Da quinta a terza industria nazionale nel giro di pochi anni, in mezzo a nomi come Fiat, Eni, Telecom e Enel. E secondo dati recentissimi – quelli di Netbet, colosso del gioco online – il Paese è divenuto un’eccellenza per volume d’affari nel 2012, con 15,4 miliardi di euro di giocate solo su Internet. La penisola è costellata da qualcosa come 16.300 punti vendita di giochi consentiti, 284 sale bingo, un migliaio di agenzie di scommesse, 41 ippodromi e 80 mila esercizi commerciali in cui si può giocare con dispositivi elettronici. A questi si devono aggiungere 120 mila addetti e 400 mila installatori di macchinette, tra le quali primeggiano le slot machine (378.812) seguite da più recenti Vtl (le video lottery, 44.735).
Nel novero degli esercizi pubblici, inoltre, non ci vanno solo i locali con drappi in velluto rosso o nero che si palesano dalla sera alla mattina in tutte le città italiane, ma anche tabaccherie, edicole e bar. Senza contare poi che le offerte per Gratta e Vinci e lotterie istantanee (lanciate anche a scopi solidaristici, almeno nelle intenzioni, come accaduto nel 2009 dopo il terremoto in Abruzzo) inseguono clienti in luoghi come uffici postali e supermercati. Questi sono pochi ma efficaci parametri per inquadrare il gioco d’azzardo che si vuole legalizzato, cioè sotto il diretto controllo dell’Aams, l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.
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