Reporter Senza Frontiere: catena di mirror contro la censura. Si inizia con il ceco Dosh e il singalese Lanka e-news

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Reporter Senza Frontiere

Contro i bavagli e gli stop imposti all’informazione online laddove i lacci digitali di chi sta al potere sono stringenti, Reporter Senza Frontiere lancia un’iniziativa di mirror per siti a rischio o gli sotto boicottaggio:

Per far sì che i siti d’informazione indipendenti oggetto di cyber-attacchi e blocchi governativi possano continuare a pubblicare le informazioni online, Reporter senza frontiere ha lanciato una nuova iniziativa e ha dato inizio alla duplicazione dei siti, creando dei siti speculari (mirror sites) a quelli originali. I primi siti duplicati sono quelli della rivista ceca Dosh e del quotidiano dello Sri Lanka Lanka e-news. Rsf lancia inoltre un appello agli utenti di Internet di tutto il mondo, affinché si mostrino solidali con questa iniziativa e si moltiplichino le duplicazioni dei siti interessati.

Se un cyber-attacco dovesse rendere nuovamente inaccessibile Doshdu.ru, ad esempio com’è successo lo scorso dicembre durante le elezioni parlamentari in Russia, gli utenti delle Rete saranno in grado di accedere ad una copia identica del sito, creata da Reporter senza frontiere: http://dosh.rsf.org. Questo sito specchio sarà regolarmente e automaticamente aggiornato.

I siti specchio (mirror sites, in inglese) possono anche essere utilizzati per eludere i blocchi governativi. Per esempio, il sito srilankese http://lankaenews.com, nello Sri Lanka è bloccato dall’ottobre 2011 (attraverso il blocco del dominio del sito o dell’indirizzo IP del server ospitante), ma gli utenti Internet nello Sri Lanka saranno in grado di accedere al sito specchio http://lankaenews.rsf.org, ospitato su un altro server e con un altro dominio.

Istruzioni per supportare l’iniziativa sono pubblicate qui e qui invece la versione dell’appello in inglese.

Paradisi della censura: iniziativa di Reporter senza frontiere su Messico, Vietnam e Thailandia

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Paradisi della censura

Welcome to censorship paradise è un’iniziativa di Reporter senza frontiere:

Non siamo per il boicottaggio di queste destinazioni, ma vogliamo far capire ai viaggiatori cosa c’è dietro le quinte. Abbiamo scelto tre Paesi che sono un paradiso per i turisti in vacanza e un inferno per i giornalisti: Messico, Vietnam e Thailandia.

Continua qui.

Rsf: libertà di stampa, la classifica che vede arretrare Europa (e Italia)

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Classifica della libertà di stampa 2010Reporter senza frontiere pubblica la classifica della libertà di stampa 2010 (qui la versione integrale in inglese) e a proposito di Vecchio Continente (e Italia) scrive:

Reporters sans frontières ha ripetutamente espresso la sua preoccupazione per il peggioramento della situazione della libertà di stampa nell’Unione Europea e il 2010 conferma questa tendenza. Tredici dei 27 membri dell’Unione europea sono nei top 20, ma alcuni degli altri 14 sono in posizioni molto basse della classifica. L’Italia è 49a, la Romania 52a e la Grecia e la Bulgaria sono insieme nella 70a. L’Unione Europea non è un tutt’uno omogeneo per quanto riguarda la libertà dei media. Al contrario, il divario tra le migliori e le peggiori continua ad allargarsi.

Non c’è stato alcun progresso in vari paesi dove Reporters sans frontières ha evidenziato problemi. Tra questi, soprattutto, Francia e Italia, dove gli eventi dello scorso anno – le violazioni della tutela delle fonti dei giornalisti, la continua concentrazione della proprietà dei media, le dimostrazioni di disprezzo e di impazienza da parte di esonenti governativi nei confronti dei giornalisti e del loro lavoro, le convocazioni giudiziarie – hanno confermato la loro incapacità di invertire questa tendenza.

