Scala di grigio, terza puntata. Un normale eroe in divisa: Pasquale Juliano e piazza Fontana

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Domani, nel quarantesimo anniversario della strage del 12 dicembre 1969, alle 16.37 inizia su GNUFunk Radio la terza puntata di Scala di grigio – Ritratti di storie (rilasciata con licenza Creative Commons BY-SA). Si intitola Un normale eroe in divisa: Pasquale Juliano e piazza Fontana. Qui la puntata su Archive.org.

Fonti audio e brani musicali

Credits

Un ringraziamento a MSound.org e GNUFunk Radio per il supporto tecnico nella realizzazione di questa trasmissione.
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Il 12 dicembre 1969 di Andrea Comotti: altra strada verso piazza Fontana

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12 dicembre 1972Cosa accadde il 12 dicembre 1969 lo racconta Vibrisse scrivendo di un libro parte da questa data:

Nicotrain è uno scrittore. Scrive gialli che sono storie di cui ha «assaporato dal di dentro umori e colori e dolori anche». I suoi libri danno soluzioni reali a casi non ancora risolti. Uno scrittore che è un po’ investigatore e un investigatore che vuole raccontare. Nicotrain realizza il suo sogno quando si compra una casa sul lago. Apre porte, esplora, misura. In un’intercapedine trova uno scatolone di fotografie. Guarda. Riconosce. Il luogo, l’occasione, persino alcune facce: Piazza Fontana. Quel 12 dicembre. C’era anche lui quel giorno, arrivato sul posto subito dopo l’esplosione, richiamato dalle voci che già correvano. Di bocca in bocca. Di sirena in sirena, per le vie di Milano. Primi piani. Dal passato riemergono quei personaggi strani che lui stesso aveva notato.

L’autore di questo romanzo è Andrea Comotti (qui la scheda completa del libro) e per leggerlo è sufficiente scaricarlo in versione integrale da qui (in formato pdf, 3,2 MB).

Alberto Muraro e Pasquale Juliano, coloro che vennero prima di piazza Fontana

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Pasquale JulianoAll’inizio la morte di Alberto Muraro, che precipita dal terzo piano, dove vive il neofascista Massimiliano Fachini, viene archiviata come un incidente a cui ha contribuito una ringhiera troppo bassa e dunque insicura. Così si autorizza la tumulazione senza che venga disposta l’autopsia. Nel 1973, però, quando la pista nera dello stragismo italiano prenderà corpo, i giudici Emilio Alessandrini e Gerardo D’Ambrosio riapriranno le indagini e accuseranno Massimiliano Fachini e Franco Freda di omicidio premeditato. I due, però, saranno prosciolti in istruttoria nel febbraio 1977. Nonostante non si sia mai dato un nome agli assassini del portinaio di Padova, oggi viene ricordato come una «vittima preventiva di piazza Fontana».

La voce delle vociPasquale Juliano, il commissario accusato dagli eversori veneti di accanimento investigativo nei loro confronti, impiegherà dieci anni per dimostrare la correttezza della sua condotta: sarà assolto in via definitiva il 23 maggio 1979. Nato ad Ostuni nel 1932, in quel decennio vedrà dimostrata più volte la sua innocenza, ma tra i vari gradi di giudizio e l’annullamento di sentenze precedenti, dovrà ripartire ogni volta da zero nella sua difesa. Quando a fine degli anni Settanta le sue traversie giudiziarie si concluderanno, si congederà dalla polizia e si darà alla professione di avvocato fino al 1998, anno in cui muore. Avrebbe potuto evitare la strage di piazza Fontana, gli verrà chiesto nel 1996 da un cronista dell’Avvenire dopo aver raccontato la sua storia al giudice Guido Salvini? «Non lo so – risponderà –, ma stavo andando nella direzione giusta. E questo non andava bene. Non voglio certo quel monumento che mi promisero, ma almeno qualcuno potrebbe ricordarsi di me e dirmi “Juliano, ci scusi, lei aveva ragione”».
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Alberto Muraro, la vittima “preventiva” di piazza Fontana

