“Napolitano. Il capo della banda”: un libro sul presidente che fu il migliorista preferito dal repubblicano Henry Kissinger

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Una lettura che si preannuncia interessante è quella che reca la firma del giornalista Ugo Maria Tassinari. Si tratta del libro in uscita per Edizioni Sì di Cesena e intitolato, senza troppe possibilità di fraintendimento sul contenuto, Napolitano. Il capo della banda:

Da dove viene, quali sono le idee, quali sono le frequentazioni del nostro presidente della Repubblica? Perché è diventato il Grande Vecchio di un regime corrotto, controllato da poteri occulti e centrali estere, finanziarie e politiche? Perché ha potuto muoversi ben oltre la lettera e lo spirito della Costituzione, godendo di ogni appoggio e copertura da parte dei maggiori leader politici italiani e stranieri? Perché Kissinger lo considera ‘il suo comunista preferito’? Perché sostiene il Nuovo Ordine Mondiale, considera la scelta dell’euro irreversibile, ritiene l’alleanza fra destra e sinistra la naturale evoluzione dei sistemi politici parlamentari? Perché ha fatto distruggere i nastri delle sue telefonate con Mancino invece di renderle pubbliche? Perché ha fatto cadere Berlusconi, nonostante la lunga alleanza, perché sceglie i presidenti del consiglio senza riguardo alla volontà popolare? Perché… Ai molti perché legati alla sua carriera ormai sessantennale risponde con puntualità questo libro tanto chiaro quanto documentato.

La prefazione è del “il reporter per caso” Salvo Mandarà

“Il quotidiano del muretto”: in un film di Riccardo De Sanctis la storia del “manifesto” in settanta minuti

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Il quotidiano del muretto:

un film di 70 minuti di Riccardo De Sanctis per uno sguardo curioso e appassionato dentro il manifesto, il quotidiano col cuore che batte tutto a sinistra. I redattori del giornale e alcune firme storiche, da Valentino Parlato a Luciana Castellina a Stefano Rodotà, passando per Ermanno Rea, Piero Bevilacqua, Enrico Pugliese, raccontando le sfide e le speranze di un’esperienza politica, editoriale e umana straordinaria. Oggi che la rivoluzione digitale sta trasformando il panorama dell’editoria mondiale, la sfida del manifesto è ancora più difficile: raccontare la realtà con indomito spirito partigiano, continuare a essere Davide contro i giganti Golia dell’informazione.

“Gli intrighi di una Repubblica”: tra San Marino e l’Italia una storia che parte dalla guerra fredda

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Gli intrighi di una RepubblicaGli intrighi di una Repubblica – San Marino e Romagna. Ottant’anni di storia raccontata dai protagonisti (Pendragon, 2012) è il libro di Claudio Visani su un pezzo caldissimo della storia italiana:

Oggi fa sorridere solo pensarlo, ma tra il 1945 e il 1957 San Marino fu l’avamposto del comunismo in Occidente e uno dei simboli della guerra fredda. Per difendere il governo dei “rossi”, scesero in campo Calamandrei, Togliatti, perfino Ho Chi Minh. Per abbatterlo, si mobilitarono la Dc di Fanfani e il governo italiano, con l’appoggio degli Stati Uniti d’America. La battaglia politico-ideologica assunse toni accesi, fino a culminare nei fatti di Rovereta, episodio al limite del golpe in cui indebitamente l’Italia si affrettò a riconoscere il governo provvisorio democristiano sammarinese, inviando carabinieri e blindati a difenderlo. Accanto a queste vicende, il libro racconta numerose altre storie, più o meno note: quella della ferrovia meno longeva del mondo, la Rimini-San Marino che visse solo dodici anni; la generosità alla Schindler’s list del tedesco “buono”, Gerhard Richard Gumpert che tenne la Wehrmacht e la guerra fuori dal Titano; l’avventura di Eugenio Montale costretto a fare lo spallone per ritirare un premio durante la “guerra del casinò”; il tragicomico ritorno della salma del duce a Predappio; fino alla singolare saga della radio-televisione di Stato, che apre le porte agli scandali del “paradiso fiscale” e della San Marino di oggi. Un inedito affresco di vita sammarinese e romagnola. Ottant’anni di storia, ricostruiti attraverso documenti riservati e testimonianze dirette.

