono di sapere, mescolano il falso al vero per stupire”, [si] racconta nel Faccendiere, biografia di Elio Ciolini, l’uomo che sapeva tutto, Il Saggiatore. Senza lo specchio dei giornali o sussurri dei talk show, il faccendiere non può far strada nel mercato delle notizie, labirinto dalle mille scorciatoie controllate dalle confraternite di qualche ufficio segreto. Travestirsi da giornalista “bene informato” è la risorsa che continua a funzionare. Cortigiani di Gelli e robot di Berlusconi: l’abitudine non cambia. Piduisti accampati attorno ai governi o manovalanze che depistano le stragi […]. Imbroglioni per vocazione o poveracci dall’obbedienza pronta e assoluta?

Continua qui con l’articolo completo.

“Il faccendiere” su QN: “Gli anni delle stragi raccontati da un depistatore”

Standard

Il faccendiereInnanzitutto un augurio al giornalista Gerardo Bombonato perché possa riprendersi presto. E poi la segnalazione della sua recensione “Gli anni delle stragi raccontati da un depistatore” al libro Il faccendiere (Il Saggiatore) uscita sabato 1 giugno sulle pagine Il caffè del week end di QN:

Di tanto in tanto rispuntano. E ci fanno ripiombare nel passato più buio della storia d’Italia: anni delle stragi e delle bombe. Una spy story con tutti gli ingredienti: massoni potenti e logge coperte, servizi segreti e destra eversiva, politici in odore di mafia e Cosa nostra. Basta metterli in fila, ma non se ne viene mai a capo. Nemmeno dopo 30/40 anni. E i burattinai restano nell’ombra. Nove mesi fa viene arrestato in Romania ed estradato in Italia, Elio Ciolini, l’instancabile depistatore della strage di Bologna. Una ‘carriera’ trentennale snodatasi in mezzo mondo con la copertura, di volta in volta, dei servizi francesi, americani, italiani, che ha occupato le cronache dagli Anni 80 in poi. Ciolini ha parlato tanto e di tutto, guadagnandosi la nomea di ‘pataccaro’. Ma non c’è giudice che non sia corso ad ascoltarlo in un carcere o nell’altro. Chi è Ciolini? Come ha fatto a prendere per il naso giudici e barbe finte per tanto tempo? Chi lo manovrava? Su che libro paga era?

Qui il pdf con l’articolo completo. Un’altra segnalazione è uscita tra i Consigli da librai di Ultimabooks.

“Moro è stato lasciato morire”, il giudice Imposimato (oggi avvocato di Maria Fida Moro) insiste nella ricerca della verità

Standard

L'urlo di maggio - Foto di Antonella BeccariaDomani, il giornale online diretto da Maurizio Chierici, ha chiuso lo scorso 30 dicembre, quando è stato pubblicato l’ultimo numero. Questo è l’articolo con cui si è chiusa quell’avventura.

Sulle pagine di Domani qualche segreto di Stato rimasto irrisolto lo si è raccontato. È accaduto con la rubrica con cui ho iniziato la collaborazione, nel dicembre 2009, I peggiori protagonisti della nostra vita, e si è continuato anche altrove. C’è una pagina, di questa storia e di queste storie recenti, che rimane aperta e che ha quasi trentaquattro anni. Li compirà il prossimo 16 marzo, anniversario del sequestro di Aldo Moro, il presidente della Dc ucciso cinquantacinque giorni dopo, della strage di via Fani.

A riaprire le pagine di una vicenda rimasta in parte irrisolta è stata nel 2008 una testimonianza di un militare che sostenne di essere stato in via Montalcini 8 tra il 23 aprile e l’8 maggio 1978. Con lui ci sarebbe stato un contingente pronto a fare irruzione nel covo brigatista dove Aldo Moro era tenuto prigioniero, ma – ha raccontato il testimone – alla vigilia dell’eliminazione dello statista sarebbe giunto l’ordine di smobilitare. Quello stesso anno la procura di Roma aprì un fascicolo d’indagine destinato però a non vedere un nuovo processo.

Domani di Maurizio ChiericiDi fronte al gip di Roma, infatti, a novembre si è discusso della sua archiviazione. Anzi, dell’opposizione presentata a metà dell’estate 2011 da Ferdinando Imposimato, presidente onorario della Cassazione e già giudice che seguì dal 1978 al 1984 l’istruttoria sul caso Moro. Oggi è l’avvocato che rappresenta Maria Fida Moro, che ha firmato a sua volta l’opposizione, e nel documento di 26 pagine c’è una richiesta specifica: che si continui a indagare su quello che accadde in via Montalcini. E soprattutto su ciò che non accadde.
Continue reading

Il signor Billionaire: il lato non raccontabile di una testa calda di Cuneo che approda al jet set internazionale

