LegalLeaks: da DirittoDiSapere.it il manuale sull’accesso all’informazione per cittadini e giornalisti

Standard

LegalLeaks

Da Diritto di sapere si può scaricare LegalLeaks, il primo manuale sull’accesso all’informazione dedicato a cittadini e giornalisti:

Come si scrive una richiesta di accesso alle informazioni del mio Comune o della mia Regione? E a un Ministero? Posso richiedere dati anche sulle società controllate dallo Stato? […] Il testo è scritto in maniera semplice e diretta per rispondere alle domande più immediate dei non addestti ai lavori, ma comprende anche riferimenti alla legislazione e strumenti di approfondimento. In Italia, infatti, non esiste un Freedom of information act come nei Paesi scandinavi, in Usa e in Gran Bretagna, ma c’è una regolamentazione per l’accesso che può essere utilizzata.

Il manuale è rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo.

Lsdi: nasce la proposta di legge per il progetto “Basilicata Open Data”. Si apre la via del Foia italiano

Standard

Open data e data journalism, parte il modello BasilicataLsdi – Libertà di stampa. Diritto all’informazione racconta che a proposito di open data e data journalism, parte il modello Basilicata:

Una proposta di legge apre il progetto “Basilicata Open Data”. Per la prima volta un unico strumento normativo punta a recepire in modo chiaro e diretto i principi dei “dati liberi” e quelli del Freedom of Information Act (Foia), proponendo modalità consultive in crowdsourcing per la definizione partecipata di alcuni criteri quali le categorie prioritarie di dati da liberare, i relativi formati, le licenze, eccetera. Una grande occasione per il giornalismo.

Continua qui mentre qui si può leggere la proposta di legge intitolata “Disposizioni in materia di accesso, pubblicazione e riutilizzo dei documenti e dei dati pubblici dell’Amministrazione regionale in formato aperto tramite la rete internet”.

Wikileaks, la rete e la strage di Ustica. Bonfietti: “Il diritto di cittadinanza passa attraverso istituzioni trasparenti”

Standard

Dossier WikileaksL’etica hacker parte da un assunto, l’informazione deve essere libera. E l’esempio pratico è Wikileaks, progetto divenuto celebre a livello mondiale prima con Collateral Murder e la verità sugli eccidi di Iraq (dimostrando che alla contabilità ufficiale mancavano almeno 15 mila vittime civili) e poi con la diffusione dei cablogrammi diplomatici statunitensi, considerata la più grande fuga di notizie della storia del giornalismo dopo i Pentagon Papers sul Vietnam, pubblicati nel 1971 dal New York Times.

Wikileaks ne è un esempio al punto da pagare le conseguenze che ciò ha determinato. Non solo per le accuse per violenza sessuale formulate in Svezia contro Julian Assange (in realtà determinate dall’uso o meno di un preservativo, i rapporti erano consenzienti per ammissione delle stesse presunte vittime). Ma anche per la dimostrazione che la net neutrality – in base alla quale l’infrastruttura telematica che avvolge il pianeta deve coniugare il verbo dell’agnosticismo rispetto ai contenuti che vi transitano – può andare in frantumi in qualsiasi momento. È accaduto quando Amazon ha rescisso il contratto per gli spazi server venduti (e pagati) dall’organizzazione o con le società di carte di credito e con Paypal che hanno tagliato i canali di finanziamento.

È un punto su cui torna a più riprese Stefania Maurizi, la giornalista dell’Espresso, terminale italiano della rete di giornali di tutto il pianeta che ha collaborato con Wikileaks e con il suo leader, Assange. Presentando a Bologna il suo Dossier Wikileaks – Segreti italiani (Bur) ospite della libreria Modo Infoshop, la cronista, che ha iniziato a essere dentro il progetto dal 2009 e che ha seguito il rilascio degli Afghan War Logs, dei documenti su Guantanamo, dei cablogrammi diplomatici e degli spy files, rimarca che “non c’è alcun elemento legale per il taglio delle donazioni”.
Continue reading

Una storia di segreti duri a morire: Colarieti racconta il tentativo di Claudio Gatti con gli archivi dell’intelligence

Standard

Gran bel post di Fabrizio Colarieti su Segreti duri a morire, pubblicato sul blog Cado in piedi. Argomento: accesso agli archivi dei servizi segreti richiesto dal giornalista Claudio Gatti del Sole24Ore. Negato, ovviamente. E con successivo ricorso al Tar che ha rigettato l’istanza del cronista. Ecco perché:

Sostanzialmente nella sentenza di cinque pagine (n. 5638/11), depositata lo scorso 24 giugno, il Tar ha definito la sua richiesta di accesso ai documenti classificati troppo vaga e «meramente esplorativa». E per capire meglio in che Paese viviamo, e che valore ha il segreto di Stato, bisogna leggerla tutta, fino in fondo. Il Tar specifica che Gatti nella sua istanza «non ha semplicemente richiesto di consultare gli archivi del Dis, al fine di ricercare ed estrarre il materiale di proprio interesse, bensì ha domandato l’accesso a documenti determinati, a suo dire facilmente individuabili in ragione dell’indicazione dei fatti e delle persone a cui gli stessi si riferiscono, con l’ulteriore elemento rappresentato dalla circostanza che, in ordine agli stessi, sia venuta meno ogni classifica di segretezza».

