Anonymous e le #OpPedoChat: un “antico” cavallo di battaglia che ritorna e che ha contribuito a trasformare il gruppo degli esordi

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Anonymous - Noi siamo legioneA proposito del ritorno di Anonymous alla battaglia contro la pedopornografia, le #OpPedoChat, si tratta di uno dei temi che prima di altri hanno trasformato il gruppo da pesanti mattacchioni partoriti da 4chan a “vigilatisti”. Nelle interviste per il libro Anonymous – Noi siamo legione, è stato detto che “a noi non interessava far finire in galera i pedofili che prendevamo di mira, volevamo metterli alla berlina sul web in modo che tutti sapessero chi fossero e cosa facevano. Poi sono seguiti i primi arresti e ci siamo quasi stupiti”. Riassorbito il lieve stupore di qualche anno fa, hanno continuato fino al pezzo raccontato di seguito.

Nel 2011 – anno della vera inclusione di Anonymous da parte del Time tra i vip planetari – è stato descritto come la realtà di questo tipo:

Ha cambiato il modo di pensare l’hacking, trasformato in una forma di attivismo sociale […]. [Anonymous] è stato uno strumento a supporto delle proteste di Occupy Wall Street, per quanto in passato il suo nome si sia legato a incursioni nefaste come quella che quest’anno ha abbattuto la rete della Sony Playstation. Eppure si è calato nell’ambito della giustizia vigilantista prendendo di mira una massiccia rete di pedopornografia e, pur senza una leadership centrale, la sua reputazione è cresciuta grazie all’impostazione mentale del «ciascuno-può-contribuire». Che i suoi militanti possano davvero minacciare un cartello della droga messicano? Sono realmente in grado di smontare la rete della Sony? Questi sono alcuni dei pericoli insiti in un’organizzazione naturalmente disorganizzata come Anonymous.

E un accenno alla questione narcotraffico è interessante.
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“Era L’Ora – Il giornale che fece storia e scuola”: un libro per rievocare un laboratorio di idee prima che un quotidiano

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Era L'OraSi intitola Era L’Ora – Il giornale che fece storia e scuola ed è stato curato da Michele Figurelli e Franco Nicastro il libro pubblicato da XL Edizioni e dedicato alla storia testata siciliana:

Tra il 1954 e il 1975 il giornale L’Ora di Palermo fu diretto da Vittorio Nisticò. Fu un’esperienza di grande valore storico, politico e giornalistico. Il giornale svolse un ruolo riconosciuto di strumento di progresso civile e fu un punto di riferimento per le battaglie contro l’intreccio di poteri e interessi tra la mafia e la politica in una fase di sviluppo e di trasformazioni della società siciliana. Riuscì a dare alla sua identità di sinistra la connotazione di un’apertura verso le forze democratiche.

L’arrivo di Nisticò alla guida del quotidiano segnò, infatti, una svolta. Dalla grafica alla selezione delle notizie, la testata subì dei mutamenti tali nella produzione di inchieste, da vederla sempre più vorticosamente impegnata in prima linea nella battaglia contro il fenomeno mafioso in Sicilia. Pubblicazioni regolari e inesorabili di fatti, foto, nomi, collegamenti tra politica e cosche siciliane. Il 19 ottobre del 1958 la mafia si fece sentire: la sede della redazione saltò in aria. Il giorno successivo L’Ora titolò: La mafia ci minaccia, l’inchiesta continua.

Tutta l’Italia e persino una fetta di mondo con il fiato sospeso ormai ne seguivano appassionatamente i dossier e le vicende. La sua capacità di dare alla lettura dei fatti locali un respiro nazionale e internazionale, riuscendo a suscitare l’attenzione delle grandi testate e l’interesse del cinema e della televisione, gli valse il riconoscimento di essere una prestigiosa scuola di giornalismo e una vera e propria “fabbrica delle notizie”.

(Via Lsdi)

“Whatever will be. Sarajevo vent’anni dopo” tra lo spettro della guerra e le speculazioni di finanza e mattone

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A due decenni di distanza, si vive con lo spettro della guerra e la morsa della speculazione finanziaria e immobiliare. È il documentario Whatever will be. Sarajevo vent’anni dopo, girato da Ugo Leo, lo studente del master in giornalismo dell’università di Torino che ha vinto il Premio Conflitti.

(Via Reporters)

“Il giornalista hacker”: da Giovanni Ziccardi la guida per un uso consapevole della tecnologia

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Il giornalista hackerSu Lsdi – Libertà d stampa, diritto all’informazione Pino Bruno pubblica una recensione in anteprima del libro del docente alla facoltà di giurisprudenza di Milano Giovanni Ziccardi. Il volume si intitola Il giornalista hacker. Piccola guida per un uso sicuro e consapevole della tecnologia, è in uscita per i tipi di Marsilio e verrà presentato la settimana prossima al Festival internazionale di giornalismo. Intanto Pino lo anticipa usando queste parole:

Si può comunque cercare di superare “quel velo di normalità cui le tecnologie di oggi ci abituano – inteso come utilizzo tipico – e spingersi, anche solo per curiosità, verso strumenti che possano portare benefici immediati anche nella vita informatica di tutti i giorni e, soprattutto, nelle professioni più delicate”.

