A cinque anni dall’inizio della Primavera araba: la storia di Mohamed Bouazizi

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A map of Arab Spring countries - Wikipedia.org

Sotto l’espressione «primavera araba» va una serie di insurrezioni che hanno riguardato il Maghreb, il Vicino e il Medio Oriente. I Paesi che sono stati più o meno attraversati da movimenti per la difesa delle libertà civili e politiche comprendono l’Algeria, il Bahrein, l’Egitto, la Tunisia, lo Yemen, la Giordania, Gibuti, la Libia e la Siria. Poi si sono registrati eventi più episodici anche in Mauritania, Arabia Saudita, Oman, Sudan, Iraq, Marocco e Kuwait. Addirittura una nazione martoriata da più di vent’anni di guerra civile come la Somalia ha dimostrato qualche sussulto «primaverile», soprattutto nell’ostilità contro i fronti islamici più bellicosi, come quelli rappresentati da Al Shabaab.

Iniziati nel dicembre 2010, i movimenti rivoluzionari hanno preso le mosse da alcune istanze comuni, per quanto poi le differenze si siano evidenziate nella declinazione nazionale delle rivolte. Tra queste, la lotta contro corruzione, disoccupazione, violazione dei diritti umani, miseria, regimi dispotici e sanguinari, penuria alimentare generata dalla nuova crisi e i cui effetti si devono aggiungere alla precedente, articolatasi tra il 2007 e il 2008, oltre a fenomeni di globalizzazione che hanno incrementato la povertà in loco e lo sfruttamento di manodopera sottopagata.
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Global Intelligence Files di Wikileaks: Jeremy Hammond condannato a 10 anni per aver rivelato lo spionaggio della Stratfor

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Global Intelligence Files

E così è stato condannato da una corte federale americana, Jeremy Hammond, l’hacktivista accusato di essere dietro la sottrazione delle comunicazioni elettroniche della Stratfor che hanno dato vita al progetto Global Intelligence Files (GIFiles) di Wikileaks. Dieci anni di carcere per aver consentito la pubblicazione di notizie come queste.

Da “I siciliani”: nasce MafiaLeaks, la piattaforma per whistleblower che vogliono combattere la mafia con “soffiate” documentate

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MafiaLeaksUna piattaforma in stile WikiLeaks che consenta via web segnalazioni anonime e sicure provenienti dal mondo della criminalità organizzata. Il progetto MafiaLeaks nasce in una data non casuale, il 5 novembre 2013, anniversario della congiura delle polveri, il colpo di mano di matrice cattolica che nel 1605 avrebbe dovuto portare in Gran Bretagna alla detronizzazione di Giacomo I. Ed è lo stesso evento che, richiamando alla memoria la figura del congiurato Guy Fawkes, ha portato alla maschera che oggi Anonymous usa per darsi un volto.

Già in queste righe ci sono gli ingredienti che costituiscono la natura di MafiaLeaks: protezione della fonte che non avrà nome né riferimenti per la sua identificazione, la rete come strumento per far emergere leak (fughe di notizie) con cui nutrire le conoscenze collettive e piena disponibilità online delle informazioni, una volta che queste saranno verificate da un pool di addetti ai lavori. “L’obiettivo è sperimentare una tecnologia innovativa per riuscire ad abbattere il muro di omertà e di silenzio che protegge le associazioni di stampo mafioso”, si legge infatti nel manifesto del progetto.

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“Giornalisti digitali e dintorni”: appuntamento il 10 luglio a Firenze per parlare di Anonymous e anonimi attivisti della rete

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Giornalisti digitali e dintorni

Appuntamento mercoledì 10 luglio, alle 18.30, nel capoluogo toscano. Dove, alle Murate caffè letterario, si parla di Anonymous con Carola Frediani (autrice di Dentro Anonymous. Viaggio nelle legioni dei cyberattivisti) e Marco Renzi. L’incontro avviene all’interno della rassegna Giornalisti digitali e dintorni organizzata da Comune di Firenze in collaborazione con Associazione Stampa Toscana, Lsdi (che pubblica un lungo articolo alla quasi vigilia dell’evento, Anonimi attivisti della rete) e Di.gi.ti.

“El Gigante”: il documentario di Bruno Federico su El Quimbo, la maxi diga colombiana contro cui si è lanciato anche Anonymous

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È una storia molto poco raccontata in Italia, quella colombiana di El Quimbo, la diga targata Enel-Endesa che vuole sbarrare il corso del Rio Magdalena, fiume che nasce sulla cordigliera centrale delle Ande e che sfocia oltre millesettecento chilometri più avanti, nel Mar dei Caraibi.