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Alberto Muraro, la vittima preventiva di piazza FontanaAlle 7 del mattino, nello stabile di piazza dell’Insurrezione, a Padova, l’attività della coppia di custodi è già iniziata e a quell’ora le pulizie dovrebbe essere concluse. Eppure il 13 settembre 1969 la signora Onorina non ha ancora visto il marito far rientro in guardiola. Strano, deve aver pensato. E così lascia il piccolo locale che affaccia sul portone e va a controllare che sia tutto a posto. Esce, dunque, e l’altra stranezza che nota è la pattumiera, abbandonata all’ingresso. Suo marito, invece, quando spazzava e i pavimenti dell’edificio, se ne portava dietro due, sempre insieme.

Pochi passi ancora e la signora Onorina trasecola. Alberto Muraro, suo marito, ex carabiniere e poi portinaio di quello stabile, giace in fondo alla tromba dell’ascensore. E la donna capisce subito che è morto dopo essere volato da chissà quanti metri. «Ecco, è successo, Alberto l’aveva detto». È vero. La morte di Alberto Muraro è una profezia che si avvera. Solo qualche giorno prima si era confidato con un amico. «Va a finire che mi troverete precipitato dentro la tromba dell’ascensore o delle scale dopo che mi hanno dato una legnata in testa». Anche la legnata fa parte della profezia avveratasi perché la botta c’è davvero e non nel punto in cui il capo ha impattato con il pavimento.

Ma chi può voler morto un uomo tranquillo che, congedatosi dalla vita militare, si ritira a fare un lavoro certo faticoso, ma in genere privo di avventure? Alberto Muraro non è solo un portinaio, è anche un testimone. L’unico testimone di un fatto all’apparenza banale, ma che avrebbe forse potuto cambiare il corso degli anni a seguire, quelli che vanno sotto la definizione di strategia della tensione.

Due giorni dopo la sua morte, il 15 settembre 1969, avrebbe infatti dovuto presentarsi al procuratore della Repubblica di Padova, Aldo Fais, per raccontare di nuovo l’episodio a cui aveva assistito. Risaliva al 16 giugno precedente. Verso le 7 di sera, mentre Muraro era seduto in guardiola, di fronte a lui era passato un giovane. Entrava e con fare disinvolto, come se conoscesse l’edificio, si era diretto verso i piani superiori. Proprio perché sembrava conoscere la sua destinazione, il portinaio non l’aveva fermato e forse non si sarebbe nemmeno ricordato di lui se non fosse stato per la camicia a fiori che il ragazzo indossava senza giacca. Tre quarti d’ora dopo circa lo aveva visto di nuovo. Stava uscendo, questa volta, e in mano teneva un pacco avvolto nella carta.
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Piazza Fontana: un appello per la trasparenza degli archivi

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E sempre in tema Piazza Fontana, riporto qui di seguito l’appello per il 12 dicembre e il relativo manifesto per l’accessibilità e la trasparenza degli archivi nell’interesse dei cittadini che mi ha inviato Daniele Biacchessi. Per aderire va inviata una mail all’indirizzo di Daniele, dbiacchessi[at]retedigreen.com.

Premessa

Il 12 dicembre 2009 ricorre il 40° anniversario della strage di piazza Fontana. Di questa storia, oggi non esiste ancora una narrazione consolidata e condivisa. Così come non esiste per tantissime altre pagine dolorose della storia del nostro Paese. L’Italia, purtroppo è stata segnata da fenomeni eversivi di diversa matrice. Di questo passato tragico, esistono memorie divise e in conflitto tra loro. La ricerca storica è un terreno essenziale su cui impostare un confronto civile superando antiche divisioni.

Per scrivere la storia, servono i documenti, ossia le “tracce” concrete dell’attività delle istituzioni, delle forze dell’ordine, dei servizi di sicurezza e di tutti i soggetti protagonisti della vita democratica. Questa ricostruzione passa necessariamente attraverso la buona gestione degli archivi. In Italia dal 2007 il segreto di Stato è limitato a un massimo di trent’anni. Ma questo non ha risolto il problema: molti armadi in teoria sono aperti, ma non per questo sono accessibili.

