“La tredicesima ora”: questa sera Lucarelli racconta la storia di Lucia Annibali, simbolo della violenza contro le donne

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La tredicesima ora

Ottava e ultima puntata per la trasmissione La tredicesima ora di Carlo Lucarelli. Questa sera alle 23 circa, su RaiTre, raccontiamo la storia di Lucia Annibali:

[È] la giovane donna che nell’aprile del 2013 è stata sfigurata con l’acido da due uomini su ordine del suo ex compagno. L’avvocatessa di Pesaro, proprio per il coraggio e la forza con cui ha reagito alle terribili conseguenze fisiche e psicologiche dell’aggressione, è diventata il simbolo di tutte quelle donne che si ribellano alla violenza maschile che troppo spesso finisce con quello che abbiamo cominciato a chiamare “femminicidio”.

L’8 marzo di quest’anno, infatti, ha ricevuto dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’onorificenza di Cavaliere. Attraverso la testimonianza in prima persona di questa donna coraggiosa il racconto della possibilità di una seconda vita. Lucia è riuscita a trasformare un avvenimento terribile, che l’ha cambiata profondamente, in una scelta di riscatto e di amore per se stessa e per gli altri.

“Napolitano. Il capo della banda”: un libro sul presidente che fu il migliorista preferito dal repubblicano Henry Kissinger

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Una lettura che si preannuncia interessante è quella che reca la firma del giornalista Ugo Maria Tassinari. Si tratta del libro in uscita per Edizioni Sì di Cesena e intitolato, senza troppe possibilità di fraintendimento sul contenuto, Napolitano. Il capo della banda:

Da dove viene, quali sono le idee, quali sono le frequentazioni del nostro presidente della Repubblica? Perché è diventato il Grande Vecchio di un regime corrotto, controllato da poteri occulti e centrali estere, finanziarie e politiche? Perché ha potuto muoversi ben oltre la lettera e lo spirito della Costituzione, godendo di ogni appoggio e copertura da parte dei maggiori leader politici italiani e stranieri? Perché Kissinger lo considera ‘il suo comunista preferito’? Perché sostiene il Nuovo Ordine Mondiale, considera la scelta dell’euro irreversibile, ritiene l’alleanza fra destra e sinistra la naturale evoluzione dei sistemi politici parlamentari? Perché ha fatto distruggere i nastri delle sue telefonate con Mancino invece di renderle pubbliche? Perché ha fatto cadere Berlusconi, nonostante la lunga alleanza, perché sceglie i presidenti del consiglio senza riguardo alla volontà popolare? Perché… Ai molti perché legati alla sua carriera ormai sessantennale risponde con puntualità questo libro tanto chiaro quanto documentato.

La prefazione è del “il reporter per caso” Salvo Mandarà

Davide Cervia: i figli scrissero a Napolitano per chiedere che la storia del padre non venisse dimenticata. E la risposta?

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Davide CerviaGià nel novembre 2011 è stato inviato un Domani è stato pubblicato un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di Erika e Daniele Cervia, figli di Davide Cervia, ex sergente della marina scomparso da Roma il 12 settembre 1990, esattamente 23 anni fa. Ma la risposta del Quirinale, occupato sempre dallo stesso inquilino? Giova quindi ricordare per intero il testo spedito al Colle.

Egregio Signor Presidente Napolitano, siamo Erika e Daniele, figli di Davide Cervia, ex sergente della Marina rapito (sentenza n°2/98 Procura Generale Corte d’Appello di Roma) alle porte di Roma il 12 settembre 1990, alla vigilia della prima guerra del Golfo. Prima di citarle i motivi che ci hanno spinto a scriverLe questa lettera, vogliamo riassumere brevemente chi è Davide Cervia.