Altra documentazione in proposito:

Intercettazioni: mai una parola su quelle illegali. Le considerazioni di Andrea Cinquegrani

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Nel dibattito attuale sulle intercettazioni e sui limiti che a esse si vorrebbe porre, manca sempre un aspetto. Un aspetto che riguarda gli ascolti non autorizzati secondo le attuali procedure investigative. Per questo riporto per esteso un testo scritto da Andrea Cinquegrani, direttore insieme a Rita Pennarola del mensile La voce delle voci. Entrambi sono stati “attenzionati” (e per questo si sono costituiti parte civile al processo di Perugia) nel periodo della centrale d’ascolto di via Nazionale, quella voluta dall’intelligence italiana e affidata da Nicolò Pollari a Pio Pompa. Se ne parlava qui. Tornando al testo di Andrea, si intitola Intercettazioni? Ok, purché a farle siano solo gli 007 del Cavaliere. Nel silenzio dell’opposizione (si fa per dire) parlamentare.

Intercettazioni maledette. All’indice. Da abolire senza se e senza ma. Violano la privacy dei cittadini e mettono a repentaglio le libertà individuali. Su questo Berlusconi e il suo governo ci mettono, ci sbattono la faccia, anche a costo di crisi istituzionali e di mandare a gambe all’aria un paese ormai quasi grecizzato. Riescono nell’ardua impresa di “riunire” il mondo dei media carta-tivvu’ che da sempre prosegue in ordine sparso (e quasi sempre genuflesso). Miracoli del Cavaliere. Peccato che, qualche anno fa, precisamente dal 2001, e fino al 2005, il Berlusconi-pensiero e, soprattutto, opera, fosse diametralmente diverso. Privacy?

Chissenefrega. Diritti di chi opera nel settore dell’informazione? Vaffanculo? Rispetto per chi non la pensa come te? Fottiti. Sì, perché per un bel quinquennio i Servizi capeggiati da Nicolò Pollari (al servizio, evidentemente, dell’esecutivo berlusconiano di allora) eseguirono alla perfezione il compito assegnato: attenzionare i media di opposizione, controllare le voci contro, usare tutti i mezzi – dalle intercettazioni fino al dossieraggio e chissà a quanto altro ancora – per monitorare chi osasse pensare o scrivere in maniera non allineata.

Ad essere controllati – lo ha accertato la magistratura di Roma e poi di Perugia – sono state decine e decine di persone, tra giornalisti, magistrati, attivisti, tutti passati regolarmente ai raggi x per la bellezza di cinque anni, da un’equipe di spioni pagati con i soldi dello Stato e coordinati da Pio Pompa, l’ex braccio destro di Pollari. Tra i super indagati noi della Voce, al vertice – sono le carte di Pollari, Pompa e C. a documentarlo seguendo farneticanti percorsi investigativi – di una piramide che avrebbe compreso di tutto e di più: da Michele Santoro e la sua band, a Giulietto Chiesa e Beppe Giulietti, dal corrispondente di Liberation per l’Italia Eric Jozsef, ai referenti di Reporter sans Frontieres, e poi uno stuolo di magistrati, avvocati e giuristi (nazionali e internazionali), tutti uniti – secondo gli 007 made in Pollari – nella volontà di delegittimare la coalizione alla guida del paese in quegli anni.
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Journalists Memorial: tributo a cronisti e operatori uccisi dalla seconda guerra mondiale a oggi

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Journalists Memorial

The Journalists Memorial, iniziativa di Doha Centre for Media Freedom, Reporter Senza Frontiere e della città di Bayeux, Francia:

Dozzine di giornalisti vengono uccisi ogni anno nel mondo. Solo in Iraq, ne sono morti più di 200 dall’inizio dell’occupazione statunitense […]. Rendere omaggio al loro coraggio e alla loro professionalità non è un’idea concepita da alcuni giornalisti per altri giornalisti. È un modo per tenere a mente che la difesa della libertà è una questione rilevante per tutti e non c’è democrazia senza notizie che rispettino le persone e si basino sui fatti. Questa lista messa in rete elenca dunque giornalisti e operatori uccisi nel corso del loro lavoro a partire dalla seconda guerra mondiale dando vita a un database unico per dimensione e scopo. Un luogo per ricordare nel timore di dimenticare. Un tributo alla libertà.