L’accesso ai documenti necessari alle ricostruzioni storiche resta in moltissimi casi assai difficoltoso. Spesso ci si scontra con un segreto di stato “strisciante”, anche se, formalmente, il segreto non c’è. Esiste un nesso profondo tra la conoscenza della verità e la convivenza civile: costruire onestà intellettuale attraverso la memoria storica è essenziale per una Nazione se vuole avere cittadini attivi e consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri. La conoscenza non formale della storia recente della nostra Repubblica è uno degli elementi portanti del nostro diritto di cittadinanza.
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Attentato imminente: il giorno dell’innocenza per sempre perduta

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Attentato imminenteAttentato imminente, il libro che racconta la storia del commissario Pasquale Juliano e delle sue indagini su ciò che avvenne prima della strage di piazza Fontana, è arrivato in libreria con qualche giorno di anticipo rispetto alle previsioni. E insieme all’uscita del libro fisico, ecco online la versione elettronica, rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo e scaricabile integralmente da qui. Di seguito il testo che apre il racconto, “Il giorno dell’innocenza per sempre perduta”.

Si era ancora innocenti, all’ora di pranzo del 12 dicembre 1969, quando il telegiornale delle 13.30 aveva raccontato agli italiani che la Grecia dei colonnelli si era ritirata dal consiglio d’Europa dove si discuteva della sua sospensione. E aveva raccontato anche che la vertenza sindacale dei lavoratori dell’editoria sembrava mettersi al bene mentre nulla cambiava per i metalmeccanici, che restavano in stato di agitazione. Intanto – proseguiva la catena delle notizie – a Palermo non si arrestavano le indagini per la strage di viale Lazio, uno dei momenti più feroci della prima guerra di mafia. Ma in mezzo a tutti quegli scorci di vita e fatti, l’edizione del notiziario si concludeva con un soffio dell’innocenza tramontante degli anni Sessanta.

Lucio Battisti, snobbato dalla sinistra perché poco o per nulla impegnato, un fascistoide per qualcuno, come tutti quelli che non si schieravano, continuava a respirare a pieni polmoni la consacrazione del suo successo dopo ostacoli e delusioni. Era stato un anno fortunato, per lui, il migliore di tutti, iniziato in febbraio con il successo al festival di Sanremo dove aveva cantato Un’avventura e proseguito in estate con Acqua azzurra, acqua chiara, pezzo del trionfo al Festivalbar e al Cantagiro. Con una cadenza burina a rivendicare la sua estrazione sabina, e mentre confessava con una punta di imbarazzo al microfono di Lello Bersani che non aveva mai studiato musica, mescolava la timidezza dello sguardo alla caparbietà del suo percorso artistico.
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Pasquale Juliano: né martire né superuomo, ma entusiasta. Dialogo con Christian Diemoz

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Attentato imminenteDialogo con Christian Diemoz a proposito di Pasquale Juliano, l’entusiasta:

