Piazza Grande e il dossier sul gioco d’azzardo: i numeri del fenomeno in Italia tra legalità e illegalità

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Piazza Grande - L'ultima puntataDa quinta a terza industria nazionale nel giro di pochi anni, in mezzo a nomi come Fiat, Eni, Telecom e Enel. E secondo dati recentissimi – quelli di Netbet, colosso del gioco online – il Paese è divenuto un’eccellenza per volume d’affari nel 2012, con 15,4 miliardi di euro di giocate solo su Internet. La penisola è costellata da qualcosa come 16.300 punti vendita di giochi consentiti, 284 sale bingo, un migliaio di agenzie di scommesse, 41 ippodromi e 80 mila esercizi commerciali in cui si può giocare con dispositivi elettronici. A questi si devono aggiungere 120 mila addetti e 400 mila installatori di macchinette, tra le quali primeggiano le slot machine (378.812) seguite da più recenti Vtl (le video lottery, 44.735).

Nel novero degli esercizi pubblici, inoltre, non ci vanno solo i locali con drappi in velluto rosso o nero che si palesano dalla sera alla mattina in tutte le città italiane, ma anche tabaccherie, edicole e bar. Senza contare poi che le offerte per Gratta e Vinci e lotterie istantanee (lanciate anche a scopi solidaristici, almeno nelle intenzioni, come accaduto nel 2009 dopo il terremoto in Abruzzo) inseguono clienti in luoghi come uffici postali e supermercati. Questi sono pochi ma efficaci parametri per inquadrare il gioco d’azzardo che si vuole legalizzato, cioè sotto il diretto controllo dell’Aams, l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.
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La storia del crimine organizzato diventerà un museo a Las Vegas

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The Mob Museum

Si chiamerà Museum of organized crime and law enforcement e aprirà a Las Vegas nel 2011. Così lo presenta BoingBoing:

Una panoramica audace e autentica dell’impatto del crimine organizzato sulla storia di Las Vegas e la sua impronta unica sull’America e sul mondo. Il museo propone storie vere ed eventi reali con mostre interattive […] che svelano tutti i volti di un certo tipo di delinquenza e del suo ruolo negli Stati Uniti.

Facendo scorrere il lungo slideshow che compare sulla home page del sito si può avere un’idea almeno indicativa di ciò che si potrà vedere.

“Una montagna – I nostri prossimi diecimila anni con le scorie nucleari”

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Una montagna di John D'AgataJohn D’Agata racconta una realtà statunitense. Ma non è molto difficile estendere il concetto al di fuori di quel Paese e pensarlo altrove. Anche dietro l’angolo. Perché di questo si parla nel suo libro Una montagna – I nostri prossimi diecimila anni con le scorie nucleari (Isbn Edizioni):

Yucca Mountain è a 160 km da Las Vegas, la città dove si è appena trasferita la madre di John D’Agata. Da questo luogo simbolo dell’America comincia un’inchiesta spietata e poetica secondo lo stile del new-new journalism alla Foster Wallace, tra i paradossi della gestione dell’energia nucleare. Sostenuto da Reagan e Bush jr., frettolosamente accantonato da Obama, il progetto Yucca Mountain è la “grande opera” più folle mai concepita da un governo occidentale: trasportare via terra 77 mila tonnellate di scorie radioattive sparse negli Usa, e stivarle nel cuore di una montagna nel deserto del Nevada. Tempo dell’operazione: un secolo o giù di lì. A patto che si riesca a riempirlo senza incidenti, il deposito dovrebbe restare al sicuro da infiltrazioni e sconvolgimenti tellurici per 10mila anni. O forse 300mila, stando alle previsioni degli «esperti». Ma come dovrà essere scritto il cartello «pericolo di morte» perché venga compreso dai nipoti dei nostri pronipoti?

E a proposito di centrali di casa nostra, si dia un’occhiata al video di SkyTG24 Unita di crisi – Trino Vercellese (grazie a BestKevin per la segnalazione) e a quanto si scriveva poco tempo fa a proposito di Caorso.

(Via Booksblog)