Nostro padre si arruolò in Marina, come volontario, nel 1978 e frequentò il corso per ETE/GE (Tecnici elettronici/Guerra elettronica) presso Mariscuole di Taranto dove fu l’unico a conseguire tutti i brevetti previsti per i tecnici elettronici: ECM (Contromisure elettroniche disturbo emissioni radio altrui), ESM (Ricerca segnali comunicazioni radar), ECCM (Disattivazioni disturbo nemico). Studiò insieme ad altri tecnici in una palazzina a piano terra: per l’ingresso c’erano combinazioni segrete e cassaforti per ogni allievo per riporci i documenti; la brutta copia degli appunti doveva essere distrutta con il tritacarta e bruciata in appositi inceneritori. Dal corso in questione uscirono circa 20 tecnici, di cui uno solo era un GE.

Nel 1980 venne trasferito a La Spezia dove, insieme ad altri tecnici, curò il montaggio di apparecchiature segretissime del sistema “Albatros” sulla nave “Maestrale”, gioiello della flotta italiana. Fu l’unico ad occuparsi della manutenzione delle apparecchiature in questione, costruite da almeno 20 aziende differenti. Poiché i sofisticatissimi armamenti elettronici della nave “Maestrale” erano sconosciuti perfino agli istruttori della Marina, frequentò dei corsi di perfezionamento presso due importanti aziende belliche (SMA di Firenze e Selenia di Roma) diventando lui stesso istruttore e uno dei massimi specialisti in sistemi d’arma elettronici: tra i primi 10 in Europa e il migliore in Italia.
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Per Napolitano, il “giornalismo d’inchiesta impedisce gravi danni alla collettività”

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Da un lancio di questa mattina dell’Agi, Napolitano: in Italia ci vuole più giornalismo d’inchiesta

(AGI) – Roma, 11 nov. – Giorgio Napolitano chiede che il mondo dell’informazione torni a fare giornalismo d’inchiesta, perché è uno dei modi per impedire gravi danni alla collettività. “Le responsabilità dell’informazione sono tante”, ha detto visitando la sede de “Il Mattino di Padova”, “è importante fare un bilancio sul giornalismo d’inchiesta, è molto importante stare sulla realtà. Da quanto tempo non abbiano grandi inchieste?”. Napolitano ha citato il caso delle alluvioni di questi giorni in Veneto. “È dal ’66 che in Italia non si fa più una grande inchiesta sul dissesto idrogeologico”.

E intanto allora la segnalazione di un blog, Storie che non devono essere raccontate – Il giornalismo minacciato, che è anche il titolo di un convegno in corso a Urbino.

Piazza Fontana: Vinciguerra prende la parola dopo il libro-intervista al generale Maletti

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Piazza Fontana. Noi sapevamoDopo l’uscita del libro Piazza Fontana. Noi sapevamo scritto da Nicola Palma, Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato (lunga intervista al generale del Sid Gianadelio Maletti, a capo del controspionaggio, di cui era detto qui) qualche reazione si è avuta. La reazione è di Vincenzo Vinciguerra, all’ergastolo per la strage di Peteano del 31 maggio 1972 e gola profonda dell’eversione neofascista italiana (spaziando anche verso Gladio), riportata in due post pubblicati sul blog dell’editore, Aliberti.

Sono Furbi, anzi furbissimi e Il passato che non passa in cui si legge che:

Triste sorte, quella di un Paese dove bisogna attendere la morte degli ultimi delinquenti rimasti in vita per conoscere le malefatte di cui sono stati co-protagonisti in passato. Ma senza bisogno di attendere la morte di Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani, il generale Arnaldo Ferrara, Giorgio Napolitano e altri oggi ottantenni e novantenni disperatamente attaccati alla vita, e spesso anche alla poltrona, possiamo dire che la verità ormai si conosce ma nessuno vuole trarne le doverose conseguenze.

Ma oltre a citare ex e attuali notabili democristiani, il neofascista in carcere fa il nome anche del ministro della difesa in carica, Ignazio La Russa, accostandolo a quanto scrisse il bandito Renato Vallanzasca quando «parlò di un dirigente missino di Milano che pagava la malavita per far mettere bombe e, senza farne il nome, specificò che in quel momento ricopriva un’alta carica istituzionale».