“Oltre il filo”: il documentario che racconta la storia del campo di concentramento italiano di Gonars e dei suoi piccoli prigionieri

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Oltre il filo (qui la scheda del film) è un documentario sul campo di concentramento italiano di Gonars, nella ex Jugoslavia:

C’è una pagina dimenticata della storia del ‘900, quella dei campi di concentramento italiani dove vennero internati gli abitanti di interi villaggi sloveni e croati e nei quali morirono di stenti migliaia di persone. Il documentario racconta l’inedita storia di un gruppo di bambini sopravvissuti ad uno di quei campi.

“Oltre il filo” accompagna i bambini di allora in un viaggio nella memoria. Artisti e studenti dell’Accademia di Lubiana, internati nel campo, riuscirono a ritrarre durante la prigionia i volti e la vita dei detenuti. Ma anche i bambini prigionieri, una volta scappati dal campo, raccontarono con disegni e componimenti inediti quella terribile esperienza. I protagonisti riflettono sui propri traumi, quei segni invisibili che li hanno accompagnati nel corso della vita. Poi rivedono alcuni disegni di allora e rileggono quei componimenti.

Il regista del documentario, che dura 82 minuti, è Dorino Minigutti ed è stato prodotto da Agherose, Zavod Kinoatelje, Immaginaria e Focus Media.

Il dibattito sui giornalisti freelance: le ragioni per cui, nonostante tutto, continuare a fare un mestiere del genere

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Non faccio l’inviata di guerra, ma quella che un tempo neanche troppo lontano si sarebbe chiamata – senza che fosse un insulto, com’è diventato successivamente – la pistarola (il senso che attribuisco alla parola è quello descritto per quanto in altri tempi da un grande giornalista, Marco Nozza). Mi occupo dell’attualità del passato, degli anni delle stragi, della P2, dei patti a lungo non detti tra pezzi dello Stato e varie forme di criminalità, compresa quella organizzata. Insomma, in buona sostanza e sintesi, quando si è trattato di scegliere una specializzazione, ho scelto quella che conduce al terrorismo e alla criminalità politica. E non perché abbia particolari pulsioni gerontofile, come qualcuno ha ironizzato, ma perché ero convinta – e lo sono sempre di più, via via che gli anni passano – che per comprendere quello che accade oggi, dal disfacimento istituzionale a quello dei partiti, dalla crisi economica da cui sembra di poter uscire solo con ricette unicamente a suon di ripresa dei consumi (e del consumismo) a crisi internazionali come quelle con il Medioriente o con l’Azerbaijan, non si possa fare a meno di sapere ciò che è stato.

Rispetto alle colleghe Barbara Schiavulli o Francesca Borri, non vado nelle zone di guerra calda. Ho visitato aree come i Balcani o qualche repubblica ex sovietica al massimo per raccontare quello che era accaduto dopo regimi, conflitti o cataclismi economici. Accorgendomi, per esempio, come nella ex Jugoslavia sia difficile raccontare gli anni di Milošević perché, anche laddove forme oppressive non ci sono più o si sono mitigate, i quadri della pubblica amministrazione sono rimasti gli stessi. E allora i dissidenti “normali”, non degli eroi, ma i semplici cittadini che schifavano la pulizia etnica e che rischiavano di sparire solo perché non partecipavano a manifestazioni imposte dall’alto, ancora oggi fanno fatica a raccontare. I dittatori passano, gli ingranaggi delle dittature c’è caso che restino più a lungo.
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Nuova vita nella ex Jugoslavia al bunker di Tito: da rifugio anti atomico ai tempi della guerra fredda a museo di arte contemporanea

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Il video è di Afp e racconta di come il bunker del maresciallo Tito contro eventuali attacchi nucleari alla Jugoslavia sia stato trasformato oggi in un museo di arte moderna. I tempi della realizzazione del rifugio sono quelli della guerra fredda e della sua seconda vita se ne parla più diffusamente in un articolo di The Raw Story.

