Il sequestro Sgrena e l’omicidio di Nicola Calipari: a 10 anni di distanza, il racconto di Carlo Lucarelli

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La storia di Nicola Calipari, ucciso a Baghdad dieci anni fa, il 4 marzo 2005, dopo aver liberato la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, abbiamo provato a raccontarla così, in una puntata dell’ultima stagione andata in onda della trasmissione Lucarelliracconta di Carlo Lucarelli.

Articolo21, a 10 anni dall’omicidio di Enzo Baldoni a Baghdad la domanda: “Poteva essere salvato?”

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Enzo BaldoniA 10 anni di distanza dell’omicidio di Enzo Baldoni, scrive Enzo Nucci su Articolo21.org

Baldoni poteva essere salvato? Giusi [Bonsignore, moglie del giornalista, nda] afferma che dopo lo scoppio di una mina sotto l’automobile su cui viaggiava (in testa alla colonna di automezzi) il marito ed il suo traduttore, il convoglio della Croce Rossa non si fermò a raccogliere i due uomini ancora vivi, consegnandoli nei fatti nelle mani dei terroristi. Abbandonati al loro destino. Secondo la pesante accusa di Giusi, la Croce Rossa avrebbe taciuto con la famiglia su questa circostanza.”Una omissione molto grave” per la signora Baldoni secondo cui le rassicurazioni fornite dalla Croce Rossa Italiana avrebbero addirittura ostacolato per oltre 3 anni il recupero della salma di Enzo, portato a termine 4 anni fa dai Ros dei Carabinieri. Circostanze (queste denunciare da Giusi Bonsignore) che richiederebbero un approfondimento da parte delle istituzioni, anche per capire se nell’intricata vicenda del recupero del cadavere siano entrati in gioco personaggi di dubbia moralità che magari hanno fatto di necessità virtù.

Continua qui. Inoltre su Radio Città del Capo c’è lo speciale con le cartoline da Baghdad di Baldoni.

Da stasera “Lucarelli Racconta”, storie di uomini che misero una “mano davanti alla locomotiva”. Si inizia con Nicola Calipari

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Lucarelli Racconta

Riparte questa sera su RaiTre la trasmissione Lucarelli Racconta di Carlo Lucarelli. La prima puntata alla quale ho collaborato si intitola Nicola Calipari, in quel luogo e in quel momento:

La storia di Nicola Calipari, un poliziotto atipico, colto e gentile, con un grande senso dello Stato. Dagli inizi della sua carriera in Calabria, dove contrasta le attività criminali della ‘ndrangheta, alla Seconda Guerra del Golfo, in Iraq, dove è presente come capo del reparto delle operazioni speciali all’estero del SISMI.

A Baghdad nella notte del 4 marzo del 2005 in un punto della pericolosa Route Irish il destino di quel poliziotto si incrocia con i destini di altre due persone in modo fatale: il soldato statunitense Mario Lozano e la giornalista italiana Giuliana Sgrena appena liberata dopo un rapimento. Calipari viene ucciso dal fuoco della mitragliatrice di Lozano, mentre con il proprio corpo fa scudo alla giornalista.

La linea che sottende tutte le sei puntate di questa serie è quella tracciata dallo scrittore Giorgio Scerbanenco quando scriveva: “Chi mette la mano davanti alla locomotiva in corsa? […] Porre la mano davanti alla locomotiva a volte significa fermarla”. I nostri uomini davanti a un treno sono questi:

Da un poliziotto scomodo a un amministratore politico onesto, da un giornalista curioso a un medico che fa semplicemente il suo dovere di cittadino: figure di questo genere, esemplari ma allo stesso tempo comuni, in cui è possibile riconoscersi, danno la possibilità di immaginare una realtà migliore in cui le regole e la legalità vengono rispettate.

Alle singole storie fanno da sfondo i problemi irrisolti del nostro Paese: le organizzazioni mafiose, le zone grigie di connessione tra politica e criminalità, l’assenza dello Stato, il terrorismo, l’emarginazione culturale e sociale, la pericolosità dei meccanismi economici e finanziari.

La seconda puntata a cui ho collaborato si intitola “Gli uomini dello Stato” e andrà in onda il prossimo 28 maggio. Sono le storie di Boris Giuliano, Pasquale Juliano, Giuseppe Montalto e Loris Giazzon.

Storia di Qamar Hashim, il più giovane fotografo dell’Iraq che gira per le strade di Baghdad e ritrae la vita di tutti i giorni

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La storia del più giovane fotografo dell’Iraq. La racconta la Reuters:

Qamar Hashim è un fotografo di otto anni. Gira per le strade di Baghdad con la sua macchina e […] ha vinto numerosi premi, secondo la Iraqi Society Photographic (Isp).

Qui anche alcuni scatti.

E i mercenari della Blackwater diventano un videogioco. Le famiglie delle vittime: iniziativa “offensiva”

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Blackwater

Peacereporter racconta che negli Usa è stato lanciato videogioco ispirato ai contractor della Blackwater, la stessa di cui si parla qui e si cui viene tracciata su Wikipedia una scheda qui:

La compagnia 505 Games lancerà prossimamente un vidogioco ispirato alla Blackwater, la compagnia militare privata accusata di violenze sui civili in Iraq. Il prodotto ha ottenuto il via libera di Erik Prince, fondatore della Blackwater ed ex membro della marina americana che ha abbandonato l’azienda due anni fa, dopo aver guadagnato 1 miliardo di dollari in contratti con l’amministrazione Bush.

Nel gioco, gli utenti assumono il ruolo dei contractor privati e sono chiamati a proteggere funzionari Onu in un non precisato “territorio nord africano ostile”. Il lancio del videogioco sarebbe solo il primo tentativo per utilizzare il marchio della compagnia militare per fini commerciali. La Blackwater ha recentemente cambiato nome in Xe Service dopo una serie di scandali culminati nel 2007 con l’uccisione di 17 civili in piazza Nisoor, a Baghdad.

Jan Schakowsky, membro del Congresso che ha criticato in passato la compagnia militare, ha dichiarato al quotidiano britannico The Independent che l’dea di “partecipare a un gioco in cui loro sono gli eroi è sbagliato sotto ogni punto di vista”. Susan Burke, legale che rappresenta le famiglie delle vittime della Blackwater, ha definito “terribilmente offensiva” la decisione di lanciare il videogioco.

In effetti, sul sito della 505 Games, si legge una domanda: Hai la stoffa per essere un Blackwater? E si aggiunge:

Proprio come nella reale vita operativa di un Blackwater, i giocatori dovranno usare tattiche militari e la gestualità del corpo intero per completare complessi incarichi in alcuni dei luoghi più pericolosi del pianeta.