Il sequestro Sgrena e l’omicidio di Nicola Calipari: a 10 anni di distanza, il racconto di Carlo Lucarelli

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La storia di Nicola Calipari, ucciso a Baghdad dieci anni fa, il 4 marzo 2005, dopo aver liberato la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, abbiamo provato a raccontarla così, in una puntata dell’ultima stagione andata in onda della trasmissione Lucarelliracconta di Carlo Lucarelli.

“Il mese più lungo. Dal sequestro Sgrena all’omicidio Calipari”: il libro dell’allora direttore del Manifesto

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Il mese più lungoLa vicenda dell’omicidio di Nicola Calipari – con i fatti che l’hanno preceduto e quelli che sono seguiti – l’avevamo ricostruita nell’ultima stagione della trasmissione Lucarelli racconta. E tra le varie persone che avevamo intervistato c’era anche l’ex direttore del Manifesto, Gabriele Polo. Che ora prende la parola e le racconta lui, quelle vicende, nel libro Il mese più lungo. Dal sequestro Sgrena all’omicidio Calipari (Marsilio):

4 febbraio 2005. Giuliana Sgrena si trova a Baghdad. È il settimo viaggio iracheno per la giornalista del «manifesto» che racconta la guerra sul campo. In Italia, il dirigente del Sismi Nicola Calipari è in partenza per le ferie con la famiglia. Ma dovrà presto fare ritorno a Roma. Quella che sembrava una giornata come tante, infatti, si trasforma nell’inizio di un incubo. Alle 12.30 arriva in redazione al «Manifesto» la notizia del rapimento di Giuliana Sgrena. In poco tempo le stanze di via Tomacelli si riempiono di compagni di lavoro, amici, militanti e dirigenti politici che portano solidarietà, e di giornalisti italiani e stranieri alla ricerca di notizie.

Sarà così ogni giorno, per un mese intero. Oltre ai parenti e al compagno, la famiglia di Giuliana è quel quotidiano, una comunità giornalistica e politica, un soggetto pubblico: peculiarità, questa, che rende unico il caso, lo trasforma in un evento e lo politicizza, complicandolo. «Il manifesto» viene coinvolto in una vicenda piena di segreti, costretto a nasconderli, persino a collaborare con chi li custodisce. Tanto che si avverte la sensazione – scrive Gabriele Polo – di «violentare il proprio mestiere di giornalista, scegliere cosa dire e cosa tacere».

In questo libro l’ex direttore del quotidiano comunista rivela particolari inediti e racconta quei giorni nell’Italia di allora, immersa nel bipolarismo tra berlusconiani e antiberlusconiani: l’imbarazzo della politica, stretta tra i doveri dell’alleanza con gli Stati Uniti e un’opinione pubblica che ha subito la guerra senza condividerla; le manifestazioni che risvegliano il movimento pacifista italiano; le lotte interne all’intelligence che mettono a rischio la missione di Calipari; le trattative; le riunioni di Palazzo; la notte tragica con la gioia della liberazione che diviene sgomento per la morte del dirigente del Sismi; le reazioni sulla stampa; i processi, l’assoluzione finale e lo sconforto di fronte a un sistema che si limita a sancire l’ineluttabilità degli eventi, celebrando «l’eroe Nicola Calipari». Ripercorrere quella vicenda oggi vuol dire non solo far riemergere tutte le contraddizioni del caso, ma dare un volto al Paese che siamo stati e che siamo.

“È Stato morto un ragazzo”: il ragazzo si chiamava Federico Aldrovandi, 18 anni, e incontrò due pattuglie della polizia di Ferrara

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Doveroso, in una giornata come oggi, a otto anni di distanza dall’omicidio (colposo, dicono le sentenze) di Federico Aldrovandi, diciotenne ferrarese. Il documentario, come si sa, è del giornalista Filippo Vendemmiati.

#StoptheCOISP: scatti e tweet da Ferrara, dove 4 mila persone hanno manifestato in solidarietà alla famiglia di Federico Aldrovandi

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Foto di Marco Trotta

Ferrara, a partire dalle 18, è stata al centro della manifestazione a cui hanno partecipato 4 mila persone in solidarietà alla famiglia di Federico Aldrovandi. È accaduto dopo il sit-in del Coisp, sindacato di polizia, che si è tenuto sotto gli uffici comunali presso cui lavora Patrizia Moretti, la madre del ragazzo per la cui morte, avvenuta nel 2005, sono stati condannati in via definitiva quattro poliziotti, riconosciuti colpevoli del reato eccesso colposo in omicidio colposo. Su Twitter l’hashtag della manifestazione è stato #StoptheCOISP e la foto del Manifesto – donne che chiedono giustizia e rispetto per i loro congiunti, morti dopo essere finiti nelle mani dello Stato – è stata segnalata da Marco Trotta.

Da Radio Free Europe vecchie fotografie della Rivoluzione Russa appartenute a un pastore americano

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Sono state ritrovte nel 2005 nel nord della California. Sono immagini che risalgono alla Rivoluzione Russa e che appartenevano a John Wells Rahill, un pastore americano, il quale le conservò insieme ad altre provenienti dalla Cina e dal Giappone e risalenti allo stesso periodo. Qui se ne racconta la storia, su Radio Free Europe, e chissà se questo ritrovamento rientra in vecchie politiche di sostentamento editoriale che partivano dal Congresso degli Stati Uniti e arrivavano per il tramite della Cia.

