Storia dell’ufficio affari riservati del Viminale: in uscita il libro di Giacomo Pacini

Standard

Il cuore occulto del potere - Storia dell'ufficio affari riservati del ViminaleSi intitola Il cuore occulto del potere – Storia dell’ufficio affari riservati del Viminale il nuovo libro di Giacomo Pacini in uscita per i tipi di Nutrimenti (collana Igloo):

È stato il più potente e misterioso servizio segreto italiano. Campagne di disinformazione, depistaggi, doppiogiochismi, provocazioni; nulla è mancato nella storia dell’Ufficio Affari riservati. Eppure, una ricostruzione delle attività di questa struttura non è mai stata scritta, tanto che ancora oggi gran parte dell’opinione pubblica ignora perfino che sia esistito un organismo chiamato Ufficio Affari riservati. Questo libro colma finalmente il vuoto. Attraverso una corposa mole di documentazione inedita, Giacomo Pacini ricostruisce per la prima volta la storia dei servizi segreti del Ministero dell’Interno. Il risultato è un affascinante e inquietante viaggio che condurrà il lettore nel cuore stesso del potere, dentro i suoi meandri più oscuri e inesplorati.

Intanto, per capire il livello di coinvolgimento dell’UAARR in determinate vicende italiane (compresa quella di Pasquale Juliano), si provi a titolo di esempio a sfogliare questo documento.

Piazza Fontana: loro sapevano. Le memorie del generale Maletti. E anche quelle di Maggi

Standard

Piazza Fontana. Noi sapevamoA pagina 11 del Fatto Quotidiano di oggi viene pubblicato un articolo intitolato Piazza Fontana. “Quell’arsenale ripulito dai carabinieri” (il link consente di scaricare l’articolo in formato pdf, 794MB). Si riferisce al lavoro fatto da tre giornalisti, Nicola Palma, Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato, che sono andati in Sudafrica a intervistare il generale Gianadelio Maletti. Un primo risultato di quei tre giorni a contatto con l’ex capo del controspionaggio del Sid era l’intervista in video già segnalata qui. Ora invece (e a questo si riferisce l’articolo del Fatto), esce il libro Piazza Fontana. Noi sapevamo – Golpe e stragi di Stato. Le verità del generale Maletti (Aliberti Editore):

Il generale per la prima volta apre i suoi archivi, allungando un’ombra inquietante sulla matrice americana della strage e facendo importanti rivelazioni sull’esplosivo usato a piazza Fontana, sul percorso delle bombe e sul commando («Io so i loro nomi»), composto da elementi legati all’eversione nera veneta. Gli autori dell’intervista sono riusciti a individuare uno di loro, cosa che né la magistratura né la stampa erano mai state in grado di fare.

Maletti riferisce di un coinvolgimento americano anche nel golpe Borghese e nella strage di piazza della Loggia, che sarebbe stata eseguita da neofascisti «della stessa covata di piazza Fontana». Tra coloro che sapevano di questa strategia, figurano i nomi di Giulio Andreotti e del presidente Saragat, insieme ad altri personaggi minori: uno di questi, assicura Maletti, era ministro nel penultimo governo Berlusconi.

Da segnalare anche un’altra uscita, risalente questa volta allo scorso gennaio. È un libro pubblicato dall’Editoriale Chiaravalle che si intitola L’ultima vittima di Piazza Fontana. L’ultima vittima – anche se suona non di poco impudente – dovrebbe essere dunque il suo autore, Carlo Maria Maggi, uno dei leader di Ordine Nuovo del nord-est che, come si viene a sapere dal sottotitolo, “racconta la sua verità”. Per leggere di più a proposito di questa pubblicazione, si può dare un’occhiata qui.

Il “non detto” del generale Maletti e il “detto” del processo di Brescia

Standard

Dice e non dice, pur parlando molto e innervosendosi anche, il generale Gianadelio Maletti, in questa intervista realizzata per il quarantesimo anniversario della strage di piazza Fontana da Nicola Palma, Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato e prodotta da Francesco Virga e Gianfilippo Pedote per Mir Cinematografica. Il video sopra riportato è il primo di tre parti: qui il secondo e qui invece il terzo. Una porzione del materiale era stata messa online lo scorso 12 dicembre con un’intervista pubblicata sull’Espresso (gli autori sono gli stessi del video) e un breve estratto in voce. Grazie a Ivan Carozzi per la segnalazione del materiale su Youtube.

