Marocco: il martirio di Mouhcine Fikri e la storia di un Paese a cui continuare a guardare

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Khalid Moufid è ben più dell’interprete che ha dato un contributo fondamentale al libro Morire al Cairo. È un profondo conoscitore della situazione mediorientale e interviene con una replica agli articoli dello scorso 31 ottobre in cui si scrive della “nuova ondata della cosiddetta primavera araba in Marocco dopo la tragica morte del pescatore Mouhcine Fikri” (se ne parla anche qui). Ecco cosa scrive in proposito Khalid.

Dopo che in tutti i Paesi arabi si è spenta la candela della libertà, c’è ancora la Tunisia che ha proprio un autunno e stiamo tutti aspettando la fine della caduta delle foglie per capire se diventerà un altro amaro, rigido, freddo e agghiacciante inverno o no. Da semplice cittadino marocchino, vedo che da tante parti si soffia sul fuoco e altri strumentalizzano questa morte per colpire la stabilità geopolitica del Marocco o semplicemente per creare l’ennesima occasione per vendere armi e aprire la strada ai servizi segreti occidentali, oltre a mettere l’ultima zampa sul nord Africa, a pochi passi dello stretto di Gibilterra, dopo che hanno messo gli artigli su Egitto, Libia e Tunisia.

Ho visto tante volte il filmato in cui Mouhcine prova invano a impedire alla polizia di sequestrare la sua merce. Perché, per lui, morire significava difendere il suo secco pezzo di pane e buttarsi dentro la pressa del camion dell’immondizia. Da kamikaze, Mouhcine decide di farla finita scegliendo di sacrificarsi e far consumare il suo corpo mentre si sente una voce robusta affaticata e autoritaria: “Than mou, than mou” (“Pressalo, pressalo”).
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A settant’anni dall’eccidio di Marzabotto, la memoria e la storia passano dal web (e dai familiari delle vittime)

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Monte Sole - Storia e memoria di Bologna

Settant’anni fa iniziava l’eccidio di Marzabotto. Un sito, realizzato dai familiari delle stragi nazifasciste anche di Grizzana Morandi e Monzuno, ne ricostruisce la storia e ne conserva la memoria.

(Via Storia e memoria di Bolgona)

“Guida alla Roma ribelle”: viaggio libero e sovversivo di tre giornalisti e un architetto tra storia, Resistenza e cultura

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Guida alla Roma ribelleUscita a novembre 2013 e giunta alla settima ristampa, Guida alla Roma ribelle (Voland) è un viaggio a otto mani, quelle di tre giornalisti e di un architetto, Silvia e Rosa Mordenti, Lorenzo Sansonetti e Giuliano Santoro. Un viaggio che si presenta così:

La vocazione sovversiva e libera di Roma raccontata attraverso alcuni luoghi ribelli sparsi un po’ ovunque nella città. Un inedito percorso della memoria che parte da Menenio Agrippa e dalla Basilica di Massenzio, passa per Giordano Bruno, il Cimitero acattolico, la Repubblica Romana, i quartieri popolari dove nacque e crebbe la Resistenza, e arriva nelle piazze dei punk e degli artisti, nei punti di ritrovo dei movimenti studenteschi, nelle occupazioni delle case e nei luoghi di cultura. Una guida sorprendente arricchita dalle testimonianze, tra gli altri, di Ascanio Celestini, Carlo Lizzani, Giovanna Marini.

Qui se ne può leggere di più.

(Grazie ad Alex Battisini per la segnalazione)

E a inizio 1916 Antonio Gramsci scrisse “Odio il capodanno”, quando la data ingombra lo svolgersi della storia

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Il blog A noi piace, riprendendo il sito ControLaCrisi.org, pubblica questo scritto di Antonio Gramsci uscito il 1 gennaio 1916 sul quotidiano L’Avanti nella rubrica “Sotto la mole”:

Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.

Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna. E sono diventati cosí invadenti e cosí fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Cosí la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

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A.R.S. – Art Resistance Shoah: le opere che si trasformano in documenti e testimonianze storiche di olocausto e liberazione

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A.R.S. - Art Resistance ShoahMargherita Fontanesi e Salvatore Trapani sono due storici dell’arte. La prima lavora per il museo emiliano Il Correggio e il secondo è il corrispondente da Berlino del mensile Shalom. Insieme hanno dato vita al progetto A.R.S. – Art Resistance Shoah (link su Facebook) che presentano con queste parole:

Entrambi sensibili alle tematiche dell’antifascismo e della Shoah abbiamo maturato la convinzione dell’arte come documento e testimonianza storica importante e dunque quale potentissimo strumento educativo di lotta e denuncia attraverso cui veicolare i valori della libertà, della pace, dell’uguaglianza, della dignità, del rispetto. Da qui l’idea di utilizzare la nostra formazione di storici e critici d’arte per un ampio progetto che si attesti come approfondimento formativo […], un progetto internazionale per la memoria della Shoah e della Resistenza attraverso le arti visive.

Un dei primi risultati sarà un seminario che parli di opere create da sconosciuti sopravvissuti e da nomi noti come Renato Guttuso, Afro, Marino Mazzacurati, Remo Brindisi, Xavier Bueno, Georg Grosz, Otto Dix e Käthe Kollowitz. Tutti artisti che hanno trasformato il loro talento in “arte della libertà”.