(Via Neatorama)

“Dial M for Murdoch”: in un libro inglese la storia di “un potere enorme e arrogante usato per intimidire e coprire”

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Dial M for MurdochÈ uscito un mese fa in Inghilterra il libro Dial M for Murdoch – News corporation and the corruption of Britain scritto dal laburista Tom Watson e dal giornalista Martin Hickman (Allen Lane). La vicenda ricostruita è quella dello scandalo intercettazioni (e non solo) che ha coinvolto e travolto il tycoon australiano Rupert Murdoch. Il libro, non ancora tradotto in italiano, viene presentato così:

Questo libro svela quali fossero i meccanismi all’interno di una delle società più potenti al mondo e il modo in cui ha esercitato la sua velenosa e occulta influenza sulla vita pubblica della Gran Bretagna. È il racconto di un potere enorme e arrogante usato per intimidire e coprire. Un potere che, divenuto evidente, ha cambiato il modo di guardare ai politici, ai servizi di polizia britannici e alla stampa. I giornali di Murdoch hanno intercettato telefoni e fregato informazioni usate poi in modo fintamente casuale per distruggere vite per anni. Fu solo dopo un triviale reportage del 2005 sul principe William che gli investigatori si imbatterono in un esteso piano criminale fatto di cinque anni di insabbiamenti che hanno nascosto e intorbidito la realtà.

Per quanto riguarda qualche recensione (sempre in inglese), se ne può leggere su BoingBoing e sull’Indipendent, per il quale Hickman lavora.

Da stasera “Lucarelli Racconta”, storie di uomini che misero una “mano davanti alla locomotiva”. Si inizia con Nicola Calipari

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Lucarelli Racconta

Riparte questa sera su RaiTre la trasmissione Lucarelli Racconta di Carlo Lucarelli. La prima puntata alla quale ho collaborato si intitola Nicola Calipari, in quel luogo e in quel momento:

La storia di Nicola Calipari, un poliziotto atipico, colto e gentile, con un grande senso dello Stato. Dagli inizi della sua carriera in Calabria, dove contrasta le attività criminali della ‘ndrangheta, alla Seconda Guerra del Golfo, in Iraq, dove è presente come capo del reparto delle operazioni speciali all’estero del SISMI.

A Baghdad nella notte del 4 marzo del 2005 in un punto della pericolosa Route Irish il destino di quel poliziotto si incrocia con i destini di altre due persone in modo fatale: il soldato statunitense Mario Lozano e la giornalista italiana Giuliana Sgrena appena liberata dopo un rapimento. Calipari viene ucciso dal fuoco della mitragliatrice di Lozano, mentre con il proprio corpo fa scudo alla giornalista.

La linea che sottende tutte le sei puntate di questa serie è quella tracciata dallo scrittore Giorgio Scerbanenco quando scriveva: “Chi mette la mano davanti alla locomotiva in corsa? […] Porre la mano davanti alla locomotiva a volte significa fermarla”. I nostri uomini davanti a un treno sono questi:

Da un poliziotto scomodo a un amministratore politico onesto, da un giornalista curioso a un medico che fa semplicemente il suo dovere di cittadino: figure di questo genere, esemplari ma allo stesso tempo comuni, in cui è possibile riconoscersi, danno la possibilità di immaginare una realtà migliore in cui le regole e la legalità vengono rispettate.

Alle singole storie fanno da sfondo i problemi irrisolti del nostro Paese: le organizzazioni mafiose, le zone grigie di connessione tra politica e criminalità, l’assenza dello Stato, il terrorismo, l’emarginazione culturale e sociale, la pericolosità dei meccanismi economici e finanziari.

La seconda puntata a cui ho collaborato si intitola “Gli uomini dello Stato” e andrà in onda il prossimo 28 maggio. Sono le storie di Boris Giuliano, Pasquale Juliano, Giuseppe Montalto e Loris Giazzon.

In casa Calipari adesso i figli sanno come il governo ha tradito il padre

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Domani di Maurizio ChiericiSperiamo che sia vero. Speriamo che i dissidi interni a Wikileaks ci portino in dono altri cloni dell’esperienza che si sovrappone al volto di Julian Assange. Perché c’è un bisogno disperato di documenti. Un bisogno che suffraghi prove alla mano l’impressione della pochezza politica, in primis quella italiana. E che, forte di questo suffragio, sia forse uno sprone a un cambiamento reale.

Ai funerali di Nicola Calipari, ucciso a Baghdad il 5 marzo 2005 dopo la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri, aveva detto: «C’è lo Stato con le sue istituzioni per garantire la libertà e la sicurezza ai cittadini». Un tributo al funzionario del Sismi che, con il suo «eroico sacrificio», ricordava ancora Letta, aveva dato lustro alla cosa pubblica e per questo era stato insignito della medaglia d’oro al valor militare dopo la sua morte. E la moglie di Calipari, Rosa Maria Villecco, era diventata senatrice del partito democratico.

Oggi invece, con la diffusione dei cablogrammi statunitensi, è possibile aprire un pacco natalizio in cui viene distribuita a tutti una fetta della menzogna spacciata ai cittadini che dovrebbero avere fiducia in quelle istituzioni citate nel discorso funebre per Calipari. E in particolare la torta di compone di queste singole menzogne (traduzione del documento originale, in inglese):
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