“I martiri ardeatini”: dai documenti medico-legali dell’eccidio nazista “un’amarissima Spoon River per non dimenticare”

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I martiri ardeatiniSul sito dell’Anpi Mauro De Vicentiis recensisce un libro uscito a inizio autunno, I martiri ardeatini. Carte inedite 1944-1945 (Edizioni AM&D), curato da Mariano Cingolani, docente di medicina legale all’università di Macerata, Martino Contu, direttore della rivista “Ammentu. Bollettino storico, archivistico e consolare del Mediterraneo”, e Cecilia Tasca, che insegna archivistica all’ateneo di Cagliari. Il volume viene descritto così:

Dedicato ai 335 martiri delle Fosse Ardeatine, [il libro] ricorda il medico legale Attilio Ascarelli, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa. Ascarelli, all’indomani della strage nazista (24 marzo 1944, Roma), ricevette l’incarico di ricostruire le dinamiche dell’eccidio e di identificare i corpi delle vittime. I relativi documenti, prodotti nel corso del suo difficile esame, furono raccolti, ordinati e conservati dallo stesso Ascarelli. Dopo la sua scomparsa, la famiglia donò le carte all’istituto di medicina legale dell’università di Macerata.

È stata così ricomposta, con questa pubblicazione, la serie completa delle biografie dei martiri, offrendo un contributo storiografico che apporta nuovi elementi nello studio di questa strage nazista. Il sacrificio di uomini, di giovani e di anziani, di ebrei e di cattolici, di antifascisti e non, è ricordato attraverso le singole schede, unica fonte di notizie – tuttora – per molte delle vittime delle Fosse Ardeatine […].

Il risultato dell’opera è “un’amarissima Spoon River che non dovremmo mai dimenticare”.

(Via Il Manifesto Bologna)

Processo dell’Aia e processo Eternit: quando le vittime sono folla, difficili da individuare per storia e giustizia

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Carmilla Online

Luca Baiada, oltre a essere un magistrato, scrive. E su Carmilla Online è stato ripreso un suo intervento uscito sul numero di luglio della rivista Il Ponte, quella fondata da Piero Calamandrei, a proposito di processo dell’Aia e processo Eternit:

Quando i crimini sono enormi, si pongono problemi di misura. I colpevoli sono quasi sempre persone piccine, che solo il sangue rende visibili. Oscuri burocrati, mediocri militari, figli di papà invecchiati. Nei crimini nazifascisti si sfogano aggressività messe in divisa dal peggio del Novecento, al servizio del tornaconto. Nell’Eternit gli autori più visibili sono i massimi beneficiari dell’arricchimento, possessori di fortune continentali: soprattutto lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis De Cartier. Le vittime sono folla, che la storia e la giustizia faticano a individuare, col rischio di farne un mucchio senza nome.

Quelle identificate sono oltre seimila, e la lettura del solo dispositivo, a Torino il 13 febbraio, richiede ore. Scena grande e inquietante. Tutti in piedi mentre scorrono brevemente articoli del codice, e poi per ore nomi, nomi e ancora nomi di persone e famiglie derubate di vite, di salute, di affetti. I fatti riprendono il loro posto. La scena ricorda gli eventi memoriali della Resistenza, per esempio quello del 24 marzo a Roma, alle Fosse Ardeatine. E il rischio di fare mucchio è stato evitato: la commozione e il calore di persone di ogni età hanno fatto sentire che quei nomi non sono soltanto parole.

La differenza di reclutamento dei giudici è abissale. Quelli dell’Aia beneficiano di un gradimento politico mediato dalla tecnica. Quelli di Torino hanno garanzie di indipendenza e radicamenti territoriali che si innervano con la storia italiana.

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