Croazia: Balcani, stato, criminalità e certa informazione

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Osservatorio Balcani (via LSDI) analizza la situazione croata dopo la fine fatta dal giornalista ed editore Ivo Pukanic. Se infatti nel piccolo stato balcanico si sta sfiorando lo stato d’emergenza con coprifuoco almeno di fatto e c’è chi vuole evitare che Zagabria diventi una nuova Beirut, dall’altro si va a caccia dei punti di contatto tra organi dello Stato e organizzazioni criminali. Punti di contatto che sarebbero coincisi proprio con l’informazione o quanto con alcuni suoi pezzi. Si legge infatti nel pezzo O noi o loro di Drago Hedl:

La dichiarazione del presidente Stjepan Mesić, “o loro o noi” rilasciata dopo l’assassinio di Ivo Pukanić, di cui era amico di vecchia data, si è dimostrata più che imprecisa: in Croazia, cioè, è difficile dire chi sono “loro” e chi “noi”. Nonostante Mesić abbia cercato di affermare che “noi” significa lo stato di diritto, il funzionamento del sistema istituzionale e la sicurezza dei cittadini, e “loro” i criminali, i terroristi e i mafiosi, in Croazia non è facile tracciare questa linea. Questo viene fatto notare non solo dagli analisti politici e dai commentatori: ciò si è potuto vedere anche al funerale di Ivo Pukanić, dove qualche fila dietro al presidente dello Stato e alle sue guardie del corpo, c’erano anche i più “rispettabili” appartenenti della malavita zagrebese. Lo stesso Pukanić, come afferma la nota editorialista Jelena Lovrić, è stato “ponte” e “collegamento” tra ciò che Mesić definisce “noi” e “loro” […]. Questa serie di omicidi a Zagabria, anticipata quest’estate con una serie di intimidazioni a chi denunciava il connubio tra politici e mafia, ora preoccupa le autorità inducendole ad un’azione nervosa. Anche se ancor prima dell’omicidio di Pukanić il premier Sanader aveva sostituito i ministri degli Interni e della Giustizia e il capo della polizia, l’omicidio del direttore di Nacional ha dimostrato che la mafia si sta facendo strada seriamente, e fa presagire un punto a cui in Croazia non si è ancora arrivati: gli attentati politici, come quello in Serbia in cui è stato assassinato il premier Đinđić.

Gli anni del disonore che non sono ancora finiti

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Gli anni del disonore di Mariano Guarino e Fedora RaugeiPer una strana coincidenza, mi trovo ad aver concluso Gli anni del disonore di Mariano Guarino e Fedora Raugei proprio mentre sta circolando una notizia che definire curiosa è usare un tenue eufemismo: Licio Gelli, il venerabile maestro della loggia massonica P2, va in televisione a raccontare la storia d’Italia, a iniziare dal periodo fascista. Il primo accenno che trovo della novità è sul blog di Giuseppe Genna: ha pubblicato qualche giorno fa un post su un lolitesco telefilm prodotto dalla Disney con relative considerazioni su un certo tipo di società. Dato appunto però che tra la pubblicazione e la mia lettura è trascorso qualche giorno, c’è anche qualche decina di commenti da spulciare, non di rado sagaci anche questi. Fino a quando arrivo in fondo e, sempre dalla tastiera del Miserabile Scrittore, esce un’informazione di cui riporto solo uno stralcio:

Licio Gelli debutta in tv. Avrà un programma tutto suo […]. Un approdo singolare se si pensa che uno degli obiettivi principali della P2, almeno in base a quanto è stato accertato dalla magistratura, era il controllo o una presenza significativa nel mondo dei media. Così, se personalmente Licio Gelli, non è riuscito, se non in una fase breve della sua storia, in cui la P2 indirettamente controllava l’azionariato del Corriere, ora la tv prova a farla in prima persona.

All’inizio penso a uno scherzo, a un divertissement di Giuseppe per gettare zizzania o per stimolare qualche surreale dibattito. Ma è verosimile sparare in modo così blissettiano? Anche sì, ma già bastavano le sue salaci righe sulla fiction americana per sbizzarrire l’ironia dei suoi lettori. No, il debutto sul piccolo schermo di Gelli non è una battuta. E allora ripenso alle pagine di Gli anni del disonore, le metto mentalmente a confronto con gli atti della commissione sulla P2 presieduta da Tina Anselmi, recupero memoria dei fatti in cui il leader massonico è rimasto coinvolto e mi chiedo come sia possibile. Scrive in proposito Maso Notarianni, direttore di Peace Reporter, nel suo Ma questo è un paese normale?:
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Le “voci globali” che diventano sempre più robuste