Cioè, chiedendo di applicare la legge, ha indicato alla Presidenza del Consiglio la lista dei documenti di cui aveva bisogno per svolgere il suo lavoro. Circostanze precise, nomi e fatti. Nulla di più. Un sistema che negli Stati Uniti funziona, ed è per giunta regolato dal Freedom of Information Act che autorizza i giornalisti a consultare i documenti declassificati. In Italia, a leggere l’articolo 39 della legge 124, potrebbe sembrare altrettanto agevole, ma così non è. Tuttavia per il tribunale amministrativo la richiesta del giornalista è «meramente esplorativa avendo egli fornito, in realtà, solo elementi di carattere generale (in pratica la sola cornice storico-fattuale) per l’individuazione dei documenti di proprio interesse». Un esempio: conoscere, essendo passati giusto 32 anni, ulteriori elementi, sotto forma di documenti in possesso dei Servizi, sull’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli. Di meramente esplorativo c’è ben poco, si tratta di rintracciare i fascicoli, applicare la legge e consentire a Gatti di consultarli. È troppo faticoso.

Anche il resto del post è interessante. Per leggerlo tutto, si clicchi qui. Rimpiangendo l’assenza di un Foia italiano che sia degno di un nome che suona tipo Freedom of Information Act.

National Security Agency: con il Freedom of Information Act si accede allo “style manual 2010”

Standard

The Spooks' Style Guide: FOIA'd

Di Freedom of information act, la legge Usa con cui si stabiliscono le modalità per avere accesso agli atti della pubblica amministrazione, si era già parlato in passato (qui qualche informazione ulteriore). E proprio attraverso questo strumento, sono stati resi disponibili gli standard a cui devono attenersi gli autori dei report targati National Security Agency. Si veda in proposito il NSA SIGINT Style Manual 2010 e quanto pubblica BoingBoing, che lo segnala nel post The Spooks’ Style Guide: FOIA’d. Aggiungendo, a proposito del “manuale di stile” della Nsa, queste versioni:

Freedom of information act: un nuovo progetto Usa per promuovere l’accesso agli atti pubblici

Standard

FOIA ProjectA proposito di trasparenza sugli atti pubblici dall’altra parte dell’oceano Atlantico, Lsdi racconta di un nuovo sito web Usa [che] rilancia il movimento:

Si tratta del sito FOIA Project, che punta in particolare ad “accrescere la trasparenza del processo con cui il governo Usa nega determinate informazioni”. Il progetto – riporta Businessjournalism.org – è stato sviluppato dal Transactional Records Access Clearinghouse (TRAC) con il sostegno della Syracuse University e un finanziamento del CS Fund/Warsh-Mott Legacy.

Il sito spiega che “scopo finale del progetto è denunciare tutti coloro che violano la legge creando un nuovo tipo di sanzioni: una ampia e continua denuncia pubblica per eliminare la cortina di segretezza di fatto dietro cui si nascondono coloro che negano illegalmente la diffusione di informazioni”.

Inizialmente, il sito renderà pubblici i vari casi di ricorso contro il governo nelle varie corti distrettuali cercando di provvedere nei modi possibili alla raccolta e diffusione dei documenti al centro delle controversie. Dal sito è possibile accedere al database che contiene i vari casi, Stato per Stato, ma è stata realizzata anche una mappa.

Per ulteriori informazioni sul freedom of information act, si veda il materiale informativo pubblicato sul sito del dipartimento di Stato americano.

Accesso agli archivi e agli atti Usa: in un libro l’arte di chiedere e ottenere

Standard

The Art of AccessA proposito di Freedom of information act (Foia), Lsdi segnalava qualche giorno fa il libro The art of access: strategies for acquiring public records scritto da due docenti di giornalismo, David Cuillier (università dell’Arizona) e Charles N. Davis (università del Missouri). Racconta il post di Ldsi:

“Riuscire a ottenere i dati e gli atti che si cercano è un’arte – spiega una nota dell’editore -, una capacità che richiede un approccio organizzato ed una buona conoscenza del comportamento umano”. The Art of Access è un manuale per passare dalla legge all’azione. Basandosi sulla loro esperienza e sulle interviste a più di 100 persone che hanno utilizzato il Foia, gli autori (giornalisti ed esperti del settore) spiegano come impostare il processo di raccolta delle informazioni e superare gli ostacoli. Il libro in particolare (secondo l’editore) dovrebbe insegnare a:

  • superare gli ostacoli e i rifiuti illegali
  • capire meglio i punti di vista dei funzionari governativi per poter interloquire con loro
  • trovare maggiori e migliori materiali online e portarli alla luce per bene
  • scrivere articoli ben documentati, che siano in sintonia con le esigenze dei lettori

Qui un’intervista agli autori mentre nel frattempo è stato creato anche un sito ad hoc sul libro con tanto di faq sull’accesso agli atti e relativo materiale didattico.