(Via Pandemia)
Non faccio l’inviata di guerra, ma quella che un tempo neanche troppo lontano si sarebbe chiamata – senza che fosse un insulto, com’è diventato successivamente – la pistarola (il senso che attribuisco alla parola è quello descritto per quanto in altri tempi da un grande giornalista, Marco Nozza). Mi occupo dell’attualità del passato, degli anni delle stragi, della P2, dei patti a lungo non detti tra pezzi dello Stato e varie forme di criminalità, compresa quella organizzata. Insomma, in buona sostanza e sintesi, quando si è trattato di scegliere una specializzazione, ho scelto quella che conduce al terrorismo e alla criminalità politica. E non perché abbia particolari pulsioni gerontofile, come qualcuno ha ironizzato, ma perché ero convinta – e lo sono sempre di più, via via che gli anni passano – che per comprendere quello che accade oggi, dal disfacimento istituzionale a quello dei partiti, dalla crisi economica da cui sembra di poter uscire solo con ricette unicamente a suon di ripresa dei consumi (e del consumismo) a crisi internazionali come quelle con il Medioriente o con l’Azerbaijan, non si possa fare a meno di sapere ciò che è stato.
Rispetto alle colleghe Barbara Schiavulli o Francesca Borri, non vado nelle zone di guerra calda. Ho visitato aree come i Balcani o qualche repubblica ex sovietica al massimo per raccontare quello che era accaduto dopo regimi, conflitti o cataclismi economici. Accorgendomi, per esempio, come nella ex Jugoslavia sia difficile raccontare gli anni di Milošević perché, anche laddove forme oppressive non ci sono più o si sono mitigate, i quadri della pubblica amministrazione sono rimasti gli stessi. E allora i dissidenti “normali”, non degli eroi, ma i semplici cittadini che schifavano la pulizia etnica e che rischiavano di sparire solo perché non partecipavano a manifestazioni imposte dall’alto, ancora oggi fanno fatica a raccontare. I dittatori passano, gli ingranaggi delle dittature c’è caso che restino più a lungo.
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GrandsReporters.com, presentandosi, esordisce con un’esortazione: “Cliccate sul mondo”. Ed ecco che la rivista online in lingua francese prosegue dicendo di sé:
Grands-Reporters.com è un sito creato da giornalisti ed è a disposizione di chiunque voglia scoprire un continente, un paese una regione o saperne di più sulla storia più recente. Articoli, foto, immagini, video, libri… È un bacino di informazioni aperto e alimentato dagli autori [elencati qui].
Una cinquantina i cronisti radunati intorno al progetto che dal settembre 2007 ha anche un blog, Bloc-Notes, per rispondere direttamente alle domande dei lettori. Gli articoli più datati, inoltre, risalgono al 1983 recuperando reportage pubblicati con mezzi molto più analogici ma di particolare spessore (Africa: l’impero della fame, Viaggio alla fine del triangolo d’oro e Sale la febbre dell’oro a Itaituba) per arrivare a oggi, per esempio con la guerra in Mali e i suoi non detti.
(Via @annecha)
Nel mondo del giornalismo nazionale – per quanto abbia un’impostazione che guarda ben oltre i confini – è arrivato Irpi – Investigative Reporting Project Italy di cui scrive Lsdi:
Se il giornalismo investigativo, colpito da una grave crisi soprattutto nella carta stampata, ha ancora un futuro, sarà proprio nella sua veste transnazionale, il ‘credo di Irpi. “Vogliamo andare oltre ‘la porta di casa’, proponendo storie in due lingue, italiano e inglese, reportage dal respiro internazionale: nella scelta delle inchieste, negli argomenti da affrontare, nella costruzione di una fitta rete di contatti, dall’Europa agli Stati Uniti, dall’Africa all’Asia”, aggiungono gli animatori.
Tra le inchieste dei fondatori ci sono Requiem per il tonno rosso, Toxic Europe e Montenegro Connection.
