“Onore offeso e libertà di stampa”: l’ebook di Ossigeno per l’Informazione su privacy, diffamazione e querele temerarie

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Onore offeso e libertà di stampaSarà presentato a Roma il prossimo 7 febbraio alla sede della Federazione nazionale della stampa (Corso Vittorio 349, primo piano, ore 10.30) l’ebook Onore offeso e libertà di stampa curato da Alberto Spampinato e con la prefazione di Sergio Zavoli:

Una raccolta di saggi e testimonianze volti a dimostrare le difficoltà che molti giornalisti italiani incontrano ogni giorno nello svolgere la propria professione. “Onore offeso e libertà di stampa” getta luce su come il diritto di tutela della privacy venga spesso invocato per intralciare la pubblicazione di notizie sgradite; spiega come le leggi sulla diffamazione vigenti nel nostro Paese permettano facili abusi del diritto di querela e mettano in difficoltà i giornali, al punto di attirare condanne dalla Corte Europea e raccomandazioni alla sfera politica da Consiglio d’Europa, OSCE ed ONU; analizza in dettaglio i limiti della legislazione vigente, proponendo modifiche e miglioramenti. Un’analisi dettagliata comprendente la storia di giornalisti incriminati – come Giovannino Guareschi, finito in carcere per un articolo su De Gasperi – e dati statistici, raccolti da Ossigeno per l’Informazione, sui giornalisti italiani vittime di minacce, pressioni e querele pretestuose. Storie di cronisti che resistono a violenze e abusi di potere, ed il cui esempio, scrive Sergio Zavoli, “onora il giornalismo e non può essere oscurato”.

Se può leggere ancora sul sito dell’osservatorio Ossigeno per l’Informazione.

“Terms and Conditions May Apply”: in un documentario di Cullen Hoback come si violano dati, privacy e sicurezza degli utenti

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Terms and Conditions May Apply è il documentario di Cullen Hoback che racconta come i servizi che definisce “cosiddetti gratuiti” non siano in realtà tali (qualcos’altro si dice sul Guardian). Google, Facebook, Twitter, Amazon e Youtube, solo per citarne alcuni, danno ma prendono anche, e non poco, in termini di privacy e sicurezza. Perché, tradotto nelle parole del regista sempre sul Guardian, la questione si gioca sull’identità digitale di ciascun individuo costituita dai dati che genera e gestisce (o non gestisce).

(Via BoingBoing)

La pagina del Guardian con le parole di Snowden (sparito): “Non posso permettere che il governo Usa distrugga privacy e libertà fondamentali”

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Edward Snowden

Datagate: “Non posso permettere che il governo statunitense distrugga privacy e libertà fondamentali”, disse Edward Snowden, la fonte che al momento è sparita, al Guardian.

(Via Roberto Reale)

Il Guardian, il giornalismo investigativo e la privacy: le intrusioni della stampa devono essere nell’interesse pubblico

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Mario Todeschini Lalli pubblica sul blog, Giornalismo d’altri, il post Privacy e giornalismo investigativo: ecco le regole del Guardian, argomento reso più interessante alla luce di recenti accadimenti. Mario riprende alcune considerazioni di Alan Rusbridger, direttore del Guardian, che declina alcune regole valide per il suo giornale:

Noi non paghiamo per ottenere le nostre storie. Ai cronisti non è consentito di usare investigatori privati senza la mia autorizzazione. Uno dei casi estremamente rari [in cui questo è avvenuto]: ho acconsentito di utilizzare persone esterne al giornale di fronte a evidenze di corruzione nei comportamenti di una multinazionale (…).

In termini generali, penso che tanto più ampia è la possibile intrusione da parte dei giornalisti, tanto più in alto deve essere posta la barra dell’interesse pubblico. Mi piacciono le linee guida proposte dall’ex agente segreto Sir David Omand per il suo ramo d’affari. Penso siano domande che potrebbe utilmente porsi qualunque testata giornalistica.

  • Ci deve essere una una ragione sufficiente: l’intrusione deve essere giustificata dalle dimensioni del danno potenziale che potrebbe risultarne.
  • Ci deve essere una integrità di motivazione: l’intrusione deve essere giustificata nei termini del bene pubblico che ne deriverebbe.
  • I metodi utilizzati devono essere proporzionati alla serietà della vicenda e alla sua rilevanza pubblica, usando il minimo di intrusione possibile.
  • Ci deve essere regolare autorizzazione: ogni intrusione deve essere autorizzata a un livello sufficiente alto ed essere tenuta sotto controllo [dall’autorità stessa] in maniera adeguata.
  • Ci devono essere ragionevoli prospettive di successo: non è consentita la pesca a strascico.

Il post completo è qui.

Computer assisted reporting, tra censura e analisi delle fonti aperte disponibili in rete

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Girl Geek Dinners Bologna

(Questi sono i contenuti dell’intervento di oggi al barcamp organizzato per le Girl Geek Dinners Bologna). C’è chi dice che espressioni come “giornalismo investigativo” e “giornalismo di precisione” non esistono perché per sua natura il giornalismo deve investigare con metodologie scientifiche nel modo più neutrale possibile. Attraverso questo processo ne deve dunque derivare una “realtà” oggettiva – che qualcuno chiama anche “verità” – inconfutabile. Una “realtà” che deve essere una verifica rigorosa per lo più delle affermazioni del “potere”, in base alle quali spesso la “realtà” viene modificata per far pendere la bilancia verso uno schieramento politico, partitico o lobbistico specifico. Dunque il giornalista per sua natura deve essere il “cane da guardia” a tutela della collettività contro le deformazioni del potere (di qualunque genere esso sia).

L’altra sera Armando Spataro, magistrato antiterrorismo e procuratore aggiunto a Milano, presentando il suo libro “Ne valeva la pena” che ruota intorno al rapimento dell’iman Abu Omar, ha raccontato un episodio: si trovava negli Stati Uniti e parlando con un collega procuratore, di nomina politico-elettorale e non concorsuale, gli ha chiesto: “Ma voi come fate a garantire ai cittadini di gestire i loro interessi e non quelli della lobby politica a cui appartenete?” La risposta è stata: “Da noi c’è la stampa”.
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