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Bernardo Parrella, coordinatore del gruppo italiano di Global Voices, segnala un paio di riconoscimenti tributati al progetto di giornalismo partecipativo fondato dal Berkman Center for Internet and Society di Harvard:

Rising Voices è stato selezionato dal concorso “Best of Blogs 2008” (BOBs) di Deutsche Welle tra i 176 finalisti per le 16 categorie in lizza. Nonostante la nutrita presenza di simili competizioni, BOBs è sicuramente tra le più importanti a livello internazionale: sono previsti 11 premi per ognuna delle lingue in concorso riservati a blog, podcast e videoblog auto-prodotti. Dal 2004 Rising Voices offre microfinanziamenti a una dozzina di comunità di blogger in aree sottorappresentate, tra cui: ‘Voces Bolivianas’, che descrive le difficili situazioni delle comunità boliviane, ‘REPACTED project’ che da Nakuru, in Kenya, spiega come fare educazione sanitaria con il teatro di strada, o ‘Blogging the Dream’ che racconta i sogni della comunità rumena. Il voto è aperto a tutti, basta farlo entro il 26 novembre.

Voices without Votes parte dall’idea che le elezioni del Presidente USA abbiano un impatto mondiale ed è quindi giusto dar voce al cittadini globali sull’evento. In un ampio articolo del 27 ottobre, il Washington Post descrive il progetto, partito ai primi di febbraio 2008, grazie a una partnership con l’agenzia Reuters, e coordinato dalla giornalista Amira Al Hussaini, che vive in Canada ma è nativa del Bahrain, arcipelago del Golfo Persico. Sono una ventina i volontari fra i 20 e i 30 anni, a costituire la redazione di VwV che ogni giorno setaccia più di un migliaio di blog in tutto il mondo e traduce dalle diverse lingue in inglese, le reazioni della blogosfera ai vari eventi di questa campagna elettorale. La sconfitta di Hillary Clinton e la scelta di Sarah Palin, per esempio, sono un’occasione per le ragazze del Kuwait per rivendicare il diritto all’educazione, mentre nelle ultime elezioni in Brasile, il fatto di dichiararsi apertamente sostenitori di Obama non ha portato fortuna a nessun candidato.

Internet & Création: il futuro delle forme espressive

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Internet et CréationPhilippe Aigrain non è solo un tecnologo illuminato, ma anche uno scrittore e un divulgatore di talento. Se Causa Comune, il libro uscito per Stampa Alternativa nel 2006 e liberamente scaricabile dal sito Libera Cultura, ne è una prova, ora arriva un nuovo lavoro dell’autore francese: Internet & Création: comment reconnaître les échanges sur internet en finançant la création. Per chi legge il francese, il volume è acquistabile via Internet oppure scaricabile da qui. Ecco la traduzione della presentazione di quarta di copertina:

Internet e la creatività sono legati: i cambiamenti culturali alimentano la gigantesca espansione della rete che a sua volta offre uno spazio a nuove forme artistiche ed espressive. Mentre c’è chi non vorrebbe altro che la distruzione e l’annientamento dei processi creativi insistendo sul modello dell’industria culturale di massa, Philippe Aigrain ci propone un’altra visione. Quest’opera difende la libertà di scambio tra navigatori e il sostegno alla creazione. Ci consegna uno strumento per mutare prospettiva verso Internet e sviluppa proposte concrete per organizzare il nostro futuro. Correggendo e affinando la Licenza Globale del 2005, queste proposte saranno necessarie al dibattito di domani. “Internet & Création non si rivolge dunque solo ad autori e artisti, produttori ed editori o a navigatori novelli e agguerriti, ma parla a tutti, uomini e donne, che vogliono comprendere questo mondo in piena mutazione dove l’arte e la cultura saranno domani nelle nostre mani e saranno ciò che noi ne faremo. Il libro è in prevendita. Le prime spedizioni e la disponibilità del pdf è a partire dal 29 ottobre 2008.

Per il prossimo anno è prevista l’edizione in inglese.

Rwanda, donne in parlamento e la situazione femminile in Africa

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Osman Lul Mohamed è presidente dell’Associazione donne somale e fa parte della consulta delle rappresentanze straniere del comune di Roma. Il discorso non si concentra solo sul risultato raggiunto in Rwanda, ma spazia anche sulla situazione somala e su quella dei paesi del centro e nord Africa. Infine, per quanto riguarda universo femminile africano e integrazione in stati di guerra, il testo della risoluzione onu 1325 del 2000 a cui si fa più volte riferimento si trova qui.

