Ustica, Daria Bonfietti: “Sappiamo tutto, ora serve la verità”

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Strage di Ustica

Il testo che segue è di Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle Vittime della strage di Ustica, ed è stato pubblicato dal quotidiano Il manifesto lo scorso 25 giugno 2016. Qui, invece, il podcast della trasmissione di Rai3 Fahrenheit di oggi intitolata Verità opache sul missile che il 27 giugno 1980 uccise le 81 persone a bordo del Dc9 dell’Itavia e sul “segreto di stato strisciante” che non oppone un segreto di Stato vero e proprio, ma rende difficile, se non impossibile, l’accesso alle fonti documentali. In onda, ospiti di Loredana Lipperini, anche Daria Bonfietti e il giornalista Fabrizio Colarieti di Stragi80.it.

Ricordiamo il 36° Anniversario della strage di Ustica e continuiamo il cammino verso la verità. Sappiamo già molto di quello che è accaduto nel cielo: sappiamo che «il DC9 è stato abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea, guerra di fatto e non dichiarata», come ci rivela il giudice Rosario Priore già nel 1999.
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Fabrizio Colarieti: i pezzi mancanti e tutte le bugie dell’aeronautica a proposito della strage di Ustica del 27 giugno 1980

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Ancora a proposito di Ustica e dei fatti del 27 giugno 1980, Fabrizio Colarieti spiega su Stragi80.it quali sono i pezzi mancanti e tutte le bugie dell’aeronautica:

Carenze, omissioni, manipolazioni documentali e silenzi. Accadde tutto questo la notte di Ustica. Quando una quarantina di militari dell’Aeronautica – mai processati perché i reati a loro contestati andarono in prescrizione al termine dell’istruttoria condotta dal giudice Rosario Priore – ostacolarono la verità ubbidendo a un ordine superiore che andava oltre la sovranità del nostro Paese. L’ordine era di non parlare, di tacere per sempre e di fronte a chiunque. Nessuno doveva sapere quanto accadde quella notte attorno al Dc9 dell’Itavia, tanto quella verità era indicibile. Eppure traccia di quanto avvenne è negli atti della magistratura (in particolare nella requisitoria dei Pm della Procura di Roma) e nei riscontri compiuti dall’autorità giudiziaria fin dai giorni successivi alla strage. Ed ecco le principali evidenze investigative, quelle che ancora oggi, a distanza di trentadue anni, gridano vendetta e attendono una risposta anche dai nostri alleati. E’ quanto avvenne nei vari centri radar della Difesa la sera del 27 giugno 1980.

Marsala, Siracusa, Licola, Poggio Ballone, Iacotenente, Martinafranca, Ciampino e Stato maggiore dell’Ami sono i punti che vengono approfonditi. Continua qui.

Colarieti per Notte Criminale: “La strana morte di Mario Ferraro, agente del Sismi”

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Mario FerraroC’è chi ha detto che i misteri non esistono se non negli ambiti religiosi. Il resto va rubricato sotto la dicitura “segreti”. Quello raccontato da Fabrizio Colarieti su Notte Criminale è da ascrivere alla categoria di cui sopra. È la strana morte di Mario Ferraro, agente del Sismi:

Roma, via della Grande Muraglia Cinese 46, 16 luglio 1995. È domenica e a Roma è una giornata molto calda. Il tenente colonnello dell’Esercito, Mario Ferraro, 46 anni, calabrese, distaccato al Sismi, esperto in informatica, traffici di armi e terrorismo internazionale, è in casa insieme alla sua compagna, Maria Antonietta Viali, per gli amici Antonella. Sono al quinto piano, in un attico nel quartiere Torrino, accanto all’Eur. La coppia è in assoluto relax dopo aver trascorso una giornata serena e scandita da poche e semplici azioni, ignari che quella sia la loro ultima domenica insieme.

Il post, piuttosto corposo, prosegue qui e si addentra in altri segreti. Tra questi il delitto Alpi-Hrovatin, Gladio e le sue missioni, il sequestro Moro, i traffici d’armi passati per la procura di Torre Annunziata e finiti nell’inchiesta Cheque to cheque. Un interessante spaccato di avvenimenti recenti, metodi e “soluzioni”.

Ustica: le motivazioni della sentenza di Palermo che dispone 100 milioni di euro di risarcimento ai familiari

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UsticaA proposito della sentenza della terza sezione civile del tribunale di Palermo (quella che, in primo grado, assegna ai familiari della strage di Ustica del 27 giugno 1980 un rimborso di 100 milioni di euro), ecco le motivazioni, che si possono scaricare da Stragi80.it (in formato pdf) ai link che seguono:

Sempre sullo stesso sito, si veda anche l’intervista a Rosario Priore, il giudice istruttore che firmò nel 1999 la sentenza-ordinanza in cui ricostruiva lo scenario di guerra confermato dal tribunale di Palermo, realizzata dal giornalista Fabrizio Colarieti.