Standard

Il signor BillionaireLe cronache mondane, quelle sportive e talvolta anche quelle giudiziarie tendono a cristallizzare un personaggio nell’istante in cui viene raccontato: lo yatch, l’aereo privato, le scuderie di un gran premio di Formula Uno, il pancione della giovanissima e bellissima compagna in attesa dell’erede. Flavio Briatore, per la maggior parte dei giornali, è sempre stato Flavio Briatore, con i club per ultra-vip sulle coste della Sardegna, il costante trasudamento di denaro anche nelle istantanee che lo ritraggono nelle mise più sgarruppate, gli scandali e scandaletti a suon di favori sessuali e spionaggio industriale in cui ogni tanto lui e il suo entourage sono inciampati.

Ma anche dietro Flavio Briatore c’è un passato non così limpido. Tre giovani giornalisti, già fattisi conoscere per il libro-intervista Piazza Fontana. Noi sapevamo al generale del Sid Gianandelio Maletti, quel passato lo hanno raccontato nel libro Il signor Billionaire. Ascesa, segreti, misteri e ‘coincidenze’ (Aliberti Editore). Avvalendosi dei vecchi e rodati strumenti del mestiere, Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma sono andati a scavare dall’inizio, da dove tutto cominciò. Era la Cuneo degli anni Settanta, dove il “Tribüla”, soprannome di un giovane e iroso Briatore, inizia la sua carriera tra assicurazioni, locali pubblici e acerbe attività imprenditoriali che finiscono male. Ci sono i soci di quegli anni, come Attilio Dutto, morto ammazzato il 21 marzo 1979 dalla sua auto che salta per aria. Un attentato a cui Flavio scampa per il proverbiale miracolo, un ritardo di un quarto d’ora.

Ma ci sono i contatti anche con futuri indagati per fatti di mafia, c’è il gioco d’azzardo che diventa una professione, una specie di “butta dentro” ai tempi in cui Briatore si dava da fare per trovare clienti per i casinò e intascarsi la sua fetta sulle perdite degli sventurati (tra cui il suo stesso socio e amico Dutto). E poi c’è un altro socio in affari, Lorenzo Streri, che sparisce nel nulla e altrettanto nel nulla spariscono i suoi averi mobili, pari a una quindicina di miliardi scomparsi insieme ai trenta già spariti dopo l’auto saltata per aria.
Continue reading

Piazza Fontana: Vinciguerra prende la parola dopo il libro-intervista al generale Maletti

Standard

Piazza Fontana. Noi sapevamoDopo l’uscita del libro Piazza Fontana. Noi sapevamo scritto da Nicola Palma, Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato (lunga intervista al generale del Sid Gianadelio Maletti, a capo del controspionaggio, di cui era detto qui) qualche reazione si è avuta. La reazione è di Vincenzo Vinciguerra, all’ergastolo per la strage di Peteano del 31 maggio 1972 e gola profonda dell’eversione neofascista italiana (spaziando anche verso Gladio), riportata in due post pubblicati sul blog dell’editore, Aliberti.

Sono Furbi, anzi furbissimi e Il passato che non passa in cui si legge che:

Triste sorte, quella di un Paese dove bisogna attendere la morte degli ultimi delinquenti rimasti in vita per conoscere le malefatte di cui sono stati co-protagonisti in passato. Ma senza bisogno di attendere la morte di Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani, il generale Arnaldo Ferrara, Giorgio Napolitano e altri oggi ottantenni e novantenni disperatamente attaccati alla vita, e spesso anche alla poltrona, possiamo dire che la verità ormai si conosce ma nessuno vuole trarne le doverose conseguenze.

Ma oltre a citare ex e attuali notabili democristiani, il neofascista in carcere fa il nome anche del ministro della difesa in carica, Ignazio La Russa, accostandolo a quanto scrisse il bandito Renato Vallanzasca quando «parlò di un dirigente missino di Milano che pagava la malavita per far mettere bombe e, senza farne il nome, specificò che in quel momento ricopriva un’alta carica istituzionale».

Piazza Fontana: loro sapevano. Le memorie del generale Maletti. E anche quelle di Maggi

Standard

Piazza Fontana. Noi sapevamoA pagina 11 del Fatto Quotidiano di oggi viene pubblicato un articolo intitolato Piazza Fontana. “Quell’arsenale ripulito dai carabinieri” (il link consente di scaricare l’articolo in formato pdf, 794MB). Si riferisce al lavoro fatto da tre giornalisti, Nicola Palma, Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato, che sono andati in Sudafrica a intervistare il generale Gianadelio Maletti. Un primo risultato di quei tre giorni a contatto con l’ex capo del controspionaggio del Sid era l’intervista in video già segnalata qui. Ora invece (e a questo si riferisce l’articolo del Fatto), esce il libro Piazza Fontana. Noi sapevamo – Golpe e stragi di Stato. Le verità del generale Maletti (Aliberti Editore):

Il generale per la prima volta apre i suoi archivi, allungando un’ombra inquietante sulla matrice americana della strage e facendo importanti rivelazioni sull’esplosivo usato a piazza Fontana, sul percorso delle bombe e sul commando («Io so i loro nomi»), composto da elementi legati all’eversione nera veneta. Gli autori dell’intervista sono riusciti a individuare uno di loro, cosa che né la magistratura né la stampa erano mai state in grado di fare.