Ci sono libri che lasciano un gran dolore addosso. Sono i primi da leggere, perché un organismo non può sviluppare anticorpi in assenza di esposizione al male. “Attentato Imminente”, in libreria a novembre per i tipi di “Stampa Alternativa” è tra questi. Le vicende […] sono poco note ai più, ma costituiscono i semi dai quali germoglieranno alcune delle pagine più macabre degli “anni di piombo” italici. Siamo infatti nel nord-est di fine anni sessanta, quando una bomba ai danni del rettore Opocher apre una stagione i cui protagonisti principali assurgeranno, mesi dopo, alla ribalta della cronaca per l’attentato che “fece perdere l’innocenza” al Paese: piazza Fontana. Un poliziotto, alla Questura di Padova, era arrivato a un passo dal Sancta Sanctorum del neofascismo di quella zona. Messo dai superiori, quasi per caso, ad indagare su alcuni atti violenti, senza una vera preparazione “politica”, sfiorò il successo che a funzionari con molta più esperienza (vuoi per imperizia, vuoi per una serie di coincidenze inquietanti) non apparve nemmeno lontanamente raggiungibile. Pasquale Juliano, giovane Commissario della Polizia di Stato, era a pochi giorni dalle manette a Franco Freda e Giovanni Ventura (anche perché aveva intuito e messo nero su bianco il rischio di attentati di vaste proporzioni a breve termine), quando il meccanismo che gli aveva consentito di arrivare sin lì (una rete di informatori) gli si ritorce contro. Da inseguitore, il poliziotto si ritrova braccato. Dalle accuse tra le più infamanti per un uomo in divisa, lanciate da chi, fino al giorno prima, gli aveva riferito movimenti di armi e progetti di quanti fungevano da braccio armato delle “spinte centrifughe” che avrebbero tenuto tristemente compagnia all’Italia per lunghi anni ancora. Il procedimento penale a carico di Juliano durerà una decade. Al termine, verrà completamente scagionato. Un eroe borghese? Indubbiamente. Un superuomo? No. Un martire? Nemmeno. Soprattutto, però, un entusiasta.

Il post completo.

12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta, nuova edizione per Giorgio Boatti

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Piazza FontanaPer chi non l’avesse ancora letto (ma anche per chi ha letto le edizioni precedenti), c’è un libro da consigliare sulle vicende della Banca Nazionale dell’Agricoltura: la nuova versione di Piazza Fontana – 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta Nuova edizione aggiornata di Giorgio Boatti. Pubblicato una prima volta nel 1993 per i tipi di Feltrinelli, si era guadagnato gli strali del neofascista veneto Massimiliano Fachini che si era visto descrivere da Boatti in questi termini:

[Ebbe] un ruolo di primo piano nella cruenta stagione delle bombe nere […], un guerriero nero coinvolto in una concatenazione di indagini che coprono tutto l’arco storico dello stragismo nero, tornato […] alle sue consuete attività. [Era] un “colonnello” dello stato maggiore nero nel quale naviga con la sua consueta, mimetizzata riservatezza […] saldando [per anni] cellule neonaziste, spezzoni della guerriglia nera a ramificazioni più o meno istituzionali della guerra non ortodossa.

Per queste parole nel 1994 Giorgio Boatti si è visto piombare addosso una querela per diffamazione aggravata. Alla fine, cinque (5) anni più tardi, il 29 marzo 1999, il giornalista è stato assolto dai giudici della quinta sezione penale del tribunale di Milano e al suo libro è stata riconosciuta validità di fonte storica, per quanto sia un testo divulgativo.

A valle dell’assoluzione, Einaudi ha ripubblicato il libro una prima volta nel 1999, inserendolo nella collana Gli struzzi. Infine l’edizione di questi giorni, per la collana ET Saggi, aggiornata e ampliata rispetto alle precedenti con i processi di Milano conclusosi con la sentenza-vergogna della Cassazione del 2005 (quella, per intenderci, che manda assolti tutti, dice che i veri responsabili sono già stati assolti quasi vent’anni prima e non possono più essere processati per quella strage e che carica le spese legali sulle spalle dei familiari delle vittime). Questa la presentazione del nuovo libro di Boatti:

Venerdí 12 dicembre 1969: a Milano scoppia una bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Diciassette morti e decine di feriti: una strage. È la fine di un sogno, quello nato nel ’68. È il cruento avvio della strategia della tensione. Giorgio Boatti delinea con meticolosa attenzione una vicenda che cambia la storia del Paese: non solo una strage, ma una guerra combattuta in tempo di pace, sotterranea, condotta da un potere nascosto e brutale che non rispetta gli innocenti e – attraverso omertà e connivenze – impone di fatto l’impunità per gli esecutori di questa e delle successive azioni terroristiche. Indagine giudiziaria e ricerca storica, Piazza Fontana ripercorre tutte le fasi della vicenda, dalle prime accuse all’anarchico Pietro Valpreda alla misteriosa morte di Giuseppe Pinelli, ai collegamenti tra la cellula neonazista padovana di Freda e Ventura e gli strateghi sponsorizzati dall’intelligence statunitense, alle miserabili faide tra gli stati maggiori dell’Esercito e della Difesa, fino ai contrastati passi dell’indagine che, dopo aver fatto degli anarchici il capro espiatorio, imbocca a Padova, a Treviso, a Milano la pista nera sfociando a Catanzaro nel primo di molti processi, dove i volti di pietra del potere politico frappongono oblio e amnesie a un passato che li assedia.

