Luca Baiada su Julian Assange: “Wikileaks conta sull’imprevedibile complessità del genere umano”

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Luca Baiada pubblica su Carmilla Online un bell’articolo ripreso da Il Ponte di ottobre 2012. È per Julian Assange:

La gestione di grandi quantità di dati renderà sempre più difficile limitare la loro gestione a pochi addetti ai lavori. Le persone a conoscenza di segreti saranno sempre di più, sempre peggio pagate, più frustrate, più esposte a cedimenti. Wikileaks si basa anche su questo: non paga le sue fonti, ma conta su una cosa complessa, imprevedibile e disseminata in uno scrigno insospettabile: nel genere umano. È una cosa fatta di curiosità, di malcontento, di sdegno e di angoscia: stati d’animo che il modello sociale del Ventunesimo secolo sparge in abbondanza, e da cui si può mietere sapere.

Stati d’animo in cui tremola una scintilla preziosa, la coscienza. Arma imprevista, persino lama senza manico che può ferire chi la impugna. Bradley Manning (accettiamo per un momento che quanto si dice sia vero) consegna a Wikileaks dati di eccezionale importanza, ma poi, sconvolto, lo racconta su una chat a uno sconosciuto, che lo denuncia. Il travaglio interiore che sconvolge Manning è simile, quando vede i crimini immensi del suo paese, e quando teme di aver fatto la cosa sbagliata a rivelarli, ed ecco che in questa storia la logica combinatoria e i sentimenti si fronteggiano come giganti, alle spalle di uomini che l’ingranaggio della storia si affretta a macinare.

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Processo dell’Aia e processo Eternit: quando le vittime sono folla, difficili da individuare per storia e giustizia

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Carmilla Online

Luca Baiada, oltre a essere un magistrato, scrive. E su Carmilla Online è stato ripreso un suo intervento uscito sul numero di luglio della rivista Il Ponte, quella fondata da Piero Calamandrei, a proposito di processo dell’Aia e processo Eternit:

Quando i crimini sono enormi, si pongono problemi di misura. I colpevoli sono quasi sempre persone piccine, che solo il sangue rende visibili. Oscuri burocrati, mediocri militari, figli di papà invecchiati. Nei crimini nazifascisti si sfogano aggressività messe in divisa dal peggio del Novecento, al servizio del tornaconto. Nell’Eternit gli autori più visibili sono i massimi beneficiari dell’arricchimento, possessori di fortune continentali: soprattutto lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis De Cartier. Le vittime sono folla, che la storia e la giustizia faticano a individuare, col rischio di farne un mucchio senza nome.

Quelle identificate sono oltre seimila, e la lettura del solo dispositivo, a Torino il 13 febbraio, richiede ore. Scena grande e inquietante. Tutti in piedi mentre scorrono brevemente articoli del codice, e poi per ore nomi, nomi e ancora nomi di persone e famiglie derubate di vite, di salute, di affetti. I fatti riprendono il loro posto. La scena ricorda gli eventi memoriali della Resistenza, per esempio quello del 24 marzo a Roma, alle Fosse Ardeatine. E il rischio di fare mucchio è stato evitato: la commozione e il calore di persone di ogni età hanno fatto sentire che quei nomi non sono soltanto parole.

La differenza di reclutamento dei giudici è abissale. Quelli dell’Aia beneficiano di un gradimento politico mediato dalla tecnica. Quelli di Torino hanno garanzie di indipendenza e radicamenti territoriali che si innervano con la storia italiana.

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