Prima, tra le rare testimonianza, c’era il video pubblicato su Youtube che il governo colombiano non non vorrebbe che vedessimo, realizzato da Bladimir Sanchez Espitia, giornalista freelance e attivista per i diritti umani, e da un reporter italiano, Bruno Federico, uno di quelli che anche qui si è dato da fare perché la vicenda della diga divenisse di pubblico dominio per esempio con questo servizio sul Corriere della Sera. Ora c’è il documentario El Gigante di cui sopra è pubblicato il trailer. A realizzarlo è stato ancora una volta Bruno Federico.

Anonymous - Noi siamo legioneDella vicenda, entrata nelle Ops #GreenRights di Anonymous che un po’ di notorietà alla faccenda ha contribuito a dare, se ne parla nel libro al gruppo di giustizieri digitali dedicato. E qui su El Quimbo, contro cui le popolazioni locali protestano in modo pacifico prendendone un sacco da guardie private e polizia, si scrive:

Per realizzarla l’impatto sull’ecosistema locale si profila in termini devastanti. Si parla di oltre ottomila ettari di foresta amazzonica data alle fiamme e poi, una volta disboscata, quell’area sarà sommersa mentre il corso del fiume verrà deviato. Non subito, certo, come per la Tav nell’estremo nord Italia, perché tutto ciò accada ci vorranno almeno vent’anni, anche se c’è chi stima che potrebbero esserne necessari più del doppio. Ma le stime dell’impatto che un’opera del genere avrà sull’economia a ridosso del bacino idrico del Rio Magdalena ci sono già: si quantificano perdite per un importo complessivo di quattrocentosettantadue milioni di euro a fronte di ricavi, che arriveranno tra due decenni e che finiranno per lo più nelle mani di società private soprattutto straniere, di duemiladuecento o poco più.

(Via ‏@FabrizioLorusso)

Anonymous: hacker, attivismo e libertà d’informazione. Due libri e l’articolo di Pier Luca Santoro

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Anonymous - Noi siamo legioneLo European Journalism Observatory (Ejo) scrive di Anonymous e di hacker, attivismo e libertà d’informazione. Lo fa con un articolo di Pier Luca Santoro che parla di due libri. Oltre ad Anonymous – Noi siamo legione, c’è anche l’ebook uscito da pochi giorni e firmato da Carola Frediani, Dentro Anonymous. Viaggio nelle legioni dei cyberattivisti. Pier Luca, in merito al primo, scrive:

Le parti più interessanti del volume sono quelle che raccontano l’intervento di Anonymous a fianco delle rivolte tunisine, egiziane, degli indignados spagnoli, degli studenti inglesi, del movimento NoTav. La vera differenza tra la loro attitudine hacker e quella dei loro fratelli maggiori sta proprio nel cercare un legame tra le rivolte dentro la Rete e le rivolte al di fuori delle schermo.

Dentro Anonymous. Viaggio nelle legioni dei cyberattivistiSul secondo, invece, viene raccontato:

Si inizia dal caso di Sabu, nickname di Hector Xavier Monsegur, leader del movimento arrestato nel giugno del 2011 e da allora spia, traditore, collaboratore dell’FBI, per poi analizzare le molte teste, quelle che l’autrice definisce Idra ispirandosi alla mitologia greca, e ovviamente il caso, ed anche la lezione di WikiLeaks. Numerosi i casi analizzati, sia a livello internazionale con l’operazione Free Assange e il caso TrapWire, che in specifico riferimento alla realtà italiana attraverso l’illustrazione e l’analisi, per citarne alcuni, degli attacchi alle università italiane e al Cnaipc, i retroscena sull’attacco a Paniz e Grillo sino a quello recentissimo dell’Ilva di Taranto.

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“Anonymous – Noi siamo legione” arriva in epub (senza DRM) e (presto) per Kindle. Intanto una segnalazione da Panorama.it

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Gli hacker sono eroi. Forse

Anonymous - Noi siamo legioneSi torna a parlare di Anonymous, noi siamo legione, che da oggi è anche in versione epub (ma DRM free) e che nei prossimi giorni sarà disponibile anche per Kindle di Amazon. E se ne torna a parlare dalle pagine culturali di Panorama.it che ospita l’articolo Gli hacker sono eroi. Forse – Criminali o paladini della giustizia? Quattro libri davvero speciali per rispondere e capire, in cui Antonino Caffo scrive:

La storia degli Anonymous in libreria porta anche una firma italiana. Si tratta di […] Anonymous. Noi siamo legione, Aliberti Editore, nel quale l’autrice […] ripercorre alcune delle azioni più plateali del gruppo, condividendone uno degli obiettivi: combattere per la libertà di informazione […]. Questa sorta di biografia non autorizzata […] riesce a dipingere un’immagine alternativa del mondo degli hacker più famosi degli ultimi anni. Il suo lavoro è frutto di chiacchierate, chat e letture con i diretti interessati che hanno lasciato molte tracce del loro pensiero.