Una storia ancora da raccontare: Giancarlo Siani

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Una storia ancora da raccontare: Giancarlo Siani, concorso indetto in vista dell’edizione 2009 del Festival internazionale del giornalismo, che si terrà dal 1 al 5 aprile prossimi a Perugia. Qui il banco completo e di seguito la presentazione del concorso:

Il concorso, organizzato in collaborazione con l’Associazione Ilaria Alpi, è rivolto agli studenti universitari iscritti a qualsiasi facoltà, ai giornalisti e praticanti con meno di 30 anni di età e agli allievi delle scuole di giornalismo. Ogni anno “Una storia ancora da raccontare” invita i partecipanti a ripercorrere la storia di un giornalista che ha perso la vita nello svolgimento la sua professione. La prima edizione è stata dedicata alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin uccisi il 20 marzo 1994 a Mogadiscio e la seconda a Enzo Baldoni, rapito e ucciso a Najaf in Iraq nel 2004 dall’Esercito Islamico, un’organizzazione fondamentalista musulmana legata ad Al-Qaeda. La terza edizione del concorso è dedicata alla memoria di Giancarlo Siani. Giancarlo Siani, giornalista del quotidiano Il Mattino, venne ucciso in un agguato, nel quartiere napoletano del Vomero, la sera del 23 settembre 1985. Aveva solo 26 anni. Nei suoi articoli denunciava la criminalità organizzata e l’espansione economica dei boss locali. Prima di essere ucciso Siani stava lavorando all’intreccio politica camorra, proprio nel momento in cui piovevano in Campania i miliardi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980.

Ferrajoli: il populismo penale e l’uso strumentale della paura

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Il blog La poesia e lo spirito pubblica un post intitolato In nome della paura. Riprende un’intervista a Luigi Ferrajoli, docente di filosofia del diritto e di teoria generale del diritto all’università di Roma 3, sull’uso strumentale e propagandistico di temi come la (in)sicurezza, il crimine e l’aumento dei reati. E chiama il fenomeno “populismo penale”. Di particolare interesse questo passaggio:

Lei ha definito questo uso demagogico della paura nei termini di «populismo penale». In cosa consiste?
Con questa espressione il giurista francese Denis Salas e quello domenicano Eduardo Jorge Prats definivano una strategia diretta ad ottenere demagogicamente il consenso popolare rispondendo alla paura generata nella popolazione dalla criminalità di strada. Si afferma così un uso congiunturale del diritto penale in senso repressivo ed antigarantista che è totalmente inefficace rispetto alle intenzioni di prevenire i crimini.

Per quale ragione?
Prenda, ad esempio, la proposta di introdurre il reato di immigrazione clandestina. Questo nuovo reato assegnerà a chiunque entra nel territorio nazionale, o vi si intrattiene illegalmente, la condizione di delinquente. Questo significa che in un colpo solo 700 mila immigrati clandestini residenti dovranno essere incarcerati. Senza contare che è impossibile incarcerare centinaia di migliaia di persone. Oppure il reato di prostituzione e adescamento in strada, come proposto dal ministro Mara Carfagna: decine di migliaia di prostitute dovrebbero essere arrestate e processate insieme ai loro clienti. Ovviamente è impensabile che queste norme possano essere seriamente applicate. Ma proprio questo ne conferma il carattere demagogico. Quello che è importante è la valenza simbolica di questi annunci, non la loro applicabilità.

“RiP: A remix manifesto”, documentario sulla cultura libera

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Diritto d’autore, società dell’informazione, commistione di media differenti e superamento del ruolo verticistico tra produttori e fruitori di contenuti. Solo alcuni dei temi attorno a cui ruota il film documentario RiP: A remix manifesto scritto e girato dal regista canadese Brett Gaylor e prodotto da EyeSteelFilm in collaborazione con National Film Board. Eccone qualche elemento pubblicato a titolo di spiegazione:

The film’s central protagonist is Girl Talk, a mash-up musician topping the charts with his sample-based songs. But is Girl Talk a paragon of people power or the Pied Piper of piracy? Creative Commons founder, Lawrence Lessig, Brazil’s Minister of Culture Gilberto Gil and pop culture critic Cory Doctorow are also along for the ride.

Per realizzare il documentario sono stati necessari sei anni e a esso hanno contribuito gli utenti del sito OpenSourceCinema sul quale peraltro spezzoni del documentario sono disponibili per chi volesse utilizzarli per ricavarne nuovi video. Inoltre sempre di Brett Gaylor – stavolta insieme a Daniel Cross – è un altro progetto, HomelessNation.org:

Homeless Nation values every story and every voice and we actively promote and encourage free speech. We will not accept, however, any form of racism, sexism, bigotry, or any other offensive behaviour. Personal attacks on individuals will be deleted and violating users may be banned.