Ex Jugoslavia: il processo dell’Aja al genocida Ratko Mladic rinviato per errori nella trasmissione di atti alla difesa

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Ratko Mladic on a wall in Belgrade

Sarebbe dovuto partire il processo a Ratko Mladic, il boia di Srebrenica accusato di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, eppure, come racconta Christian Elia su E Il mensile, c’è stato quel pasticciaccio brutto dell’Aja:

Dopo una sola udienza, celebrata ieri, tra tensioni e polemiche, Alphons Orie, presidente del tribunale speciale per i crimini nella ex Jugoslavia commessi durante il conflitto degli anni Novanta, confluita nel Tribunale Penale Internazionale, ha dichiarato: “La corte ha ritenuto opportuno sospendere la presentazione delle prove dell’accusa, il processo è rimandato a data da definire”. Che succede? In sostanza per ora salta di sicuro l’udienza del 29 maggio, quando dovevano comparire i primi testimoni. La corte, già ieri, aveva riconosciuto che l’accusa aveva commesso un errore nella trasmissione di alcuni documenti alla difesa. Gli avvocati di Mladic lunedì scorso avevano chiesto un aggiornamento di sei mesi.

Continua qui. Si veda anche quello che si scriveva solo qualche giorno fa su Scotsman.com.

Extraordinary rendition a stelle e strisce: online il report del gruppo Physicians for Human Rights

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Extraordinary rendition report

È stato pubblicato qualche giorno fa da Physicians for Human Rights (Phr, che dal 1986 ha seguito inchieste in una quarantina di nazioni differenti, dall’Afghanistan al Congo, dalla ex Jugoslavia agli Stati Uniti fino al Rwanda) un report sulle extraordinary rendition aggiornato al 2011. Nella sua presentazione si legge che:

Phr è preoccupato soprattutto dal trattamento che subiscono coloro che vengono trasferiti in altri Paesi per essere interrogati estorcendo loro confessioni. Questo trattamento, infatti, equivale a torture e a soprusi crudeli, disumani e degradanti, sia durante i voli che all’interno delle strutture di detenzione […]. Assente qualsiasi forma di giusto processo e di assistenza legale o diplomatica mentre i detenuti di rado vengono informati delle accuse contro di loro anche nel caso di periodi di carcerazione lunghi.

Il report, in formato pdf (574KB), può essere scaricato da qui.

Il mestiere del cinema nei Balcani: un libro (scaricabile) ne racconta la storia

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Il mestiere del cinema nei BalcaniOsservatorio Balcani e Caucaso ha editato poco tempo fa una raccolta di saggi che si intitola Il mestiere del cinema nei Balcani. Storia di un’industria e dei suoi protagonisti dagli anni settanta ad oggi e che è stato scritto da Luisa Chiodi e Irene Dioli. Uscito in una prima (e precedente) edizione per il numero 2/2008 della rivista Archivio Trentino e in contemporanea in lingua albanese per Përpjekja – E përtremuajshme kulturore, il libro di questo racconta:

A vent’anni dalla fine della guerra fredda, il cinema offre una prospettiva originale per l’approfondimento delle trasformazioni politico-sociali, economiche e culturali nell’Europa sud-orientale. Narrando le storie degli abitanti del microcosmo cinematografico balcanico, il volume analizza il segmento culturale che più di tutti ha plasmato l’immaginario collettivo delle società della regione, dall’apogeo degli anni settanta fino ai processi di globalizzazione degli ultimi anni. Il mestiere del cinema nei Balcani racconta l’industria del film in Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Croazia e Serbia, la sua storia di strumento della propaganda di regimi comunisti, la crisi catastrofica degli anni novanta e il suo rapporto con il mercato globale del ventunesimo secolo.

Il libro, nella nuova edizione di Osservatorio Balcani e Caucaso, può essere scaricato in versione integrale da qui (pdf, 985 KB). Online è stato pubblicato l’indice e il tutto è contenuto nello speciale Storie di cinema.