“Ciao babbo”, il ricordo di Antonio, figlio di Pasquale Juliano

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Paura del buioDa oggi Attentato imminente è ufficialmente presente sul sito della casa editrice, Stampa alternativa. In libreria ci sarà tra poco, a partire dal 20 novembre prossimo, e in contemporanea potrà essere anche scaricato dalla rete, dato che viene rilasciato, come i precedenti, con licenza Creative Commons BY-NC-ND. Di seguito inizio con l’anticipare una delle parti a cui tengo di più del libro, la postfazione di Antonio Juliano, il figlio del commissario Pasquale Juliano. Più che una postfazione, è la rievocazione del ricordo del padre e di una vicenda vissuta da bambino.

È bellissima l’emozione che questo libro ha provocato in me e nei miei familiari, soprattutto in mia madre, che quelle vicende le ha vissute davvero giorno e notte, sempre al fianco di mio padre, mentre noi eravamo ancora bambini, troppo ingenui per capire nostro padre e sempre desiderosi delle sue attenzioni. Ho bei ricordi di Padova e qualche anno fa ho avuto nuovamente la possibilità di visitarla e rivedere quei luoghi che la mia memoria non poteva ricordare, ma che il mio inconscio riconosceva.

Ricordo mio padre Pasquale come un uomo molto severo, sempre pronto a inculcarci il più assoluto rispetto degli altri, a ponderare le cose mai in modo superfluo, a insegnarci la più totale dedizione nell’osservare le regole. Ma lo ricordo anche come uomo amabile e gioioso, quando dopo aver affrontato da solo l’uragano che lo aveva investito, nelle sue ancora forti braccia coccolava i suoi nipoti e quasi a rifarsi di un qualcosa che gli era stato tolto, infondeva loro sicurezza, ma questa volta infusa di amore e dolcezza. Mostrava una tenerezza che mai gli avevo visto prima, quella che io e mio fratello maggiore (il più piccolo ha allietato la nostra famiglia solo negli anni settanta), forse inconsapevoli, non riuscivamo a cogliere o forse lui non poteva darci. Forse ora e solo ora, a distanza di tanti anni e grazie anche alla mia maturità, capisco il perché.
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“Attentato imminente”: a un passo dalla tipografia

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Attentato imminenteCi manca ancora un po’ all’uscita, prevista per il 20 novembre (per quella data sarà online anche la versione elettronica del libro, rilasciato con licenza Creative Commons e pubblicato da Stampa Alternativa), però intanto i giochi sono fatti e con la copertina ormai si è a un passo dalla tipografia. Il libro, intitolato “Attentato imminente”, racconta la storia di Pasquale Juliano (qualche accenno lo si può trovare nella cronologia curata dalla Fondazione Cipriani), consumatasi alcuni mesi prima della strage di piazza Fontana (per questo l’altro giorno se ne accennava) ed è scritto a quattro mani con Simona Mammano. Daniele Biacchessi ha firmato la prefazione mentre la postfazione è opera di Antonio Juliano, il figlio del commissario che indagò a Padova. Questa la presentazione del testo:

Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’università di Padova fa partire una nuova indagine. A coordinarla è un commissario di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una trappola: Juliano si vedrà così scippare l’inchiesta, che verrà insabbiata, e finirà sotto processo perché accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno dieci anni per dimostrare la sua innocenza, ma nel 1979, quando sarà assolto da tutti i capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà ormai quasi concluso il suo corso.