Infine, sempre in tema di cultura libera e in occasione del Linux Day di domani, qui un paio di libri sotto Creative Commons che saranno presentati a Modena: Ubuntu per tutti! – Dall’installazione all’utilizzo della più diffusa distribuzione Linux di Riccardo Cavalieri e Creative Commons: manuale operativo di Simone Aliprandi.

“Pentiti di niente”: una storia che attraversa due decenni

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Pentiti di nienteIl libro Pentiti di niente sarà il libreria e scaricabile da Internet il prossimo 20 novembre, ma l’editore, Stampa Alternativa, lo ha messo da qualche giorno in prenotazione. Sottotitolo è “Il sequestro Saronio, la banda Fioroni e le menzogne di un presunto collaboratore di giustizia” e il testo riportato di seguito è l’introduzione alla storia. Grazie a Valerio Evangelisti per la prefazione che verrà pubblicata a breve.

C’è una storia che taglia a metà gli anni Settanta arrivando a lambire quasi tutti gli Ottanta e che diventa un paradigma non solo dello sbando di alcuni personaggi che non trovano collocazione in quel decennio di ideali, ma anche di scontri politici. È quella di Carlo Saronio, giovane ingegnere della borghesia milanese che si avvicina alla sinistra extraparlamentare, ma che finisce preda della bramosia di alcuni di questi personaggi. Oltre al dramma personale di un sequestro e di un omicidio, la vicenda di Carlo Saronio racconta anche la nascita di un fenomeno, quello della dissociazione dalla lotta armata, e della sua strumentalizzazione da parte di chi andava a caccia di sconti di pena. Riuscendo a ottenerli.

Mentre si indaga su chi ha rapito l’ingegnere, la Milano che ne emerge in un primo momento sembra una specie di Marsiglia in cui il Mediterraneo viene sostituito dai Navigli e dalla darsena di Porta Ticinese, ma che nulla ha da invidiare alla disinvoltura dei banditi d’Oltralpe. Una Milano in cui la politica arriva fino a un certo punto e la malavita fa da padrona tra evasioni, ricatti, giri di denaro da riciclare, bella vita ogni volta che si arraffa un po’ di contante. Dove l’umanità si scontra e perde di fronte al profitto criminale e dove non esiste alcun codice etico quando si decide di speculare anche su un cadavere in precedenza fatto sparire.

Ma poi all’improvviso lo scenario cittadino si modifica e quegli stessi personaggi, dai protagonisti alle comparse, dalle vittime ai carnefici, diventano gli interpreti di un copione a sfondo terroristico dove l'”Organizzazione” viene prima di tutto. Anche della solidarietà verso un compagno e dell’amicizia tra due giovani che stanno dalla stessa parte. Il cambiamento è così repentino che non sembra di essere ancora in quei quartieri. Sembra a questo punto di aver attraversato i confini della realtà per entrare in un romanzo di fantapolitica in cui si può raccontare tutto e il contrario di tutto.
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Creative Commons in noir: l’antologia scaricabile

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Creative Commons in NoirQuesta è l’antologia pubblicata da Stampa Alternativa che raccoglie i 10 racconti vincitori del concorso Creative Commons in Noir dello scorso anno. Ecco testi e autori inclusi nel volume: “Scultura” di Davide Bacchilega, “La marmellata di more” di Euro Carello, “Apocalisse di Giovanni” di Luciano Pagano “Il timbro e il flagello” di Alberto Prunetti, “Angelo mio” di Alberto Giorgi, “Saint Vincent” di Michele Frisia, “Il male” di Karim Mangino, “Una vera signora” di Angela Venuti, “Corso dei mille” di Antonio Pagliaro, “Erano in tre” di Paolo Ferrari. È disponibile per il download dal sito Libera Cultura (qui il pdf e Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate la licenza con cui viene rilasciata). Di seguito la prefazione.

Questa antologia è il risultato di due passioni: quella, diffusa, per la letteratura definita “di genere” ma che spesso valica i confini del noir per diventare rappresentazione della vita e della società; e quella per la condivisione della cultura, una passione che rifiuta l’imposizione del “tutti i diritti riservati” per restituire (e restituirsi) il diritto di essere autori, lettori ed eco della cultura, e non semplici fruitori, consumatori passivi di “prodotti”.

Ecco com’è nata l’idea di un concorso letterario che è stato poi battezzato Creative Commons in Noir. E alle due passioni di cui sopra – raccontare e condividere – se n’è aggiunta un’altra, che a Stampa Alternativa è piaciuta perché fa parte del tessuto connettivo di questa casa editrice: andare alla ricerca di voci, scandagliare tra chi scrive e trovare narrazioni nuove.
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