Inoltre su Facebook viene annunciato che fino al 10 febbraio sono esposti alla Ludoteca Piccolo Principe di Correggio i disegni originali di Sonia Maria Luce Possentini tratti dal libro Il volo di Sara (, 2012).

(Via Anpi Nazionale)

Linea Gotica, l’officina virtuale della memoria nata per conservare e promuovere la storia del periodo 1944-1945

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Linea Gotica-Officina della Memoria

Da Castel d’Aiano, in provincia di Bologna, un’associazione, Linea Gotica-Officina della Memoria, creata per preservare un pezzo di storia:

Nasce nel 2010 per volontà di un gruppo di studiosi, ricercatori e appassionati delle tematiche storiche legate alla Seconda guerra mondiale in Italia e, in particolare, alle vicende della Linea Gotica accadute tra l’estate 1944 e la primavera 1945 sul fronte fra Toscana, Marche ed Emilia-Romagna.

I fondatori provengono da diverse parti d’Italia e, per questo, l’associazione si è data, fin dalla sua nascita, una valenza territoriale su scala interregionale. Scopo primario […] è il recupero, la conservazione e la promozione della memoria storica della Linea Gotica in tutti i suoi aspetti: militare, sociale, economico e culturale.

Se di recente è stata aggiunta al sito la sezione risorse con audio, video e altro materiale disponibile sul web, si è iniziato a radunare da ben prima una bibliografia sull’argomento e a proporre luoghi e storie, visite in loco e percorsi didattici.

“I documenti raccontano” e si affacciano sul web: un progetto per ricostruire storie del passato e renderle disponibili in rete

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I documenti raccontano

I documenti raccontano:

È un progetto che realizza diverse attività. Tanto per cominciare cerchiamo delle storie; storie di donne e uomini che hanno avuto una vita grama. Marginalità si dice. Ricerchiamo negli archivi ma anche altrove: carteggi, verbali di polizia, cartelle cliniche, atti processuali, cose del genere. I dossier che raccolgono i documenti li trovate nella sezione Storie dagli archivi.

Questi dossier vengono proposti nelle scuole per laboratori didattici dove si apprendono i rudimenti della ricerca storica e per altri laboratori dove si impara, un pochino, la tecnica del racconto. Ma questi dossier possono essere utilizzati anche in altro modo: ad esempio per concorsi letterari, per corsi di scrittura narrativa rivolti agli adulti, per letture teatrali. Una rassegna delle attività la trovate nelle pagine dedicate a Lavori in corso.

Nell’ambito de I documenti raccontano sono prodotti romanzi e racconti. Alcuni sono stati pubblicati su carta, altri anche sul web. Questi ultimi li trovate nella sezione Racconti dove trovate anche schede informative sui romanzi pubblicati e sui loro autori.

Cercare storie e restituire racconti. Usare gli strumenti della indagine storica e quelli della narratologia. Per raccontare vicende realmente accadute. Non è facile. Qualche aiuto lo trovate qui: Regole e strumenti.

Romanzi storici soprattutto ma anche saggi, film, siti web insomma tutto quanto si muove attorno alla storia e al suo racconto lo segnaliamo, per quanto possiamo, in: Consigli di lettura.

Il progetto, promosso da realtà istituzionali lombarde, è affidato a seguito da esperti del settore (qui una spiegazione).

(Via master in comunicazione storica dell’università di Bologna)

Processo dell’Aia e processo Eternit: quando le vittime sono folla, difficili da individuare per storia e giustizia

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Carmilla Online

Luca Baiada, oltre a essere un magistrato, scrive. E su Carmilla Online è stato ripreso un suo intervento uscito sul numero di luglio della rivista Il Ponte, quella fondata da Piero Calamandrei, a proposito di processo dell’Aia e processo Eternit:

Quando i crimini sono enormi, si pongono problemi di misura. I colpevoli sono quasi sempre persone piccine, che solo il sangue rende visibili. Oscuri burocrati, mediocri militari, figli di papà invecchiati. Nei crimini nazifascisti si sfogano aggressività messe in divisa dal peggio del Novecento, al servizio del tornaconto. Nell’Eternit gli autori più visibili sono i massimi beneficiari dell’arricchimento, possessori di fortune continentali: soprattutto lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis De Cartier. Le vittime sono folla, che la storia e la giustizia faticano a individuare, col rischio di farne un mucchio senza nome.

Quelle identificate sono oltre seimila, e la lettura del solo dispositivo, a Torino il 13 febbraio, richiede ore. Scena grande e inquietante. Tutti in piedi mentre scorrono brevemente articoli del codice, e poi per ore nomi, nomi e ancora nomi di persone e famiglie derubate di vite, di salute, di affetti. I fatti riprendono il loro posto. La scena ricorda gli eventi memoriali della Resistenza, per esempio quello del 24 marzo a Roma, alle Fosse Ardeatine. E il rischio di fare mucchio è stato evitato: la commozione e il calore di persone di ogni età hanno fatto sentire che quei nomi non sono soltanto parole.

La differenza di reclutamento dei giudici è abissale. Quelli dell’Aia beneficiano di un gradimento politico mediato dalla tecnica. Quelli di Torino hanno garanzie di indipendenza e radicamenti territoriali che si innervano con la storia italiana.

Continua qui.