E i giornalisti, quelli che fanno le inchieste e vanno a infastidire i potenti, sanno di quale delicatezza stiamo parlando. Si devono proteggere le fonti, i cui nomi, recapiti e numeri telefonici sono semmai custoditi in un file del computer in redazione, a casa, sul portatile, dunque facilmente intercettabili da parte di chi si sente scrutato. Si devono cancellare le tracce disseminate durante le ricerche in rete, o nella corrispondenza via mail. Si devono proteggere gli archivi personali, impedire che possano essere oggetto di attacchi informatici.

Il paradosso è che la tecnologia – sempre più touch e facile da utilizzare – ci fa dimenticare la prudenza di un tempo, quando il giornalista investigativo conservava le sue carte preziose negli armadietti metallici delle redazioni, muniti di lucchetti e robuste serrature, e faceva le telefonate delicate dalle cabine pubbliche o dal baretto sotto la redazione.

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Premio “Gruppo dello zuccherificio” per il giornalismo d’inchiesta: da Ravenna al via alla prima edizione

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Premio Gruppo Dello Zuccherificio per il Giornalismo D'Inchiesta

Il Gruppo dello zuccherificio, associazione per la legalità, la Costituzione e la libera informazione, annuncia la nascita del suo premio per il giornalismo d’inchiesta, indetto con la collaborazione del Comune di Ravenna, Libera Informazione e Articolo21, con il sostegno di Anpi, Confesercenti, LegaCoop e con il patrocinio della Provincia Di Ravenna. Due le categorie:

  • Premio Giovani: riservato alle inchieste realizzate da giovani di età inferiore ai 35 anni, su tutto il territorio nazionale. Questa sezione intende valorizzare la figura dei giovani sotto i 35 anni che abbiano saputo distinguersi positivamente nell’ambito del giornalismo nazionale.
  • Premio Regione Emilia-Romagna: riservato alle inchieste riguardanti il territorio dell’Emilia- Romagna, realizzate da chiunque senza limiti di età o di residenza. Questa sezione intende valorizzare i lavori che riguardano il territorio regionale.

Per inviare i propri lavori, realizzati per tutto il 2011 fino al 14 aprile di quest’anno, c’è tempo fino al 15 aprile 2012. Maggiori informazioni si trovano qui, compreso il modulo di partecipazione allegato al regolamento.

Lsdi: la professione del giornalista continua a essere raccontata con una veste rinnovata

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Lsdi

E Lsdi – Libertà di stampa. Diritto all’informazione rilancia con il nuovo sito. Visitandolo, si dia un’occhiata a un paio di articoli, firmati entrambi da Pino Rea. Il primo, pubblicato oggi, si intitola Una professione sempre più frammentata e si parla del lavoro del giornalista. Il secondo racconta questa storia: Londra: poliziotti, niente flirt con i giornalisti e basta bicchierini.

“I giornalisti che ribaltarono il mondo”: la storia della Ips, l’agenzia di stampa che ha dato voce a chi non ce l’aveva

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I giornalisti che ribaltarono il mondo di Roberto SavioRoberto Savio è stato uno dei fondatori di Media Watch Global e con il mondo dell’informazione ha parecchio a che fare. In proposito ecco che esce in questi giorni il suo I giornalisti che ribaltarono il mondo (Nuovi Mondi). Partendo dalla constatazione della potenza delle agenzie di stampa nell’indirizzare l’attenzione su determinate notizie e dunque la visione di quello che accade nel pianeta, si racconta questo:

Negli anni ’60, lanciandosi in un’avventura da molti considerata utopistica, un gruppo di giornalisti decise di creare un’agenzia internazionale che desse voce a chi non l’aveva – dai Paesi del Terzo Mondo ad attori marginalizzati, come le donne – privilegiando temi globali come l’ambiente, i diritti umani e la giustizia internazionale. Il loro intento era focalizzarsi non tanto sull’analisi dei singoli avvenimenti, quanto sui processi di fondo che costituiscono l’unica vera chiave di lettura di uno scenario politico internazionale in perenne e rapida evoluzione.

Nacque così la Inter Press Service, che oggi vanta 50 milioni di pagine Internet lette ogni mese, in 27 lingue, ed è considerata la principale fonte d’informazione indipendente sui Paesi in via di sviluppo, a cui attingono oltre 5000 mezzi di comunicazione in tutto il mondo. Ma raggiungere questo traguardo è stato possibile solo dopo una lotta aspra e su più fronti con il giornalismo “istituzionale”. Il Dipartimento di Stato americano inviò istruzioni a tutte le ambasciate affinché si adoperassero per la chiusura degli uffici IPS nei loro Paesi. Anche la TASS, l’agenzia di stampa ufficiale dell’Unione Sovietica, mise in piedi una feroce campagna ai danni dell’agenzia. Le agenzie tradizionali, europee e americane, fecero la loro parte.

Il testo a introduzione del volume prosegue qui.

Paradisi della censura: iniziativa di Reporter senza frontiere su Messico, Vietnam e Thailandia

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Paradisi della censura

Welcome to censorship paradise è un’iniziativa di Reporter senza frontiere:

Non siamo per il boicottaggio di queste destinazioni, ma vogliamo far capire ai viaggiatori cosa c’è dietro le quinte. Abbiamo scelto tre Paesi che sono un paradiso per i turisti in vacanza e un inferno per i giornalisti: Messico, Vietnam e Thailandia.

Continua qui.