Da Diritto di sapere si può scaricare LegalLeaks, il primo manuale sull’accesso all’informazione dedicato a cittadini e giornalisti:
Come si scrive una richiesta di accesso alle informazioni del mio Comune o della mia Regione? E a un Ministero? Posso richiedere dati anche sulle società controllate dallo Stato? […] Il testo è scritto in maniera semplice e diretta per rispondere alle domande più immediate dei non addestti ai lavori, ma comprende anche riferimenti alla legislazione e strumenti di approfondimento. In Italia, infatti, non esiste un Freedom of information act come nei Paesi scandinavi, in Usa e in Gran Bretagna, ma c’è una regolamentazione per l’accesso che può essere utilizzata.
Il manuale è rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo.
“Qual è la principale minaccia per il giornalismo d’inchiesta? L’indifferenza pubblica”. Domanda e risposta sono del “veterano” Thomas Maier, cronista pluripremiato ed esponente del gruppo di lavoro Skin and bone dell’International Consortium of Investigative Journalists. Ma aggiunge il giornalista:
I giornalisti che scavano basandosi sui fatti sono il miglior antidoto alla logica “dei nani e delle ballerine” tipico dell’intrattenimento e aiutano davvero i cittadini nel comprendere quali siano gli argomenti davvero importanti.
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Trecento. Tanti sono gli abbonamenti che servono per far sopravvivere la rivista Mamma, quella nelle cui pagine (cartacee e virtuali) il giornalismo assume le vesti del fumetto d’inchiesta:
Il discorso è semplice: o si cresce o si muore. Se nel 2012 troveremo almeno 300 lettori intenzionati a sostenerci con un abbonamento, continueremo a cercare gli altri 2700 negli angoli più remoti del paese, sfidando ancora una volta il mercato editoriale dominato dai grandi colossi. Se invece ci verrà fatto capire che non c’è bisogno di giornalismo a fumetti e che per saziare la vostra curiosità vi basta la stampa di partito, i fogli repubblicani, i servizi pubblici dei privati e le società per azioni che raccontano fatti quotidiani, allora non c’è problema: prendiamo atto di quel che vuole il pubblico e chiuderemo a testa alta (e con l’orgoglio di tutti i numeri stampati finora) questa rivista dove abbiamo investito cuore, anima, tempo, soldi e passione, e ci inventeremo qualcosa di nuovo e di diverso per continuare a dire quel che ci pare, come ci pare e dove ci pare.
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Il 21 novembre parte con l’edizione 2012 il laboratorio di giornalismo sociale di Piazza Grande. L’associazione lavora nell’ambito dell’esclusione e dal 1993 porta avanti il primo giornale di strada.
A Castelgallo, un colorato paese affacciato sul mare e abbracciato dalle montagne, si è diffusa una strana malattia. Gli abitanti hanno cominciato a trasformarsi in disgustosi scarafaggi. Ma c’è un filo conduttore tra le vittime di questo morbo: tutti hanno compiuto degli atti criminali, piccoli e grandi. Ci sono bulli e prepotenti, taglieggiatori ed estorsori, speculatori criminali e rapinatori.
È un estratto della presentazione del volume a fumetti che uscirà il prossimo 31 ottobre per la casa editrice BeccoGiallo. Si intitola L’invasione degli scarafaggi. La mafia spiegata ai bambini (e agli adulti che non vogliono capire!) e ne sono autori Marco Rizzo (sceneggiatura) e Lelio Bonaccorso (disegni). Qui si possono vedere anche alcune delle tavole che compongono il libro.
Lsdi ha pubblicato un articolo che parla di strumenti digitali per il “giornalismo d’urgenza” segnalando la piattaforma sviluppata dall’Ejc:
Si stanno sviluppando velocemente iniziative e strumenti digitali per aiutare i giornalisti nelle situazioni di crisi, che si moltiplicano ai quattro angoli del pianeta. Ed è la cooperazione con i lettori e, spesso, con le ONG, consentite dalle nuove tecnologie, a dimostrarsi decisiva. Ne parla Metamedia.fr in un articolo in cui segnala, ultima in ordine di tempo (è stata annunciata in questi giorni ad Amsterdam al Festival Picnic), la piattaforma di giornalismo d’urgenza sviluppata dall’European journalism centre. Si tratta di una sorta di “borsa degli attrezzi” per i giornalisti inviati su terreni difficili: catastrofi naturali, conflitti, crisi umanitarie… Una attrezzatura di pronto soccorso che contiene fra le altre cose, applicazioni di cartografia e di gestione delle testimonianze dei cittadini, “best practices”, ecc.
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