Una storia di segreti duri a morire: Colarieti racconta il tentativo di Claudio Gatti con gli archivi dell’intelligence

Standard

Gran bel post di Fabrizio Colarieti su Segreti duri a morire, pubblicato sul blog Cado in piedi. Argomento: accesso agli archivi dei servizi segreti richiesto dal giornalista Claudio Gatti del Sole24Ore. Negato, ovviamente. E con successivo ricorso al Tar che ha rigettato l’istanza del cronista. Ecco perché:

Sostanzialmente nella sentenza di cinque pagine (n. 5638/11), depositata lo scorso 24 giugno, il Tar ha definito la sua richiesta di accesso ai documenti classificati troppo vaga e «meramente esplorativa». E per capire meglio in che Paese viviamo, e che valore ha il segreto di Stato, bisogna leggerla tutta, fino in fondo. Il Tar specifica che Gatti nella sua istanza «non ha semplicemente richiesto di consultare gli archivi del Dis, al fine di ricercare ed estrarre il materiale di proprio interesse, bensì ha domandato l’accesso a documenti determinati, a suo dire facilmente individuabili in ragione dell’indicazione dei fatti e delle persone a cui gli stessi si riferiscono, con l’ulteriore elemento rappresentato dalla circostanza che, in ordine agli stessi, sia venuta meno ogni classifica di segretezza».

Cioè, chiedendo di applicare la legge, ha indicato alla Presidenza del Consiglio la lista dei documenti di cui aveva bisogno per svolgere il suo lavoro. Circostanze precise, nomi e fatti. Nulla di più. Un sistema che negli Stati Uniti funziona, ed è per giunta regolato dal Freedom of Information Act che autorizza i giornalisti a consultare i documenti declassificati. In Italia, a leggere l’articolo 39 della legge 124, potrebbe sembrare altrettanto agevole, ma così non è. Tuttavia per il tribunale amministrativo la richiesta del giornalista è «meramente esplorativa avendo egli fornito, in realtà, solo elementi di carattere generale (in pratica la sola cornice storico-fattuale) per l’individuazione dei documenti di proprio interesse». Un esempio: conoscere, essendo passati giusto 32 anni, ulteriori elementi, sotto forma di documenti in possesso dei Servizi, sull’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli. Di meramente esplorativo c’è ben poco, si tratta di rintracciare i fascicoli, applicare la legge e consentire a Gatti di consultarli. È troppo faticoso.

Anche il resto del post è interessante. Per leggerlo tutto, si clicchi qui. Rimpiangendo l’assenza di un Foia italiano che sia degno di un nome che suona tipo Freedom of Information Act.