Se ne può leggere ulteriormente qui, sul blog di Franco Abruzzo.

“Le Monde Diplomatique” sul “Divo Giulio”: l’eredità della prima repubblica trasfusa nella seconda

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Le Monde Diplomatique

Sul numero di maggio 2012 di Le Monde Diplomatique si parla di Divo Giulio insieme al libro La Base, un laboratorio di idee per la Democrazia Cristiana di Maria Chiara Mattesini (Edizioni Studium). Firma il pezzo Enzo Di Brango

Non è semplice pensare alla prima repubblica con i disastri della seconda davanti agli occhi. Eppure quel periodo che abbiamo esecrato e rimosso ritorna, alla luce dell’attuale situazione, spesso come termine positivo di paragone. È chiaro che la positività di un attimo si infrange contro la realtà dell’oggi, eppure parlare, nel 2012, di Democrazia Cristiana, non appare un esercizio inutile. Ci sono attimi, momenti della nostra storia, che si legano a un personaggio o a un contenitore che non ci permettono di saltare, a pie’ pari, la storia come è d’uso nel nostro Paese. È il caso di due recenti pubblicazioni che sottopongono al lettore un pezzo di storia ormai passato, ma la cui attualità appare stringente, un pezzo di storia del quale si può cominciare parlare liberi dai condizionamenti cui la prima repubblica ci aveva relegati. È il caso del Divo Giulio scritto da Antonella Beccaria e Giacomo Pacini e de La Base, un laboratorio di idee per la Democrazia Cristiana di Maria Chiara Mattesini.

La Base, un laboratorio di idee per la Democrazia CristianaNel primo caso parliamo della vita e della parabola di Giulio Andreotti, nel secondo della storia di una delle correnti interne della Dc, forse la più a “sinistra” con “Forze nuove”. Insieme, esse rappresentarono un punto di vista alternativo per la coerenza di interpretazione degli umori popolari rispetto al mastodonte governativo. Le correnti della Democrazia Cristiana, soprattutto nell’ultimo scampolo di vita, non si contavano sulle dita di due mani, a dimostrazione del fatto che esercizio del potere e attività politica cominciavano a coincidere in maniera tale che oggi il risultato finale è sotto gli occhi di tutti.

Divo GiulioEppure quella politica che potrebbe essere liquidata come obsoleta, come assolutamente estranea alle dinamiche del XXI secolo, oggi mantiene il suo connotato di attenzione, non fosse altro che per la deriva del sistema partitico odierno. La Base svolse un ruolo fondamentale negli assetti politici dello scorso secolo, favorendo prima i governi di centro-sinistra e poi l’avvicinamento (miseramente naufragato) al Partito comunista italiano che appariva, negli anni Settanta, una forza in grado di proporsi come maggioranza. Ma la Dc non fu solo la Base, fu anche il partito di Andreotti, che ci ha dimostrato, a più riprese, come la politica non sia solo l’arte del possibile, ma anche un esercizio impossibile e tuttavia configurabile.

Il lavoro di Antonella Beccaria e Giacomo Pacini sulla parabola non ancora esaurita di Giulio Andreotti fornisce elementi di assoluta novità: come una telefonata tra il segretario del Divo Giulio, Franco Evangelisti, e la giornalista del Borghese Gianna Preda in cui Andreotti, di fatto, ammette la sua collocazione nell’ambito della destra fascista, e i movimenti dell’onorevole sulla questione triestina in funzione di una battaglia contro il comunismo slavo, le connivenze con la mafia accertate ma prescritte. Un personaggio, insomma, che raccoglie su di sé la storia d’Italia del dopoguerra ai giorni nostri.