Per quanto riguarda l’ex direttore del Sid – riparato in Sudafrica trent’anni fa per sfuggire a una condanna per fatti legati alla strage piazza Fontana – probabilmente non verrà in Italia per testimoniare a Brescia, dove è in corso il processo per la bomba di piazza della Loggia. Ma di lui si è parlato negli ultimi giorni su Brescia Oggi: «Un golpe a Campione Buzzi lo sapeva» e Tramonte, il silenzio della «spia qualificata».

Piazza della Loggia, a processo si racconta dei documenti che scompaiono

Standard

Riccardo Lenzi mi segnala un articolo uscito ieri sul quotidiano Brescia Oggi. Si intitola «Dall’archivio svaniti i documenti delle stragi» e racconta ciò che Giovanni Flamini ha dichiarato in qualità di consulente un paio di giorni fa alla Corte d’Assise di Brescia dove è in corso il processo per la strage di piazza della Loggia (su Radio Radicale è disponibile la registrazione dell’intera udienza mentre sopra si può ascoltare il singolo intervento di Flamini). Il testo dell’articolo segnalato da Riccardo merita di essere riportato per estero.

Nessun riferimento alla stra­ge di piazza Loggia o alla que­stura di Milano, consumata un anno prima, il 17 maggio ’73. Nelle veline della Divi­sione Affari Riservati non com­pare alcuna nota informativa sull’attentato bresciano. E non è l’unica pagina terroristi­ca a mancare dall’archivio. «Erano proprio i documenti che cercavo con più curiosità, conoscevo bene le carte su piazza Fontana. Ma non c’era nulla, a volte, solo le intestazio­ni». A ricordare con dovizia di dettagli il materiale custodito nel deposito di Circonvallazio­ne Appia è Giovanni Flamini, consulente, chiamato a depor­re dai pm nel terzo processo sulla strage bresciana. Era sta­to incaricato dalla Procura di Milano di esaminare parte de­gli archivi della Dar, nell’inchiesta su piazza Fontana: 36 anni dopo. a Brescia, l’accusa punta a ricostruire luci e ombre dell’attività della Dar per dimostrare che la strage di piazza Loggia maturò in un contesto che vedeva legati a doppio filo estremisti neri e ap­parati statali deviati.

«Dovevamo trovare elemen­ti che riconducessero agli at­tentati di Roma e Milano nel ’69: la documentazione, che andava dal ’61 al ’94, era ripo­sta in 40 scatole di cartone ‑ ri­corda Flamini ‑, ma il materia­le era incomprensibile». Ma nel marasma dei documenti c’era anche un brogliaccio quo­tidiano con la cronologia degli eventi giorno per giorno. « So­no andato all’agosto ’69, quan­do, tra il l’8 e il 9, si consumaro­no 10 attentati ai treni ‑ spiega Flamini ‑, ma al 7 le veline si fermavano, per riprendere so­lo 3 giorni dopo». Stessa cosa per piazza Fontana: « Il mate­riale arrivava fino a dicem­bre, poi niente. L’ipotesi più probabile era che qualcuno lo avesse fatto sparire». Molti i fascicoli sui gruppi di estrema sinistra, ma anche buste inte­state al gruppo padovano ordi­novista di Freda. Ventura e Fa­chini: «ma vuote».
Continue reading

“Speriamo che trionfi la giustizia liberando gli innocenti e imprigionando i colpevoli”

Standard

Banca Nazionale dell'Agricultura, Piazza Fontana, MilanoClaudia Pinelli, classe 1A, anno scolastico 1972/1973

Tema: “Un fatto di cronaca”

Svolgimento

Erano verso le h. 4 del pomeriggio, a un tratto echeggiò una esplosione, molta gente accorse dove si era sentito il boato; davanti a loro stavano le macerie di una banca distrutta e qua e là corpi straziati. Così avvenne quella che ora definiamo: “La strage di Piazza Fontana”.

La polizia non sapeva dove mettere le mani, così decise di addossare la colpa agli anarchici. Li vennero a prendere per portarli in questura. In quelle tragiche notti perse la vita il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli fermato dalla polizia come tanti altri suoi compagni.