Iniziativa meritoria, dunque, a cui però mancano – ha ragione Giancarlo De Palo – due cronisti nella sezione italiana. Per quanto ufficialmente risultino scomparsi dal 2 settembre 1980, sulla loro sorte ci sono ben pochi dubbi. Sono Graziella De Palo e Italo Toni (per la loro vicenda si veda anche qui).

RSF: il 12 marzo la giornata mondiale contro la cyber-censura

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World Day Against Cyber Censorship

La giornata mondiale contro la cyber-censura è fissata per il prossimo 12 marzo. Lo segnala la sezione italiana di RSF e se ne parla più diffusamente qui e qui dove peraltro si aggiunge:

Reporter sans frontières pubblicherà in questa occasione l’ elenco aggiornato dei “nemici di Internet”. Questo elenco punta il dito contro paesi come Iran, Cina, Arabia Saudita, Vietnam e Tunisia che limitano l’accesso on-line e minacciano i cittadini della rete. Sarà anche pubblicato un elenco di paesi che sono stati posti “sotto sorveglianza” aver manifestato atteggiamenti minacciosi nei confronti di Internet. Reporter sans frontières assegnerà il primo “Premio Netizen” […]. Il premio sarà dato a un utente Internet, blogger o cyber-dissidente, che abbia dato un notevole contributo alla difesa della libertà di espressione online. La cerimonia di premiazione avrà luogo presso la sede di Parigi di Google Francia.

I predatori della libertà di stampa: una mappa nominale e geografica di Rsf

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Les

Cercando informazioni sul sito di Reporter senza frontiere per fare una verifica prima di rispondere alla domanda di Luca a proposito del barometro sulla libertà di stampa, mi sono soffermata sulla rubrica Les prédateurs (seconda parte della pagina):

Dietro alle violazioni alla libertà di stampa si nascondono responsabili e mandanti. Che siano presidenti, ministri, capi di stato maggiore, leader religiosi o militari, questi predatori […] hanno il potere di condizionare, censurare, imprigionare, rimuovere, torturare e, nel peggiore dei casi, assassinare i giornalisti. Per denunciarli meglio, Reporter senza frontiere traccia i loro ritratti.

L’infografica, infatti, è composta da due sezioni: le fotografie dei “predatori” e, come riportato nell’immagine sottostante, la loro distribuzione geografica. Tra questi (al momento ne sono stati censiti trentasette), Al-Shabaab in Somalia, Hu Jintao in Cina, Mouammar Gheddafi in Libia o Alexandre Loukachenko in Bielorussia. Tra le realtà organizzate, l’Eta nei Paesi Baschi e in Spagna, le Farc e le Aquile nere in Colombia, la forza esecutiva di Hamas e le forze di difesa israeliane.

Les prédateurs - Reporters sans frontières

Caccia al giornalista somalo. Che in molti vogliono zitto o morto

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L’attentato contro Ali Imam Sharmak, il direttore di HornAfrik assassinato a Mogadiscio lo scorso 4 febbraio (terza vittima della stessa emittente: negli ultimi due anni sono stati uccisi anche il proprietario, Ali Iman Sharmake, e uno speaker, Mahad Ahmed Elmi), avrebbe dovuto riportare il dibattito almeno un po’ sullo stato della Somalia – uno stato di conflitto permanente a partire dal 1991, con la fine del regime di Siad Barre – e su quello di chi opera al di fuori delle fazioni schierate con i vari signori della guerra. Perché – torna a ribadire ancora il rapporto 2008 di Reporter Senza Frontiere sul paese del Corno d’Africa – la Somalia è uno dei paesi a più alto rischio per chi fa informazione.

I casi del marzo 1994 di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin sono di certo quelli più noti. E quando si parla di giornalisti stranieri l’eco è spesso elevata, come per il rapimento di una reporter canadese e di un fotografo australiano. Ma la situazione interna è poco battuta dagli organi di informazione. Innanzitutto probabilmente non si sa granché del fatto che in Somalia, malgrado una situazione politica e militare devastante, l’eterogeneità e la professionalità dei giornalisti è di buon livello, anche se le statistiche non lasciano ben sperare per il futuro: lo scorso anno, ne sono stati assassinati otto, feriti quattro e costretti all’esilio una cinquantina. Inoltre sono stati altrettanti – prosegue il rapporto di RSF – quelli arrestati nel Paese.
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