Una storia di segreti duri a morire: Colarieti racconta il tentativo di Claudio Gatti con gli archivi dell’intelligence

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Gran bel post di Fabrizio Colarieti su Segreti duri a morire, pubblicato sul blog Cado in piedi. Argomento: accesso agli archivi dei servizi segreti richiesto dal giornalista Claudio Gatti del Sole24Ore. Negato, ovviamente. E con successivo ricorso al Tar che ha rigettato l’istanza del cronista. Ecco perché:

Sostanzialmente nella sentenza di cinque pagine (n. 5638/11), depositata lo scorso 24 giugno, il Tar ha definito la sua richiesta di accesso ai documenti classificati troppo vaga e «meramente esplorativa». E per capire meglio in che Paese viviamo, e che valore ha il segreto di Stato, bisogna leggerla tutta, fino in fondo. Il Tar specifica che Gatti nella sua istanza «non ha semplicemente richiesto di consultare gli archivi del Dis, al fine di ricercare ed estrarre il materiale di proprio interesse, bensì ha domandato l’accesso a documenti determinati, a suo dire facilmente individuabili in ragione dell’indicazione dei fatti e delle persone a cui gli stessi si riferiscono, con l’ulteriore elemento rappresentato dalla circostanza che, in ordine agli stessi, sia venuta meno ogni classifica di segretezza».

Cioè, chiedendo di applicare la legge, ha indicato alla Presidenza del Consiglio la lista dei documenti di cui aveva bisogno per svolgere il suo lavoro. Circostanze precise, nomi e fatti. Nulla di più. Un sistema che negli Stati Uniti funziona, ed è per giunta regolato dal Freedom of Information Act che autorizza i giornalisti a consultare i documenti declassificati. In Italia, a leggere l’articolo 39 della legge 124, potrebbe sembrare altrettanto agevole, ma così non è. Tuttavia per il tribunale amministrativo la richiesta del giornalista è «meramente esplorativa avendo egli fornito, in realtà, solo elementi di carattere generale (in pratica la sola cornice storico-fattuale) per l’individuazione dei documenti di proprio interesse». Un esempio: conoscere, essendo passati giusto 32 anni, ulteriori elementi, sotto forma di documenti in possesso dei Servizi, sull’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli. Di meramente esplorativo c’è ben poco, si tratta di rintracciare i fascicoli, applicare la legge e consentire a Gatti di consultarli. È troppo faticoso.

Anche il resto del post è interessante. Per leggerlo tutto, si clicchi qui. Rimpiangendo l’assenza di un Foia italiano che sia degno di un nome che suona tipo Freedom of Information Act.

Fabrizio Colarieti racconta la storia del “crollo” del “Campanile” di Clemente Mastella

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Fabrizio Colarieti, sul Fatto Quotidiano e sul suo blog, racconta che “Il Campanile” di Mastella [va] verso l’ultimo rintocco:

C’era una volta il Campanile. Fino al 2009, il fu quotidiano dell’Udeur di Mastella suonava puntuale come un orologio svizzero a colpi di contributi pubblici. Ma da marzo dell’anno scorso ha smesso di scampanare e ora l’ultimo rintocco (a morto) potrebbe essere davvero molto vicino. Una settimana fa, su mandato di un gruppo di ex dipendenti della cooperativa Il Campanile Nuovo, editrice dell’omonima testata, che sperano di recuperare stipendi arretrati e tfr, gli avvocati Giorgia Loreti e Raffaele Nardoianni hanno depositato al Tribunale civile di Roma l’istanza di fallimento (R.G. 1487/2011) della società. E adesso una sentenza potrebbe scrivere la parola fine su una vicenda iniziata nel 2000 con la fondazione del giornale del partito di Mastella, passata per la cessione, nove anni dopo, a una cordata che aveva il proprio riferimento nell’imprenditore Fabio Caso, e poi avviata verso l’inglorioso finale da gennaio 2010 con l’assunzione di nuove vesti sotto il nome de Il Clandestino.

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Ustica: dalle minacce alle querele. Non si può parlare di depistaggi

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UsticaÈ un gioco che tende a ripetersi: ribadire un’opinione spacciandola come una “verità”, non importa quanto suffragata da prove oggettive. Che, se esistessero, permetterebbero la revisione di processi chiusi, se finiti con condanne, o l’apertura di nuovi filoni d’indagine. Basta però fare eco sfruttando magari sedi istituzionali e poi adire alle vie legali a scopo intimidatorio. È ciò che è accaduto nelle ultime settimane con la storia del Dc9 di Ustica, precipitato il 27 giugno 1980 con i suoi 81 passeggeri.

“Ciò che stupisce”, dice il giornalista Fabrizio Colarieti, che a lungo si è occupato di questa vicenda, “è la mancanza di conoscenza delle carte processuali. Che il Dc9 non fosse solo è un dato di fatto, lo prova il tracciato di Ciampino, lo provano le telefonate che da qui sono state fatte all’ambasciata americana. E poi c’è il discorso dei soccorsi: se nessuno depistò, se nessuno fece nulla per nascondere cosa in realtà è accaduto 31 anni fa, perché gli aiuti arrivarono solo dopo 7 ore?”

Colarieti, di fronte alla crescente cavalcata del sottosegretario Carlo Giovanardi contro la verità sul caso, non ci sta a vedere spacciate tesi screditate negli anni, dal punto di vista sia processuale che scientifico. E a proposito delle querele partite contro il depliant del Museo della Memoria di Bologna, che ospita i rottami dell’aereo, si rivolge ai militari, che si sentono diffamati. “D’accordo, in quattro sono stati assolti. Ma teniamo conto di un elemento non secondario. Le indagini per i depistaggi partirono mettendo sotto accusa decine di persone, tra ufficiali e sottufficiali. Poi, con gli anni, alcuni morirono, altri videro i reati andare prescritti e si è rimasti alla fine con quattro imputati poi giudicati non colpevoli. Ma questo non è sufficiente ad assolvere l’intera aeronautica”.
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