La moglie (Licia Rognigni Pinelli) ora si sta battendo per scoprire la verità sulla morte del marito, perché lei è convinta, come le sue figlie, che Giuseppe Pinelli non si è suicidato, ma sia stato ucciso. La polizia, vedendo la reazione della moglie, si affrettò subito a dire che Pinelli era un bravuomo e che il giorno seguente lo dovevano liberare. Ma alla vedova Pinelli non bastavano le loro rassicurazioni; ora era sola e doveva provvedere al mantenimento delle sue due bambine, Silvia di 8 anni e Claudia di 8.

Intanto per la strage di Piazza Fontana era stato accusato Valpreda.

Sono passati tre anni dalla strage di Piazza Fontana e Valpreda è stato rilasciato in libertà provvisoria senza un vero processo (ben due processi sono stati rinviati).

Speriamo che il terzo processo sia quello che faccia trionfare la giustizia liberando gli innocenti e imprigionando i veri colpevoli.

(Prologo al libro Una storia quasi soltanto mia di Licia Pinelli e Piero Scaramucci, Feltrinelli, 2009)

“Vittime – Gli anni di piombo”, un documentario di Giovanna Gagliardo

Standard

Un documentario che dura novantacinque minuti. Si intitola Vittime – Gli anni di piombo di Giovanna Gagliardo:

Trent’anni della nostra storia raccontati in un percorso a ritroso che parte dal 2003 – nel giorno dell’uccisione dell’agente di Polizia ferroviaria Petri – e si conclude il 12 dicembre 1969 con la strage di Piazza Fontana a Milano. Con un’idea su tutte: restituire la memoria ai sopravvissuti, ai familiari e alle vittime del terrorismo. Sono state raccolte una ventina di testimonianze che, con l’aiuto e il supporto visivo dei notiziari di allora, ricostruiscono i fatti e la memoria di quelle tragiche giornate. Percorsi personali, quasi privati, che ci restituiscono, insieme alle personalità, i progetti e le idee degli uomini e delle donne a cui è stata spezzata la vita; il dolore e il lutto dei parenti, la loro solitudine, e la coscienza certa che il loro destino è un fatto che riguarda tutti noi.

Della pellicola, realizzata in collaborazione con l’Associazione italiana vittime del terrorismo (Aiviter), se ne parla diffusamente sul blog Porci con le ali di Maria Simonetti. Inoltre, oltre al video pubblicato sopra – un’intervista alla regista -, sul sito dell’Espresso è stato pubblicato il trailer.

History Channel: un documentario su Gladio, l’esercito segreto

Standard

Qualche giorno fa, in prossimità del quarantesimo anniversario della strage di piazza Fontana, History Channel ha mandato in onda il documentario Gladio, l’esercito segreto. Questo è il primo episodio della puntata, suddisiva in sei file. Per vedere il seguito: 2, 3, 4, 5 e 6.

Per vedere altro sull’argomento, si dia un’occhiata anche al lavoro in tre episodi (The Ring Masters, The Puppeteers, The Foot Soldiers) realizzato nel 1992 da Allan Francovich per la BBC. Il video è in un inglese facilmente comprensibile e si inizia da qui.

Il generale Maletti e il tempo dei fatti declinati a rate

Standard

Domani di Maurizio ChiericiC’è un altro personaggio della recente storia italiana che nei giorni scorsi è tornato a far parlare di sé. Anzi, più precisamente, che ha preso la parola. Si definisce un esiliato per ragioni politiche, ma la verità è che il suo trentennale soggiorno in Sudafrica deriva da una condanna, divenuta definitiva, per i depistaggi alle indagini sulla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.

Si tratta del generale Gianadelio Maletti, classe 1921, ex capo del controspionaggio del Sid (Servizio informazioni difesa), che da Johannesburg continua a guardare ai fatti italiani e talvolta a ricevere compatrioti per raccontare il suo pezzo di storia della strategia della tensione (lo ha fatto con vari giornalisti, magistrati e con i componenti della commissione stragi).

Ma iniziamo dalla fine. Come probabilmente molti sanno, da un anno ormai è in corso a Brescia il nuovo processo per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Imputati sono Maurizio Tramonte, Carlo Maria Maggi, Pino Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi (la posizione di quest’ultimo, lo scorso maggio, è stata congelata per ragioni di salute). Ed è proprio in relazione a questo procedimento che torna in scena il generale Maletti. Il quale è in attesa di un salvacondotto che gli consenta di presentarsi, nei primi mesi del 2010, ai giudici lombardi per deporre.