Maletti riferisce di un coinvolgimento americano anche nel golpe Borghese e nella strage di piazza della Loggia, che sarebbe stata eseguita da neofascisti «della stessa covata di piazza Fontana». Tra coloro che sapevano di questa strategia, figurano i nomi di Giulio Andreotti e del presidente Saragat, insieme ad altri personaggi minori: uno di questi, assicura Maletti, era ministro nel penultimo governo Berlusconi.

Da segnalare anche un’altra uscita, risalente questa volta allo scorso gennaio. È un libro pubblicato dall’Editoriale Chiaravalle che si intitola L’ultima vittima di Piazza Fontana. L’ultima vittima – anche se suona non di poco impudente – dovrebbe essere dunque il suo autore, Carlo Maria Maggi, uno dei leader di Ordine Nuovo del nord-est che, come si viene a sapere dal sottotitolo, “racconta la sua verità”. Per leggere di più a proposito di questa pubblicazione, si può dare un’occhiata qui.

Il “non detto” del generale Maletti e il “detto” del processo di Brescia

Standard

Dice e non dice, pur parlando molto e innervosendosi anche, il generale Gianadelio Maletti, in questa intervista realizzata per il quarantesimo anniversario della strage di piazza Fontana da Nicola Palma, Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato e prodotta da Francesco Virga e Gianfilippo Pedote per Mir Cinematografica. Il video sopra riportato è il primo di tre parti: qui il secondo e qui invece il terzo. Una porzione del materiale era stata messa online lo scorso 12 dicembre con un’intervista pubblicata sull’Espresso (gli autori sono gli stessi del video) e un breve estratto in voce. Grazie a Ivan Carozzi per la segnalazione del materiale su Youtube.

Per quanto riguarda l’ex direttore del Sid – riparato in Sudafrica trent’anni fa per sfuggire a una condanna per fatti legati alla strage piazza Fontana – probabilmente non verrà in Italia per testimoniare a Brescia, dove è in corso il processo per la bomba di piazza della Loggia. Ma di lui si è parlato negli ultimi giorni su Brescia Oggi: «Un golpe a Campione Buzzi lo sapeva» e Tramonte, il silenzio della «spia qualificata».

Il generale Maletti e il tempo dei fatti declinati a rate

Standard

Domani di Maurizio ChiericiC’è un altro personaggio della recente storia italiana che nei giorni scorsi è tornato a far parlare di sé. Anzi, più precisamente, che ha preso la parola. Si definisce un esiliato per ragioni politiche, ma la verità è che il suo trentennale soggiorno in Sudafrica deriva da una condanna, divenuta definitiva, per i depistaggi alle indagini sulla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.

Si tratta del generale Gianadelio Maletti, classe 1921, ex capo del controspionaggio del Sid (Servizio informazioni difesa), che da Johannesburg continua a guardare ai fatti italiani e talvolta a ricevere compatrioti per raccontare il suo pezzo di storia della strategia della tensione (lo ha fatto con vari giornalisti, magistrati e con i componenti della commissione stragi).

Ma iniziamo dalla fine. Come probabilmente molti sanno, da un anno ormai è in corso a Brescia il nuovo processo per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Imputati sono Maurizio Tramonte, Carlo Maria Maggi, Pino Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi (la posizione di quest’ultimo, lo scorso maggio, è stata congelata per ragioni di salute). Ed è proprio in relazione a questo procedimento che torna in scena il generale Maletti. Il quale è in attesa di un salvacondotto che gli consenta di presentarsi, nei primi mesi del 2010, ai giudici lombardi per deporre.

In attesa di sapere se l’ex militare potrà rientrare nel Paese schivando qualsiasi conseguenza penale a suo carico, occorre fare una considerazione. E la considerazione è che la memoria – intesa in questo caso come “facoltà della mente di fare proprie esperienze e nozioni e di richiamarle al momento opportuno” (dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti) – è una capacità curiosa. Pensate un po’ a questo generale che, mentre erano in corso i fatti a cui ha contribuito direttamente, ha parlato sempre a mezza bocca, usando termini marginali, e oggi – a quarant’anni di distanza da piazza Fontana a trentacinque da piazza della Loggia – ripesca ricordi che penseresti irrecuperabili.
Continue reading