Affaire Pollari-Pompa: magistrati, giornalisti e attivisti si costituiscono parte civile

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Ancora a proposito dei dossieraggi illegali fatti dal tandem spionistico Nicolò Pollari-Pio Pompa, Andrea Cinquegrani, codirettore del mensile La voce delle voci, di ritorno dalle aule di giustizia umbre, ha scritto un testo che viene riportato sotto in forma integrale. Si intitola Il gup di Perugia: la consulta dichiari che non spetta a Berlusconi porre il segreto sul peculato di Pompa e Pollari. Ecco dunque le considerazioni di Andrea.

Non c’è alcun motivo per cui l’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e il suo braccio destro Pio Pompa, imputati per peculato nel processo davanti al gup di Perugia, possano invocare il segreto di Stato. È quanto, in sostanza, sostiene il gup Carla Giangamboni la quale, dopo aver ammesso la costituzione di parte civile per 7 parti lese (magistrati, avvocati, politici, giornalisti, più l’associazione internazionale Medel), ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato investendo la Consulta. «Si chiede a codesta Corte – conclude il giudice – di volere dichiarare che non spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri secretare, mediante conferma dell’opposizione del segreto da altri opposto, modi e forme dirette e indirette di finanziamento per la gestione del servizio da parte di Pio Pompa della sede di Sismi di via Nazionale a Roma, allorché il Servizio era retto da Nicolò Pollari».

Secondo i capi d’imputazione, nell’arco di ben cinque anni (dal 2001 al 2005) Pompa, su input di Pollari, avrebbe svolto una minuziosa attività di dossieraggio su una molteplicità di soggetti, accusati di voler delegittimare, con la loro azione, l’attività del premier, allora – come ora – Silvio Berlusconi. Monitorati giuristi (una trentina) facenti capo a Medel; magistrati di punta, come Libero Mancuso (7 procedimenti davanti al Csm in quel periodo), politici scomodi (come Elio Veltri e Cesare Salvi), giornalisti ficcanaso (radunati intorno al gruppo de La Voce delle Voci-La Voce della Campania, descritta da Pompa come una sorta di “Al Quaeda dell’informazione”).
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Ilaria Alpi: un appello per chiedere verità sul duplice omicidio del 1994 a Mogadiscio

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Ilaria Alpi - Foto premio giornalistico Ilaria AlpiUn appello e una firma perché Noi vogliamo verità e giustizia. Noi chiediamo verità e giustizia. Lo diffonde l’Associazione Ilaria Alpi dal Festival internazionale di giornalismo in corso a Perugia e in esso di legge:

“Dopo sedici anni, lunghissimi e dolorosi si sa quasi tutto di quel che accadde quella domenica di marzo e perché. Si sa che fu un’esecuzione, come ha scritto lo scorso 17 marzo, il Gip Emanuele Cersosimo del Tribunale di Roma nel respingere la richiesta di archiviazione: ‘un omicidio su commissione, organizzato per impedire che le notizie raccolte da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin su traffici di armi e di rifiuti tossici, venissero portate a conoscenza dell’opinione pubblica'”.

Le prove non mancano. Sono quelle “custodite” nei documenti e nelle testimonianze accumulate attraverso le inchieste della magistratura, quelle parlamentari e quelle giornalistiche. Ma perché, si chiedono i firmatari dell’appello, non si è ancora arrivati a una verità giudiziaria? Chi non vuole la verità e perché?

“Noi chiediamo alla Magistratura di procedere nell’accertamento delle responsabilità, di individuare esecutori e mandanti. Noi chiediamo alla politica un impegno deciso affinché tutte le verità connesse al duplice omicidio vengano alla luce. Noi chiediamo al Presidente della Repubblica di farsi garante nei confronti dei familiari e di tutto il Paese che vogliono e hanno diritto ad avere verità e giustizia”.

E in conclusione, per raccontare anche questo caso, si dà appuntamento al 17 giugno prossimo, al premio giornalistico dedicato alla giornalista del Tg3 assassinata a Mogadiscio il 20 marzo 1994 con Miran Hrovatin, quando si parlerà di “Senza Giustizia. L’Assassinio Alpi–Hrovatin tra traffici di armi, rifiuti tossici, navi a perdere e mafie” (qui il programma completo. Il premio si terrà a Riccione dal 15 al 19 giugno).

Una storia ancora da raccontare: Giancarlo Siani

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Una storia ancora da raccontare: Giancarlo Siani, concorso indetto in vista dell’edizione 2009 del Festival internazionale del giornalismo, che si terrà dal 1 al 5 aprile prossimi a Perugia. Qui il banco completo e di seguito la presentazione del concorso:

Il concorso, organizzato in collaborazione con l’Associazione Ilaria Alpi, è rivolto agli studenti universitari iscritti a qualsiasi facoltà, ai giornalisti e praticanti con meno di 30 anni di età e agli allievi delle scuole di giornalismo. Ogni anno “Una storia ancora da raccontare” invita i partecipanti a ripercorrere la storia di un giornalista che ha perso la vita nello svolgimento la sua professione. La prima edizione è stata dedicata alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin uccisi il 20 marzo 1994 a Mogadiscio e la seconda a Enzo Baldoni, rapito e ucciso a Najaf in Iraq nel 2004 dall’Esercito Islamico, un’organizzazione fondamentalista musulmana legata ad Al-Qaeda. La terza edizione del concorso è dedicata alla memoria di Giancarlo Siani. Giancarlo Siani, giornalista del quotidiano Il Mattino, venne ucciso in un agguato, nel quartiere napoletano del Vomero, la sera del 23 settembre 1985. Aveva solo 26 anni. Nei suoi articoli denunciava la criminalità organizzata e l’espansione economica dei boss locali. Prima di essere ucciso Siani stava lavorando all’intreccio politica camorra, proprio nel momento in cui piovevano in Campania i miliardi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980.