In attesa di sapere se l’ex militare potrà rientrare nel Paese schivando qualsiasi conseguenza penale a suo carico, occorre fare una considerazione. E la considerazione è che la memoria – intesa in questo caso come “facoltà della mente di fare proprie esperienze e nozioni e di richiamarle al momento opportuno” (dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti) – è una capacità curiosa. Pensate un po’ a questo generale che, mentre erano in corso i fatti a cui ha contribuito direttamente, ha parlato sempre a mezza bocca, usando termini marginali, e oggi – a quarant’anni di distanza da piazza Fontana a trentacinque da piazza della Loggia – ripesca ricordi che penseresti irrecuperabili.
Continue reading

Aldo Balzanelli, Repubblica Bologna: pesi mediatici diversi a seconda del tipo di terrorismo

Standard

Ha radione Aldo Balzanelli, alla guida di Repubblica Bologna, quando nota che vari fatti stragisti sono attribuiti al terrorismo di sinistra mentre la matrice sta altrove. E chiedendosi quali siano le ragioni, prova a dare una risposta:

Oggi si scopre che i ragazzi pensano che anche la strage di piazza Fontana, come già quella di Bologna, sia opera delle Brigate Rosse. Mi sono chiesto perchè per i giovani tutto il terrorismo sia stato rosso e una spiegazione, forse, l’ho trovata. Il terrorismo rosso ha avuto una vasta copertura mediatica: servizi, interviste, approfondimenti, inchieste, ricordi, film, persino sceneggiati televisivi. Quello nero molto, molto meno. La ragione è che il terrorismo di destra ha galleggiato molto più di quello di sinistra in un pentolone affollato di servizi segreti, pezzi dello Stato. È sempre stato contaminato da rapporti oscuri con il potere “ufficiale”, con la criminalità organizzata, la massoneria. È sempre stato scomodo, insomma, parlarne, imbarazzante, e in molti dunque hanno preferito tacere, dimenticare, rimuovere. E così i ragazzi, a forza di sentir parlare solo di Brigate Rosse, si son fatti l’idea che anche a mettere le bombe nelle banche, sui treni e nelle stazioni siano stati i nipotini di Renato Curcio.

Per quanto riguarda i fatti del 2 agosto 1980, si veda questo servizio realizzato pochi mesi fa.

Piazza Fontana: ridare a una nazione la sua storia

Standard

Alle 16.37 del 12 dicembre 1969, esattamente quarant’anni fa, si consumava la strage di piazza Fontana, conosciuta come la “madre di tutte le stragi”, che inaugurò dal punto di vista operativo (quello ideologico si era formato già anni prima) il cupo e sanguinoso periodo della strategia della tensione. A quattro decenni di distanza, chi sostiene che i fatti di piazza Fontana sono un mistero dice il falso o è male informato. Di quell’attentato si conoscono la matrice (Ordine Nuovo), i capri espiatori (gli anarchici e in primis Pino Pinelli e Pietro Valpreda), gli addentellati con l’intelligence nostrana e atlantica, le menzogne della politica e i tentativi di coprire le evidenze che emergevano dalle indagini a partire dal 1972.

Il lavoro che si deve fare oggi è invece quello di lavorare sui dettagli. È ciò che Simona Mammano e io abbiamo cercato di fare con Attentato imminente raccontando la storia di Pasquale Juliano, il poliziotto della questura di Padova che pagò durissimo il suo aver indagato con mesi di anticipo sulla strage sugli ordinovisti veneti. Juliano poteva evitare, forse, quei morti, ma lo fermarono. Non venne assassinato, come accadrà ad altri funzionari onesti dello Stato negli anni a seguire, ma fu fatto fuori professionalmente, gli venne impedito di fare ancora il suo lavoro mentre il lavoro già fatto veniva coperto di infamie.

I dettagli, si diceva. Ed è ciò che a tutt’oggi chiede Guido Salvini, adesso Gip a Milano e a partire dal 1989 giudice istruttore dei dibattimenti milanesi sui fatti del 12 dicembre 1969. Se la Cassazione nel 2005 ha posto fine all’iter giudiziario che vedeva imputati gli ordinovisti veneziani assolvendoli perché non era dimostrata la loro partecipazione alla strage (e aggiungeva che gli autori di quel massacro erano Franco Freda e Giovanni Ventura, però assolti per gli stessi fatti quasi vent’anni prima e dunque non più processabili), oggi si potrebbe tornare a indagare su qualche ulteriore tassello che aiuti a comporre un mosaico di cui già si vedono bene disegni e figure.
Continue reading