Gli altri libri sono Mafia.com di Misha Glenny (Mondadori), Ghost in the Wires: My Adventures as the World’s Most Wanted Hacker (Little Brown) di Kevin Mitnick e We Are Anonymous: Inside the Hacker World of LulzSec, Anonymous and the Global Cyber Insurgency (sempre Little Brown) di Parmy Olson.

Anonymous: i DDoS, le manifestazioni non autorizzate e la ricerca dell’essenza all’origine dell’etica hacker

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Anonymous - Noi siamo legioneAnonymous, il nom de plume del collettivo che torna sempre più spesso in rete e sulle pagine dei giornali, ha colpito un’altra volta. Un’azione dimostrativa, non invasiva, un DDoS, che sta per Distributed Denial of Service, ha piegato la resistenza e la capacità del sito della polizia di Stato di rispondere alle richieste degli utenti web. Ed ecco la risposta, servizio negato. In parole molto semplici, funziona un po’ come a un casello autostradale. In periodi di traffico normale, anche senza Telepass o carte di credito, si passa attraverso le barriere con relativa rapidità. Quando però gli esodi estivi intensificano il traffico, tutto si rallenta. Se un normale esodo vacanziero dovesse tuttavia essere moltiplicato per dieci o per cento, allora ecco che il problema si farebbe serio e con ogni probabilità il deflusso dei veicoli si interromperebbe.

È questa, in soldoni, la logica di un DDoS, anche di quello che a fine inverno è stato scagliato contro il sito della polizia. Un monito contro l’uso dei manganelli, contro i manifestanti spinti lontano dalle recinzioni che delimitano i cantieri, contro il quasi morto che c’è scappato qualche giorno prima nel tentativo di difendere aree che diventeranno prima piste per mezzi di movimentazione terra e poi binari per convogli che schizzano a centinaia di chilometri orari.

L’hacker che ha partecipato all’attacco sorride ancora quando torna a fissare il monitor. Sì, è stato facile, in così poche persone da non superare il numero delle dita di una mano e con software di media aggressività che decuplicano le richieste a un server web. E poliziadistato.it è andato giù. Tornerà disponibile in poco tempo, dall’altra parte gli amministratori di sistema si stanno già dando da fare. E se anche avessero tentato la deviazione del traffico web in altre direzioni, come avviene in casi analoghi per far sì che il sito non venga oscurato, riavvieranno i servizi Internet non appena la valanga di byte sarà passata e tutto tornerà alla normalità.
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Anonymous, la #OpAnonTrademark e la guerra – con relativo esproprio, nel caso della maschera di Guy Fawkes – ai marchi registrati

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Anonymous - Noi siamo legionePer quanto riguarda il collettivo Anonymoys, è tempo dell’hashtag #OpAnonTrademark contro la registrazione del logo e dello slogan dell’ignoto gruppo che scorrazza per il web presso l’Institut national de la propriété industrielle (Inpi). Anonymous, partendo dal concetto che qualsiasi contenuto non deve essere sottoposto ad alcuna forma di vincolo, è ovviamente contrario e con un videomessaggio su Youtube spiega ragioni e interventi. Per quanto riguarda invece un altro elemento sottoposto a vincoli, il volto di Guy Fawkes così come cristallizzato in V per vendetta, “espropriato” per trasformarlo nel simbolo più celebre al mondo, c’è stato un certo dibattito, raccontato in Anonymous – Noi siamo legione.

Guy FawkesUna delle polemiche che viene sollevata spesso contro gli Anonymi è che, a fronte delle loro istanze radicalmente libertarie, si sono appiccicati una faccia targata Dc Comics, partner di una corporation dei contenuti che a logica dovrebbero combattere, la Warner Bros. Ma la contraddizione, che all’apparenza (o forse neanche tanto all’apparenza) pur esiste, sembra rientrare nella raffica di boutade del collettivo.

Spieghiamo meglio. Quando il fumetto V per Vendetta diventa un film prodotto dai fratelli Wachowski, la popolarità della maschera di Guy Fawkes entra nel pieno e viene trasformata in un feticcio da possedere, smerciato in ogni angolo del pianeta attraverso colossi internettari come eBay e Amazon. È a questo punto che si inizia a storcere il naso. Ma come, ci si chiede non senza venature provocatorie, vi fate vendere i simboli alle industrie del fumetto e del cinema? E poi i proventi che derivano dai centomila esemplari ufficiali acquistati ogni anno dai fan finiscono dritti dritti nelle casse della Time Warner, detentrice dei diritti e beneficiaria del contributo che il giustiziere V offre ai suoi margini di profitto.
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